Capitolo 18 - Come dimenticare

Dorothy

«Che cosa volevi dire con ho solamente detto la verità?»

La frase che Dorian ha appena detto mi rimbomba in testa. Me lo sta chiedendo veramente? E menomale che sarei io quella ingenua.

Aggrotto le sopracciglia. «Cioè? Non capisco, come dovrei spiegare quello che ho detto?» Gli chiedo. Non riesco proprio a capire. Che cosa vorrebbe dire?

«Non lo so, io,... ecco, forse, penso proprio di aver capito male...»

Guardandolo bene, mi rendo conto che mi sembra spaesato, quando invece dovrei esserlo io.

Inclino la testa da un lato. «Quindi con questo vuoi dire che non mi stavi ascoltando?»

Dorian fa una smorfia con la bocca: l'ho colto in fragrante. «No, per niente. Davvero, sono stato preso dall'euforia del momento e non ho dato peso alle tue parole. Anzi, sinceramente non l'ho proprio ascoltate.»

Ah. Ed io che speravo nel fatto di dover dire quella cosa una e una sola volta. Bene. Benissimo.

Butto fuori un po' d'aria e, nel ripetere la frase, cerco di non guardarlo negli occhi. Dopotutto, non dovrebbe esserlo, ma è imbarazzante. «Dicevo di aver detto al dottore la verità riguardo a quello che mi ha chiesto.» Sbatto gli occhi. Non capisce che è fastidioso?

«C'è, quindi non gli hai mentito?»

Penso che Dorian non stia capendo. Oppure semplicemente parliamo su due lunghezze d'onda differenti.

«No. Il fatto è che non gli ho mentito affatto.»

«Ah.» Di nuovo. «Ma non riesco a capire se non è una bugia... questo vuol dire che tu, ... tu... »

Ora mi sono stancata. È come se stessa infilando il dito nella piaga. «Sì, Dorian! Cosa vuoi, che te lo metta per iscritto?» Sbotto.

Giro la testa verso la finestra.
Che cosa pretende? Che faccia un'orazione pubblica riguardo alla mia vita privata? Ma chi si crede di essere?

«No, c'è, non fa niente. Nel senso, io... nel senso: non è un problema per te?»

Cosa? «Per me? Dorian, il fatto che io sia vergine secondo te rappresenta un problema, per me? Di che stai parlando?» Che cosa sta insinuando?

«Lo sai.»

Sbuffo. Ah, ho capito. Fantastico.
Per un piccolo momento mi ero illusa. Mi ero illusa del fatto che forse gli importasse di me al di fuori di questo, al di fuori di questa assurda situazione. Perché tutto è così complicato? Non è complicato, è solo che il mondo in cui vivo è egoista, non bisogna assolutamente farsi trasportare dalle sensazioni, non sono razionali e non portavano a niente di buono. Devo solo pensare per me.

«Di quello sto parlando. Non di altro. Mi sto preoccupando per te in funzione di quello. Lo hai preso in considerazione?»

«In considerazione? Dorian scusa ma non capisco, stai considerando questo dettaglio come un problema di cui dovrei trovare la soluzione? Perché io no, affatto!»

«Non ho detto questo. Non ho detto che per me è un problema. Volevo dire che mi chiedevo se per te questo rappresenta un problema, per il semplice fatto che magari avresti preferito che fosse già successo.»

Mi acciglio e non rispondo.
Certo che avrei preferito che fosse già successo, che domande. Non per un bisogno, o per il fatto che fossi follemente innamorata di qualcuno, ma per il semplice motivo che avrei voluto che fosse vero, con una persona vera, o forse semplicemente con una persona, e non con uno sconosciuto qualsiasi che per di più mi ha comprata.

Dorian serra la mascella. Evidentemente ha compreso il mio disagio. «Scusa probabilmente mi sono espresso male. Mi dispiace.»

«No, hai ragione. Avrei voluto che fosse andata diversamente. È semplice.»

Dorian mi sembra aver capito quello che volevo dire, anche se non riesco a capire molto bene che cosa sta succedendo nella sua testa. Da una parte sembra sollevato da questa mia risposta, dall'altra mi sembra che abbia una faccia da cane bastonato, come se avessi detto qualcosa che lo ha ferito terribilmente.

Dorian si alza e si incammina fuori dalla mia stanza, come se avesse percepito il mio bisogno di dover rimanere sola per un po'.

«Dorian.» Lo richiamo.
Non sono stata giusta con lui, dopotutto non è colpa sua, anzi, lui mi aiuta sempre. Anche se poi non dovrebbe in nessun modo.

Si volta verso di me.

«Ricordati che mi avevi promesso che mi avresti insegnato a difendermi da sola.» Gli dici puntandogli un dito contro.

Vedo un mezzo sorriso spuntargli in faccia.
«Se non ricordo male, l'accordo comprendeva anche che tu mi insegnassi a tirare con l'arco, giusto?» Mi chiede.

«Ti ricordi bene allora!»

«Come dimenticare.» Dice facendosi una croce sul cuore con la mano. Poi esce dalla mia camera, chiudendo la porta dietro di se.

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Sebastian

«Sarà andato tutto bene? Perché non sono ancora scesi?» Chiedo con insistenza a Peeter, come se lui mi potesse dare una risposta.

Peeter si gira verso di me con il volto, ma senza muoversi dalla sua posizione. È così da quando hanno chiamato al piano superiore Dorian. So che lui è una persona che non tiene a esternare troppo i propri sentimenti, ma so che è preoccupato quanto me.

«Seb smettila di metterti ansia. Vedrai che Dorian scenderà a minuti.»

«Sono già passati ben dieci minuti da quando i dunkisjisti se ne sono andati! Perché non è ancora sceso? Se è successo qualcosa io...»

«Sono qui. Che succede?»

Dorian è sulla porta che ci scruta. Grazie a Dio. Mi rilasso.

«Dorian grazie a Dio. Ero quasi arrivato al punto di non riuscire più a sopportarlo.» Dice Peeter andandogli incontro.

Si danno un abbraccio e si stringono la mano come due vecchi amici che non si vedono da tanto tempo. Peeter poi aggiunge una pacca sulla spalla, che sembra quasi di conforto.

Dorian è accigliato e pensieroso. Poi parla, rivolgendosi a me. «La solita ansia?»

«Sì.» Risponde Peeter al posto mio.

Dorian si avvicina a me e fa la stessa cosa che Peeter ha fatto con lui: mi da una pacca sulla spalla, come se quello ad avere bisogno di conforto fossi io ed non lui. E forse un po' è così.

«Spero che tu non abbia anche l'ansia da prestazione, perché, caro Seb, sarebbe un problema bello grosso per Margareth.» Mi dice. Scherza.

Mi sblocco. «Non penso di avere quel tipo di ansia.»

«Ne siamo convinti Seb, senza ombra di dubbio.» Dice Peeter mettendo le mani in alto in segno di resa.

«Devo ricordarvi che ho già un figlio?» Chiedo.

«Ce lo ricordiamo benissimo. E fidati, Seb, non ci passa mai di mente.» Risponde Dorian, questa volta serio.

«Già.» Come potrei pensare che non se ne ricordano? «Ma parliamo di cose serie: allora? Com'è andata?»

Dorian alla mia domanda si acciglia nuovamente. So che parlare di Dorothy così non gli piace, ma lo dobbiamo fare. Non dobbiamo farci influenzare dai sentimenti in un momento come questo.

«Alla grande.» Risponde sinteticamente Dorian mentre addenta una mela.

«Solo alla grande? Dorian, vogliamo i dettagli. Sai che non lo facciamo per masochismo o altro. Dobbiamo essere sicuri.» Sottolinea Peeter. «Per loro.»

Dorian smette di mangiare. «Va tutto bene, davvero. Non c'è niente che non va. Dorothy è a posto, perfetta. Deve solo mangiare un po' di più.»

«Sì, di questo ce ne eravamo accorti anche noi, sicuramente non serviva che ce lo dicesse un medico, è abbastanza evidente. Peeter da domani aumenta le dosi dei suoi pasti.» Dico rivolgendomi al nostro cuoco. «Il fatto era che ci chiedevamo se tu te ne saresti mai reso conto.»

«Di cosa?»

«Di quanto sia magra.»

Smette di mangiare. «Certo che me ne sono reso conto, Seb, ho gli occhi anche io.»

Annuisco.«Proprio per questo. Comunque l'altra questione? Come si è comportata? Ha saputo mentire?»

Dorian mi guarda strano, come se avesse paura di quello che deve dire. Adesso ho paura della sua risposta.

«Non ha avuto bisogno di mentire.»

Ho sentito bene? «Cosa? Che cosa vuol dire? Come ha fatto il dottore a dire che andava bene allora?»

«Perché quello che gli ha detto è la verità.»

Rimango a bocca aperta. «Come è possibile? Tu avevi detto che...»

«Sì, lo so. So che cosa avevo detto. Infatti all'inizio non ci credevo neanche io, pensavo che mentisse, ma è davvero così: Dorothy è vergine. Lo so può sembrare assurdo, ma è così. Mi dispiace se vi ho fatto preoccupare inutilmente, ma io stesso pensavo che non lo fosse.»

Quella di Dorian sembra più una confessione che una risposta. Dopotutto lui è legato a Dorothy, e questo lo riguarda, senza ombra di dubbio.

Questo vuol dire anche un'altra cosa. Lo realizzo solo adesso. «Dorian, amico, mi dispiace.» Peeter si protrae verso di lui ma Dorian non reagisce. In questo momento sembra fatto di ghiaccio.

«Non so che dire.» Rivelo io.
«Non è importante, lasciate stare, tanto non sarebbe successo niente comunque. La cosa che conta è che lei stia bene, e da questo dipende anche il benessere delle vostre famiglie.»

Dorian prende e va verso la porta d'ingresso.
Peeter non gli corre dietro e lancia un'occhiata nella mia direzione che deduco sottointenda la stessa cosa. Ma io non sono Peeter, alla fine anche io sono un po' come Dorian, e gli vado dietro, perché so che cosa sta provando.

Lo chiamo. «Dorian!»

Si ferma con il pomello della porta d'ingresso in mano. «Che c'è?»

«Senti amico mi dispiace, davvero. Per Dorothy e te, dico. Mi dispiace per il fatto che so come ti senti: desideri una cosa che non potrai mai avere. So che è doloroso è logorante, ancora di più per te che la vedi sfilare sotto il naso tutti i giorni, ma conosci le conseguenze. Forse prima potevate avere una speranza, certo, non ne dubito, ma ora? Che cosa hai intenzione di fare?»

«Seb, non ti preoccupare. Tra me e Dorothy non c'è mai stato niente e mai ci sarà. Non cambierà niente.»

«Dorian, puoi pure raccontarle a lei e a Peeter queste stronzate, ma io non ci casco, no, non io. Sai benissimo che ho vissuto la tua stessa situazione, quindi so come ti stai sentendo: non potrai mai reprimere quello che provi per lei.»

«Sì, lo ammetto è così. Ma indipendentemente da questo non cambia niente. Ognuno per la sua strada. Non voglio metterla nei guai, e tanto meno voi.»

Apre velocemente la porta e esce.
Lo rincorro di nuovo.

«Dorian! Non intendevo quello. Io volevo dire che non mi importa di quello che vuoi fare! Nel senso,... Dovresti dirglielo e basta!»

Si gira verso di me. So che cosa sta provando in questo momento. L'ho vissuto sulla mia pelle quando ho conosciuto Margareth.

«Non cambierebbe comunque niente.» Mi risponde quasi rassegnato. Una rassegnazione che conosco bene.

«Dorian... Ricordati sempre che puoi mentire a noi, puoi mentire a lei, ma mai, mai potrai mentire a te stesso.»

Spazio autrice
Ciao a tutti ed ecco il nuovo capitolo! Ci ho messo più del solito a scriverlo per il fatto che ho ripreso a scrivere l'altra mia storia, Delitto e Sentimento, di cui sto buttando giù un po' di capitoli prima di pubblicarla!
Che cosa ne pensate del nuovo punto di vista? È del capitolo in se?
♥️

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