Capitolo 14 - Ciò che è proibito e pericoloso attrae, sempre

Dorian

Esco dall'acqua senza neanche guardarmi indietro, senza alcun preavviso. Sono deluso, molto deluso per quello che è appena successo.

Quando ho sfiorato la gamba di Dorothy per avvicinarla a me e ho sentito il metallo, freddo, legato sulla sua coscia, mi sono sentito morire.
Subito ho pensato al peggio, ovvero che volesse approfittare di questo mio momento di debolezza, del fatto che avevo lasciato tutti i miei coltelli sulla riva per farmi uno stupido bagno con lei, pensando che fosse una cosa carina, normale. Poi ho capito che la sua intenzione non era assolutamente quella, perché sennò avrebbe agito subito, non avrebbe aspettato. Dorothy è una di quelle persone che quando si decide a fare una cosa non sta con le mani in mano.
Non so perché, ma questa idea mi è balenata subito in mente in quel momento, forse perché conosco il carattere di Dorothy, ho forse perché io stesso non sono poi così tanto convinto di fidarmi di lei. Dorothy non agisce mossa dalla cattiverai, ma è così, per sua natura. Certo, questo non la giustifica in nessun modo, ma non posso giudicarla per questo. Anche io l'ho fatto.

Dorothy in realtà voleva solo e soltanto avere una garanzia, una sicurezza in tal caso ci fosse stato un pericolo.
Questo mi fa terribilmente riflettere. Dorothy si fida di me, perché quell'arma se l'è portata per usarla non contro di me, ma contro qualcun altro, ma comunque ha paura. Ha una paura terribile che la porta a fare azioni del genere, che, da un punto di vista esterno come il mio, sembrano insensate.

Prendo la mia maglia e mi ci asciugo, tanto ho la felpa da mettere dopo. Mi vesto velocemente e vado verso l'abete dove Dorothy ha nascosto le armi.

Non appena mi giro sento il rumore dell'acqua. Dorothy sta uscendo dal laghetto, senza dire una parola, perché l'ho colpita in fragrante è questa è la sua strategia di difesa.

Sentendo il rumore dell'acqua mi rendo conto che dentro di me sento il bisogno di girarmi verso di lei, ma non devo girarmi, non lo devo fare, anche se questo è più forte di me, sennò sarà sempre più difficile, ogni giorno che passa.
Non lo fare, non lo fare, non girarti, penso mentalmente. Ma ogni volta che me lo ripeto, sale dentro di me la voglia di farlo, la curiosità di vedere com'è fatta si insinua nella mia mente e non mi lascia mai.

Non posso negarlo, vorrei girarmi liberamente, guardarla. Ma non posso, non devo.

Dorothy per me è e deve essere solo una persona da proteggere e poi da dimenticare quando sarà il giorno. Ma è difficile, molto difficile. Nonostante tutto questo, nonostante il fatto di essere consapevole di tutto ciò, ogni giorno che passa mi sento sempre più legato a lei, vicino, anche se non è ricambiato. Dorothy è come un sogno: lo desideri a lungo, così tanto ardentemente che quando sta per realizzarsi si dissolve nel nulla.

Si è appena rimessa la biancheria quando mi giro: non mi ha sentito ed infatti continua a vestirsi.
È così magra. A volte mi chiedo se mangia davvero tutto quello che le diamo. Forse dovrei chiederglielo. Dopo lo farò.
Evidentemente fa fatica ad assorbire tutto quel cibo dal momento che prima era abituata a mangiarne un terzo, il suo stomaco si deve sempre abituare.
Mi ha raccontato che prima mangiava poco e niente di quel minimo che riusciva a cacciare nei boschi: la metà della selvaggina la vendeva per comprarci altri beni come il pane e le medicine, e la seconda metà veniva velocemente spartita tra i suoi fratelli più piccoli. Mi ha detto anche che in un certo senso la scomparsa del gemello l'ha salvata, nonostante l'abbia distrutta, perché non sarebbero mai riusciti a sfamare una bocca in più per altro tempo. Che fatto triste.
Conoscevo Micah prima che scomparisse misteriosamente, che poi, misteriosamente, mah, tutti noi al villaggio abbiamo sempre avuto i nostri dubbi su quello che poteva accadere a chi veniva trovato a rubare, anche se speravamo che Micah non fosse stato giustiziato ma mandato a combattere come tutti gli altri.
Micah era un bravo ragazzo. Il gemello di Dorothy al cento per cento, senza dubbio. Infatti non mi ha mai dato troppa confidenza, ma forse proprio per il fatto che lui era l'unico che sapesse chi fossi veramente, che cosa avessi fatto.
Quando lui è scomparso me lo ricordo bene: ho pensato subito alla sorella, a Dorothy. Mi sono chiesto come avrebbe fatto a sopravvivere e a mantenere sua madre e i suoi fratelli, dato che Micah non c'era più. Micah è sempre stato la mente dei due, furbo, osservatore, e Dorothy la mano, scaltra, veloce. Dopo la sua scomparsa lei ha assorbito in sè le caratteristiche del gemello.

Ho cominciato a incuriosirmi di lei ogni giorno di più, ho cominciato a seguirla di nascosto per vedere che cosa faceva, ho cominciato a sentirmici legato anche se lei non mi conosceva affatto.

« Allora? » Le domando una volta che si è rivestita del tutto, giacca compresa. Io ho già finito da tempo, la stavo aspettando, dopotutto.

Alza lo sguardo.

« Vogliamo andare?»

🌲🌿🍂🌱🌳

Siamo tornati sul sentiero e Dorothy, come ogni volta, ha adottato la sua ingegnosa tecnica del gioco del silenzio: sta in silenzio da quando le ho detto di prendere tutto ciò che era suo e mettersi in marcia per tornare a casa. Quanto è testarda.

« Allora, non dici niente in tua discolpa?» Le domando forse con una certa ironia, guardandola.

Stiamo camminando uno accanto all'altra: non siamo ancora nel sentiero principale e quindi c'è abbastanza spazio per entrambi.

« No. » Risponde senza neanche guardarmi. La solita routine.

« Uhm, interessante. » Dico a bassa voce.

« Ti vorrei chiedere solo una cosa. Solo una, poi non mi importa di nient'altro. »

Adesso sono curioso. « Va bene. »

« Non dire a Sebastian e a Peeter niente di quello che è successo. Non voglio essere ancora una preoccupazione per loro. »

Non sono sorpreso per quello che mi ha chiesto, me lo aspettavo, e per questo ridacchio.

Dorothy mi guarda con uno sguardo interrogativo. Non sta capendo il motivo della mia reazione.

Quando Dorothy fà qualcosa di sbagliato o cerca una via alternativa per arginare il problema o mette le mani avanti, cercando un appiglio per aiutarsi a risalire. È un'egoista e menefreghista che guarda solo e soltanto al suo interesse personale, niente di speciale.

« Non ti preoccupare. Non avrei parlato di questo con loro in qualunque caso. » La rassicuro, ma il suo sguardo verso di me si mantiene tale.

« Perché? »

« Perché dirglielo vorrebbe dire spiegare il motivo per il quale stavo facendo il bagno nel lago, con te vestita solo di una lama d'acciaio. E, fidati, non gli piacerebbe in nessun caso sentire uscire dalla mia bocca una notizia de genere. »

« Perché, è stata un'azione sconsiderata da parte tua? »

« Esatto. E azioni di questo genere quando sono con te non dovrei avere il lusso di concedermele. » Rispondo.

« E perché lo hai fatto comunque, anche se non avresti dovuto? » La curiosità fatta persona.

Mi fermo sul posto. « Semplicemente perché mi andava. Avevo voglia di fare un bel bagno nell'acqua fresca di quel laghetto proprio come te. E anche per il fatto che spesso e volentieri quello che ti viene vietato di fare assume sempre una certa sfumatura di proibito, e ciò che è proibito e pericoloso attrae, sempre. »

« Come darti torto. Io le regole non le ho mai rispettate. » Mi risponde.

« Oh, fidati, questo lo so bene. » Dico strabuzzando gli occhi.

« Spiritoso. » Risponde facendo il verso della mia voce.

« Che cosa fai? Hai riso per caso? » Le chiedo divertito e spintonandola.

Traballa. « Ma smettila. »
La solita acida.

Camminiamo fino a casa ridendo e scherzando.
Alla fine penso che, anche se lei non vuole ammetterlo, siamo entrati in sintonia, ci capiamo al volo. Quando capitano queste situazioni mi rendo conto che con gli altri non è così spontanea come lo è con me, anzi, a volte penso proprio che con loro finga, e lo fa anche bene. Con me non lo fa, non ne sente la necessità, sa che può benissimo essere se stessa.
Per le azioni che fa non me la prendo poi così tanto, anche se in realtà dovrei. Se ci fosse stato qualcun altro al mio posto non avrebbe reagito nel mio stesso modo, questo lo so per certo. Le avrebbe dato una punizione esemplare, sicuramente non ci avrebbe scherzato sopra. Ma io conosco Dorothy, e so bene che metterla in punizione risolverebbe ben poco, anzi aggraverebbe ancora di più la situazione, come ha detto lei le regole non le ha mai rispettate e sicuramente non incomincerà a farlo da questo momento, in questa situazione. È finito da tanto il tempo in cui doveva imparare dai suoi errori.

Imbocchiamo il sentiero per la casa.

« Comunque, volevo ricordarti che la mia proposta è sempre valida, non dimenticarlo. » Dico, per iniziare il discorso.

« Scusa, di quale proposta stai parlando esattamente? » Mi chiede Dorothy curiosa mentre continua a camminare.

« Come? Non mi dire che ti sei già dimenticata. Mi offendo! Sai che sono permaloso. » Le dico mettendomi una mano sul cuore, come se mi avesse colpito davvero.

« Ah, quella. - si sistema meglio la faretra sulla spalla dandole una strattonata - Va bene, tanto sappiamo entrambi che non manterrai la tua promessa di insegnarmi a difendermi da sola. »

« Perché? Come sarebbe a dire? Non è assolutamente vero! »

Sbuffa e mi guarda come si guarda un bambino che ha detto qualcosa di stupido. « Perché non hai molta pazienza, anzi, quando si tratta di me la perdi subito, quasi immediatamente, la situazione di oggi ne è un esempio. E alla seconda o terza volta che non capirò una cosa che mi hai spiegato, la perderai immediatamente e non avrai più voglia di insegnarmi a causa della mia testardaggine. »

Sono sbalordito, per questo la guardo quasi come se fossi soddisfatto da qualcosa. Sono colpito dal fatto che Dorothy in tutto questo tempo non solo mi ha osservato ma anche capito, proprio come ho fatto io.

« Beh, devo dire che mi conosci bene. Forse più di chiunque altro. »

« Ti ho solo osservato a lungo, tutto qua. Me lo ha insegnato mio fratello, diceva che dal comportamento di una persona si può capire tantissime cose. »

« Già lo so. » Mi lascio sfuggire, facendomi riferimento al suo gemello. Spero che non abbia capito.

« Cosa? »

« Niente, lascia stare. Niente di importante. A proposito, ho notato che, nonostante i nostri e tuoi pasti siano anche a volte eccessivamente abbondanti, tu non mangi molto. Non voglio metterti in imbarazzo con quello che sto per dire ma, ... Non mi sembri ingrassata neanche di un etto e questo mi fa molto preoccupare. »

Si ferma e mi risponde, un po' accigliata. La mia domanda, in qualche modo, credo che l'abbia infastidita. « Penso che il mio stomaco non si sia ancora abituato a questi ritmi. Prima se andava bene riuscivo a mangiare, e se lo facevo si trattava di solo una vivanda. Per questo mangio poco, perché anche con poco mi sento sazia. - fa una piccola pausa e poi riprende - Con tutto questo cibo mi sembra di essere una regina, non avevo visto niente del genere. Con tutto quello che avanza che cosa ci fate? »

Mi chiede quando ormai siamo davanti a casa, sul viottolo di sassi.

Noto che Sebastian è sull'uscio e non mi sembra avere una bella cera, anzi, il suo sguardo mi sembra essere ben preoccupante. Sembra posizionato là come un cane da guardia, come se dovesse controllare qualcosa.
Ho un brutto presentimento.

Riconnetto il cervello e penso a quello che mi ha appena chiesto Dorothy. « Sì, forse è meglio parlarne un'altra volta. Aspetta qua un attimo, non ti avvicinare. »

« Perché? Che succede? » Chiede facendosi avanti.

« Fai come ti dico, per una volta. Per favore. »

Vado verso Seb a passo spedito, lui continua a non muoversi dalla sua postazione.

« Seb, che succede? Mi sembri teso. » Gli chiedo scrutandolo e cercando di guardare oltre di lui, dentro la casa.

« Sono qui. »

Mi blocco. Il mio cervello si blocca, si blocca per alcuni secondi che mi sembrano diventare lenti come giorni. Non penso, in questo momento non sto pensando. Mi balena in mente solo e soltanto questo pensiero, queste parole. Sono qui.
Loro sono qui, per lei.

« Sapevamo che sarebbe stato presto, ma così presto? Non so se Dorothy è pronta per tutto questo. » Rispondo secco.

Seb punta lo sguardo su di me e mi guarda torvo. « Che cosa vorresti dire? »

« Intendo dire che Dorothy non sta completamente bene dal punto di vista fisico Seb. Non penso che sia ancora pronta, non riesce ancora neanche a mangiare la quantità di cibo che mangiamo noi! »

Seb alza gli occhi al cielo e poi si passa una mano sulla fronte. « Sì, certo. Questo lo so bene anche io. Ma che cosa dovrei fare, mandarli via dicendo che la nostra prigioniera non sta bene? Non posso prenderli in giro, c'è una macchinetta con tre soldati sul retro. Ah, e tanto per la cronaca lei dovrebbe essere in casa, quindi, quando la fai entrare, dal retro. »

Fà per entrare in casa ma cerco  di fermarlo prendendolo per un braccio. « Seb, aspetta, si potrà pur fare qualcosa? »

Alza gli occhi, scuote la testa. « Mi dispiace Dorian, so che per te rappresenta qualcosa di più personale, ma non posso farci assolutamente niente, sai che non dipende da me o da Peeter o da te. È così e basta. Dorothy deve entrare in quella stanza e fare quella dannata visita medica. »



Spazio Autrice
Eccoci qua con il nuovo capitolo! Più di 2000 parole 💖 Che cosa ne pensate? Se avete qualcosa da chiedermi o semplicemente qualcosa da dire fatemelo sapere! 💕

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