Capitolo 26 - Parliamone (R)

2 mesi dopo

Anno Domini 2531 – 468 della Nuova Era
Insediamento 39.75.C

Non credo di aver mai trascorso due mesi più noiosi in tutta la mia vita!
Non mi è ancora chiaro perché: forse si tratta di un qualcosa di normale in casi come il nostro quando torni alla cosiddetta normalità dopo mesi di addestramenti militari e di una routine pressante.
In ogni caso il fatto rimane: dopo il ritorno dalla prima missione in Superficie la mia vita ha preso una piega decisamente tediosa.

Purtroppo, o forse per fortuna dovrei dire, non succede un accidente di niente qui all'Insediamento. Le giornate trascorrono fra occasionali giri per la struttura per controllare che tutto sia in ordine e brevi rapporti che ad intervalli regolari devo inviare al Comando.

Eppure, nonostante sia tornato da settimane qua giù, una parte di me non può evitare di pensare nelle ore di solitudine a ciò che ho trovato in Superficie.
Ma poi, in fin dei conti, cos'è che ho trovato? Casa mia non esiste più, il mondo intero che conoscevo non esiste più. Eppure, in fondo, siamo oggettivi: è poi così diverso, quello che c'è ora in Superficie? Non c'è forse ancora aria da respirare? Non ci sono ancora prati, ere, cespugli e piante? D'accordo, sono diversi da quelli del mio tempo, come diversi sono gli animali, ma in fin dei conti non è più o meno come essersi trasferiti in un paese nuovo? Non ho provato lo stesso disorientamento quando sono arrivato qui?
No, non è la dannata stessa cosa! Qui non c'è niente per me, niente di conosciuto, niente di davvero familiare. Neppure la mia famiglia è più quella di un tempo. Giorgia sembra così cambiata dalla sorella affettuosa e allegra che ricordo... E Giulia, be'... lei si può dire che neanche la conosca, in fin dei conti!
Il mio posto non è qui, in questo mondo di macchine e di gente abituata alle macchine, questo mondo senza sole, senza brezza, senza caldo o freddo, senza pioggia. Il mio mondo è la Superficie, la Superficie dove i ruderi della mia città cadono a pezzi, la Superficie con i suoi odori, le sue consistenze, le sue nebbie e le piogge, col sole e il caldo...

-Zio? Zio Mike? Zio, ci sei?-
qualcuno mi sta tirando per la manica con insistenza.
Mi volto per trovare un ciuffo di riccioli biondo scuro sbucare da un elmetto militare sopra a due occhi preoccupati, due occhioni azzurro chiaro pieni di preoccupazione.

-Cosa... cosa c'è, Giuly?- domando incerto a mia nipote cercando di riportare la mia mente al momento attuale, ma sembra come trascinare per i capelli un peso morto di duecento chili.
-C'è Katherine, guarda!- bisbiglia lei concitata facendomi voltare verso la porta della Mensa verso cui sta camminando una figuretta familiare; una cascata di capelli d'oro ed un paio di gambe fasciate da pantaloni neri con borchie, o almeno questo è quello che si vede da dietro e da questa distanza.

"Dio ti prego... non girarti, non girarti ora..." la supplico mentalmente.
Ma come al solito Katherine si dimostra incapace di ascoltare chiunque che non sia se stessa: piccola, testarda, stupenda Katherine...
Ovviamente sfortuna vuole che invece la ragazza si volti proprio in questo momento.
Giulia le fa un gran sorriso salutandola energicamente con la mano.
Katherine fa un passo verso di noi, ma in quel momento i nostri sguardi si incrociano.

Un tempo passavamo attratti magneticamente, letteralmente incastrati l'uno nello sguardo dell'altro.
Ora invece i nostri occhi rimbalzano come calamite dalla polarità identica prima che quelli azzurro cielo di lei si abbassino. Cos'è, quella, una lacrima?

-Uno sbufffo esasperato mi fa voltare di nuovo verso mia nipote.
-Cosa c'è, ora?- le chiedo alzando le sopracciglia visto che credo di sapere già come si svolgeranno i prossimi momenti di questa conversazione.

-Dovreste parlarvi.- sibila Giulia mentre guarda Katherine lasciare la sala a capo chino.
-Parlarci? E di cosa?- domando sorpreso.

-Ah non saprei!- sbotta mia nipote con un vocina acuta guardandomi oltraggiata -Parlate del tempo, di quello che cazzo vi pare, non mi interessa! Però parlatevi!-
"Aspetta... da quando mi faccio dare consigli romantici da mia nipote? Mi sono per caso perso qualcosa?"

-Mi sono rotta di fare da antidepressivo a quella specie di fontana e il resto del tempo passarlo con una mummia!- esplode Giulia alzandosi e battendo un pugno sul tavolo -Francamente ho di meglio da fare!-
-Giulia, aspetta! Dove cavolo vai?- la inseguo fuori dalla Mensa ma quando attraverso le doppie porte lei è già sparita Dio solo sa dove.

"Dove diavolo si sarà ficcata?" - penso frustrato per essermela fatta scappare praticamente da sotto il naso.
Ma poi, riflettendoci meglio, cosa le avrei detto se fino a due minuti fa non avevo neppure la più remota intenzione di rivolgerle la parola per il benché minimo motivo?

Per un attimo non riesco a capire più cosa sto guardando: sembra tutto un intrico di crepe o comunque segni strani sulla parete di fronte a me.
Guardando meglio mi rendo conto che ancora una volta il mio microchip deve aver risposto ad un mio imput, anche se non mi ero neppure reso conto di averlo inviato scientemente.
Il microcomputer impiantato nel mio cervello deve aver interpretato i miei pensieri di poco fa come una richiesta di informazione e così eccola lì, davanti ai miei occhi: una mappa detagliata dell'Insediamento con marcati sopra du puntini lampeggianti di color blu elettrico, uno marcato "Michele Ferraris" e l'altro "Katherine Angelica Miller".

"Che cavolo ci fa quella specie di pericolo pubblico perennemente in infermeria, quel piccolo... stupendo... pericolo pubblico?"
No, ok, qest'ultima parte non c'entra nulla, in effetti, meglio darsi una regolata.
Ovviamente il microchip non mi può fornire dati che soddisfino questa richiesta, quindi l'unica altra risposta che può fornirmi è ggiungere un ulteriore marcatore sulla mappa molto vicino a quello di Katherine che recita "Dr. Andrew Thompson".

SBAM

-Merda! Ma che cazzo... ma guarda dove accidenti vai, pezzo di cre... Ah... ciao Gio', cosa... dove cavolo correvi, in quel modo?-
-Massaggiandomi il sedere per la gran botta che mi sono appena preso mi alzo aiutato da una figuretta un po' bassa dai capelli castani abbastanza corti ma che, dal profumo, riconosco essere mia sorella nonostante il velo di lacrime che il dolore mi ha momentaneamene posato sugli occhi.
-Oh... scusa, fratellino!- mi fa lei tutta dispiaciuta aiutandomi a rimettermi in piedi e guardandomi tutta seria, quasi... triste forse?

-Stavi cercando me? Be'... ti bastava guardare con il microchip, no, invece di passarmi sopra come un treno?!- le rispondo sorridendo per cercare di tirarla un po' su, magari pensa mi sia fatto davvero male, che ne so.
-Ahah... spiritoso!- ribatte lei imbronciata per poi riprendere, questa volta anche lei con quello che sembra un mezzo sorriso anche se un po' tirato -Ti ricordi? Tornando a casa da Fairpoint, ti avevo detto che c'erano delle cose che dovevo chiarirmi, a cui dovevo pensare?-

-Sì, certo, che mi ricordo, tata, come faccio a dimenticarmelo? Praticamente non spiaccichi una parola o quasi da allora.- la prendo bonariamente in giro, tanto so che per così poco non si offenderebbe mai e comunque non con me...

-Hey! Cosa ci fate, fermi così in mezzo alle scale? Andate a fare le vostre cose da un'altra parte!-
Per un istante temo che la botta abbia in qualche modo coinvolto anche il cervello, ed infatti sbatto le palpebre un paio di volte, come un dannatissimo cero accecato da un'automobile.
Quella voce non è di Giorgia... eppure davanti a me c'è ancora lei.. Però... però io quella voce la conosco, anche se suono ed immagine non corrispondono, come quando giochi a Memory e sbagli a capovolgere le tessere...

-Katherine! Ciao, come stai? - esclama Giorgia voltandosi verso la nuova arrivata e confermando così quello che il mio cervello stava faticando a mettere a fuoco.
L'immagine di fronte a me comunque mi aiuta finalmente a mettere in ordine tutti i pezzi: alle spalle di mia sorella compare una visione d'oro e di blu cielo... un viso che conosco fin troppo bene.

-Oh... siete voi, ragazzi? - sussurra Katherine abbassando lievemente gli occhi come intristita mentre noto di sfuggita un riflesso come di vetro scomparire nella tasca dei suoi pantaloni.

-Hey ciao, Katherine! - rispondo io cercando di suonare allegro anche se non mi riesce molto bene. Il tono basso, quasi intimidito, che entrambi usiamo rende fin troppo evidente che c'è ancora parecchio imbarazzo fra noi nonostante siano passati dei mesi dalle vicende che lo hanno causato.
C'è decisamente bisogno di un chiarimento, non si può andare avanti così! - penso, e in un istante la decisione è presa.

-Senti, Kathy.... ti va se... se quando hai tempo, con tutta calma, ovviamente,... se parliamo un po'? - propongo per la verità sentendomi come il giorno dell'esame di maturità di fronte alla Commissione o ad uno stramaledetto plotone d'esecuzione.

-O... Ok. Quando...?-
-Questa sera, se... se ti va! - propongo maledicendomi mentalmente un momento dopo. Non potevo prendermi più tempo per pensare a tutta questa cosa, a come affrontare il discorso... magari prepararmelo prima? No... in fin dei conti se avessi aspettato temo che avrei perso quel poco di risolutezza che la predica di Giulia mi ha infuso. E poi, come si dice, via il dente via il dolore... come quando devi levare un cerotto, no?
Katherine non risponde, limitandosi ad annuire debolmente, mi sa che qui non sono l'unico a sentirsi scombussolato dalla prospettiva di quello che accadrà tra qualche ora.

-Be', pare che sia il giorno delle grandi novità, fratellino! - mi bisbiglia Giorgia all'orecchio con entusiasmo mentre Katherine si allontana verso il piano di sotto e, presumibilmente, il suo alloggio.
-Vuoi dire che sto per scoprire cos'è che ti tormentava tanto in queste settimane? - le domando alzando le sopracciglia incuriosito e riprendendo il discorso interrotto fra me e mia sorella poco fa.
-Puó darsi... lo vedrai! - si limita a rispondere misteriosa Giorgia facendomi un occhiolino che mi fa pensare che abbia in serbo qualcosa di grosso.

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