Capitolo 2 - Incomprensioni (R)

Anno Domini 2531 - 468 della Nuova Era
Insediamento 39.75.C

La Stazione Centrale del Sistema di Trasporto era, come al solito, affollata: una marea di umanità varia e multicolore che andava e veniva in ogni direzione vociando e schiamazzando. Se non fossimo tutti stanchi morti, sarebbe stato quasi piacevole trovarsi in mezzo a quel concentrato di vita frenetica. Alla fine tutti i propositi del discorso di saluto che avevamo io e Linzey se ne sono andati a farsi benedire, sovrastati inesorabilmente dalla voglia di ripartire il prima possibile ognuno per casa propria. Per un attimo siamo stati quasi tentati di far bloccare il Trasporto militare che ci ha portato fino in Stazione ed usare una delle Sale di Teletrasporto di Emergenza riservate a noi della Difesa, così da farci mandare direttamente a casa risparmiandoci almeno l'ultima parte del viaggio, ma naturalmente non si può fare.
Quasi un'ora dopo il nostro arrivo alla Stazione Centrale siamo finalmente sbarcati dal Trasporto civile che ci ha appena depositato all'ingresso del nostro Insediamento.
-Finalmente a casa.- sospira mia sorella Giorgia mentre ci fermiamo un momento ad osservare il vagoncino automatico muoversi lentamente verso il deposito come un cucciolo che torna docile verso il proprio padrone.
-Già, f... finalmente.- sbadiglia Giulia stirando le braccia sopra la testa. Questa volta è stato il suo turno di appisolarsi durante la seconda parte del viaggio. È strano, considerando quanto stavano diventando intimi, ma quando Caled l'ha svegliata all'arrivo l'ha guardato veramente malissimo e potrei giurare che si sia dovuta mordere la lingua per non rispondergli in malo modo... chissà cosa sta succedendo, fra questi due!
Appena attraversiamo la porta automatica a vetri la ragazza al bancone alza gli occhi dal terminale su cui sta lavorando e ci fa un sorriso, per la verità un po' tirato, facendoci un cenno di saluto con la mano:
-Bentornati, ragazzi! E per di più avete anche lasciato che la porta si aprisse invece di sfondarla come l'ultima volta.-
Tutti, lei compresa, scoppiamo a ridere perché abbiamo capito esattamente a cosa si riferisce. Nella mia mente ritorna per un momento l'immagine di quattro pistole ad energia puntate sul pannello di vetro, e un istante dopo un gigante nero che lo attraversa come fosse stoffa mandandolo in frantumi sul pavimento.
-Già... entrata molto meno ad effetto, vero? Ma sai com'è, non si possono fare sempre i fuochi d'artificio! - commenta Caled con un sorrisetto sornione molto poco caratteristico da parte sua gonfiando il petto, e tutti ridiamo di nuovo. Tutti tranne Giulia, che sembra quasi infastidita o per lo meno indifferente alle battute del nostro compagno.
-Senti, Giuly, cosa cavolo sta succedendo, con Cal? Sembra che non lo sopporti e fino a poco tempo fa...- le chiedo sottovoce una volta entrati nell'ascensore mentre la cabina scende veloce verso il basso. Lei però mi interrompe con un gesto della mano come per scacciare un insetto.
-Lascia perdere.- sospira fra i sussurri -Adesso non mi va di parlarne... scusami, zio!-
-Non c'è problema...- la rassicuro stringendole una spalla e tirandola un po' più vicino a me -però ricordati che se hai bisogno di qualcosa non hai solo la mamma, ci sono anch'io!-
-Lo so, grazie!- mi risponde lei, e finalmente vedo comparire sul suo volto il primo sorriso da un po' di tempo a questa parte, una cosa così dolce da farmi venir voglia di abbracciarla.
Appena la porta che separa l'anticamera dell'ascensore dal corridoio del primo piano si apre Giulia schizza fuori a passo svelto, quasi correndo, come se stesse scappando da qualcosa. Svoltando per imboccare le scale si volta appena un secondo per annunciare che se ne va direttamente a casa nel suo alloggio per farsi una doccia veloce prima di cena.
-Che fai, Gio, vai anche tu con lei?- chiedo a mia sorella guardandola un po' confusa per il fatto che Giulia abbia parlato del "suo alloggio". Come al solito mia sorella mi capisce senza neppure bisogno di parole: mi spiega che più o meno due mesi dopo l'inizio dell'Addestramento Avanzato Giulia è andata a parlarle una sera nelle camerate e hanno deciso di comune accordo di non vivere più insieme ma ognuna per conto proprio. Era stata una scelta fatta al nostro arrivo in questo tempo: avrebbero vissuto insieme almeno per i primi mesi in modo da potersi aiutare a vicenda nel prendere le misure a questo nuovo mondo. A quanto pare l'essere stata assegnata alla Difesa degli Insediamenti le ha dato una grossa mano a crearsi un proprio spazio vitale ed una propria indipendenza e di questo sia io sia sua madre non possiamo che essere felici. Caled, al contrario, sembra parecchio infastidito dalla cosa: ora che ci penso è più o meno da quel periodo che lui e Giulia hanno iniziato progressivamente a riallontanarsi... che sia un caso? Dovrò indagare sulla questione appena ne avrò l'occasione.
-Mi sa che me ne vado anch'io a casa a farmi una doccia e poi, se Dio vuole, finalmente mi stendo un po' su un letto decente... Non so voi ma io quelle brandine del Centro di Addestramento proprio non le sopportavo più.- dico ai miei compagni salutandoli con un gesto della mano quando arriviamo al nostro corridoio e stiamo per separarci ognuno nel proprio appartamento.
"Dove sarà andata ad abitare, Giulia?" mi domando mentre digito velocemente il mio codice di accesso sul tastierino accanto alla porta di casa mia. Il solo fatto di aver formulato questo pensiero attiva il microchip e mi ritrovo in un istante a rivivere un'esperienza molto simile ad un'altra di qualche mese fa. Davanti ai miei occhi compare, in sovraimpressione all'ambiente intorno a me, una mappa dell'Insediamento su cui sono segnalati diversi luoghi, quelli per lo meno che già conosco. Una serie di marcatori in forma di puntini blu elettrico segnalano infatti l'ubicazione del Simulatore olografico, della Mensa, degli uffici dell'Amministrazione e dell'ufficio e l'alloggio di Katherine... La mia attenzione si focalizza però su un nuovo segnalatore: vicino al puntino lampeggiante che riporta la mia posizione attuale ce n'è un altro accompagnato da un punto esclamativo giallo che indica la rilevazione di una nuova postazione. Non devo neppure disturbarmi a chiedermelo di nuovo: se quel punto è stato visualizzato in risposta al mio pensiero riguardo all'alloggio di Giulia posso stare più che tranquillo che il messaggio si riferisce esattamente a quello! Ancora una volta come in passato la mappa sembra per un momento farsi più brillante davanti ai miei occhi per poi scomparire ad indicare l'aggiornamento delle informazioni all'interno del microchip.

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Oltre un'ora è già passata da quando sono arrivato a casa. Ho appena finito la doccia - che per la verità mi ha lasciato più morto che vivo per la stanchezza- ed ora mi trovo in salotto, disteso sul divano bianco di pelle, con gli occhi chiusi in attesa che arrivi l'ora di salire su a cena.
"Be', visto che sono qui posso anche controllare i messaggi e sentire Giulia", - penso aprendo pigramente un occhio - quella doccia mi ha proprio levato anche le ultime energie al punto che non avevo neppure voglia di disfare il letto, sono andato direttamente in salotto per crollare come un sacco di patate sui cuscini del divano.
Con il piccolo telecomando in dotazione attivo lo schermo gigante incassato nella parete di fronte a me. Non c'è nessuna bustina lampeggiante nell'angolo del monitor, e, devo ammetterlo, la cosa mi delude un pochino. Non è che mi aspettassi chissà cosa, intendiamoci, ma forse una piccolissima parte di me si aspettava... o per lo meno sperava... di essere stato cercato da Katherine nel lungo periodo che avevamo passato lontani.
"Perché devi sempre pensare a lei, cretino?!", mi rimprovera la mia vocina interiore, che per una volta devo ammettere ha ragione: non sto facendo altro che rovinarmi la vita continuando a tornare sugli stessi pensieri deprimenti.
Dato che mi trovo già nella sezione del sistema destinata alla gestione dei messaggi decido di inviarne uno a mia nipote:

From: Michele Ferraris
To: Giulia Rossetti
Object: <empty>
Hey, Giu, sei già pronta per la cena? Ti va se passo da te che parliamo un po'? Avevamo dei discorsi in sospeso, ricordi?

Neppure il tempo di pensare a riaddormentarmi che una bustina compare veramente sullo schermo.
"Cavolo, mi aspettavi per caso?", penso aprendo il messaggio.

From: Giulia Rossetti
To: Michele Ferraris
Object: R: <empty>
Sì, zio, sono pronta. Passa pure quando vuoi.

In fondo al messaggio c'ha pure aggiunto l'icona di un cuoricino... che dolce, la mia nipotina! Penso che ormai l'abbia capito che non avevo intenzione di allontanarla quando involontariamente le ho risposto in malo modo di farsi i fatti propri, ma sarà comunque meglio spiegarsi chiaramente.
Infilo di corsa un paio di scarpe da ginnastica ed esco nel corridoio voltandomi verso la porta adiacente alla mia, come mi ha indicato il microchip poco fa.
Premendo il tasto con il simbolo della campanella che si trova al posto del simbolo * sento lievemente ma distintamente il ronzio del campanello all'interno e qualche secondo dopo la porta si apre.
-Hey, Giu, siamo parecchio sportivi, mi pare!- le sorrido quando mia nipote appare nel vano della porta indicandole con un cenno i suoi vestiti. Non l'ho mai vista vestita in quel modo e devo ammettere che fa un po' strano. Ai piedi porta un paio di quelle che sospetto essere calze antiscivolo (oh mio Dio, fanno troppo bambina di cinque anni!) oltre ad un paio di pantaloncini corti blu scuro da palestra ed una canottiera bianca con uno smile sul davanti.
"No, ok... vuoi farmi morire", penso con un ghigno che non riesco a nascondere nello sforzo di non scoppiarle letteralmente a ridere in faccia.
-Cosa ridi?- mi fa lei seccata essendosi accorta della mia espressione, anche se dal suo tono si capisce che finge.
-Non... sto... ridendo...- replico trattenendomi a tutti i costi mentre lei si sposta per farmi entrare, ma una volta chiusa la porta non riesco più a trattenermi -Ok, sì, stavo ridendo! Sei troppo buffa, dài... Soldato!-
Per un attimo fa la faccia da bimba imbronciata ma dura solo un secondo prima di scoppiare anche lei a ridere rifilandomi un pugnetto sul braccio, giusto per farmi capire che non dovevo farlo io per primo.
-D.... dài, sediamoci...- ansima Giulia fra le risate avvicinandosi al divano ed indicandomi di fare lo stesso. "Cavolo, chi ha progettato questo posto aveva proprio fantasia... a vederlo così al volo questo alloggio sembra la copia esatta del mio", penso guardandomi intorno per la prima volta da quando sono entrato.
-Ti volevo chiedere scusa per come ti ho rispostooggi pomeriggio al Centro.- comincio appena ci siamo un po' ripresi dall'attacco di ridarella.
-Non... non ti preoccupare, zio! Non fa niente.- mi risponde lei per la verità in tono un po' piatto non troppo convinta, anche se si fa lo stesso un po' più vicina sul divano.
-Non dire cavolate, Giu, l'ho visto che te la sei presa a morte! Non ce l'avevo con te e lo sai. È solo che... che già stavo pensando a... a lei... e sentirlo anche da un'altra persona mi ha fatto sentire... esposto, in un certo senso, almeno credo. Sai, saranno anche passati dei mesi e mi dirai che era stata una storia brevissima ma... ma era la persona con cui ho legato di più a parte tu e la mamma e... perderla in quel modo...-
Per un momento non riesco a proseguire e la mia voce si perde sfumando nell'aria dell'alloggio che profuma ancora di nuovo. Penso che la cosa richiederà parecchio tempo, tanto vale mettersi comodi anche se non sono esattamente a casa mia. Mi sfilo quindi le scarpe da ginnastica per non sporcare il divano bianco ed allungo le gambe sui cuscini. Un altro sospiro... non so proprio come altro giustificarmi e Giulia è lì come imbambolata che mi fissa.
-Sai, Giu...- sospiro -è difficile.... Troppo difficile. Puoi essere grande quanto ti pare ma... è sempre difficile separarsi da chi ami. Quando... quando avrai anche tu una storia così intensa forse... forse te ne renderai conto, anche se non te lo auguro per niente. No, non mi dire che lo sai già com'è... lo so che anche tu hai dovuto lasciare tanta gente nella nostra epoca: i tuoi amici e tuo papà Paolo... ma è diverso... fidati che è un sacco diverso.-
-Lo so, zio, lo so! Ti... ti capisco... credo.- mi risponde Giulia facendosi di colpo ancora più triste e raggomitolandosi a gambe incrociate in mezzo alle mie, come una bambina che cerca protezione.
Non posso fare a meno di pensare che c'entri qualcosa il cambiamento di rapporti con Caled, non c'è altra spiegazione perché con nessun altro ha legato così a parte con me e Giorgia che però siamo la sua famiglia. Non riesco ad evitare di allungare un braccio per poggiarglielo intorno alle spalle e lei si fa ancora più vicina sedendosi direttamente sulla mia gamba, come penso avrebbe fatto con suo padre se avesse potuto, e praticamente sdraiandosi su di me.
-Cosa c'è, Giu? Dimmi tutto.- le chiedo stringendola a me.
Lei sospira ma poi alza lo sgaurdo ad incrociare il mio e riesco comunque a restare sorpreso nel vedere un lampo come di fierezza attraversare i suoi occhi.
-No, non c'è niente, zio! Era solo un momento un po' così...- mi risponde cercando di assumere un tono fermo, ma la sua voce trema leggermente mentre prova a riallontanarsi. Si sta richiudendo di nuovo in sé stessa, come ormai ho capito è solita fare quando qualcuno si avvicina troppo.
-Smettila, tesoro! Lo sai che stai dicendo una cavolata, vero? Lo capirebbe anche un cieco...- "No, ok, qui non riesco a restare serio e torno a ridere come un cretino considerando che proprio io ero mezzo cieco prima di arrivare nel XXVI secolo" -Scusa... mi è uscita così... Volevo dire che si nota che in realtà qualcosa c'è che ti fa star male. Vieni qui e raccontami tutto, ti va? Di' allo zio cos'è successo che se qualcuno ti fa star male gli facciamo il culo grande come l'Italia, ok, tesoro?- le sussurro mentre torna a farsi vicina e si fa abbracciare stretta stretta.
A questo punto le difese di Giulia crollano di schianto ed anche lei mi getta le braccia al collo scoppiando a piangere.
-Ehy... cos'hai, Soldatino?- cerco di farla sorridere, o arrabbiare, almeno non piangere, mentre le accarezzo il caschetto di folti capelli castani.
-Scusa, z... zio. È solo che... che è tutto un casino...è tutto un fottutissimo gran casino!- esplode lei mollando un pugno allo schienale del divano per sbollire ancora un po' di rabbia o tensione o quello che è.
-Lo so, Giulia, lo so bene! È un gran casino per tutti abituarsi a vivere qui, anche per la mamma e me, lo sai?-
-Lo so ma... ma lei è forte... lo sai com'è fatta. E tu... tu hai Kathy ch... che...-
"E che cavolo, anche tu ti ci metti a ricordarmela?" penso un po' seccato, ma proprio non ce la faccio a prendermela con la mia nipotina disperata in questo momento.
-Veramente... veramente se parliamo di Katherine... non ho più un accidenti di niente.- puntualizzo tentando un mezzo sorriso, ed anche lei riesce a fare una risatina anche se un po' umida di pianto, più una cosa a metà tra una risata ed un singhiozzo, direi -Tu piuttosto, ne hai parlato con Cal di tutta questa cosa... di come ti senti?-
-Sì ma... ma lui non può capirci... lui è nato qui e... e non sa com'è perdere la casa, la famiglia, tutto... perdere il tuo mondo... Ho provato a parlargliene ma mi diceva solo di tenere duro e che con il tempo passerà. Poi... poi con l'addestramento e tutto il resto...-
-Sei diventata una dura, lo so, Soldatino!- le sorrido interrompendola e dandole un'altra stretta un po' più forte.
-Sì, be'... più o meno... Diciamo che un pochino sì, è vero. E in quel momento ha iniziato ad avvicinarsi... scherzando mi diceva che non ero più una bambina lagnosa e ora riusciva a sopportarmi.- continua a raccontarmi mia nipote con un sorrisetto amaro -Ma lo sai come sono fatta... se uno si avvicina troppo mi ritiro io... era diventato un po' insistente a dire la verità. È bellissimo... almeno per me... ed era molto dolce anche se non sembra a vederlo da fuori...-
-Ok, non voglio sapere altro delle vostre effusioni, grazie!- la interrompo io sventolando una mano come per scacciare degli insetti, in realtà per cacciare via le immagini di loro due insieme che mi si stanno affollando nella testa... non le voglio neppure immaginare certe cose con coinvolta la mia Giulietta.
-Ok, scusa... Comunque... voleva essere sempre insieme quando avevamo tempo libero, se dovevo fare qualcosa voleva sempre aiutarmi o farlo lui al posto mio... dimmi pure che è premuroso ma mi sentivo soffocare...-
-Quindi vi siete parlati e gli hai detto di stare al suo posto, giusto?- proseguo io la storia per lei.
-Già... e se hai visto gli sguardi che ci scambiamo... non l'ha presa esattamente benissimo... Forse è anche per quello che ci sono rimasta male quando ho provato a tirarti un po' su e mi hai mandata via.-
-Già... lo so... mi dispiace, tesoro, l'ho capito, che volevi starmi vicina... è che pensare a lei... non hai idea del male che fa...-
-No, non lo so.- conferma lei mettendosi un po' più comoda: -Però ho visto quando ti ho svegliato che... secondo me stavi sognando lei, vero?-
-Già, indovinato.- le rispondo, ed in quattro e quattr'otto le racconto il sogno di qualche ora prima.
-Lo immaginavo, che fosse qualcosa di bello.- sospira lei appoggiando la testa all'indietro sullo schienale del divano e fissando il vuoto con occhi sognanti -Avevi una faccia così pacifica... quasi felice... Non ti volevo quasi svegliare perché era dalla sera del Giuramento che non ti vedevo così sereno...-
-Sai una cosa, Giu?- le dico dopo qualche minuto di silenzio scostandola da me mentre torniamo a sederci un po' meglio sul divano -Mi sa che quei due ci hanno proprio fritto il cervello... innamorarsi decisamente non fa bene alla nostra famiglia, mi sa!-
-No, infatti.- sospira lei, ed entrambi stavolta riusciamo a sorridere davvero.
-Dài, piccola, ora infilati un paio di scarpe e muoviamoci... non so tu ma io sto crepando dalla fame!- la stuzzico afferrando a mia volta le scarpe per rindossarle: so che le dà fastidio essere chiamata "piccola" ma ormai sento che questa sera qualcosa si è sbloccato fra di noi e forse me lo posso permettere.
-Smettila! Non sono piccola!- replica lei fingendo di piagnucolare come una bambina piccola e facendo anche la vocina acuta... Dio mio, non posso evitare di scoppiarle a ridere in faccia: è troppo buffa e carina al tempo stesso.
-Piuttosto, Giulia,- riprendo tornando serio con uno sforzo incredibile ed avvicinandomi a lei: lasciando perdere tutte queste stupidate... lo so che non siamo mai stati particolarmente vicini e lo capisco. In parte sarà il tuo carattere, me l'ha detto la mamma, ma in più... diciamo che se hai dovuto mollare tutto è stato per colpa mia, anche se non ne sapevo niente e potevo farci ancora meno...-
-Già, eri già surgelato, quando l'abbiamo deciso!- interviene lei bloccando il mio discorso -E comunque, zio, non è stato perché ti faccio una colpa di qualcosa che non avevamo mai legato tanto, come hai detto tu è un po' il mio carattere. Non pensare neanche per un momento che ti accusi di qualcosa: hai sentito bene, ho detto "abbiamo", prima... perché venire a raggiungerti è stata una scelta comune, anche mia. Avrei potuto benissimo restare con papà, lo so. Ma la mamma mi aveva raccontato com'eri quando ci vedevamo da piccola e quanto eri affezionato a me... e volevo troppo conoscerti e stare con te se era possibile, così potevamo recuperare il tempo perso.-
-Sei un tesoro, Giulia...!- mormoro prendendole le mani nelle mie -Voglio che ti ricordi una cosa, tesoro, ok?-
-Cosa?- mi domanda lei curiosa guardandomi da sotto in su con un faccino da bimba che aspetta un grosso regalo.
-Ricordati che anche se tendi a restare da sola ed affrontare le situazioni per conto tuo... ricordati che oltre alla mamma ci sono anch'io per te... Magari... magari se avrai cose che non vorrai raccontare a lei ma... per cui ti servirà qualsiasi cosa... ricordati che tuo zio qui c'è, per qualunque cosa, veramente qualunque. Capito?-
Giulia annuisce mentre entrambi ci rendiamo conto che quasi senza volerlo le ho lasciato le mani per poggiarle sulle sue spalle e, un momento dopo, ci stiamo di nuovo abbracciando strettissimi. È come se avessimo ancora un sacco di cose da dirci, cose che però non siamo in grado di comunicare a parole e cerchiamo quindi di far confluire in quell'abbraccio che sembra non voler finire più.
-Avanti, Soldatino. Adesso ricomponiti e fai la persona seria. Dài che ce ne andiamo a cena!- le sorrido staccandomi da lei e scompigliandole i capelli sopra la testa.
-"Fatti gli affari tuoi, Comandante!"- mi risponde lei arrabbiata colpendomi sul petto e imitando il mio tono di quel pomeriggio facendo la voce profonda, poi dopo un momento giù entrambi a ridere come stupidi per la sua imitazione sgangherata mentre finalmente lasciamo il suo appartamento per avviarci finalmente a cena con i nostri amici.

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*** Spazio all'autore***
La mia proposta per questo capitolo:
"Fix you"
by Coldplay

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