Capitolo 11 - Confini (R)

Anno Domini ????
Isola

Per un attimo che sembra protrarsi per ore tutti rimangono in silenzio. Gli uomini seduti a terra si guardano intorno confusi, mentre i Primari sui loro scranni appaiono come ipnotizzati, gli occhi duri da guerrieri che saettano fra la mia mano tesa e la prigioniera legata come se stessero assistendo ad un'appassionante partita di rackball.
-La riunione è sciolta!- tuona mio padre improvvisamente nel silenzio facendo trasalire più di una persona -Dobbiamo scoprire il più possibile su questi esseri. Il Consiglio è riconvocato tra... tra un ciclo.-
Una volta rientrati in casa mio padre accende tutte le candele, e prima di venire a sedersi al tavolo di fronte a me si avvicina ad un grosso strumento su una mensola e lo capovolge. All'istante i minuscoli sassolini contenuti nella parte superiore iniziano a cadere con estrema lentezza in quella inferiore capovolta.
-Hai poco tempo.- esordisce mio padre sedendosi pesantemente e puntando un dito allo strumento -Cominciamo dal principio. Dove li hai visti?-
Sto per aprire la bocca per parlare ma proprio in quel momento una serie di pesanti colpi alla pesante barriera di legno mi fa morire le parole in gola.
-Avanti...- sospira mio padre, ed un istante dopo dallo spazio lasciato libero dal legno nero compare zio Anthon. Non ci sono sorrisi sul suo volto come spesso accade quando viene a trovarmi, il suo atteggiamento è grave e severo quasi quanto quello di mio padre mentre anche lui si siede al tavolo posizionandosi fra di noi.
-A che punto siete?- domanda zio Anthon senza un cenno di saluto.
-All'inizio.- risponde lui a denti stretti alzandosi ed andando a prendere due grandi bicchieri e versandoci una generosa dose di liquore. Lo zio accetta il suo annuendo, e poi con un cenno verso di me suggerisce:
-Anche a Diana!-
-Te lo puoi scordare!- ribatte papà secco -È troppo forte, questa roba, per lei!-
-Non vedi in che stato è?- replica lo zio lanciandomi una rapida occhiata -Se vuoi che riesca a raccontare qualcosa sarà necessario. Niente come l'alcool scioglie la lingua, lo sai bene!-
-D'accordo, d'accordo!- sbotta papà tornando a prendere qualcos'altro, e un momento dopo un bicchierino molto più piccolo dei loro ma pieno quasi all'orlo compare sul tavolo di fronte a me.
Il piccolo contenitore, come gli altri bicchieri e semisfere dello strumento per misurare il tempo, sono ricavati dalla resina gialla solidificata e lavorata in una lamina sottilissima quasi trasparente. Il liquido all'interno prende un inquietante color sangue, mentre sulla superficie nerissima si riflettono le fiammelle delle candele... sembra di guardare le fiamme dove ardono i condannati attraverso la bocca dell'inferno.
-Allora, Diana? Raccontaci quello che hai visto.- mi invita zio Anthon. Anche il suo tono è cupo e severo, ma per qualche ragione mi incute meno timore di mio padre.
Non so proprio da dove iniziare, quindi per prendere tempo bevo un sorso di liquore. Appena il liquido freddo tocca le mie labbra le sento bruciare leggermente, sensazione che aumenta mille volte quando la sostanza invade la mia bocca sfiorando la lingua. Non è una cosa né buona né cattiva: a dire il vero non ha molto sapore dietro alla sensazione bruciante dell'alcool. Se proprio dovessi definirlo... amaro... sì, è vagamente amaro e leggermente denso. Non è così male, in fin dei conti! Ora capisco perché agli uomini piaccia tanto! E soprattutto, come ha detto lo zio, aiuta a schiarire le idee ed a parlare, se non fosse altro anche solo per cercare di attenuare la sensazione di andare a fuoco che ti pervade la bocca.
-Avevo finito di pescare- inizio a raccontare ricordando di colpo la cesta colma di pesci rimasta abbandonata nella barca -ma non mi andava di tornare a casa. Quindi sono andata a terra ed ho chiamato per fare una passeggiata.-
Mentre parlo i due uomini davanti a me ascoltano in silenzio annuendo ogni tanto, bevendo qualche sorso di liquore e scambiandosi occhiate fugaci.
-Più o meno senza accorgermene... stavo pensando a cose mie... siamo finite vicino alla prat...-
-Hai superato il confine?!- tuona mio padre balzando in piedi e battendo furiosamente un pugno sul tavolo con tanta forza da far rovesciare il mio bicchiere, che essendo il più piccolo è anche il più leggero.
-Pavel!- lo redarguisce zio Anthon rimanendo seduto ma alzando una mano per imporci il silenzio -Pavel, non mi sembra che sia quello che Diana ha appena detto...!-
-Quante maledettissime volte te lo devo ripetere, di non oltrepassare quel dannato confine, Diana?! Quante?!- sbraita papà picchiando di nuovo il pugno sul tavolo con gli occhi che lampeggiano di rabbia e le vene sulle tempie che pulsano furiosamente.
Non l'ho mai visto così furioso, mai, ed istintivamente mi faccio più indietro sullo sgabello come se volessi rannicchiarmi nel muro e scomparire. Nonostante il liquore sento il mio corpo riprendere a tremare mentre mi torco le dita ruotando il bicchierino ormai vuoto.
-Io non... Padre, io... io non... non ho disobbedito...- balbetto mentre sento le lacrime affiorarmi agli angoli degli occhi ed annebbiarmi la vista.
-Non hai disobbedito?- scoppia a ridere mio padre scattando lontano dal tavolo per andare a recuperare un panno per pulire il liquore versato. Nella foga del gesto calcia lontano lo sgabello su cui era seduto, che si capovolge con un tonfo facendomi sobbalzare ancora così forte da farmi sfuggire il piccolo bicchiere dalle mani e mandandolo a frantumarsi ai miei piedi.
-Dannazione, ora calmati, Pavel!- la voce di zio Anthon non si è alzata rispetto al solito ma è carica di una tale forza, forse persino rabbia, che non gli serve gridare. Non gli è mai servito gridare, mai o quasi. È sempre riuscito ad imporsi con autorevolezza senza bisogno di far fracasso: basta un suo cenno, uno sguardo, e tutti lo ascoltano.
Velocemente si avvicina a mio padre e voltandolo lo spinge contro la parete tenendolo per le spalle con la facilità con cui lo farebbe se l'altro fosse un bambino. Non è più alto di papà, ma in questo momento sembra sovrastarlo almeno di venti centimetri.
-Ora ti calmi, d'accordo, Pavel? Ti calmi e lasci che tua figlia parli liberamente. Altrimenti non potremo scoprire nulla e rischieremo di essere impreparati a ricevere... chiunque stia arrivando.-
Così dicendo lascia andare mio padre, che finalmente sembra esserci calmato e torna a sedersi senza un'altra parola seguito poco dopo anche da papà, che ora sembra totalmente un'altra persona.
-Ora, Diana, racconta!- dice lo zio rivolgendosi a me, e quella voce così bassa e calda mi entra dentro come una fiamma, come immergersi in un bagno bollente o entrare in casa durante una nevicata invernale e stendersi davanti al fuoco.
-Ho... ho lasciato il cavallo un po' indietro e... e sono andata avanti a piedi.- riprendo un po' incerta, ma parlare mi aiuta a sbloccarmi e con il tempo la voce smette di tremare e torno senza accorgermene a sedere diritta, le mani incrociate sul tavolo davanti a me -Poco lontano c'era un muro... quella roba vecchia che si dice abbiano costruito quelli che hanno mandato la prigioniera... Be', quel muro sembrava venuto giù da poco perché la polvere si muoveva ancora intorno e non c'erano ancora cresciute sopra le piante, anzi, i cespugli intorno erano tutti schiacciati e maciullati. Mi sono nascosta e sono andata a vedere cosa c'era dopo gli alberi... Lo so, che non vuoi, Padre, lo so... perdonami... ma lo sai, che sono curiosa... me l'hai sempre detto, che sono troppo curiosa... e non ho resistito.-
A queste ultime parole zio Anthon annuisce e... cos'era, quella cosa, un sorriso? Potrei giurare di aver intravisto le sue labbra che si increspavano sotto i baffi e la barba, ma è stata una cosa così rapida ed impercettibile...
-Oltre al nostro territorio c'era l'inizio della prateria... gli alberi, le piante... tutto come il solito. Ma davanti ad un gruppetto di piante c'erano loro.-
-Quanti sono?- domanda zio Anthon mentre papà cerca in tutti i modi di trattenersi dal parlare, perché se parlasse probabilmente esploderebbe di nuovo.
-Sono quattro, ma uno sembra ferito... anzi una.-
-Come puoi dirlo con sicurezza?- mi domanda di nuovo lo zio mentre mio padre ha uno scatto del capo ed un lampo negli occhi che sembrano suggerire... esultanza, forse? Non lo so, so solo che da come lo conosco potrei giurare di sentire il suo cervello mettersi in movimento per imbastire così su due piedi un piano per sottomettere anche quei quattro e... catturarli, ucciderli? Questo proprio non lo so dire.
-Be', ecco... li ho osservati per un po'. Sono più piccoli di noi, come la prigioniera, e meno muscolosi... a parte uno. Uno è alto come te, zio Anthon, e sembra molto muscoloso: ha la pelle nera come il legno, gli occhi gialli da felino e... e capelli bianchissimi. Lui ed un'altra sua compagna stavano gridando... penso che discutessero ma non lo so perché non usano parole che possiamo capire. Gli altri due, invece... una donna è ferita ma non so cos'abbia... credo sia la più giovane di loro o per lo meno la più minuta; e quello che penso fosse il suo compagno la stava curando.-
-C'è altro?- domanda zio Anthon dopo qualche secondo di silenzio alla fine del mio racconto.
-In verità sì. Per curare la compagna... beh... le ha levato la parte superiore della protezione... sapete, quella cosa con quella piastra trasparente sul davanti... Ed il fatto è che quella non è morta e non stava neppure peggio. È pur vero, però, che non c'era l'aria morta.-
-Ti hanno vista?- domanda ora mio padre a voce bassa, quasi sussurrando. Non è neanche una domanda vera e propria, è più una cosa a metà fra l'affermazione e la domanda.
-Non ne sono sicura.- rispondo io preparandomi ad un'altra esplosione, e sembra che anche zio Anthon la pensi come me perché si raddrizza lievemente sullo sgabello -Quando il tipo ha finito di curare la sua amica ha alzato gli occhi ed i nostri sguardi si sono incrociati, ma non ho idea se lui si sia accorto davvero di me. Deve comunque aver visto qualcosa che gli sembrava strano perché ha fatto una faccia sorpresa... quasi sconvolta... Poi deve aver chiamato gli altri due che litigavano perché sono corsi da lui e si sono messi a parlare tutti insieme e puntavano verso gli alberi dove ero nascosta. Non so altro perché mi sono spaventata e sono corsa via senza voltarmi.-
Un lungo silenzio cala nella stanza, disturbato solo dal tenue soffio delle fiammelle delle candele, dal tamburellare delle dita di zio Anthon sulla tavola e dal rumore dei finissimi sassolini che calano nell'attrezzo segna tempo.
-Brava, figlia mia!- mormora dopo parecchio mio padre interrompendo il silenzio.
-Padre?- domando incerta alzando timorosa lo sguardo nel suo che appare stravolto e preoccupato.
-Brava, bambina mia!- ripete, alzandosi e venendo dal mio lato del tavolo e stringendomi per un attimo al suo fianco -Per fortuna sei riuscita a fuggire... Perdona il testone di tuo padre per prima, ma... sai bene cosa ti ho detto di quelle... quegli esseri. Per fortuna ora sappiamo che stanno arrivando e potremo prepararci a dovere.-
Altra pausa, molto più breve della precedente, prima che papà parli di nuovo rivolgendosi questa volta allo zio:
-Anthon, amico mio, informa gli uomini e fai preparare tutti: gli arcieri per primi, naturalmente, poi penseremo a predisporre le trappole e tutto il resto.-
-Manca ancora un po', alla convocazione del Consiglio, Pavel! Queste sono decisioni che un uomo non può prendere da solo. Hai spalle grandi e forti, ma non così possenti da poter reggere completamente da solo il destino del nostro intero popolo. Dobbiamo riferire al Consiglio dei Primari quanto sappiamo, oggettivamente!- replica zio Anthon ponendo un grande accento sull'ultima parola. Evidentemente teme che papà si possa far influenzare da quello che ora so essere il suo passato ed il più grande motivo di rancore nei confronti dei nuovi arrivati. -Poi sarà il Consiglio a prendere la decisione definitiva.-
Mio padre fissa un momento l'uomo davanti a sé con sguardo freddo, quasi calcolatore, poi deve aver deciso evidentemente che non vale la pena di inimicarsi l'intero Consiglio compreso il suo più caro amico. Con un profondo sospiro si avvia alla porta.
-D'accordo, Anthon! Così sia. Il Consiglio sarà convocato a momenti, comunque!-
-Lo so bene, amico mio! E so anche che ti troveranno come tutte le volte per primo sul tuo scranno ad attenderci tutti. Di' agli altri che sarò da voi tra breve: lo sapete bene, che il Consiglio non può deliberare se tutti i membri non sono presenti!-
Mio padre annuisce in silenzio voltandosi verso la porta per poi richiudersela alle spalle sparendo nella penombra del cortile.
-Cosa ne pensi, figliola?-
-Zio?- domando sorpresa sentendo il suo tono farsi improvvisamente di nuovo caldo come ogni volta che parla con me e percependo le sue mani sulle mie spalle.
-Cosa ne pensi, di quelle creature, Diana?- si spiega meglio lo zio ponendo due sgabelli accanto al fuoco e facendomi cenno di avvicinarmi.
-Non lo so, zio! Non è il mio compito, capire queste cose! Io sono solo una ragazza.- rispondo io precisando l'ovvio. Come se ce ne fosse bisogno.
-Neppure noi Primari siamo onniscienti, bambina mia!- replica l'uomo di fronte a me allargando le mani sulle ginocchia in un gesto ampio come per scacciare un qualche insetto -Neppure noi ci "capiamo" di queste cose. Nessuno aveva mai visto quegli esseri prima dell'arrivo di quella donna, quindi non possiamo saperne nulla. E non è quello che ti ho chiesto. Quello che volevo da te è un'opinione, non un'affermazione. Cosa pensi tu in quanto Diana di queste creature? Non intendo in quanto donna, in quanto persona che solitamente non si cura delle questioni che riguardano la difesa della comunità e quant'altro. Intendo come singolo essere con delle opinioni e dei pensieri tuoi, dei sentimenti.-
Che strano... ho come l'impressione che lo zio in fondo sappia già qualcosa di quello che penso e voglio, però, per qualche motivo, che lo esprima a voce alta, che mi confronti veramente con le mie opinioni.
-Be', zio... secondo me... Scusami se lo dico, lo so bene che non dovrei e che dovresti denunciarmi agli altri Primari per questo, ma... secondo me state sbagliando, con quella donna!- confesso io a voce bassa fissandomi le mani intrecciate in grembo.
-Davvero?- domanda zio Anthon con appena un filo di sarcasmo nella voce... o è curiosità? Sicuramente non cattiveria o derisione o aggressività come mi sarei aspettato, ed infatti alzando gli occhi incerta noto un suo sopracciglio alzato in atteggiamento interrogativo: -Davvero pensi che il Consiglio di Primari si sbagli? E... perché mai, di grazia, dovremmo esserci sbagliati?-
-Be', ecco... Secondo me quella donna non ci ha fatto niente di male. Da quanto so era solo ferma in piedi sulla riva dell'acqua grande ed è stata presa... Da quello che so non ha attaccato nessuno di noi. Anche nel tempo che ha passato qui... sì, ha gridato e si è agitata, ma... anche se non so la lingua non mi sembravano frasi minacciose né i gesti... non sembrava che volesse attaccarci. Pensaci, zio... come ti saresti comportato, al posto suo? Non avresti gridato "Aiuto!" e cercato in tutti i modi di liberarti? Non vuol dire che sei cattivo, e poi... e poi...-
-E poi cosa, figliola?- mi incalza zio Anthon, ed in pochi minuti tutto il resto della mia teoria sulle intenzioni degli stranieri fluisce dalle mie labbra, stranamente senza un'interruzione neppure minima.
-Zio?- domando infine incerta dopo quasi un minuto di silenzio durante il quale lo zio mi fissa intensamente in volto, con un'intensità tale che sembra voglia trapassarmi la testa e leggermi dentro -Zio? Scu... scusami... non volevo...-
Stranamente lo zio sta sorridendo, e questa volta non è un dubbio o una cosa appena accennata, sta sorridendo apertamente.
-Non devi scusarti, bambina mia! Dopotutto... e quello che sto per dirti non dovrà uscire da queste mura... dopotutto ho anche io i tuoi stessi dubbi, in parte! Li ho manifestati a Pavel non più tardi di stamane quando vi siete lasciati e... e diciamo che lui rimane fermo sulle sue posizioni. Con queste osservazioni non intendo assolutamente sminuire la sua autorità, lungi da me voler fare questo. Sai bene che la famiglia ed il suo rispetto è la prima e più sacra regola della nostra comunità, Diana! Sto solo dicendo che forse... e dico forse... le esperienze di molti di noi Primari ci stanno condizionando e ci stanno richiudendo in noi stessi.-
Zio Anthon sospira alzandosi e dirigendosi alla porta, dove scosta leggermente la protezione di legno per uscire e raggiungere gli altri membri del Consiglio già riuniti al centro della folla di tutti i cittadini maschi del nostro territorio.
-Eh già...- sospira di nuovo lo zio prima di lanciarmi un sorriso ed uno sguardo ammonitore ed uscire nella notte -forse davvero dovremmo lasciare un po' di spazio a voi giovani.-

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***Spazio all'autore***
La proposta per questo capitolo
"Dead Frontier"
dal videogame The Legend Of Dragoon

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