Ricordi tristi

Violetta

Mi sveglio con le lacrime secche sulle guance. Mi lavo e mi vesto. Ci sono dei vestiti puliti in un armadio normale. Camicette e pantacollant. È come se in tutta la mia vita mi avessero studiata e sapessero esattamente quello che mi piace. Inquietante. Rabbrividisco al pensiero ed esco.

In corridoio c'è un ragazzino basso e ciccione, vestito come un piccolo scout. La sua fascia da esploratore è piena di distintivi.

Si volta verso di me. La sua faccia è tonda e i suoi occhi sono a mandorla. "Ciao." lo saluto alzando una mano.

"Buongiorno." risponde lui. "Non ti ho mai vista prima d'ora."

"Sono arrivata ieri."

"Oh, allora benvenuta. Io mi chiamo Russel."

"Violetta. Stai andando alla mensa?" Non gliel'ho chiesto perché è grasso, chiaro?

"Sì. Il mio amico, il signor Fredricksen si fa portare il cibo in camera e il suo cane rimane con lui, perciò sono sempre solo. Vuoi venire con me?"

Sorrido. "Ok." Ci avviamo insieme in corridoio. "Da quanto sei qui?"

"Due settimane. È stato bruttissimo vedere la mia città sparire."

"Ci credo."

"Hai visto il dirigibile quando sei arrivata?"

"No."

"Oh. Beh, è del signor Fredricksen, ci sono un sacco di cani parlanti lassù."

Lo guardo confusa. "Parlanti?"

"Sì, hanno un collare che consente loro di parlare."

Mentre camminiamo inizia a parlarmi dei suoi distintivi.

Arriviamo alla reception e chiedo il foglio degli orari. Dopo avermelo consegnato Russel mi porta alla mensa. "Mangiamo tutti insieme. Siamo divisi solo dalla parte di palazzo, poi possiamo vederci sempre." mi dice.

La mensa è enorme. Osservo in giro tutte le creature possibili e immaginabili.

"Questo è niente." mi fa Russel "Alcuni abitanti di Walt hanno sempre una casa."

Vedo Hiro e gli altri e sorrido. "Vieni, ti presento i miei amici."

Ci avviciniamo e poso una mano sulla spalla di Hiro. Lui si volta e sorride. "Ciao."

Mi siedo accanto a lui. "Tutto bene?"

"Sì. Tu?"

"Sì." Lo conosco da appena un giorno, eppure gli voglio già un gran bene. Senza di lui dove sarei andata?

Mi accorgo che GoGo mi guarda un po' male e volgo lo sguardo.

Vedo Russel che punzecchia la pancia di Baymax, affascinato. Rido e faccio le presentazioni.

Russel si siede e sorride a tutti.

Ordiniamo e, dopo essere stati serviti, mangio tutto in un boccone la mia omlette.

Hiro ride e mi accorgo di essermi fatta il boccone. Arrossisco e mando giù tutto d'un fiato, poi bevo.

Lui continua a guardarmi e sorride, così ricambio il sorriso, tirandogli un pugno leggero alla pancia e facendolo scoppiare a ridere.

Certo che ha davvero un bel sorriso.


Hiro


Di nuovo in camera, mi sdraio sul mio letto e Baymax si siede accanto a me. Gli do una pacca sulla pancia e poi mi ci appoggio contro.

Zia sta leggendo il foglio che ci è stato dato: "Fanno proprio tutto qui: c'è la sauna, la piscina, yoga. Guarda Hiro, ci sono sale di allenamento, club di scacchi e scientifici..." Mi guarda e torna seria. "Tesoro, fa qualcosa. Dovremo rimanere qui per un po'."

Faccio spallucce. "Vedrò, ok?"

Lei annuisce e poi dice: "Io vado a fare ungiro, ok? Ciao."

Dopo che è uscita, guardo Baymax. "Perchénon vai anche tu?"

"Tu hai bisogno di compagnia, non ti lascio solo."

Chissà perché ma quando è così protettivocon me sorrido senza volerlo. Fortuna che c'è Baymax con me, altrimenti non so cosa farei.

Bussano alla porta. "Avanti." dico con noncuranza andando ad aprire, pensando che sia uno dei miei amici. Quando invece mi ritrovo davanti Violetta, arrossisco. Porta una fascia con un distintivo che rappresenta un omino stirilizzato piegato su un bastone.

"Ciao, Violetta."

"Ciao. Posso entrare?"

"Certo."Appena entrata, Baymax si alza e si dirige alla porta. "Ci vediamo dopo."

Lo guardo, confuso. "Aspetta, hai appena detto che..."

"Ora non sei più solo." Mi si avvicina e sussurra. "So che hai bisogno di stare da solo con lei."

"Cosa?" esclamo.

Lui non dice niente e dondola via, chiudendo la porta.

Mi giro a guardare Violetta. Lei mi sorride e io ricambio. "E quella fascia?"

"Oh, Russel mi ha fatto entrare negli esploratori. Primo distintivo, assistenza agli anziani. Il signor Fredricksen è un po' burbero ma buono, in fondo."

"Di cosa aveva bisogno?"

Fa una smorfia e si siede sul mio letto, così mi affretto a sedermi accanto a lei. "Aveva finito la cartaigienica."

Scoppio a ridere e lei subito dopo di me. "Scommetto che era la 2."

Lei annuisce, senza smettere di ridere. "Oh sì."

Quando ci calmiamo lei inizia a coccolare il gatto, che le fa le fusa.

"Hiro, tu come combatti i nemici?"

"Nel casco della mia armatura c'è un dispositivo da mettere in testa e, con qualsiasi pensiero, posso controllare migliaia di microbot, che ho creato io."

"Davvero? Sei un inventore."

"Sì."

"Hai costruito anche Baymax."

Mi sale un groppo in gola a quei pensieri. "Non proprio. Baymax è un'invenzione di mio fratello, Tadashi."

"E lui dov'è?"

Abbasso la testa. "Morto. Dopo aver vinto la fiera della scienza con i microbot, l'università ha preso fuoco. Callighan, un professore, era rimasto dentro e Tadashi è entrato per salvarlo. Ma poi c'è stata un'esplosione..."

Violetta si porta una mano alla bocca. "Hiro, io..."

"I microbot però erano dentro e Callighan li ha usati per proteggersi, poi me li ha rubati. Voleva vendicare uno scienziato rivale, che per colpa di una sua invenzione, sua figlia era rimasta intrappolata in una dimensione parallela. Abbiamo combattuto contro Callighan e salvato sua figlia. Ma lui è scappato di prigione e non so dove sia."

Violetta mi ascolta in silenzio.

"Tadashi ha creato Baymax per curare le persone. Io però gli ho insegnato a combattere il male. Quando siamo entrati nella dimensione parallela la sua armatura si era rotta e non riusciva più a volare. Ma il suo pugno-razzo funzionava, e lo ha usato per salvarci, sacrificandosi. Pensavo di averlo perso per sempre, ma nel suo pugno meccanico ho trovato la sua memoria. Gli ho ricostruito il corpo, così è tornato. Beh, non se n'era mai andato."

Lei annuisce. Mi si avvicina e mi prende a braccetto, poi posa la testa sulla mia spalla. "Mi dispiace per Tadashi."

Le accarezzo un braccio, mentre il cuore accellera i battiti.

"Anche nella mia città ci sono dei robot."

"Ah sì?"

"Usciamo, Hiro. Per uno scienziato come te qui ci sono tante cose da scoprire."

"Non so se tutto questo abbia a che fare con  la scienza."

Da fuori si sente il rumore di elicotteri. Ci affacciamo alla finestra. Ce ne sono tantissimi, come ieri quando siamo arrivati noi. Da uno in particolare noto che escono quattro persone, con addosso le tute rosse come quella di Violetta.

"Violetta..." faccio per dire.

Lei però mi afferra la mano e mi trascina fuori.

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