𝑬𝒑𝒊𝒍𝒐𝒈𝒐 - 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝟐
Le macchine di Paolo e di mio padre erano già parcheggiate nel vialetto oltre al cancello, a dimostrazione che, come al solito, io ed Enrico eravamo stati gli ultimi ad arrivare all'appuntamento per il pranzo di Natale. E non perché avessimo passato tutta la mattinata a rotolarci sotto le coperte come due adolescenti arrapati, ma perché, nonostante avessimo a disposizione un bagno a testa, perdevamo sempre un sacco di tempo a prepararci per uscire.
Da quando cinque anni prima avevo iniziato a lavorare per un'importante azienda di revisione, ero dovuto scendere a patti con il fatto che jeans e maglietta non potevano andare bene in qualunque occasione. Avevo dunque rivoluzionato il mio guardaroba, trovandomi ogni volta a ribaltare i cassetti in cerca dell'outfit perfetto. Mio marito aveva un ottimo occhio in fatto di vestiti, ma quando gli chiedevo di darmi un giudizio rispondeva sempre che stavo benissimo, risultando di conseguenza poco attendibile.
Al contrario di me, Enrico si era sempre preso molta cura del suo aspetto fisico - anche se, dal mio modesto punto di vista, era già perfetto così! - ma passati i trentacinque anni aveva intensificato la sua routine di skincare, sostenendo che non avrebbe guardato la sua pelle invecchiare senza fare nulla. Una volta, avrei temuto che dietro a certe parole si nascondessero ancora tutte le insicurezze causate dalla comparsa della sua vitiligine. Per fortuna, non era più questo il caso: Enrico aveva imparato ad amarsi tanto quanto amava me, ovvero tantissimo.
Solo io potevo amare la sua persona più di lui.
«Riesci a prendere tu quell'ultimo sacchetto in fondo?» mi chiese, mentre cercava di non far cadere tutti i pacchi che aveva recuperato dal bagagliaio. Anche io ero piuttosto carico, ma almeno non dovevo tenere Molly che tirava indemoniata il suo guinzaglio.
La nostra cagnolina era già su di giri.
«Sì, tu intanto vai. Penso io a chiudere la macchina.»
Enrico si incamminò, e io lo seguii subito dopo.
Quest'anno avremmo trascorso il Natale a casa di Valerio e Samuele. I nostri amici avevano acquistato la villetta indipendente accanto a quella dei genitori di Valerio. Era stato un ottimo affare, perché la casa era disabitata da anni e completamente da ristrutturare. Valerio, insieme al padre in pensione, aveva messo in pratica tutte le sue doti manuali per renderla un posto accogliente per il marito e i due figli.
«Ziiiiiiiii!»
Ed eccolo lì, Samir, il più grande dei miei nipoti che usciva di casa e correva come un matto verso di noi, seguito dal fratello Matias che, però, era ancora troppo instabile sulle sue gambette per stargli dietro. Infatti, bastò poco perché inciampasse dando una facciata sull'erba resa ruvida dal freddo. Il tempo di realizzare cosa fosse successo, che il bambino iniziò a piangere disperato.
Ne seguì un putiferio.
Samir mi raggiunse scontrandosi contro le mie gambe e facendomi vacillare, Enrico mollò il cane e i regali per andare in soccorso di Matias, Molly iniziò ad abbaiare a ritmo del pianto e a correre intorno a tutti noi, e Samuele, che aveva assistito alla scena dalla soglia di casa, alzò gli occhi al cielo per venirci ad aiutare.
«Samir, lascia andare lo zio Fil e torna dentro subito! Chi ti ha detto di uscire e portarti dietro tuo fratello? Siete pure senza giacca!»
«Ma papi, non è colpa mia se mi segue ovunque!»
«Sei il fratello maggiore, dovresti dare il buon esempio. Fila dentro ad aiutare papà a fare la tavola!»
Samir mise su il broncio e si strinse ancora di più alla mia vita, così gli offrii uno dei sacchetti che tenevo in mano.
«Se fai quello che ti dice papi, potrai aprire il prima possibile il regalo che Babbo Natale ha lasciato a me e allo zio Enri per te. Ok?»
A quel punto, i suoi occhi di scimmietta curiosa brillarono e, dopo aver preso il pacchetto, corse di nuovo verso casa.
«Come si dice allo zio?» gli urlò dietro Samuele.
«Grazieeeeeeeee!» Rispose, senza voltarsi indietro.
Samir aveva sei anni ed era di origine tunisina. Vale e Samu lo avevano preso in affido quando ne aveva tre e adottato a cinque, dopo che il padre naturale, unico genitore in vita, aveva rinunciato alla sua custodia ed era tornato in patria. Il dolore per la perdita della moglie, morta di parto, lo aveva gettato in una spirale di depressione e alcolismo che gli aveva reso impossibile occuparsi del bambino. Samir, ogni tanto, chiedeva ancora del padre naturale, ma stava crescendo felice insieme ai due uomini che lo avevano amato incondizionatamente dal primo giorno che avevano iniziato a prendersi cura di lui.
Matias, invece, aveva quasi tre anni ed era stato adottato subito dopo la sua nascita. La madre, una ragazza cilena di diciotto anni, aveva portato a termine la gravidanza dietro insistenza della famiglia conservatrice ma, dopo il parto, non aveva voluto neanche sapere il sesso del bambino.
Per fortuna, da qualche anno erano state legalizzate le adozioni anche per coppie omosessuali, e Samuele e Valerio non avevano dubitato neanche un secondo su quale sarebbe stata la via che avrebbero seguito per costruirsi una famiglia. Se li conoscevo abbastanza bene, ancora qualche anno e avrebbero accolto in casa anche una sorellina per Samir e Matias.
«Matias non si è fatto niente. Si è preso solo un brutto spavento. Vero, piccolino?» Enrico si avvicinò a me e Samuele tenendo nostro nipote stretto fra le braccia, e io ebbi un tuffo al cuore nel vedere con quanto amore gli dava un bacino sulle piccole manine come per fargli passare la bua. Sarebbe stato un padre meraviglioso se solo avesse voluto...
«Papi... caduto...» piagnucolò il bambino protendendosi verso Samu. Suo padre lo prese con sé e lo cullò massaggiandogli la schiena e i capelli.
«Lo so, amore. Ora andiamo in casa o ti farai venire pure il raffreddore.»
Recuperammo i regali e Molly, ed entrammo nella villetta. Dentro c'era un piacevole tepore che ci scaldò immediatamente. Dopo esserci tolti le giacche, raggiungemmo il resto della compagnia in salone.
«Oh, ce l'avete fatta finalmente!» Noemi strillò e si gettò tra le braccia di Enrico. Salutava sempre lui per primo.
«Shhhh! Non urlare o sveglierai le bambine!» sussurrò Paolo, che cullava la carrozzina gemellare.
Dopo aver dato un bacio a mia sorella, salutai mio cognato e mi affacciai a vedere l'ottava e la nona meraviglia del mondo.
Clara e Cloe dormivano beate, due bambole di quattro mesi che non avevano ancora nessun pensiero al mondo se non mangiare e cagare. Con mio grande rammarico, avevano preso i capelli neri del padre, carattere che aveva dominato sul nostro rosso, ma speravo ancora che i loro occhietti chiari si stabilizzassero sul verde Molinari.
«Ciao bellissime!» le adulai piano, accarezzandole sopra la copertina. «Siete proprio due angioletti, sapete?»
«Adesso che dormono,» grugnì Paolo, «vedrai quando attiveranno le sirene per reclamare il cibo.»
«E te che ti lamenti che non fai niente mentre mangiano? Sono le mie tette a essere spremute, non le tue.» Noemi avvolse il busto del marito e gli stampò un bacio sulla guancia.
«Hai ragione cucciola... ed è per questo che a me tocca poi pulirle dalla cacca.»
«È un ottimo equilibrio familiare.»
Li osservai scambiarsi dolci effusioni, prima di chiedere dove fossero tutti gli altri.
«I tuoi sono a casa di Sandra e Gianpa a finire di preparare gli antipasti, Valerio credo sia in sala da pranzo.» Rispose Samu, che ancora coccolava il figlioletto.
Presi per mano Enrico e lo guidai in cerca del padrone di casa. Lo trovammo che posizionava i bicchieri sul lungo tavolo imbastito, seguito da Samir che metteva i tovaglioli sopra i piatti.
«Bravo, Sami! Ora vai a chiamare papi, Mati e gli zii, così ci facciamo una bella foto con l'autoscatto.»
Mentre Samir schizzava via, Valerio ci abbracciò per salutarci entrambi.
«Se arriva ancora un bambino in questa grande famiglia, non sapremo più dove fare il pranzo di Natale. Meno male che quest'anno i miei suoceri sono a festeggiare da Gabriele.»
«Basterà che le gemelle crescano abbastanza da stare sedute a tavola per essere ufficialmente al completo.» Risposi osservando la sala da pranzo grande, ma al limite per contenere dieci persone adulte e due bambini.
«Beh, nel caso potremmo sempre trasformare la mia vecchia dependance in un mega salone per le feste. Del resto, sono dieci anni che quella casa è rimasta disabitata.»
Osservai Enrico per capire quali fossero i suoi sentimenti a riguardo, ma vidi solo serenità. Quella di cui parlava era stata la casa in cui aveva vissuto diversi anni con Brando. Dopo che si erano lasciati, nessuno dei due aveva mai più voluto saperne niente delle sorti di quel posto, nonostante con il tempo il loro rapporto si fosse aggiustato e consolidato in una sana amicizia.
Mi ci era voluto diverso tempo per scrollarmi di dosso il timore che Brando ricomparisse nella nostra vita ma, per fortuna, la fiducia che avevo nell'amore di Enrico mi aveva aiutato a scacciare via tutte le mie insicurezze. Inoltre, pure Brando si era rifatto una nuova vita con un uomo che lo amava in maniera sincera; perciò, da diverso tempo non avevo proprio più nulla di cui preoccuparmi.
«Ed ecco che il Principe di Albaro mette a disposizione la sua reggia! Sentito Paolo?» Lo prese in giro Valerio, rivolgendosi al suo ex coinquilino appena entrato in sala con il resto della ciurma.
«Beh, immagino debba dimostrare che a volte i soldi possono fare davvero la felicità.»
Enrico scoppiò a ridere e io alzai gli occhi al cielo con una smorfia felice, perché ormai quello era un loro battibecco collaudato. Si volevano talmente bene lui, Vale e Paolo che ai nostri matrimoni si erano fatti da testimoni a vicenda. Io avevo avuto Samu e Noemi, come io lo ero stato per loro, ma il mio migliore amico aveva scelto suo fratello Michele come secondo, mentre mia sorella la sua migliore amica.
Samuele si avvicinò al marito per dargli un bacio dolce sulle labbra, prima di includere Samir e Matias in un abbraccio di famiglia. Loro due continuavano a essere la mia coppia preferita.
Dopo me ed Enrico, ovviamente.
«Dai, su, mettiamoci in posa!» Sbraitò Vale, spingendo tutti verso il camino.
Eseguimmo l'ordine e iniziammo a sistemarci. Paolo e Noemi avevano preso in braccio una bambina ciascuno, riuscendo miracolosamente a non svegliarle. Ne avrebbero sicuramente pagato a breve le conseguenze. Io stringevo la vita di Enrico, mentre lui mi cingeva le spalle e teneva Molly sotto l'ascella. A completare il quadretto, Samu sollevò Matias e Vale afferrò al volo Samir nei secondi a disposizione prima dello scatto.
Click!
La foto di rito era stata fatta.
«Ok, perfetta!» Annunciò Samuele soddisfatto dopo aver zoomato sui volti di tutti. «Ora possiamo chiamare i nonni per raggiungerci con il cibo e prendere posto a tavola!»
Ci fu un po' di trambusto generale, tra sedie che si spostavano e chiacchiere varie. Feci per avvicinarmi al tavolo, quando Enrico mi trattenne per trascinarmi in un'altra stanza per rimanere da soli. Appena ci chiuse la porta alle spalle, le sue mani trovarono le mie guance e iniziò ad accarezzarmi con una commozione nello sguardo che mi sciolse il cuore.
«Ehi, che ti prende?» gli domandai sospettoso.
«Fil, sai che da quando ti conosco hai stravolto il mio mondo, vero?»
«Beh, anche tu il mio, se è per questo!» sorrisi, portando le mie braccia intorno al suo collo e stringendomi a lui.
«Sì... ma a differenza mia, tu hai sempre saputo quello che volevi.»
Posò la fronte contro la mia e aspettò qualche secondo prima di riprendere quello che aveva da dire.
«Fil, io so che tu vorresti dei figli. Lo vedo nel modo in cui guardi i nostri nipoti, come ti relazioni con loro, come osservi sognante i nostri amici genitori... anche quando parlano di tutte quelle cose che farebbero scappare a chiunque la voglia di avere figli.»
Mi congelai sul posto perché non mi aspettavo che avremmo affrontato un argomento così delicato in un momento del genere. Era vero quello che diceva, ma non gli avrei mai imposto di diventare genitore se non era anche un suo desiderio.
«Enri, non credo che...»
«Li voglio anche io.»
«Cosa?» strillai sorpreso, «e da quando? Non hai mai espresso interesse, per quanto veda...»
Un momento!
A pensarci bene, mi resi conto che tutto quello che Enrico aveva visto in me... io lo avevo notato in lui! E dalla nascita delle gemelle, quella sensazione di calore al centro del petto, immaginando Enrico come padre, si era intensificata sempre di più. Solo che non avevo voluto aprire la porta alla speranza.
Rimasi a bocca aperta ma, quando tornai a concentrarmi su di lui, vidi un sorriso che faticava a nascondere, e gli occhi avevano iniziato a inumidirsi.
Era lo stesso sguardo di quando mi aveva chiesto di sposarlo.
E, come quella volta, reagii scoppiando in lacrime.
«Mi stai davvero chiedendo di diventare genitori? Enri, ti avverto, non scherzare su una cosa simile o potrei avere un infarto il giorno di Natale!»
«Ho mai scherzato con te sulle cose importanti? Fil, ascoltami bene: ti amo al punto che non potrei più respirare senza averti al mio fianco. Sei mio marito, la mia famiglia e l'unico uomo con cui accetterei con gioia di diventare padre. E lo voglio, con tutto il cuore. Una volta, quando ancora non stavamo insieme, ho immaginato un bimbo con i tuoi occhi e le tue stesse lentiggini. Ha continuato a invadere i miei sogni, nonostante pensassi che non fossi adatto a diventare genitore. Non importa se non sarà come l'ho immaginato, o se al suo posto ci sarà una bambina, ma voglio che ci sia nel nostro futuro. Che ne dici?»
A quel punto lo spinsi contro la parete che aveva alle spalle e lo assalii con un bacio famelico, che ricambiò con altrettanta passione.
Un figlio nostro.
Non un nipote da viziare solo nei weekend.
Un figlio di cui prendersi cura ventiquattrore su ventiquattro, sette giorni su sette.
Un figlio, mio e di Enrico.
Una famiglia che si allarga.
Risposi, senza ombra di dubbio.
«Ti piace proprio sentirmi dire sì!»
***
SPAZIO AUTRICE: Buonasera 💕 la falsa notifica di ieri sera mi ha dato L'impulso per concludere l'epilogo 😂 e anche questa volta, chiedo perdono se troverete qualche strafalcione in più... scritto e pubblicato senza passare dalle preziose beta 🥹
È finita davvero! Non posso credere che abbiamo messo un punto a Sunshine e Sunrise. Perché quest'ultimo epilogo li chiude entrambi... mostrandoci le vite di Fil, Enri, Vale e Samu e le loro famiglie 10 anni dopo 🤧💕
Anche questa volta ci tengo a sottolineare che la scelta di far avere, in un modo o nell'altro, figli alle mie coppie protagoniste è prettamente personale. Non credo che i figli siano un completamento della coppia, non credo che i figli realizzino le persone, non credo siano una mancanza quando non ci sono, non credo siano necessari né nella vita reale né nei romance... insomma, non li considero "il valore aggiunto"! 😆 però ecco... a me i bimbetti piacciono... soprattutto quelli degli altri 😝 e mi piace immaginare che in un futuro la famiglia sarà sempre più accessibile a tutte le persone che la desiderano, indipendentemente dall'orientamento sessuale e dalla "combinazione" della coppia! 💕 in un'Italia dove la GPA è considerata reato universale e l'adozione è un vero miraggio, quello dell'epilogo è un "dieci anni dopo" utopico ❤️🩹
Con questa seconda parte, Sunshine è ufficialmente finito! Arriverà ancora l'episodio pilot del terzo (che poi arriverà con calmaaaaaa), ma non vedremo più Enrico e Filippo... quindi, sì, questa è la vera fine ! ❤️🩹
Farò dei ringraziamenti seri, ma intanto ve li anticipo qua: grazie a chi mi ha dato fiducia per la seconda volta e a chi me l'ha data per la prima... grazie per aver amato Enrico e Filippo e averli seguiti fino alla fine nel loro tormentato percorso 💕 I vostri commenti sono sempre linfa vitale e stimolo a proseguire, perciò vi ringrazio di avermene lasciati tanti 💕 e se volete lasciarne uno finale, ne sarò felicissima 🫶🏻
A presto 💕
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