𝑻𝒆𝒓𝒛𝒂 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 - 𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝟑𝟐

23 settembre 2023

FILIPPO

Il paesaggio che si apriva davanti a noi era vasto e magnifico. L'aria fresca mi sferzava il viso attraverso la visiera aperta del casco, e si insinuava nelle prese d'aria del mio nuovo completo da moto. Stavamo risalendo il Piccolo San Bernardo, correndo lungo stretti tornanti a strapiombo sul vuoto. Se provavo a guardare giù, mi saliva subito il cuore in gola e serravo con maggiore forza le maniglie della sella del passeggero. Enrico guidava in modo fluido e attento, e io mi fidavo delle sue capacità da motociclista, ma avrei mentito se avessi detto di sentirmi tranquillo. Per quanto in città utilizzassi lo scooter da quando avevo quattordici anni, le moto erano un mondo nuovo con il quale avrei dovuto prendere confidenza. Non ci ero più salito dal nostro picnic sul Monte Fasce, ma quella volta si era trattato di una gita poco impegnativa. Questo, invece, sarebbe stato il nostro primo weekend durante il quale avremmo macinato diversi chilometri con una moto stradale: una BMW R1250 GS, per l'esattezza. La Muccona, come la chiamavano gli appassionati. Tecnicamente, era un mezzo più adatto a viaggiare rispetto al Ninja, ma rimaneva comunque un bestione da più di duecento chili. Mi chiedevo come Enrico riuscisse a tenerlo in equilibrio con sopra me, il bauletto e le borse laterali, considerando che quando ci fermavamo toccava a terra con appena le punte dei piedi.

Una delle tante cose per cui lo ammiravo.

Avevamo deciso di trascorrere due giorni nella sua casa in montagna a Courmayeur, il luogo dove ci eravamo conosciuti e avevamo passato i primi momenti insieme. Il lunedì precedente, il diciotto, era stato il suo compleanno ma io ero ancora in piena sessione di esami e lui non poteva permettersi altri giorni di ferie; perciò, avevamo optato di festeggiare nel fine settimana.

Dopo circa due ore di autostrada per arrivare in Valle D'Aosta, avevamo stabilito di raggiungere la nostra destinazione percorrendo vari passi di montagna e scendendo da La Thuile.

«Tutto bene là dietro?» La voce di Enrico rimbombò nel casco attraverso l'interfono.

«Sì, anche se inizio ad aver bisogno di sgranchire le ginocchia.»

«Allunga le gambe nel prossimo tratto di strada dritta. Tra quaranta minuti siamo arrivati. Se ce la fai a resistere tiriamo avanti senza fermarci in cima al passo. Non mi piacciono molto quei nuvoloni che stanno spuntando.»

Osservai il cielo e dovetti concordare con lui. Il meteo in montagna era sempre imprevedibile. Fino a poco fa era bello, ma si stava guastando in maniera repentina. Dovevamo dunque sperare di arrivare a casa prima che iniziasse a piovere.

«Okay, posso farcela. Al massimo ti toccherà passare la serata a farmi massaggi su tutto il corpo per alleviare i miei dolori.»

«Ehi, ti faccio presente che dovrebbe essere il contrario. Sono io che ho guidato tutto il giorno mentre tu te ne sei stato bello comodo.»

«Allora faremo un po' per uno, ma sappi che quando arriverò a quel tuo bellissimo culo passerò a un altro tipo di massaggio... uno più prostatico.» Mentre lo provocavo mi aggrappai alla sua vita cercando di far aderire il più possibile i nostri corpi. In risposta, lui accelerò.

«Scheggia, sei proprio sicuro di voler farmi venire un'erezione mentre corro su queste curve pericolosissime?»

«Sì, perché venire in moto con te mi eccita tantissimo.» Con quell'ultima provocazione interruppi il gioco di seduzione ma non mollai la presa su di lui, sperando che i restanti minuti di viaggio passassero in fretta.

Quel mese con Enrico era stato a dir poco fantastico, ma ancora mi chiedevo se per lui non fosse tutto frutto dell'euforia dei primi giorni di una nuova relazione. Nonostante tutto quello che aveva passato per stare con me, continuavo a temere la fregatura dietro l'angolo. Cercavo, però, di non darglielo a vedere, godendo di ogni momento che passavamo insieme.

Ad agosto eravamo andati diverse volte al mare, dove Enrico aveva pure conosciuto i miei genitori con grande imbarazzo. Mi era sembrato di correre troppo ma era stato inevitabile, visto che sfruttavamo il loro ombrellone. Durante le presentazioni, mia madre si era mantenuta composta ma aveva chiaramente trattenuto l'entusiasmo per non spaventare il mio ragazzo. Papà, invece, aveva avuto fin da subito una buona chimica con lui e si erano ritrovati a disquisire di moto, politica, economia e tutta un'altra serie di argomenti che interessavano ai businessmen come loro.

Tutto perfetto.

Troppo perfetto.

E io avevo una fottuta paura di questa perfezione.

Non è il momento di farsi trascinare dalle paranoie, Fil! Pensa che domani sarai in una gigantesca piscina con idromassaggio ai piedi del Monte Bianco.

Sospirai e cercai di seguire il consiglio della mia vocina interiore. Il mio regalo di compleanno per Enrico sarebbe stato l'ingresso alle terme di Pre Saint Didier, e avrebbe dovuto rappresentare l'apice di un weekend fantastico. Avrei fatto di tutto per non rovinarlo.

Come dicevano i pinguini di Madagascar?

Carini e coccolosi.

Sarei stato carino e coccoloso finché Enri ne avesse avuto bisogno, ingoiando ogni mia ansia.

«Oh oh!» Esclamò allarmato.

«Che c'è?»

«Non le senti?»

Plic. Plic. Plic.

«Merda, che palle!» Mi lamentai frustrato.

Non eravamo stati fortunati, e gocce di pioggia sempre più pesanti iniziarono a battere sul mio casco. Abbassai la visiera per non inzupparmi il viso.

«Sta venendo giù bella intensa. Se trovo un punto riparato, potremmo fermarci per mettere le cerate ma saremo già belli fradici.»

Allungai il collo per vedere quanto tempo indicasse il navigatore all'arrivo. Quindici minuti. Mi ero perso nei miei pensieri per un po' e nel frattempo avevamo raggiunto l'ingresso del paese.

«No, tira dritto. Ormai siamo quasi a casa e le giacche sono impermeabili, no?»

Lo vidi annuire e proseguimmo per la nostra strada. Per quanto il mio vestiario fosse in un tessuto performante quasi quanto il goretex, la pioggia era così fitta che iniziai a sentire l'umidità entrarmi nelle ossa. Che palle! Quello era il brutto della montagna. A meno che non si fosse già all'interno della propria casetta dai soffitti in legno, con il caminetto acceso, un plaid sulle gambe e una tazza di cioccolata calda con panna a scaldarti le mani.

Quando raggiungemmo il cortile della villetta monofamiliare, smontammo velocemente dalla sella per correre al riparo.

«Entriamo dal garage, così non sporchiamo casa.» Aprì la serranda del box e ci infilammo dentro.

Senza perdere tempo mi tolsi il casco e lo appoggiai sul primo ripiano che avevo vicino, poi sfilai la giacca e il paraschiena, abbandonando tutto per terra. Osservai Enrico fare la stessa cosa ma, quando stava per aprirsi i pantaloni, ci ripensò e uscì di nuovo sotto la pioggia.

«Che fai? Sei impazzito?» Gli urlai dietro tenendomi sulla soglia al riparo.

Enrico si fermò dopo pochi metri, e si voltò verso di me. Sorrideva, mentre io mi lasciavo ardere fino alle viscere dall'intensità del suo sguardo folle.

Era erotismo puro, con i capelli ormai zuppi e la t-shirt bianca che diventava sempre più trasparente sul suo petto, delimitando gli addominali scolpiti. Potevo quasi intravedere l'alone più scuro dei capezzoli duri intirizziti dal freddo. Sicuro, era appena diventato duro anche il mio cazzo, costretto in quei dannati pantaloni da moto.

Dovetti essermi imbambolato ad ammirarlo con un'aria sognante, perché Enrico spalancò le braccia invitandomi a raggiungerlo.

«Che aspetti, Scheggia? Non mi dire che non hai mai sognato un bacio sotto la pioggia. Io sì.»

Oh, fanculo! Avrei rischiato la broncopolmonite ma avrei avuto il mio cliché romantico.

Senza ulteriori indugi, gli corsi incontro sentendo nuovamente l'acqua fredda che mi si appiccicava addosso. Ma non mi importava, perché Enrico mi sollevò come fossi un fuscello portato dal vento e mi strinse forte per evitare di farmi volare via.

Schiantai le labbra sulle sue e fu subito un inseguirsi di bocche affamate che si reclamavano con passione. Il suo desiderio nei miei confronti era talmente palese da risultare inebriante. Affondava la lingua in un bacio violento, mordeva e succhiava le mie labbra per lasciare il suo marchio indelebile su di me.

Mi possedeva, e io mi strusciavo contro di lui per concedergli maggiore contatto.

Stavamo annegando sotto una pioggia che non ci permetteva neanche di guardarci negli occhi, ma le nostre mani scivolavano sulla pelle bagnata lasciando scie di calore laddove le gocce gelide avevano provocato brividi.

«Scheggia, se non ti scopo subito il mio cervello smetterà di funzionare.»

«Vuoi farlo qua? Sotto la pioggia?» Ansimai, cercando di riprendere fiato, spaventato ed eccitato al tempo stesso dalle sue intenzioni.

«Potrei anche farlo, ma non vorrei finire in qualche video virale. Non siamo così isolati da rischiare di farlo all'aperto.»

«E allora cosa aspetti a portarmi dentro e sbattermi contro il muro?»

«È questo che vuoi?» Ringhiò, prima di iniziare a mordicchiarmi la mascella.

«Sì, cazzo. Scopami più a fondo che puoi.» Gli tirai i capelli dietro la nuca per obbligarlo ad alzare la testa, e mi impossessai di nuovo delle sue labbra umide. Bramavo da giorni il momento in cui lo avrei sentito dentro di me nudo, senza il preservativo. Avevamo deciso che durante questo weekend avremmo fatto questo passo importante. Ero emozionato, perché non lo avevo mai fatto così e sapevo che la realtà sarebbe stata mille volte migliore rispetto a tutte le fantasie che avevo in testa.

Rientrammo nel garage e, dopo aver cercato il punto della parete migliore per mettere in pratica le nostre voglie, mi posò a terra.

Tornò a baciarmi ovunque riuscisse, mentre con le mani iniziava ad armeggiare con i miei pantaloni. Lo aiutai a calarli insieme alle mutande ma avevo ancora l'ostacolo degli stivaletti. Non sembrava, però, importargliene, perché si buttò in ginocchio guardandomi con adorazione.

«Apri più che puoi le gambe.»

Obbedii e un secondo dopo la mia erezione sparì nella bocca di Enrico, i suoi palmi posati sulle mie natiche per spingermi contro di sé. Con un gemito, mi sistemai in modo da assecondare meglio il suo movimento e scopargli la bocca.

Dio, come era affamato. La sua lingua mi stava facendo impazzire, toccando tutti i punti giusti dalla punta alle palle. Andò avanti per un po', fino a quando non sentii l'orgasmo montarmi dentro.

«Enri, se continui così vengo.»

Invece di fermarsi, accelerò ulteriormente i suoi movimenti e dopo ancora poche pompate venni nella sua gola con un urlo roco. Enrico ingoiò tutto il mio seme ripulendo ogni residuo. Quando diventai troppo sensibile, mi divincolai dalla sua presa e lo aiutai a rialzarsi.

Presi fiato e lo baciai profondamente, per sentire il mio sapore nella sua bocca. Mentre le nostre lingue lottavano per il comando, mi sollevò la maglietta bagnata fino a sopra i capezzoli per poterli accarezzare con la punta delle dita e riaccendere tutti i sensori del piacere.

«Voltati.» Mi afferrò per i fianchi e mi fece voltare con la faccia contro il muro. Mi appoggiai cercando una posizione stabile, le gambe divaricate al massimo consentito dai pantaloni calati alle caviglie e il culo in attesa di sentire la punta del suo cazzo sfiorarmi l'apertura. Pulsava di desiderio, causandomi una timida erezione che si stava formando di nuovo.

Il fruscio della stoffa seguito dallo strappo della bustina di lubrificante mi confermarono che presto sarei stato riempito come desideravamo entrambi.

«Preferisci toglierti i pantaloni e allargare di più le gambe? Non vorrei farti male così stretto.» Mi sussurrò con premura all'orecchio, intanto che un dito lubrificato iniziava ad aprirmi per accoglierlo.

«No, va bene così. Sarà ancora più bello e intenso. Non ti fermare, ti prego. Ho bisogno di te.»

Mi succhio il lobo e inserì un altro dito, sforbiciando per crearsi lo spazio dentro di me.

Volevo di più e lo supplicai di nuovo di prendermi.

Finalmente, sentii quello che volevo: il suo uccello, bagnato e nudo, che si spingeva piano contro i miei muscoli, adattandosi in un incastro così perfetto che avrei voluto piangere solo per la commozione.

«Sei così stretto... mi fai impazzire.»

Mi inarcai contro di lui per prenderlo fino in fondo, godendo di ogni suo centimetro. Rimanemmo qualche secondo immobili, poi Enrico portò una mano sulla mia gola tirandomi la testa indietro in modo da far aderire le nostre guance. Con l'altra mano mi cinse la vita. In quella posizione, io non sarei caduto e lui avrebbe potuto scoparmi al ritmo che desiderava.

Iniziò con movimenti lenti, sfilandosi fino a quasi uscire per poi spingere in stoccate decise che mi toglievano il respiro. Nell'orecchio mi sussurrava un misto di parole dolci e arrapanti, ma io ero troppo stordito dall'eccitazione per pensare a risposte di senso compiuto.

«Hai una pelle così morbida e liscia che mi sembra di affondare nel burro.»

«Adoro che sei così innocente e indemoniato allo stesso tempo.»

«Che cosa mi fai, Scheggia? Mi basta sfiorarti per non capire più niente e desiderare di passare il resto della vita dentro di te.»

Man mano che parlava, il ritmo dei suoi fianchi aumentava sempre di più e ormai eravamo talmente tanto appiccicati da poter sembrare un dipinto porno sul muro. Ero pieno di lui, dei suoi respiri nella mia bocca che mi fornivano l'ossigeno necessario per non crollare sotto le sue spinte, delle sue parole che mi affollavano la testa facendomi sentire la persona più speciale del mondo, del suo sesso che mi possedeva e reclamava il mio corpo come suo.

Quell'ultimo pensiero mi provocò un'emozione talmente intensa che venni una seconda volta senza quasi accorgermene.

«Oddio, Enri. Non ti fermare e vieni dentro di me.»

Non se lo fece ripetere due volte e, mentre il mio sesso schizzava ancora contro il muro, diede delle poderose spinte fino a quando un urlo bestiale fu seguito da un calore del tutto nuovo che si irradiò lungo il mio corpo.

«Porca puttana, Scheggia, mi hai demolito.»

«Io?» Ansimai cercando di trattenermi dal ridere. «Mi sembra che sia stato tu quello che mi ha sfondato per bene.»

Catturò la mia bocca per farmi tacere mentre rallentava il dondolio per uscire dal mio sedere.

Avrei voluto accasciarmi a terra perché le ginocchia mi facevano un male cane, ma lui non aveva ancora finito di tormentarmi.

Con la coda dell'occhio, lo vidi abbassarsi portando la faccia all'altezza delle mie natiche. Era di nuovo in modalità esplorazione, lo sguardo curioso e ammirato mentre mi apriva e spremeva con le mani.

«Che stai facendo?» gli chiesi imbarazzato, ma incapace di muovermi.

«Sto osservando il risultato del mio lavoro. È eccitante vedere il mio sperma che cola lungo la tua fessura... sarebbe bello ripulirlo con la lingua.»

Okay, l'Enrico in modalità adolescente arrapato era troppo da sopportare dopo due orgasmi.

Stava per mettere in pratica le sue parole ma glielo impedii scattando via da lui e rischiando di ingambarmi nei pantaloni. Mantenni miracolosamente l'equilibrio.

«Non ci pensare neanche e procurami dei fazzoletti. Siamo bagnati fradici, sudati da far schifo e con sperma ovunque. È ora di farci una doccia.»

Mi voltai a guardarlo e lo trovai ancora inginocchiato a terra, con un'espressione soddisfatta e il sesso ormai morbido che gli pendeva tra le gambe. Se gli avessi scattato una foto in quell'istante avrebbe potuto partecipare e vincere a mani basse al concorso di Mister Maglietta Bagnata.

Dio. Che. Cazzo. Di. Sogno. Erotico.

Ed era tutto per me quello spettacolo.

Si alzò, sistemandosi i vestiti, e si avvicinò a me per prendermi tra le braccia e coccolarmi con tenerezza.

Tornai a sciogliermi, facendo le fusa felice contro il suo collo.

«Grazie, Scheggia.»

«Per cosa?»

«Per tutto. Per questo weekend che è solo all'inizio. Per come sei. Non cambiare mai, ti prego.»

Gli presi il volto tra le mani e gli diedi un bacio sulla fronte.

«L'importante è cambiare in meglio. E tu ne sei la dimostrazione.»

«Ma tu sei già il meglio.»

«E tu sei solo un adulatore!» Lo rimproverai dandogli una pacca leggera sul braccio.

Rise, e io con lui, mentre continuavamo a baciarci come due scemi, fino a quando il freddo non ci costrinse a entrare in casa.

***

SPAZIO AUTRICE: Buongiorno 💕 è passato un mesetto di relazione e Fil ed Enri sono ancora nel pieno della luna di miele! E questo weekend lo rappresenta in pieno 🥰

Un capitolo piuttosto tranquillo ma piccantello ❤️‍🔥 mi fa morire Enri che è nel pieno di un nuovo risveglio adolescenziale 😂 Fil, intanto, qualche ansia la cova sempre...

Se il capitolo vi è piaciuto lasciate una stellina e ricordate che ogni feedback è sempre gradito! 🫶🏻

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