Capitolo 4
~ Gabri ~
Tornare al lavoro non è stato semplice. È una sorta di ritorno alla realtà, come se la scorsa settimana l'avessi vissuta in un presente parallelo che non ha nulla a che fare con la mia vita. Credo che Valentina rappresenti questo per me.
Devo riuscire a conviverci, finché il maresciallo non le troverà un'altra sistemazione, e fare in modo che questo presente parallelo non interferisca più con il mio reale presente.
La scorsa settimana ho trascurato Sara, l'ho sentita poche volte e sono stata molto evasiva, non sapevo cosa dirle in verità.
Di Stefano mi ha chiesto esplicitamente di trascorrere il mio tempo libero con Valentina. Capisco il motivo della sua richiesta: lei vivrà nel mio minuscolo appartamento e sono l'unica persona che può farle compagnia.
Il problema adesso è trovare una scusa, o mille, per giustificare la mia assenza a Sara. Negli ultimi due mesi abbiamo trascorso molto tempo insieme. Quando posso, la raggiungo a pranzo. La sera, il più delle volte, l'aspetto fuori dal suo studio quando finisce di lavorare e i fine settimana li abbiamo trascorsi sempre a Trecastagni.
Tutto questo, mio malgrado, subirà dei cambiamenti. Non posso lasciare da sola Valentina ogni fine settimana, e comunque, se dirò che vivo al Raggio di Sole perché sto ristrutturando casa, non potrò andarci con Sara.
Per tutta la mattina questi pensieri mi assillano, tra una lezione e l'altra non penso ad altro. Con un breve intervallo a metà mattinata, Carmen mi ha telefonato per dirmi che a pranzo staranno loro con Valentina. Le parole esatte sono state: «A pranzo Adele ha preparato pasta e fagioli, rimani a mangiare qualcosa fuori, so che non ti piace.» Adesso parliamo in codice, non so se serve farlo, se pronunciare al telefono il suo nome possa essere pericoloso. Nemmeno Carmen credo abbia chiaro come comportarci, l'unica cosa chiara al momento è che abbiamo paura; nostro malgrado, siamo finite dentro a una situazione più grande di noi, di cui sappiamo poco e niente. L'unica nota positiva delle sue parole in codice è stata apprendere con mia sorpresa che a pranzo sono libera.
Mi fermo con la moto di fronte all'ufficio di Sara, accanto alla sua auto. Non le ho detto che ci saremmo viste a pranzo. Le piace trovarmi qui a sorpresa e sono sicura che non appena uscirà, il primo posto dove guarderà sarà proprio dove sono io adesso.
Il portone si apre e, tre, due, uno, ecco i suoi occhi puntati dritti su di me. Saluta il collega e lentamente cammina nella mia direzione. È bellissima dentro il suo tailleur blu, i suoi lunghi capelli biondi sono mossi da un vento leggero e mi lasciano intravedere il suo collo affusolato. Il suo sorriso dice tutto, è felice di vedermi. «Che piacevole sorpresa trovarti qui, professoressa.» Tenta di camuffare l'entusiasmo, parlandomi mentre apre la portiera del lato passeggero per posare la sua valigetta.
«È sempre un piacere sorprenderti, avvocato.»
Sposta i capelli dietro l'orecchio e, mentre mi guarda mi chiede: «Mi segui?» Anche i suoi occhi verdi mi sorridono, conosco quel modo di guardarmi e promette molto bene. Faccio cenno di sì con la testa e, mentre lei sale in macchina, allaccio il casco e accendo la moto.
La seguo fino al ristorantino fuori Catania, vicino al mare. Parcheggiamo sotto gli alberi e mentre ci dirigiamo all'ingresso, mi osserva a lungo prima di cominciare a parlare. So già che, per quanto è felice di vedermi, è infastidita dal mio comportamento della scorsa settimana.
«Ti sei ripresa bene», afferma prendendo posto al tavolo.
«Sì, ma è stata una brutta influenza. Mi spiace non averti avvertito sabato...»
Non mi lascia finire, sposta il tovagliolo dal piatto accennando un sorriso malizioso. «Il prossimo weekend a Trecastagni saprai come farti perdonare.»
«Veramente sto facendo dei lavori a casa», lo dico a bassa voce, mentre cerco nella mia mente una spiegazione.
«Che lavori?»
Già, che lavori, Gabri? Forza pensa, pensa! «Il tetto, ci sono delle infiltrazioni, la mansarda si sta rovinando.» Sì, è credibile, non ci sono infiltrazioni ma Carmen diceva che bisognava farlo controllare.
«Ah...!» Apre il menù e le leggo in faccia ciò che pensa.
«Ma non dureranno molto, almeno spero.» Mi sto arrampicando sugli specchi e temo cadrò molto presto.
Posa il menù, studiando ogni espressione del mio viso, unisce le mani, incrocia le dita, poi le porta verso il petto e sporgendosi verso di me e sussurra: «Ti ricordo che anch'io ho un appartamento, con tutte le comodità, per trascorrere un piacevole weekend.» Di nuovo questa storia?
«Abbiamo già parlato del perché non posso venire da te.» Mi infastidisce riprendere questo discorso.
Come prevedevo perde la pazienza, torna a poggiarsi sullo schienale della sedia. «Vorrei capire quando smetterai di lasciarti condizionare dagli altri.»
«Condizionare dagli altri? La tua vicina di casa è la preside della scuola dove ho ottenuto una supplenza per tutto l'anno.»
«Non metto cartelli fuori la porta, quando invito qualcuno a casa mia.»
«A quella donna non servono i cartelli, a scuola sa tutto di tutti.»
«E allora?»
«Vuoi capire che sono un'insegnante, che passo le mie giornate con degli adolescenti. Una donna con quella mentalità fascista, ci mette due secondi a farmi perdere il lavoro. Mi sembra di sentirla mentre dice ai genitori che plagerei i ragazzi, fuorvierei le loro menti ingenue o chissà quale altra cazzata!» Mi fa perdere le staffe ogni volta che torniamo su questo argomento.
Riprende il menù e chiama il cameriere, ha sempre questo atteggiamento, distoglie l'attenzione dalla conversazione se non ne ha il controllo.
Decido di calmarmi e prendere anch'io il menù per ordinare, nonostante abbia perso l'appetito. Mentre il cameriere si allontana, noto che Sara mi guarda di sottecchi e sposta il tovagliolo dall'altro lato del piatto, come se non sapesse che farsene. Prende tempo, sta cercando un cavillo a cui aggrapparsi, e mi chiede: «Scusa se te lo faccio notare, ma ti sei vista?»
«Di che parli?» Mi innervosisce, dove vuole andare a parare adesso?
«Gabri, il tuo look.»
«Continuo a non capire, da quando non ti piacciono i miei capelli e il mio abbigliamento?»
«Io li adoro, tesoro. Non puoi negare, però, che in te tutto urla che sei lesbica!», afferma con sicurezza, credendo di spiazzarmi.
«Non è vero!» Ne sono convinta.
«Il tuo taglio è decisamente lesbo, come il giubbotto, di pelle nera, maschile che indossi. Pensi che la preside non lo noti?»
La fermo prima di perdere la pazienza. «Sono un'artista. Ha detto questo la preside quando ha conosciuto me e il professore di scultura, lui ha i capelli lunghi con riflessi blu.»
«Solo perché non ti ha visto con una donna e lui con un uomo, ci metterebbe due minuti a fare due più due», risponde di scatto senza pensarci.
«Ma davvero, ci sei arrivata finalmente?», le chiedo visto che si è data la risposta da sola a tutte quelle domande con cui mi tortura da due mesi. È molto brava nel suo lavoro, ma con me difficilmente ha vinto una causa.
Il cameriere posa i piatti davanti a noi e lei trova spunto per defilarsi dal discorso: «Come mai hai preso i cannelloni? Di solito prendi il pesce.» Forse è proprio questo che mi piace di lei, questo suo arrendersi senza pretendere di averla sempre vinta. Infatti, non replica, ho ragione, glielo leggo negli occhi. Mi sono mancati i suoi occhi e non solo quelli.
Scelgo di rilassarmi per godermi il poco tempo che posso trascorrere con lei. Accenno un mezzo sorriso e rispondo: «Non so, avevo voglia di cambiare.»
Finalmente ci godiamo il pranzo chiacchierando di argomenti più leggeri. Il nostro sarà pure un rapporto mordi e fuggi, lo viviamo di nascosto, ma so che le piace. Diversamente non avrebbe mai accettato, o forse le piaccio davvero tanto da farla cedere. Di certo non è una donna da matrimonio e figli, e io, almeno per adesso, non penso proprio di esserlo.
Il cameriere ci porta il caffè, lei versa lo zucchero pensierosa: «E adesso come faremo per avere un po' di privacy? Vuoi trascorrere il fine settimana in un albergo o cominceremo a fare sesso in macchina?»
Mi solletica molto l'idea, non riesco a controllare il sorriso che mi si dipinge in viso. Spronato, probabilmente dai miei ormoni che sembrano svegliarsi di colpo.
Lo intuisce e si sfiora le labbra con l'indice e mi chiede seria: «Vuoi davvero scopare in macchina?»
Alla domanda diretta credo che i miei ormoni rispondano tutti all'appello. Accentuano il mio sorriso malizioso accompagnato da uno sguardo che si perde nel vuoto e le mie mani si aprono con il pollice rivolto verso l'alto.
Mi sussurra lo spirito latino che ho preso da Carmen in questi anni.
Sara si inumidisce le labbra accarezzandole leggermente con la lingua. Sposta i capelli da un lato lasciando libero il collo, sa che lo adoro, e a lei piace sentirci le mie labbra umide.
Decisamente ¡Por qué no!
Usciamo dal ristorante e ci dirigiamo al parcheggio in silenzio, i nostri pensieri sono in perfetta sintonia e non c'è bisogno di dire nulla.
Il parcheggio è quasi vuoto, questo è un posto poco frequentato in inverno. Lei apre la macchina con il telecomando e io la portiera posteriore.
«Vuoi farlo qui?», mi chiede sottovoce, con tono malizioso.
A risponderle è il sorriso, che ormai è sotto il controllo dei miei ormoni attivi e pronti a tutto pur di esplodere. I miei occhi le indicano il mare di fronte a noi, credo sia lo scenario perfetto, e le faccio notare i finestrini oscurati della sua auto, che finalmente avranno motivo di esistere da oggi.
Le faccio cenno con la mano invitandola ad entrare in macchina. Si guarda intorno un attimo e poi entra. La seguo e non appena chiudo la portiera le prendo il viso tra le mani e la bacio.
«Non pensare che questa sia una soluzione», sussurra al mio orecchio.
«Basta parlare per oggi», le rispondo tirandola su di me. Ho voglia di sentirla addosso, mi fa impazzire il suo corpo che si muove sul mio. Si lascia prendere e si mette a cavalcioni sulle mie gambe. La aiuto alzandole la gonna, mentre accarezzo le sue cosce lentamente, fino a raggiungere i glutei ed emette un flebile gemito.
Il suo corpo non ha più segreti per le mie mani, sanno quali tasti premere per accendere in lei il piacere.
Apre il mio giubbotto e mi aiuta a farlo scivolare giù dalle spalle per permettermi di liberare le braccia, poi mi sfila la maglia. Mi prende il viso tra le mani e comincia a baciarmi.
Mi piace sentire il suo corpo svegliarsi, non lascio le sue labbra mentre sento i suoi capezzoli indurirsi al contatto con il mio corpo. Le apro la camicia, scopro i suoi seni e lentamente li libero dal pizzo nero che li contiene.
«Di la verità, ti eccita farlo qui?», le sussurro mordendole il lobo dell'orecchio.
«Molto», risponde tornando con le sue labbra sulle mie. Le lascio solo sfiorare la mia lingua, non è la sua bocca che voglio adesso. I suoi capezzoli continuano a chiamarmi, li bramo, ne prendo uno tra le labbra sentendola irrigidirsi sulla schiena. È stupendo sentire l'eccitazione crescere in lei, mi vuole e io voglio lei.
Sente la mia mano sfiorarle la coscia e porta la sua sulla mia pancia per raggiungere i miei jeans, aprirli e farsi spazio dentro di loro.
Il pizzo sotto le mie dita è già inumidito dei suoi umori. Lo sposto da un lato e trovo il mare del suo piacere pronto ad attendermi, ma resto fuori a stuzzicarla, mentre le mie labbra e la mia lingua si soffermano sul suo capezzolo, i suoi gemiti mi spronano a stimolarlo con cura.
Le sue dita un po' a fatica riescono a superare gli ostacoli dei miei jeans e giungono là dove spero si soffermino a lungo.
Adoro i preliminari e lasciarmi desiderare, ma non resisto più. Sprofondo nel suo mare lentamente, per farlo crescere come so che le piace.
Comincia a muoversi, dando leggeri colpi con il bacino. Gli stessi colpi raggiungono il suo braccio e le sue dita dentro di me. I nostri respiri si uniscono alternandosi ai gemiti di un piacere che è un crescendo.
Si muove con un'intensità maggiore, anche il mio corpo segue il ritmo di questa stupenda danza. Ci guardiamo nello stesso istante. Sì, sto esplodendo insieme a lei, è questo che vuole leggere nei miei occhi e lo vedo nei suoi che si socchiudono appena.
Preme forte il bacino imprigionandomi nel suo mare in tempesta, come le mie gambe si irrigidiscono per trattenerla e sentirla più a fondo.
Le nostre labbra si uniscono in un bacio intenso per aprirsi poi in un sorriso soddisfatto e affannato dal piacere che ci siamo appena date.
Si sposta accanto a me, e rimaniamo abbracciate a baciarci per un po'. Siamo sudate e la temperatura in macchina non è più calda come pochi minuti fa, o siamo noi a non percepirla più tale.
Ci rivestiamo in fretta e le propongo di fare una passeggiata lungo il sentiero che dal parcheggio porta al mare.
«Mi dedichi tutto il pomeriggio oggi?» Sembra sorpresa.
Nonostante lei sia un avvocato impegnata in molte cause, di solito sono sempre io quella piena d'impegni nel pomeriggio; tra le riunioni a scuola, il volontariato al Raggio di Sole, la pittura e le lezioni da preparare.
«Ho fatto il possibile per ritagliarmi un po' di tempo da dedicarti,» Spero di avere davvero ancora qualche ora, ho bisogno di parlarle, «ma se devi tornare al lavoro...»
Ferma le mie labbra accarezzandole con le sue mentre sussurra: «Ho un appuntamento alle diciassette.»
«Allora abbiamo ancora tempo», dico prima di baciarla, poi le porgo la mano mentre apro la portiera e la invito a seguirmi fuori.
Ci fermiamo davanti alla scalinata che permette l'accesso a una piccola caletta. Mi siedo su un muretto alto, lei si appoggia su di me di spalle, intenta a fissare il mare di fronte a noi, e la avvolgo con le braccia per ripararla dal freddo.
Ho pensato con calma a cosa dirle. Finché Valentina sarà al Raggio di Sole, la mia vita subirà un cambiamento che ancora non so immaginare realmente. L'unica certezza che ho in questo periodo è che i nostri incontri si ridimensioneranno, e dovrò mettere in pausa le nostre fughe del fine settimana.
«Sarà così adesso?» La sua voce è calma, ma lascia trapelare un filo di delusione.
«Non ti è piaciuto?», le chiedo per spezzare quella tristezza che a breve credo aumenterà.
«Certo, lo sai che mi è piaciuto.» Si addolcisce, si gira e mi dà un bacio.
La stringo a me, e anche se non vorrei farlo, inizio il discorso che mi sono preparata. «Sto pensando a un nuovo progetto. Voglio partecipare a un concorso, ho visto il bando pochi giorni fa. È una nuova sfida per me, se supero le selezioni, posso esporre in una galleria a Firenze. Sarebbe una crescita importante.»
«Cosa devi fare?» Si mostra curiosa, ma i suoi occhi la tradiscono, credo abbia già intuito ciò che sto per dirle.
«Devo preparare tre dipinti su tela, con una nuova tecnica», le spiego sperando di essere credibile.
«Ti vedrò meno di quanto già succede, è questo che vuoi dirmi?» Sapevo che aveva intuito il fulcro del mio discorso.
«Ho solo i fine settimana liberi da dedicare a questo progetto, per il resto ho solo piccoli ritagli di tempo.»
«Quanto tempo hai per preparare questi dipinti? È un bando, ci saranno dei tempi prestabiliti.»
«Non ricordo, due o tre mesi, devo rileggerlo con più attenzione.» Non avevo pensato a questo.
Si stringe a me. «Va bene», acconsente senza nessuna replica.
Mi spiace averle mentito, con lei sto bene, per quanto la nostra relazione sia piena di limiti, li accetta tutti. Tiene molto a me e non vorrei mai che la situazione di Valentina creasse dei problemi tra noi.
È un attimo e mi torna in mente quell'incubo orrendo, la stringo a me impaurita. È un movimento che faccio inconsciamente, lei non lo percepisce per fortuna e purtroppo si è fatto tardi e dobbiamo andare.
Lungo la strada mi fermo in un bar a prendere degli arancini, penso che per la cena vadano bene.
Devo organizzarmi, non so ancora come, ma devo decisamente trovare una soluzione.
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