#5
UN OTTIMO PROSPETTO
Il cielo aveva assunto sfumature bluastre e violacee. Il sole era da poco tramontato e la sagoma della luna si materializzava più nitidamente. Più stelle punteggiavano il firmamento, come piccole barche disperse in un oceano sconfinato.
Mark stava immerso nell'acqua della sua piscina, con i gomiti appoggiati al bordo della vasca. In bocca un sigaro, al suo fianco un cocktail in un calice d'oro. La quiete attorno a lui veniva ogni tanto interrotta dai clacson delle auto e dal fastidioso ronzio delle zanzare. I suoi genitori erano via da qualche giorno per un viaggio lavorativo, suo fratello Richard se la "spassava" dai nonni. Inalava il fumo in lunghe boccate, per poi rilasciarlo in cerchi di fumo che volteggiavano verso l'alto. E rifletteva.
La relazione con Jennifer era stata ostacolata da alcuni intoppi. Intoppi di un certo rilievo. Jacob si frapponeva al rapporto che aveva instaurato con lei. Non l'aveva accettato fin dal principio, quando Jennifer festosa gli aveva annunciato l'inizio della loro frequentazione.
"Che ottimo fratello maggiore che sei, davvero protettivo... su, fatti i cazzi tuoi!" Mark arricciò il naso.
Jacob era al corrente di chi fosse. Questo Mark lo sospettava: difficile non conoscersi quando si sguazza in certi ambienti. In fondo anche lui aveva presente chi fosse Jacob.
Si soffermò su Jennifer. Quando l'aveva vista per la prima volta, in una via del centro, era rimasto colpito dalla sua sicurezza e sfacciataggine. Camminava a passo spedito leccando un ghiacciolo, totalmente disinteressata al giudizio della gente. La sua pelle marroncina naturale, non dovuta all'abbronzatura, era un segno tangibile della sua origine mulatta, essendo figlia di un uomo bianco e di una donna nera. Uno chignon le teneva raccolti i folti capelli neri e le sue unghie lunghe erano colorate con lo smalto. L'abbigliamento umile e poco ricercato si spiegava col fatto che la ragazza proveniva da un quartiere povero. Mark riteneva che fosse proprio la sua modesta condizione, che si rifletteva nei suoi modi di fare a volte rudi e taglienti, a darle quell'affascinante tocco di donna "vissuta". Le si era fatto avanti con la fierezza propria degli uomini che sanno il fatto loro e in poco tempo l'aveva conquistata. Lei amava i ragazzi determinati e con alta considerazione di sé, e lui era stato abile nel toccarle le corde giuste.
Jacob di mezzo, Jacob ostile...
Il fratello di Jennifer era uno dei tanti fantasmi diabolici che infestavano i suoi incubi. Nemmeno i fottuti Ghostbusters con le loro sofisticate attrezzature sarebbero stati in grado di catturarli tutti.
Mark si pulì gli angoli della bocca, impiastricciati dalla mistura di zuccheri contenuta nel cocktail. Nei primi giorni di frequentazione con Jennifer, un uomo mandato da Jacob si era presentato alla sua porta di casa e gli aveva caldamente consigliato di non proseguire con lei, di lasciarla stare. Lui non si era fatto intimorire, sebbene sapesse che in futuro sarebbe andato incontro a guai. Jacob non scherzava, ma si era impuntato, di lì in poi, di tenere le spalle larghe. Solo così si acquisiva autorevolezza e rispetto.
In seguito, quando i primi di giugno si era fidanzato con Jennifer, la situazione era iniziata a precipitare. Una mattina sua madre, in procinto di andare a lavoro, si era accorta che alla sua BMW erano state bucate le gomme. La notte precedente l'auto era stata parcheggiata fuori, assist perfetto per i responsabili dell'intimidazione. Entrambi i suoi genitori, essendo in ottimi rapporti con i vicini e non avendo nessun tipo di nemico dichiarato, erano rimasti turbati da quell'avvertimento e gli avevano chiesto se ne sapesse qualcosa a riguardo. Lui aveva mentito. Non voleva che i genitori fossero messi in mezzo alle sue questioni personali. Se le sarebbe risolte da solo. Dopo quella minaccia fortunatamente non c'erano state altre rappresaglie da parte degli scagnozzi di Jacob. Ma non bastava per considerarsi al sicuro. Quelle carogne gli stavano solo concedendo del tempo per spingerlo a prendere la decisione da loro auspicata. Prima o poi sarebbero tornati. E li avrebbe affrontati a testa alta, pur sapendo del rischio a cui si esponeva.
Spostò i suoi pensieri su James. Negli ultimi giorni la sua figura gli martellava la testa, presentandosi a lui quando si concedeva dei momenti per staccare il cervello. Quel ragazzo aveva delle grosse potenzialità. Il modo con cui alla festa aveva reagito all'affronto di Lucas l'aveva meravigliato. Aveva dimostrato coraggio e spavalderia nel sfidare il suo migliore amico, ma anche riflessi pronti nel fuggire da una situazione scomoda.
"Se non te la senti di combattere, è ragionevole sgusciare via con tempestività", ripeté a sé stesso, come un comandamento.
Ci si poteva lavorare su di lui, era un ottimo prospetto. Bisognava introdurlo un po' alla volta, con pazienza. Spense il sigaro e finì il cocktail, poi si issò sul bordo ed uscì dalla piscina.
PUOI CONTARE SU DI ME
James spinse la pesante porta di vetro. Entrarono nel fast food e ordinarono. Poi presero i vassoi con i panini e si sedettero a un alto tavolo posto di fronte alla vetrata del locale. Le note degli Oasis costituivano la colonna sonora per allietare i clienti, ovvero famigliole, lavoratori in pausa pranzo e turisti di passaggio.
James imboccò il panino, mentre Gwenda ispezionava il suo con aria compiaciuta. Era da un po' di tempo che non andava a mangiare con sua madre, soltanto lui e lei. Quando accadeva, si sentiva in pace con sé stesso. Era sempre l'opportunità per intrattenere un dialogo più duraturo e intimo rispetto ai veloci ed effimeri scambi della routine quotidiana. Il tempo trascorso a tu per tu a tavola era impagabile, fondamentale per rafforzare i legami.
Quando aveva annunciato a sua madre che l'avrebbe portata a mangiare fuori, lei, dopo aver sgranato gli occhi incredula, si era lasciata andare a un sorriso di sollievo e aveva accettato raggiante. Uscire di casa le avrebbe fatto bene. I pensieri negativi che affollavano la sua mente potevano essere scacciati soltanto togliendole la possibilità di pensare, tramite momenti di svago e distrazione.
Le chiese: «Come stai? Negli ultimi giorni non te l'ho mai chiesto...»
Gwenda, colta alla sprovvista, abbassò lo sguardo. «Si va avanti, James». Poi riprese un po' di vitalità. «Questa però è stata una bella sorpresa, tesoro. Mi fa stare bene.» Era contento che sua madre manifestasse un po' di spensieratezza, dopo l'ultimo periodo di scoramento. "Forse è vero che basta poco per essere felici", pensò.
Addentò il panino con un sonoro "Gnam", verso che la fece ridere.
Il cibo servito ai fast food era una delle cose che sua madre preferiva, fin dalla giovinezza. Da precoce abitudine si era trasformata in sgarro sporadico, dopo essersi sposata. Era stato un bene, indubbiamente: era risaputo che il junk food nuocesse alla salute.
«Mamma, non te l'ho mai chiesto... che fast food preferisci? McDonald's o Burger King?»
Gwenda propese subito per il McDonald's, mentre lui parteggiò per il Burger King.
«È più caro», sentenziò sua madre.
«Sarà anche più caro, ma ho l'impressione che la carne sia di qualità migliore, più succulenta per intenderci. Almeno secondo le mie papille gustative...», ribatté James. Un po' di salsa gli sgusciò fuori dal panino.
Gwenda, non d'accordo, scosse il capo.
La battaglia era destinata a continuare a lungo. Lei, a un certo punto, cambiò argomento: «Hai pensato a cosa fare una volta finita l'estate?» La sua espressione si fece più seria. «Hai da poco finito l'highschool, e se hai pensato al college, sappi che io non ce la faccio con i soldi... trovandoti un lavoretto però sarebbe un'opzione percorribile.»
James aggrottò la fronte. «Non me la sento di andare avanti a studiare. Credo che mi troverò un lavoro per mantenermi e nel frattempo mi dedicherò alla mia passione».
Si sentiva diverso dai suoi coetanei. Sognava in grande e spesso fantasticava sul suo futuro. Quanto sarebbe stato appagato se migliaia di ragazzini in giro per il globo avessero indossato il suo brand! Il mondo si sarebbe accorto di lui, della sua stoffa.
«Mmm, parli del progetto a cui mi avevi accennato tempo fa? La moda, i tuoi vestiti?»
«Sì, proprio quello. Mi sento motivato a metterlo in atto. Ritengo di avere del potenziale...»
La madre in un primo momento non gli sembrò troppo entusiasta. D'altra parte i piani che si prefigurava per lui erano altri: diventare ingegnere o medico. James però non si sentiva portato per queste professioni e l'aveva rassicurata più volte di non preoccuparsi.
Gwenda abbozzò un sorriso e gli sfiorò la guancia con una carezza. «Hai il mio supporto... puoi contare su di me, James. Ti voglio bene.»
«Anch'io.» Allungò una mano e la pose sulle sue, teneramente.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top