#30

TERRORE

Plic, plic, plic. Le gocce d'acqua piovana si infiltravano tra le assi corrose della crackhouse. Una centrò la fronte di Mark, svegliandolo. «Maledizione! Sto posto dimmerda...» Sbadigliò e stiracchiò i muscoli intorpiditi. Allungò lo sguardo. I compagni dormivano sui materassi laceri stesi sul pavimento. La sentinella di turno stava alla porta, accovacciato con la schiena sulla parete. Il volto vigile e il fucile in braccio. Da una finestrella penetrava una tenue lama di luce: si stava facendo mattina.

Mark si passò una mano sul petto: era sudato. Il caldo là dentro era sfibrante. Da qualche giorno trascorreva il suo tempo nella crackhouse, insieme ad una decina di membri della gang. I restanti invece si erano posizionati all'interno di un paio di prefabbricati vuoti e abbandonati. Aspettavano il giorno della resa dei conti, la battaglia decisiva contro l'associazione criminale guidata da Jacob. Mark se lo sentiva, stavano per arrivare.

Pochi giorni prima aveva lasciato casa sua, senza far sapere niente ai suoi genitori e conoscenti. Non gli importava di essere stato privo di sentimenti. Sua madre e suo padre, da sempre distratti dagli affari lavorativi, richiedevano da lui soltanto dedizione e impegno all'università. Più di mettergli pressioni e incitarlo a dare del suo meglio non avevano fatto molto altro. Si era diretto solo a trovare prima Richard, che risiedeva dai nonni, poi Chloè. Aveva salutato appassionatamente suo fratello, faticando a trattenere le lacrime. "Se potessi riavvolgere il nastro, cambierei poche cose. Ecco, passare più tempo con lui sarebbe una di queste", si era detto mentre il cuore gli si stringeva.

Aveva abbracciato calorosamente sua cugina Chloè, e lei era rimasta di stucco. Il suo atteggiamento premuroso probabilmente era risultato strano, inconsueto, ma era il minimo per dirle addio.

Si era infine nascosto nell'hood, facendo perdere le sue tracce. Era certo che i suoi genitori si fossero già rivolti alla polizia e che le ricerche per rintracciarlo fossero partite.

"Stanno cercando qualcuno che starebbe meglio in una cella, e che forse a breve ci finirà", pensò amaramente.

C'era solo una persona al corrente della situazione: Lucas. Nel loro ultimo incontro, il suo migliore amico gli aveva promesso che avrebbe negato a chi si fosse interfacciato con lui di conoscere lo sviluppo dei fatti e la sua localizzazione precisa.

Eppure presagiva che di fronte a domande assillanti Lucas si sarebbe sciolto, rivelando tutto. Da quanto gli voleva bene era normale che tenesse alla sua incolumità e puntasse a proteggerlo. Sarebbero arrivati prima i suoi affetti a portarlo in salvo o i rivali ad affrontarlo? Il dubbio lo attanagliava.

Mark si alzò, con l'attitudine mentale predisposta a sostenere una nuova e sfibrante giornata.

In una via laterale del quartiere giunsero cinque auto. Erano al completo, piene di brutti ceffi imbottiti di stimolanti, di gangster dal viso minaccioso vibranti per l'impulso animalesco di scatenare il loro odio sui nemici di sempre. Accostarono le macchine lungo il marciapiede e spensero il motore. Il sole sbucava da dietro un prefabbricato ed effondeva una colorazione arancione, trapassando il cielo velato di nubi. Il silenzio anomalo, che faceva presagire l'imminente scoppio di una tempesta, era scalfito soltanto dallo scalpiccio dei passi dei guerriglieri armati, che procedevano in fila a capo chino su ordine di Jacob. Una parte di loro si sparpagliò per vie laterali e in prossimità di alcune abitazioni. La zona doveva essere interamente occupata per aumentare la percentuale di vittoria. I rombi e gli scoppiettii delle macchine non passarono inosservati ai residenti. Molteplici occhi sbirciarono fuori dalle finestre delle abitazioni e osservarono l'avanzata dei pendagli da forca lungo il corso principale, verso la crackhouse, pregando tremolanti di non rimetterci la pelle. Lo sguardo innocente di un bambino attonito, il padre che lo rassicurava mormorandogli: «Andrà tutto bene». Le famiglie afroamericane, emarginate in quella zona dalle autorità bianche, erano già state messe in preallerta dalla gang di Mark, padrona del territorio. Alcune si erano chiuse in casa e avevano sbarrato l'uscio, altre avevano preferito allontanarsi dalla propria dimora per rifugiarsi da parenti lontani, con l'intenzione di ritornare una volta finito lo scontro.

Mark caricò il fucile. Ipotizzava che i criminali si sarebbero scagliati soltanto contro di loro, e non contro la gente del posto, ma quando era prevista una battaglia decisiva e di così grande portata le questioni etiche passavano facilmente in secondo piano. "Dio, proteggi questa gente. Stendi la tua mano pietosa su di loro e salvali da questo inferno", sussurrò e baciò la croce al collo. Il prematuro arrivo dei nemici a bordo dei veicoli, ravvisato dalla sentinella, aveva costretto lui e gli altri a muoversi velocemente. Erano usciti di soppiatto dal retro della crackhouse e si erano appiattiti dietro le staccionate delle proprietà private.

Mark scrutò tra i nemici che passavano frettolosamente per la strada. Tra loro spiccava Jacob. Rabbrividì. Il boss teneva il tutore al braccio ferito, e nell'altro un Draco carico. La sua espressione era feroce. Uno dei superiori sputò a terra ed esordì: «Al mio segnale apriremo il fuoco e li spediremo all'oltretomba. Preparatevi!»

Mark strinse il mitragliatore.

Jacob fece cenno ai suoi di fermarsi. La crackhouse si intravedeva di fronte a loro. Avvicinarsi ancora di più li avrebbe esposti troppo, allarmando i nemici.

"Sempre che non se ne siano già accorti..." Scacciò subito il brutto presentimento.

Sapeva per certo che i nemici, presagendo la loro venuta, si erano spostati nel ghetto. «Teoricamente una buona parte di loro si è nascosta nella crackhouse», gli era stato riferito. I suoi informatori erano affidabili e raramente sbagliavano. Confidava che non si aspettassero un attacco all'alba e che quindi stessero tutti dormendo beatamente.

Dichiarò: «Da qui la si colpisce facilmente».

Tony posò a terra il borsone e aprì la zip. Ci introdusse entrambe le mani e con cautela tirò fuori il bazooka. Si mise le cuffie antirumore e si sedette col sedere a terra, posando il cannone sulla spalla. Poi puntò verso il bersaglio. Sam calò un grugnito e si mise dietro di lui. Agguantò uno dei missili e lo inserì nell'apertura del caricatore, posta all'estremità dell'arma.

Jacob si accucciò, imitato dagli altri uomini, e si tappò le orecchie.

"Chissà che saltiate tutti per aria, figli di puttana!"

Tony pose l'indice sul grilletto. KABOOOMMM!!! Il missile sfrecciò come una scheggia impazzita ed esplose sull'edificio. Un boato fragoroso infranse il silenzio sospeso, ammutolendo gli uccelli svolazzanti. Il fumo avvolse come un ciclone la crackhouse.

Mark trasalì. I suoi compagni erano attoniti. Il botto li aveva destabilizzati.

Dalla sua postazione non era riuscito a scorgere il tiratore, ma solo i nemici alla fine della fila. Quando essi si erano abbassati tappandosi le orecchie, aveva sospettato che qualcosa di grave sarebbe successo, ma la sua fantasia non era corsa nemmeno alla possibilità della presenza di un bazooka. Un brivido di freddo gli percorse la schiena. Se non si fossero svegliati in tempo, la loro fine sarebbe stata terribile. Il loro sonno soffocato dalle mani gelide della morte. Allontanò quell'immagine angosciante. Erano salvi, almeno per il momento. Ridirezionò l'attenzione sui rivali. Dalle loro facce sbigottite era evidente che si fossero resi conto che l'azione era andata storta. Dalla crackhouse nessun urlo di disperazione, nessun uomo schizzato per aria. Tutto innaturalmente tranquillo. "Stavolta ve lo mettiamo noi nel culo, stronzi", pensò Mark. Esclamò, rivolgendosi agli altri: «Non dobbiamo dar loro il tempo di metabolizzare l'accaduto e di ricomporsi. Questo è il momento di agire!»

Il superiore annuì con il capo. «Mettiamocela tutta. Facciamoli a pezzi, avanti!!!» Si mosse e scavalcò la staccionata.

Mark e gli altri lo seguirono di corsa. Si appostarono di fianco a un paio di abitazioni e allungarono le armi. Mark chiuse gli occhi e gonfiò i polmoni, mentre partivano le prime scariche di mitra. Poi anche lui iniziò a sparare.

I primi proiettili colpirono la canna di metallo del bazooka e rimbalzarono via. Jacob si irridigì. Il lanciarazzi sgusciò dalle mani di Tony e finì a terra. Sam venne crivellato in pancia da una scarica e si afflosciò. Alcuni uomini filarono e risposero al fuoco istintivamente. Tony si alzò e condusse il corpo molle alla ricerca di un riparo.

"Cazzo, li sto perdendo", realizzò Jacob. I suoi sottoposti venivano uccisi, scappavano senza una meta o controbattevano in solitaria alle raffiche nemiche.

Si mosse repentino oltre la strada. La porta della prima abitazione che gli sarebbe capitata sotto mano costituiva la sua salvezza. Una raffica gli sfiorò le gambe. Non ci pensò e percorse il tratto di erba incolta che lo separava dalla sua meta, prima di fiondarsi sulla porta. L'abbatte di pesò e cadde col braccio inservibile sul parquet in legno. «Ahhhh!», gridò. Un dolore lancinante gli salì fino alla spalla e lo sovrastò.

"Non devo darmi per vinto!"

Si rialzò e si trascinò su per la scala di legno posta di fronte all'ingresso. Si rifiutò di inquadrare visivamente il luogo in cui era entrato: ogni perdita di tempo sarebbe stata fatale e un proiettile vagante avrebbe potuto centrarlo. Percorse le due brevi rampe di scale, raggiuse il primo piano. Un pianto di un bambino lo frenò. Proveniva da una porta sbarrata del corto corridoio che gli si distendeva davanti. La camera in questione era poco più avanti di lui, sulla destra. "Ci sarà la famiglia nascosta...» Previde. «Credo mi abbiano sentito, ma basta che se ne stiano là dentro tranquilli.» Allungò il passo verso la finestra al termine del corridoio, che dava direttamente sulla strada. Sbirciò fuori. Lo scontro era cruento. Vari morti, appartenenti alla sua gang, giacevano al suolo privi di vita. Anche qualche nemico era deceduto, riverso a terra dissanguato.

Si accorse di stringere ancora il Draco. Nella fuga non aveva perso la sua difesa. Gli spari echeggiavano intorno a lui, la battaglia infuocava in ogni zona del quartiere. I suoi uomini disseminati nei paraggi erano certamente entrati in azione. Appoggiò a terra il mitra e aprì la finestra. Da lì aveva una buona vista e avrebbe potuto dominare la fetta di territorio al di fuori. "Un occhio di riguardo alle mie spalle", si impose. "Se qualcuno dovesse salire e prendermi da dietro, o se decidessero di balzare fuori dalla porta sbarrata mi butto giù dal tetto."

Riacciuffò il fucile, lo appoggiò sul balcone per mirare meglio e lo scaricò senza pietà sugli avversari.

Il ghetto era infestato dai criminali, che si facevano fuori tra loro a colpi di arma da fuoco. Molti compagni di Mark avevano esalato l'ultimo respiro, sputando sangue sull'asfalto. Se inizialmente l'effetto sorpresa aveva funzionato, in un secondo momento i nemici si erano ricomposti e avevano fatto valere la loro esperienza nel destreggiarsi in uno scontro del genere. 1 vs 1 spietati andavano in scena in ogni strada, uccisioni alle spalle, sparatorie a distanza tra gruppi, rocambolesche fughe e inseguimenti a piedi. Non c'era più neanche la parvenza di un ordine. Ognuno si muoveva in autonomia, facendo riferimento solo a sé stesso. Rumori scioccanti e un frastuono infernale inducevano al pianto le famiglie nascoste. Alcune di queste si erano persino imbattute in qualche gangster solitario che, per mettersi in salvo, aveva sfondato gli ingressi delle loro abitazioni. Alzate le mani in segno di resa, fortunatamente erano state lasciate in pace.

Dopo frenetici minuti di terrore, l'intensità delle sparatorie diminuì e con essa la ferocità della guerra. I cadaveri abbondavano, i feriti si strascicavano via soffrendo, e gli ultimi spregiudicati killer andavano a zonzo in cerca di ulteriori vittime.

Mark assisteva da dietro l'albero. Fin dall'inizio aveva assistito militarmente i compagni, ma si era presto scoraggiato. Affondavano con un buco in testa o sul petto, e lui non era pronto a morire, a soccombere in quel modo, fatto fuori da persone crudeli che lo odiavano soltanto perché facente parte di uno schieramento opposto.

Di fronte a lui sfilarono due sudamericani armati di coltello, entrambi sporchi di sangue. Si acquattò per non farsi vedere, stando attento a non pestare qualche radice. I due passarono oltre, senza accorgersi di lui.

La fortuna non era stata dalla sua parte: il mitra gli era sfuggito dalle mani. Era riuscito a raccattare una 9.19, abbandonata da qualcuno in una buca, ma quando aveva controllato il caricatore, aveva constatato che restavano un paio di colpi. Colto da un cieco terrore, non aveva perso tempo e si era cercato un riparo.

Quanto avrebbe resistito con un paio di proiettili in canna? Gli venne un attacco di panico. Si sentì soffocare e un dolore gli afferrò il torace. Il cuore gli batteva all'impazzata. C'era ancora troppo movimento attorno a lui. "Prima o poi mi vedranno, e non so se sarò in grado di reagire", boccheggiò. Scorse un piccolo fossato alle sue spalle e premendosi la pancia ci si diresse. Acqua sporca e inquinata stagnava lì e lunghe felci proliferavano ai bordi. Poteva essere un buon nascondiglio. Si abbassò e ci si distese dentro, schiacciandosi lungo una sponda. Iniziò a respirare profondamente e provò a tranquillizzarsi. L'odore del terriccio gli penetrò nelle narici. Stette lì per un tempo indefinito, senza chiedersi cosa stesse di preciso aspettando.

L'ULTIMO BOSSOLO

Tony posò la pianta del piede sullo scalino. Il suo capo era lassù, al primo piano, e stava abbattendo chiunque passasse per la strada. Aveva scorto Jacob entrare in quell'abitazione dalla tettoia sotto la quale si era riparato appena la gang rivale aveva attaccato.

"Ora lo ammazzo."

Tony proseguì nel salire, cauto nel non far scricchiolare il legno. Il risentimento che aveva sempre provato verso Jacob si era tramutato in acceso rancore. Sapeva di meritare di più e riteneva il suo boss irriconoscente. Mai gli aveva fatto un regalo per la sua lealtà, mai si era complimentato con lui per alcune mosse ben studiate. Jacob gli impartiva ordini senza degnarsi della sua opinione. Lo considerava uno stupido, e basta.

"Lo stupido è lui che non si è mai accorto di cosa ho silenziosamente covato nei suoi confronti... e ora perirà, senza accorgersi del suo assassino."

Arrivò al primo piano. Jacob era in fondo al corridoio e gli dava le spalle. Avanzò. Da una porta sbarrata alla sua destra giunse un lieve rumore. Non ci fece caso. Sollevò il mitra e lo puntò verso Jacob, intento a dominare la strada sotto di lui. «Saluta questo mondo, stronzo!», sussurrò a denti stretti. In quell'attimo una porta alla sua sinistra si spalancò. Percepì con la coda dell'occhio un lesto movimento dentro la stanza, ma non ebbe il tempo di muovere un solo muscolo.

Uno sparo dalla potenza devastante. Jacob sussultò, si girò di scatto e alzò il fucile. Sul pavimento giaceva un corpo, con il cranio spappolato in pezzi misti di cervella, ossa e nervi. Un nero, con in braccio un fucile a canne mozze, balzò in corridoio.

«Fermo, non sparare!», Jacob gridò.

Si fissarono, tenendo entrambi le armi puntate l'uno sull'altro.

«Ti lascio stare, giuro... ho solo difeso la mia famiglia», implorò l'uomo. La sua espressione era tirata in una combinazione di paura e shock.

Jacob si fidò delle sue parole. Era senza dubbio il padrone di casa, che si era appostato nella camera di fronte a quella sbarrata per intervenire su potenziali pericoli. Abbassò il mitra, e l'uomo fece lo stesso.

«Che cazzo è successo...» Jacob guardò il cadavere. "Non mi sono accorto di nulla, stavo per rimetterci la pellaccia." Si avvicinò a colui che involontariamente gli aveva salvato la vita. "Grazie a Dio prima non ha ucciso me", sospirò.

Dalla porta sbarrata provenivano dei singhiozzi. «Sto bene, Mary. Non preoccuparti. Rassicura nostro figlio...» L'uomo alzò la voce in direzione di chi stava rinchiuso lì dietro.

Jacob osservò meglio il morto. In un brandello di carne della sua faccia c'erano i resti di quella che doveva essere una cicatrice. "Non posso crederci, è stato Tony..." Disgustato, sputò su ciò che rimaneva di lui. Lanciò un'occhiata al suo salvatore e, ancora disorientato, se ne andò.

Mark si girò sulla schiena e alzò il capo oltre la sponda del fossato, incuriosito. Da qualche minuto gli spari si erano interrotti e il rumore di passi nella zona era calato drasticamente. Osservò intorno per accertarsi che ci fosse via libera. Era tutto finito? Faticava a crederci, eppure nei paraggi non c'era nessuno. Si accinse a uscire dal nascondiglio. Gli sorsero varie domande. I suoi compagni erano tutti morti? E in quel caso, che avrebbe fatto? Un baluginio gli si addensò nella mente. "Forse posso approfittarne per scappare. Se la mia gang è stata annientata, cos'avrei da temere? Lascio sto posto del cazzo ed evito il gabbio, prendo un volo e me ne vado a vivere lontano, in santa pace."

Iniziò a convincersi che fosse la scelta giusta, quando una figura catturò la sua attenzione. Da un'abitazione situata nella parte opposta della strada era uscito Jacob, trafelato e col mitra spianato. Dalla faccia non pareva aver passato un bel momento. Il suo principale nemico si scrutava attorno con frenesia.

Mark si inginocchiò e strinse il calcio della 9.19. Gli si stava presentando l'occasione perfetta. Un colpo e quel bastardo sarebbe schiattato. Avrebbe ucciso uno dei gangster più potenti della città e poi si sarebbe dato a una trionfale dipartita. "Tutti i thug sparsi per il globo mi ammireranno, mi prenderanno come esempio." Le sue pupille brillarono invasate.

Allungò la mano con la semiautomatica oltre le felci. La visuale era ottima, bastava tenere la mano ferma. Solo due proiettili a disposizione. "Dimostra al mondo quanto vali, Mark."

Sospirò, mirò e premette il grilletto, quand'ecco che una scheggia scura gli filò davanti agli occhi. Infastidito e distratto, gli venne naturale serrarli e spostò il polso. Bang! La pallottola passò sopra il capo del suo bersaglio e si infranse sulla grondaia dietro di lui.

«Mosca maledetta!» L'insetto si librò in alto.

Jacob lo notò e gridò rabbioso: «Figlio di puttana, sei morto!»

Mark avrebbe voluto sprofondare nel terriccio. Si maledisse da solo e iniziò a correre a zigzag. Jacob sparacchiò verso di lui. Venne colpito di striscio sul braccio, ma continuò a fuggire all'impazzata, senza una meta. Jacob gli stava alle calcagna. La crackhouse distrutta si avvicinava a lui. Saltellò in quella direzione e ci si intrufolò dentro, mentre i proiettili gli schizzavano attorno. Pezzi di soffitto erano crollati, e ammassi di polvere annebbiavano l'interno. Si orientò con difficoltà e prese la via delle scale. Molti scalini erano spezzati, ma riuscì a salire. Le urla di Jacob non lo mollavano: «Vengo a prenderti, Mark!» Il tetto era franato in più punti e squarci di cielo facevano capolino tra le vaste fratture. Sgusciò tra pacchi e buste fino alla finestra quadrata priva di vetro che immetteva sulla parte esterna del tetto. Restringendosi, fu in grado di trascinarsi fuori. I passi pesanti di Jacob si facevano sempre più vicini. Stirò le gambe e poggiò la schiena sulle assi della parete. Sentì sirene e rombi di auto tirate ad alta velocità. La polizia era in arrivo.

«Dove seeeii?!» Jacob, salito al suo piano, lo stava cercando, tra scaffali rovesciati e cianfrusaglie. Ogni tanto lasciava partire delle raffiche di mitra. «Vieni fuorii!» Era furente.

"Spara per spaventarmi, per far sì che faccia un passo falso..."

Jacob aveva immaginato che si trovava lì fuori? "Non ci metterà molto a capirlo", dedusse.

Doveva sbrigarsi a fare qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa. Il suo assalitore cominciò a crivellare la parete dietro la quale si era rifugiato. I proiettili trapassarono le assi laterali a lui. Ancora poco e sarebbe arrivato il suo turno. Doveva giocarsi il tutto per tutto. Con l'ultimo colpo in canna.

Mark decise di muoversi. Prese fiato, si girò velocemente e fece sbucare la parte alta del corpo oltre l'apertura della finestra. Jacob era rivolto verso di lui e sparava col Draco. I loro occhi si incrociarono. Mark sparò il colpo definitivo, prima che il suo rivale potesse spostare l'arma verso la sua direzione. Bang! Il proiettile finì dritto in gola a Jacob. Un fiotto di sangue scuro gli cosparse la bocca. «M-ma-le-det-too!», rantolò e il mitra gli sgusciò di mano. Annaspò senz'aria e si ribaltò su uno scaffale. Il suo respiro si affievolì fino a spegnersi del tutto.

Mark aveva il fiatone e il cuore gli vibrava come un martello pneumatico. Aveva ucciso Jacob. Con l'ultimo bossolo... come sarebbe potuto succedere nel finale di un imperdibile gangster movie. Non poteva crederci.

Il suono di sirene alle sue spalle accrebbe. Si risvegliò dal sogno. No, la fine della storia nonsarebbe stata epica. La sua era stata sceneggiata come una triste paraboladestinata a concludersi male. Si issò fuori e si voltò. Varie auto della polizia con i lampeggianti accesi circondavano la crackhouse e molti agenti gli stavano puntando addosso le pistole. Non oppose resistenza. Alzò le mani in segno di resa e si consegnò a loro.

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