#13

MERCEDES

James era alla porta della villa di Mark. Quando qualche ora prima aveva avanzato quella particolare richiesta a Jeff, non confidava molto in un buon esito. In quel momento invece si gongolava soddisfatto. Jeff infatti, dopo essersi sentito con lui, aveva chiamato Chloè per testare quanto il piano fosse fattibile; lei a sua volta aveva poi contattato suo cugino Mark, riscuotendo il via libera.

James bussò un paio di volte. La porta gli venne aperta. Mark era in pantaloni corti, tenuti bassi a far intravedere la parte superiore dei boxer.

«Quindi ti serve la macchina, giusto?», gli chiese, invitandolo ad entrare.

James annuì, lievemente a disagio.

«Mi ha detto Chloè. Te la presto volentieri per stasera, basta che non me la distruggi», sghignazzò Mark. «Ah, ti lascio cancello e garage aperto, così al ritorno non devi suonare.»

James voleva arrivare alla festa scolastica catalizzando l'attenzione degli invitati. E la sua Ford Escort non era adatta al proposito. "Perché non provare a chiedere in prestito la cabrio di Mark?", si era detto fiducioso. Doveva accompagnare Grace, Jeff e Chloè. Secondo il suo film mentale sarebbero arrivati al parcheggio dell'highschool come delle star, destando l'invidia dei presenti. Ringraziò Mark, che gli consegnò le chiavi dell'auto e indicò il garage. Gliel'avrebbe riportata a serata finita.

«Andate alla festa scolastica, vero? Ci sarà da divertirsi, immagino», un lampo guizzò nel volto di Mark.

«Lo spero. Potresti unirti anche tu, no?»

«Nah, non è fatta per me. Troppi pischelli... preferisco fare altro.»

L'aura di mistero avvolse nuovamente Mark, suscitando la sua attenzione.

James non ebbe però il tempo per indagare di più. Il cugino di Chloè gli augurò buona serata, salutandolo definitivamente.

«Dai, ci vediamo», James si commiatò.

Mark di risposta gli fece un occhiolino.

~

James fece prima salire Grace, poi andò a prendere Chloè e Jeff.

Non appena la macchina dal tettuccio aperto apparve alla sua vista, Jeff urlò stupito: «È una vera bomba!»

James strombazzò il clacson. «Sbrigati, salta su!»

Anche il suo amico era in camicia. Non era il caso di portarsi via una giacca, dato che prevedeva che tanta gente assiepata in un salone avrebbe surriscaldato l'ambiente della festa.

Si erano vestiti tutti seguendo uno stile elegante, ma senza strafare. Grace e Chloè indossavano un vestitino corto e scollato. Grace al collo portava una graziosa collanina, Chloè ai capelli delle mollette colorate.

La Mercedes sgasò e partì rombando verso la scuola.

«Guidare un'auto del genere è orgasmo puro!», strillò James. Si sentiva il padrone della strada, soprattutto quando le altre macchine rallentavano per lasciarlo passare. Grace, al suo fianco, si indurì sul sedile.

Jeff gli ricordò: «Come ti ho già detto, sicuramente ci sarà quel coglione di Scott alla festa. Anche lui frequenta la mia scuola. Se riusciamo a dargli una lezione per come mi ha conciato, tanto meglio». Si indicò il naso gonfio e indolenzito.

Si intromise Chloè: «È odioso... se la meriterebbe. Cercate di non esagerare però, è sempre meglio non causare casini».

Grace approvò le sue parole. «Ho pure scoperto che Scott sta con la mia amica, Sarah. La vita riserva grandi sorprese...» Appurò. «Proprio per questo andateci piano. Sarah vi conosce e se succedesse qualcosa di grave al suo fidanzatino spocchioso se la prenderebbe anche con me. Con questo non voglio dire che non vi supporterò...»

James intervenne: «Tranquilleeee. Io e Jeff ne abbiamo già parlato, e lo faremo solo cagare sotto». Accelerò e superò un'auto che procedeva a rilento. Il sole ormai era quasi tramontato e le prime ombre si stendevano avvolgendo la città. Si aspettava una festa da paura. E aveva voglia di scatenarsi.

TRAPPOLA

Giunti al parcheggio, scesero dalla cabrio e si diressero di buona lena verso l'ingresso dell'istituto. Jeff aveva sentito su di sé gli sguardi di ammirazione degli astanti una volta che il bolide della Mercedes aveva fatto la sua apparizione. Un tipo, dal finestrino aperto della sua macchina, aveva alzato la voce verso James: «Gran bel gingillo, fratello!» e aveva rilasciato un fischio d'approvazione.

Parecchi adolescenti erano posizionati in fila davanti alla soglia della scuola, presidiata da tre ragazzi muscolosi, e altri cazzeggiavano nelle auto ferme al parcheggio, in attesa che il posto si riempisse. Un gruppo sparuto di ragazze allegre attraversavano il parcheggio arrancando a causa degli alti tacchi.

Jeff si mise in fila con gli altri e, passato un quarto d'ora, i bodyguard gli consentirono di entrare nell'edificio. Delle frecce di carta appese sulle pareti indicavano agli invitati la direzione da prendere: la palestra era il luogo principale adibito per la festa. Tutti gli armadietti che affiancavano il corridoio centrale erano chiusi e il pavimento era pulito e tirato a lucido. L'istituto era chiuso da un mesetto e, se non per i consigli di fine anno scolastico in cui si riunivano gli insegnanti, nessuno ci aveva più messo piede con regolarità.

Jeff non ebbe nessun problema ad orientarsi. Conosceva come le sue tasche la struttura e i suoi vari corridoi. "Oggi ti vedo in una veste nuova, ma non per questo significa che non aspetti altro che tornare da te", pensò riferendosi alla sua scuola.

Arrivarono alla palestra, già affollata di studenti che ballavano. Sebbene il luogo fosse abbastanza scuro e le luci spente, si notavano senza sforzo gli addobbi e i palloncini che lo decoravano. Un dj lampadato e dal ciuffo tinto mixava le canzoni dalla postazione allestita appositamente in fondo alla palestra e incitava la ressa col microfono.

«I rappresentanti d'istituto hanno fatto davvero un bel lavoro!», disse Jeff. I lati erano occupati da lunghi tavoli con sopra del cibo e qualche snack; un piccolo bar fai-da-te, gestito da un paio di baristi in erba, era il posto dove rifornirsi di drink e alcolici preparati frettolosamente.

Riconobbe subito la canzone "Think about the way" di Ice Mc. Non gli piaceva, ma era consapevole di quanto fosse gettonata alle feste. Grace tirò James per il braccio per portarlo dentro alla ressa.

Jeff tentennò. Quelle situazioni lo rendevano maledettamente insicuro.

Venne convinto a immergersi anche lui nella calca dall'esplosiva vitalità di Chloè. «Su, andiamo! Non c'è nulla da temere, fifone.»

Passò tra alcuni ragazzi scalmanati, guidato da Chloè, e affiancò il resto del suo gruppo. L'atmosfera era piacevole, pregna di positività e spensieratezza, e gli studenti cantavano a squarciagola. Avvistò i primi baci roventi in mezzo alla calca di maglie colorate che a passo di musica si strofinavano tra loro. Provò a disinteressarsi di ciò che lo circondava e si lasciò andare sulle note dei vari brani commerciali e pop punk che il dj aveva selezionato.

James sparì, per poi ricomparire improvvisamente come la moneta nei classici trucchi di magia. Teneva in mano un paio di drink.

«Ho fatto un salto al bar, superando la fila!», disse concitato. «Questi sono per voi.»

Jeff declinò l'offerta e si guardò intorno. "Beccato!"

Scott se ne stava in disparte a fumare una sigaretta. Aveva un'aria svogliata, poco partecipe alla festa. Al suo fianco c'era Sarah, vestita succinta.

Jeff tirò una gomitata a James e gli fece segno col capo di alzare lo sguardo. Non appena anche l'amico vide, scambiarono entrambi un cenno a Grace. Poco prima di entrare avevano stabilito con lei una sorta di trappola in cui far cadere Scott.

Grace scambiò un pugnetto al suo ragazzo. Era giunto il momento di sfoggiare le sue abilità da seduttrice. Lo reputava un gioco simpatico, oltre che un test per affinarle. Jeff e James si dileguarono, lasciandola con Chloè.

«Aspettami qui. Me la sbrigherò in qualche minuto», le spiegò.

Chloè acconsentì e si spostò in uno spazio laterale libero dalla persone. Grace si avviò sicura verso la coppia. Quando Sarah la vide stazionare di fronte a lei, allargò le braccia e la salutò affettuosamente. Scott cambiò espressione in un battibaleno. Sembrava piacevolmente stupito da quell'apparizione improvvisa.

Grace acquistò fiducia riguardo al buon esito della missione. Il rumore e la musica ad alto volume non permettevano di sentirsi facilmente. Alzò la voce: «Come stai, Sarah? È da un po' che non ci vediamo.»

«Tutto bene. Anche tu qui, eh! Sei con James?»

«Sì. Vi state divertendo?», Grace si rivolse a Scott sganciandogli uno sguardo seducente. Lui lo accolse volentieri, ne fu sicura. Aggiunse: «Ah, non ci siamo neanche presentati. Io sono Grace, amica di Sarah». Gli strinse la mano calorosamente. Le luci a strobo guizzavano sui loro volti, suddividendoli in forme geometriche di vari colori. Sciolse la presa da Scott in modo suadente.

Sarah, accigliata, osservava impotente il flirt che si svolgeva al suo fianco e iniziava a scocciarsi. Dopo un paio di minuti in cui Scott e la sua amica confabularono a tu per tu, interruppe la conversazione infastidita. Aveva colto poche delle loro parole, per il fatto che i due avevano chiacchierato a distanza ravvicinata, ma le bastava. Strattonò il suo ragazzo per il braccio e liquidò Grace: «Ora dobbiamo andare. Degli amici ci aspettano in mezzo».

Grace li salutò. Si morse il labbro fissando Scott, mentre Sarah lo trascinava via. Lui gli lanciò un occhiolino colmo di desiderio. Era convinta che avrebbe accettato la sua chiamata, mormorata al suo orecchio prima che Sarah li interrompesse. «Tra 10 minuti ci vediamo nei bagni maschili. Ti aspetto, stallone.»

Jeff aspettava in silenzio, secondo i piani. La turca lucente, posta al centro del bagno, gorgogliava tra lui e James. Dopo lunghi minuti di attesa, sentì spalancarsi la porta d'accesso ai servizi igienici. La persona che era entrata si fermò ai lavandini.

"Si sta lavando le mani", confermò a sé stesso.

Si accovacciò con cautela per sbirciare da sotto la porta, pregando che Scott avesse abboccato all'esca. Le Converse verdi parlavano chiaro: era lui.

Fece un cenno col capo a James, il quale ricambiò il segnale.

Spalancarono la porta e uscirono.

«Eiei, Scott... ci ritroviamo, quindi», esordì James. La quiete, inframezzata solo dallo sciabordio del getto d'acqua che usciva dal rubinetto, si ruppe. Scott si voltò e, appena li vide, un'espressione di terrore gli si stampò in volto.

James si scrocchiò le dita e lo puntò. Il giocatore di basket era chiuso all'angolo, senza vie di fuga. Bofonchiò: «Lasciatemi stare, non ho fatto niente».

James ridacchiò. «Ci prendi per il culo? Che faccia tosta.»

Jeff digrignò i denti. Scott era visibilmente spaventato. In inferiorità numerica neppure per lui sarebbe stato facile metterli k.o.

«Okay okay. Non so chi tu sia...», Scott si rivolse a James. «... ma se sei qui per vendicarti di quello che abbiamo fatto al tuo amico sappi che è stata una bravata. Ce ne siamo resi conto immediatamente...»

James scosse la testa sprezzante.

Scott, come se avesse capito di non avere scampo, corse verso di loro con l'intento di schivarli e fuggire. Jeff fu preso alla sprovvista e venne spostato da Scott con una manata. Un provvidenziale sgambetto di James però fece cadere il loro avversario, bloccando la sua fuga.

«Pezzente. Dove credi di andare...», esclamò James rabbioso.

Scott si coprì il volto con le mani e urlò. Non fece in tempo a rialzarsi da terra che James gli assestò un paio di pugni sul mento e in faccia.

Jeff lo sostenne rifilandogli un calcio sul torace. La sua morale gli intimò di fermarsi.

«Ok, può bastare. Stop, James», concluse. Il suo amico si stava facendo prendere troppo la mano e stava esagerando. Scott gemeva dolorante.

James aggiunse: «Solo un'ultima cosa». Entrò in un bagno e ne uscì con uno scopino, inzuppato d'acqua del water, che gettò addosso a Scott. Spuzzi d'acqua e residui di escrementi gli sporcarono la maglietta. Abbassò la testa su di lui: «Spero tu abbia capito. Non permetterti mai più di dargli grane...» Scott sembrava un cerbiatto appena azzoppato da un cacciatore. Iniziò a singhiozzare e chiese scusa supplicando, accasciato tra le piastrelle azzurre. Gli diedero le spalle e lo abbandonarono, lasciandolo ad affliggersi come una bestia ferita.

ESTASI

Grace richiamò tra la folla i due amici, di ritorno dalla scorribanda. Dalle loro espressioni dedusse che il piano avesse funzionato. Jeff le raccontò sinteticamente dell'agguato a Scott, cercando di farsi capire in mezzo al baccano, James la ringraziò per l'aiuto sganciandole un bacio schioccante.

Chloè strepitò: «Ora pensiamo a divertirci! Che la vera festa abbia inizio!»

Il party procedeva sregolato. I ragazzi erano più sciolti ed estroversi, alleggeriti dagli effetti dell'alcol. La musica, virata sul genere techno, batteva forte e faceva ondeggiare i partecipanti, a stretto contatto tra di loro. Il pavimento in gomma blu era appiccicoso e insozzato di mozziconi di sigarette.

Grace si eclissò per un istante. Si domandò come si sarebbe potuto evolvere il legame tra lei e Sarah, dopo il suo brutto tiro. Sarah come aveva reagito al suo tentativo di seduzione? E Scott, una volta tornato dal bagno, cosa le avrebbe raccontato? Queste le domande che gli affollarono la mente. Le stipò immediatamente in un angolo del cervello. Gli altri stavano ballando scatenati, e voleva farlo anche lei. Si affiancò a James, che la strinse tra le sue braccia muovendosi energicamente a ritmo di musica. Il suo ragazzo si frugò in tasca per un attimo ed estrasse due pasticche avvolte in una pellicola. Jeff strabuzzò gli occhi per la sorpresa. Intanto un ragazzo asiatico aveva attaccato bottone con Chloè.

A Grace fu chiaro il contenuto della pellicole: Ecstasy. Sbiadì in faccia e gli chiese allarmata: «E queste dove le hai trovate? Non ti vorrai mica drogare...» James di tutta risposta le sorrise. «Stai tranquilla, amore. Non fanno granché, me l'ha confermato il mio amico Henry. Solo una sensazione di benessere, rilassatezza...» Grace si rabbuiò e distolse lo sguardo. Jeff stava ballando da solo, rivolto verso il dj. Si stava forse rifiutando di assistere alla scena?

«Credimi, Grace. Non le ho mai provate finora, ma pensavo che sarebbe stato bello farlo con te la prima volta», James rincarò la dose. Scartò la pasticca e se la portò sulla lingua, ingerendola. «Beh, senti... io non ti voglio certamente costringere. Se la vuoi, sono qui», concluse.

Grace era interdetta.

"James mi ha assicurato che non fa niente di male... è il mio ragazzo, perché non dovrei credergli?", si disse tra sé e sé. Ne fu tentata. In un battibaleno decise di provarci. Solo per quella volta, dopo mai più. Accarezzò James sul braccio e richiese la pasticca con indolenza. Lui la appoggiò sulla sua lingua e la invogliò ad ingoiarla.

Passò del tempo prima che gli effetti iniziarono a manifestarsi. Grace abbracciò James, affondandogli la testa nel petto. Una sensazione di tranquillità prese possesso del suo corpo, mentre ballavano ininterrottamente. Sentiva di essere libera, leggera, di potersi muovere senza controllarsi, semplicemente assecondando le spinte spontanee del suo bacino. Percepiva la musica fin dentro le ossa, fremiti di beatitudine le pizzicavano i nervi. Lo baciò passionalmente con la lingua. Erano soltanto loro due in quel luogo, e non insieme ad altre centinaia di persone. James aveva allentato i propri freni inibitori, le stringeva i fianchi bramoso. Da quanto stavano ballando? Mezz'ora, un'ora o qualche giorno?

Grace desiderò fortemente fare sesso. Prese per mano James e lo condusse fuori dalla palestra, verso il giardino posteriore dell'istituto.

Il cortile era desolato, se non per un gruppo di ragazzi alticci che stappavano uno champagne schiamazzando presso un tavolo di legno. Un quarantenne, entrato inspiegabilmente alla festa, pisciava all'ombra di un albero, nascondendosi da sguardi indiscreti.

Si infilò con il suo ragazzo dietro dei fitti cespugli, al riparo dei quali si spogliò precipitosamente. Era eccitata. La pallida luce lunare rischiarava la terra arida su cui posò il proprio corpo sudaticcio. Con foga James la penetrò, strappandole un gridolino. Iniziò a muoversi dentro di lei selvaggiamente, tra gemiti e sospiri di eccitazione. Grace si avvinghiò a lui con entrambe le braccia. Sentiva la carne di James sfregare contro la sua. "Che sto facendo?", le balenò in testa all'improvviso. Ma ormai non poteva più fermarsi, tanto era coinvolta. Poco dopo James si irrigidì e sprofondò su di lei, esausto.

Rimasero così per qualche minuto, guardandosi negli occhi socchiusi, con tenerezza. Poi si rialzarono e si rivestirono.

SGANCIAMI I SOLDI

Jeff confabulava con Chloè tra la folla, aspettando il ritorno dei due amici. Lei gli disse di aver piantato il ragazzo asiatico, colpevole di essere stato molesto e con l'intenzione di volerla solo portare a letto. Jeff non prestò molta attenzione ai suoi discorsi. James si drogava. "Bella merda!" Non voleva dare l'impressione di essere un moralista, ma in quel caso non si trattava di un aspetto facilmente sorvolabile.

"Non sono nessuno per dirti cosa fare e cosa non fare, ma in quanto tuo migliore amico ci terrei a dire la mia. Mi ha fatto schifo...", si preannunciò cosa gli avrebbe detto nel momento opportuno.

Chloè gli avanzò una proposta: «Jeff, ce ne andiamo? Mi sono stancata di 'sta festa...»

L'avrebbe volentieri seguita, ma la Mercedes di Mark non si guidava da sola. «Le chiavi le ha James. Dovremmo aspettare che torni.»

«Per me quei due stanno scopando... spero si muovano, almeno», commentò Chloè con una smorfia.

Improvvisamente la massa di studenti cominciò a scuotersi violentemente. Alcuni ragazzi si facevano strada in cerca di una via d'uscita, visibilmente impauriti. Una femmina strillò e scoppiò a piangere.

«Che diavolo succede?», chiese Jeff a Chloè. Lei scosse la testa, spaesata.

Jeff si scrutò attorno. Un tipo col passamontagna spingeva vigorosamente un adolescente occhialuto, minacciandolo faccia a faccia.

"Oddio..." Lo sorprese un dolore acuto sulla sommità del capo. Cadde a terra.

Chloè gridava terrorizzata.

Un altro uomo col passamontagna calato sul volto lo teneva d'occhio dall'alto in basso. Stringeva in pugno una pistola e l'aveva percosso proprio con il calcio dell'arma. «Non provare a reagire... sganciami i soldi, veloce!», gli intimò rabbioso.

Jeff svuotò il portafoglio e gli consegnò le poche banconote che conteneva. Il bandito le afferrò e se ne andò, scivolando via tra le persone.

Jeff era scosso, la testa gli vibrava. La musica si fermò e le luci si accesero. Le varie voci si accavallavano le une sulle altre, crescendo di tono, la frenesia si era espansa tra i partecipanti e stava degenerando in panico. Se ciò che stava accadendo di preciso era poco chiaro, restavano pochi dubbi sul fatto che qualcuno lì in mezzo li stesse assalendo e derubando. Personaggi malintenzionati dal volto mascherato si aggiravano tra loro, con cattive intenzioni.

«Alzate tutti le mani e non muovetevi! Vi conviene ascoltarmi», risuonò dal microfono del dj, sopra al vociare dei presenti. «Ogni mossa inopportuna vi costerà caro.»

Una marea di mani si alzarono all'unisono.

Jeff scorse di sfuggita James e Grace, alla sua destra. Anche loro tenevano le mani su, disorientati. Un uomo immobilizzava il dj bloccandogli i polsi dietro la schiena, mentre il compagno al suo fianco stringeva il microfono. Da dietro la sua schiena sporgeva la canna di un mitra, sorretto ad essa da un laccio. I ladri si muovevano tra la folla e continuavano a esigere i portafogli.

"È una rapina in piena regola."

La maggior parte di loro impugnava una pistola, principalmente una Beretta M9. La pelle scura dei banditi faceva capolino dalle zone del corpo scoperte da indumenti, come le braccia o le gambe. Alcuni erano a petto nudo, che risaltava tonico e tappezzato di tatuaggi. I soldi che i banditi ricevevano dai malcapitati venivano riposti in un sacco di tela, custodito gelosamente da uno di loro.

Jeff identificò Scott tra la ressa. Era in piedi, con i lividi in faccia, ancora malandato per l'aggressione subita in bagno. Non oppose resistenza quando un energumeno di cui i denti placcati d'oro risplendevano tra la fessura del passamontagna gli intimò di svuotare le tasche.

Il ragazzo asiatico a cui Chloè aveva dato buca ricevette una sberla sul muso perché si rifiutò di consegnare i propri averi. Si inginocchiò sofferente e cambiò immediatamente idea, sollecitato dalla pistola puntata contro di lui. Una fanciulla dal viso innocente singhiozzò scioccata.

"Son senza pietà...", pensò Jeff.

«Bravi così, vi state comportando bene... tra poco abbiamo finito», dichiarò compiaciuto il tizio al microfono.

James strinse Grace a sé, intimorito. Uno dei gangster si faceva avanti. Al polso aveva un orologio di valore. Quando gli fu più vicino, ebbe un attimo di esitazione. James ne fu sorpreso. Gli parve che avesse qualcosa da nascondere. Il tipo gli ordinò deciso: «Dammi i soldi. Subito». Quella voce aveva qualcosa di familiare. L'aveva già sentita da qualche parte, anche se non era in grado di associarla con certezza a qualcuno che conosceva. Estrasse dal portafoglio le banconote, che gli vennero strappate di mano sbrigativamente. Era come se il suo rapinatore non vedesse l'ora di girare i tacchi e passare alla vittima successiva. Il ladro si commiatò con un'occhiata sfuggente, acuendo i suoi sospetti. James era perplesso. Non gli era così sconosciuto, ci avrebbe scommesso.

Dopo aver raccattato un buon bottino, la banda di malavitosi si raggruppò e si diresse di corsa verso l'uscita della scuola. I partecipanti alla festa rimasero immobili per dei secondi percepiti come interminabili, atterriti e incapaci di metabolizzare cosa fosse successo in quegli intensi minuti di terrore. C'era chi piangeva e chi invece inveiva contro gli assalitori, maledicendoli. Un ragazzo in camicia chiamò la polizia con il suo Nokia 8810, prima che la folla sbigottita iniziasse a diradarsi e grappoli di persone un po' alla volta abbandonassero la palestra. La pattuglia della polizia entrò nel parcheggio una decina di minuti dopo, dando il via alle indagini preliminari sull'accaduto. James aprì la portiera della cabrio e salì. Gli effetti dell'ecstasy perduravano. Grace teneva un'espressione rattrappita, di sgomento. Jeff si massaggiava la botta in testa, dolorante, mentre Chloè restava zitta.

«Sono sicuro che glisbirri non troveranno uno stralcio di prova...», sbuffò James ruotando le chiavie accendendo il motore della Mercedes.

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