#10
CRASSSHH
James montò su uno dei sedili posteriori. Nell'auto era presente al completo la compagnia degli skater. Henry, al volante della Lancia, veniva guidato per le vie della città dalle indicazioni degli altri.
James mosse lo sguardo dagli amici che gesticolavano al finestrino, oltre il quale i palazzi illuminati e slanciati verso l'alto sfrecciavano lungo il vetro dissolvendosi uno alla volta tra le ombre della sera. Si stavano dirigendo un po' fuori il centro città.
Poco dopo erano imbottigliati nel traffico. Henry si spazientì, mentre l'auto procedeva a passo d'uomo: «Che palle, cazzo! Muovete il culo... noi dobbiamo andare a stonarci». Strombazzò il clacson. La strada intasata non si stappò.
James approfittò della lentezza con cui avanzavano per sfoggiare il suo nuovo tatuaggio. «Wooo, è figo!», approvò Noah. Spiegato loro il significato, William appuntò: «Pensandoci, potrebbe rappresentare anche una forma di protesta contro la polizia. Doppiamente apprezzato». Anthony dal posto anteriore urlò "Fuck tha police!". James colse il riferimento: era tra le canzoni più famose dei N.W.A., gruppo hip-hop di Los Angeles, rilasciata una decina di anni prima.
La colonna di macchine iniziò a sfaldarsi, permettendo a Henry di tagliare per un'altra strada. Il centro si tramutò gradualmente in periferia, dall'aspetto più tetro e desolato.
James era disorientato. Henry gli spiegò che la loro destinazione era un piccolo emporio, che fungeva anche da stazione di servizio. Lì gli alcolici avevano prezzi bassissimi, e, sebbene la qualità non fosse delle migliori, ne valeva la pena se si aveva l'intenzione di ubriacarsi. «Dopo invece ti portiamo in un posto che ti farà rimanere a bocca aperta», concluse lo skater.
Entrarono in un parcheggio posto dall'altra parte della strada rispetto alla loro meta. Era buio e deserto. Henry spense l'auto e accese la lucina dell'abitacolo. Si voltò, ammiccando verso William. Poi aprì e rovistò dentro il cassetto portaoggetti della Lancia, allungandosi alla sua destra. James si sporse in avanti per vedere meglio. Quando estrasse il sacchettino, sbiancò. Era cocaina. Il suo cattivo presentimento era stato confermato. Henry stese una riga sul cofano e la sniffò tutta d'un colpo. «Diamine, che botta! Ci voleva, aahh.»
Gli altri confabulavano come se niente fosse. Henry affermò, in estasi: «William, vuoi?» Al cenno di assenso dell'amico, Henry gli passò il sacchettino. William lo imitò, facendosi un'altra striscia. Noah, a differenza dei compagni, rifiutò.
James era allibito. Non si capacitava di come assumessero droga pesante senza un minimo di contegno o apprensione. Anthony allungò il sacchettino verso di lui: «Prova». James ebbe il timore di perdere la loro stima. Non importava, avrebbe detto di no. Balbettò che non ne aveva voglia. Henry si intromise: «Bah, come vuoi. Tranquillo però, non lo diciamo alla mamma!»
James lo guardò torvo. Era meglio non menzionare sua madre, per nessuna ragione. Allontanò con la mano il sacchettino. Non avrebbe provato. Anthony estrasse dal portafoglio sgualcito una banconota da cinque dollari e chiese: «Avete altri soldi? Con questi non prendiamo niente...»
Henry ne tirò fuori un'altra da cinque dollari, mentre Noah e William scossero la testa. «Siamo a secco...»
Anthony esclamò spazientito: «Voi due siete dei coglioni! Siete riusciti a dimenticarvi i soldi... ora come minchia lo prendiamo l'alcol?»
Gli rispose Henry, con tono indifferente: «Sta' buono, Anthony... lo rubiamo, chiaro. L'altra volta dal pakistano non abbiamo avuto ripercussioni...»
Anthony acconsentì controvoglia e si tastò il septum al naso.
James si sentiva la bocca secca. Era ammutolito.
William espresse il suo parere: «In effetti non ha senso tornare indietro, è un'inutile rottura. Sappiate però che questo posto dove rifornirci ce lo giochiamo definitivamente».
«Pace! Se ne troverà un altro», ribatté Noah.
Henry aprì la portiera ed uscì di scatto dal veicolo. Il suo corpo fremeva di energia incontrollata. Aveva gli occhi lucidi e le pupille dilatate. Disse a William di passargli dal bagagliaio il coltellino a farfalla che generalmente adoperavano per livellare il grip delle tavole da skate. «È soltanto una precauzione. Non ci servirà, ma non si sa mai», spiegò, prima di infilarselo in tasca.
Noah e Anthony rimasero in macchina, William si pose al fianco di Henry. L'avrebbe accompagnato.
Henry ordinò a Noah: «Quando torniamo, devi essere pronto al volante». A quelle parole Noah si spostò nella parte anteriore della Lancia.
James non muoveva un muscolo. Henry fece cenno anche a lui di seguirli. In quel caso non poté rifiutare, non voleva essere considerato un fifone patentato.
Si diresse con loro verso l'emporio. Gli spiegarono il piano strada facendo. Era pura follia, ma non si tirò indietro. «Fa' che vada tutto bene... non vorrei creparci», pregò.
Passi. Passi che gli sembrarono un'eternità. Passi verso un atto di illegalità, da cui sarebbe uscito indenne o, al contrario, a causa del quale sarebbe stato spedito in carcere. O, nella peggiore delle ipotesi, ferito o ucciso, qualora il proprietario dell'emporio avesse reagito con le maniere forti. Serrò le mascelle, per infondersi coraggio.
Erano davanti all'emporio. Non c'erano telecamere e la porta era spalancata. Henry si avvicinò al bancone, dietro al quale stava un uomo panzuto con le basette, sui sessant'anni. Gli porse le due banconote da 5 dollari e richiese una bottiglia di whisky, posizionata in un ripiano in basso dietro alla cassa.
James si fermò con William nelle retrovie e si mise a scorrere le etichette dei vari alcolici riposti sugli scaffali laterali. Lo sguardo socchiuso dell'uomo al bancone di tanto in tanto si allungava verso di loro.
La voce del ciccione alla cassa gli risuonò nelle orecchie: «Prendi solo questo o vuoi altro?»
«Solo questo, grazie.»
A quelle parole il proprietario si infilò le banconote in tasca e si girò, abbassandosi per prendere la bottiglia scelta da Henry. Faticò nei movimenti, ostacolato dalla pancia strabordante di grasso, ed emise un rantolo.
James si morse la lingua per scaricare il nervosismo. Era giunto il momento concordato per afferrare un paio di bottiglie e tornare all'auto dandosela a gambe. Carpì due bottiglie di rum e si mosse frettolosamente verso la soglia dell'emporio. Scorse William. Nel rimuoverlo dallo scaffale, lo skater inavvertitamente fece sbattere il Brandy addosso alla bottiglia vicina. Crassshh! Pezzi di vetro si sparsero per il pavimento del negozio. William gli urlò: «Cazzo cazzo, corri! Viaaa!»
L'uomo al rumore si era alzato di scatto. Il suo faccione paffuto rispuntò da dietro il bancone. Inveì: «Figli di puttana! Che cazzo fat-». Un pugno secco lo colpì in volto, ribaltandolo. Un fiotto di sangue gli uscì dal naso. Henry aveva agito con prontezza. Lo skater non perse tempo e si mise anche lui a correre via, senza guardarsi indietro.
Arrivarono alla macchina in un battibaleno. Noah aveva già acceso il motore. Balzarono tutti e tre dentro il veicolo, sbattendo tra loro. La Lancia rombò e si mosse. Uscirono dal parcheggio acquistando velocità e guadagnarono distanza dal luogo della rapina. Prima che l'emporio svanisse alle loro spalle, James si girò. Il proprietario, dal naso spaccato, era sceso in strada con un fucile sottobraccio. Fortunatamente erano a troppi metri da lui perché potesse sparare. L'avevano scampata.
Henry si sfilò la maglietta.
«Porca troia! Abbiamo rischiato grosso... che cazzo avete fatto voi due?!»
«Colpa mia, Henry. Per sbaglio ho fatto cascare una bottiglia...» William ansimava.
«Scialla, non importa. Ho dovuto fermare il panzone però, altrimenti avrebbe reagito mandando tutto all'aria. Gli ho sganciato un bel pugno sul naso!»
Anthony lo sostenne: «Hai fatto bene. Era necessario...», poi cambiò discorso: «Ma da tutto questo alla fine cosa ci abbiamo guadagnato?»
«Tre bottiglie. Due di rum e una di Brandy». Intervenne James. «Il whisky comprato da Henry invece è saltato».
Noah esclamò: «Va benissimo così. Possiamo bere quanto vogliamo...» Si immise in una strada più battuta. Un'ambulanza con le sirene accese filò trafelata nella direzione di marcia opposta alla loro.
James contenne il fiatone. Stava tremando per l'adrenalina. «Ragazzi, quello stronzo secondo me ha chiamato la polizia... forse è meglio non farci vedere nei paraggi, no?»
Henry gli disse di tranquillizzarsi. Non li avrebbero trovati, a detta sua. Spostandosi in centro città si sarebbero confusi tra la folla.
James tirò un lungo sospiro di sollievo.
«Cristo, che avventura!», sbraitò Henry a pieni polmoni.
COPS
James si guardò più volte attorno, all'erta. Qualche poliziotto avrebbe potuto riconoscerli. Lasciata la Lancia in un parcheggio sotterraneo, si erano mossi a piedi lungo le vie del centro. Era mezzanotte, ma la gente non accennava a diminuire nel corso principale della città. Aprirono due delle bottiglie rubate e cominciarono a farci piccoli sorsi, passandosele a turno. I passanti puntavano gli occhi su di loro, accigliati e diffidenti.
"Diamo l'impressione di essere degli ubriaconi...", pensò James. "... e forse lo siamo!" Non gli importava, erano cazzi loro.
Henry indicò di seguirlo. Nel posto a cui aveva alluso in precedenza avrebbero potuto bere in santa pace, lontani dalla frenesia cittadina. Si infilarono in un vicolo laterale, stretto e maleodorante. Puzza di piscio infestava l'aria stagnante della stradina. Non c'era anima viva. Si avvicinarono ad una scala antincendio laterale, esterna ad un palazzo fatiscente. Questa lo percorreva dal basso all'alto, portando direttamente al lastrico solare dell'edificio. Si issarono uno alla volta per la rampa di scale, usando un cassonetto dell'immondizia sottostante come trampolino da cui saltare su.
Anthony sancì: «Okay, ci siamo tutti. Saliamo».
James si avviò su per le scale, verso il tetto. Gli sembrò che in alcuni momenti le scale traballassero, ma ritenne che era l'altezza che si accumulava tra loro e il terreno a suggestionarlo. Gli altri gli stavano dietro. Percorse l'ultima rampa e sbucò sotto il cielo notturno, tempestato di stelle. Era uno spettacolo magnifico, da togliere il fiato. Si affacciò alla ringhiera. Giù file di persone si intersecavano tra loro, come un formicaio impazzito. Era lì, sopra a tutti, e si sentiva padrone del mondo. Si scostò da quella posizione e si sedette appoggiando la schiena a uno dei condotti meccanici in lamiera appollaiati sul tetto. William fece su una canna, la accese e gliela passò.
James gonfiò i polmoni e assaporò l'aroma dell'hashish.
Lassù c'era calma. I rumori arrivavano ovattati, come se fossero contenuti da una cappa. Gli altri si sedettero in cerchio, includendolo. Noah calò un sorso dalla bottiglia di rum e lo passo ad Henry. Masticò le parole: «Qua in alto si sta da dio».
William si spettinò i capelli mesciati di biondo. «Vorrei fermare il tempo e star così, fermo, per sempre.»
Anthony fece un tiro dalla canna, scacciò via la cenere dalla canotta Stussy e si stravaccò. «Ho bisogno di respirare. Facciamo una vita frenetica, senza pause, al limite.» Poi, verso James: «Ecco, sai, quando vivi in un certo modo ti godi il doppio momenti come questo».
Lo stato di ebbrezza contribuiva a lasciarsi andare a pensieri più profondi.
Henry continuava a tracannare il rum direttamente dalla bottiglia. «Ei, state diventando dei filosofi, ahah... io son troppo fatto per intraprendere dei discorsi seri, non so come facciate». Si sdraiò e socchiuse gli occhi.
«Non mi sembra per niente in ottimo stato», appurò James.
Noah fece spallucce. «Nah... è routine, non c'è da allarmarsi.»
William disse, col fiato corto: «Cazzo... in queste condizioni mi scende pure la voglia di andare in cerca di ragazze».
Anthony gli sganciò una pacca sulla spalla e gli promise che avrebbero pensato anche a quello. C'era tutta la notte per rimorchiare.
James si picchiettò la testa per riprendersi. Era sbronzo. Di colpo gli occhi azzurri di Grace si accesero come bagliori nelle sue iridi. Aveva voglia di stringerla tra le sue braccia. Sentiva il bisogno di emozioni forti, viscerali, travolgenti. Sospinto da quel desiderio incontrollato, si figurò una faccia ghignante, completamente sconosciuta, che lo attraeva a sé. Disse perentorio: «Anch'io voglio farmi una striscia».
Gli altri lo guardarono basiti. Henry si rialzò e si stropicciò una mano sulla faccia vitrea, lamentandosi per la stanchezza.
«Oookaaay, James. Un secondo...»
Gliela stese. La riga assunse le sembianze di un lungo binario che si stendeva verso una meta oscura. James chinò il capo e tirò su dal naso tutta la sostanza. Ogni granello bianco sparì nelle sue narici.
Assunse subito una posa di chiusura. "Che cazzo ho fatto? Se mi vedesse Grace, o mia mamma..."
Dopo qualche minuto, il cuore iniziò a pulsargli più forte. Euforia mista ad eccitazione si impossessarono di lui. Si sentiva più potente, più forte. Gli venne un'erezione, involontaria. Gli effetti della sostanza non tardavano a comparire. Si sollevò baldanzoso e propose di andare a fare un giro. "La vita è mia, e decido io come comportarmi", si oppose con menefreghismo a ciò che aveva pensato prima.
William invitò gli altri: «Okay. Proviamo a rimorchiare... o meglio, vediamo se siamo in grado». Ridacchiò.
Henry si raccomandò di rimanere vigili, in quanto la polizia avrebbe potuto aggirarsi nei dintorni. Abbandonarono il luogo sopraelevato e, una volta scesi, pisciarono nel vicolo in cui si erano imbucati. Poi si rituffarono nella vita notturna della città. Era notte fonda e nella via principale restava qualche tossico in astinenza, gli abituali ragazzi ubriachi e molesti della tarda ora e lo stridente viavai dei taxi. Se fosse comparso qualche sbirro che aveva presente chi fossero sarebbero stati riconosciuti immediatamente. Nascondersi non sarebbe stata un'opzione praticabile. I suoi compagni perlustravano i paraggi, incitati da Anthony, alla ricerca di qualche ragazza abbordabile, ma presto si arresero all'evidenza. Henry sbuffò deluso. «Non è la serata giusta, meglio lasciar perdere.»
In quell'istante, un'auto della polizia rallentò, per poi accostare al loro fianco. Le espressioni severe dei due poliziotti all'interno erano rivolte verso di loro.
Henry strillò: «Cazzo, ragazzi! Ci sono i cops[1]. Filiamo!»
A quel comando, gli altri partirono a correre.
James li imitò. Uno dei due poliziotti era sceso dal veicolo e si era messo ad inseguirli, mentre l'altro lo assisteva avanzando con la macchina. Erano nella merda fino al collo. "Stiamo scappando dagli sbirri", realizzò. "Non ci prenderanno!"
Il poliziotto non desisteva dall'inseguimento, anche se la loro maggiore prestanza fisica permetteva di tenerlo a debita distanza. Urlò loro: «Fermatevi, siete in arresto!»
Raggiunsero velocemente il parcheggio interrato e si fiondarono nella Lancia. Henry si pose alla guida e accese il motore, tremando da capo ai piedi. La preoccupazione di James declinò in paura quando ripensò alle labili condizioni di Henry. Pregò più volte di non schiantarsi.
Percorsero a tutto spiano la rampa saliscendi che portava all'esterno del parcheggio. L'auto della polizia li aspettava fuori e stava per sbarrare loro il passaggio d'uscita.
«Tenetevi forte!», disse Henry. Puntò in direzione del veicolo e lo aggirò con una manovra repentina, poi accelerò e si infilò in varie vie secondarie, con l'obiettivo di seminare gli inseguitori.
Tra curve, frenate e sterzate brucianti, la Lancia procedeva a spron battuto come una locomotiva sbuffante tirata al massimo. James riversò il capo sul poggiatesta e chiuse gli occhi, in attesa che la sua carne si spappolasse nell'impatto. L'alcol e la droga gli offuscavano il cervello e una vibrazione gli attanagliava l'intestino. Henry era alle prese con la Morte, intento a schivare i fendenti della sua falce, tra scintille e lampi di fuoco. Il fatidico schianto però non arrivò. L'auto si fermò.
«Ei, sei morto?!», una voce lo destò dal suo stato di estraneazione. Si trovavano in un garage, angusto e sporco. La testa gli girava come una trottola impossessata.
Noah gli spiegò: «James, siamo a casa nostra... sani e salvi, li abbiamo seminati».
James aprì la portiera e vomitò. Henry esultò sbiasciando, prima di crollare esausto sul cofano.
[1]Termine colloquiale e dispregiativo per indicare un poliziotto.
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