Toby Jackson
Sopravvissuto al piccante dell'aletta di pollo, Dennis si lavò la faccia, i denti e si buttò sotto le coperte.
Prima di mettersi a dormire girò, come di sua abitudine, qualche profilo Facebook dei suoi compagni di scuola sul computer portatile. Non perché fosse effettivamente interessato alla persona, a farci amicizia o altro, ma solo per godersi la loro vita miserabile con poche foto di vacanze banali e senza significati.
Quando sua madre entrò in camera sua per dargli la buonanotte, Dennis abbassò subito lo schermo per non farle vedere che cosa stesse facendo veramente, infatti Natasha era convinta che suo figlio giocasse con qualche giochino virtuale scaricato nel suo PC.
«Non giocare fino a tardi va bene? Che domani hai scuola.»
«Si mamma, tranquilla adesso lo metto via.»
«Bravo, ti voglio bene tesoro.»
Anche se era grande ormai, a sua madre piaceva ancora scompigliarli i capelli lunghi e lasciarli gonfi e spettinati ricadere sul cuscino. Dennis aveva sempre voluto tenerli lunghi, ma entrambi avevano trovato un compromesso di farli crescere fino a una certa lunghezza, così il limite da tenere era non oltre le spalle. Infatti alcune delle sue ciocche scalate si arrotolavano all'insù.
Natasha gli diede infine un bacio sulla fronte e spense la piccola luce che giaceva sul suo comodino per poi uscire e chiudere la porta.
Una volta che rimase solo, Dennis tornò a guardare i profili online dei suoi compagni finchè non gli si chiusero gli occhi dal sonno.
A scuola tutti gli alunni presenti avevano Facebook installato sui loro computer e passavano tutto il tempo tra loro chiedendo quanti amici avessero, se li conoscessero tutti e quanti like alle foto avevano ricevuto durante la settimana, oltre a chiedersi quante ne caricavano al giorno. Dennis non partecipava mai alla loro gara di popolarità, il suo account era quasi al pari del falso perché non aveva un nome reale di fatto, si era inventato una parola a caso per poter accedere al social senza troppi problemi, non aveva una foto profilo che facesse capire chi ci fosse dietro allo schermo e soprattutto non aveva mai caricato foto o post.
Dennis non era mai stato interessato a internet, ai social o ai videogiochi, lui preferiva la vita reale al cento per cento. Infatti, al contrario dei suoi compagni, leggeva moltissimo.
Per questo motivo, durante la ricreazione, si andava a rifugiare in biblioteca per stare un po' in pace e magari, perché no, portarsi a casa qualche titolo interessante. Solitamente non c'era mai nessuno ma un giorno, scappando nuovamente dal chiasso dei corridoi, Dennis si trovò faccia faccia con un ragazzo intento a passare in rassegna libri di storia e filosofia.
Era un ragazzo piuttosto magrolino, molto più di Dennis, e portava i capelli pettinati riportati di lato, un paio di occhiali tondi forse troppo larghi per il suo naso, perchè continuavano a scivolargli in avanti, una camicia azzurrina semi sciupata e un paio di jeans scuri con un piccolo risvolto sulla caviglia.
In sostanza, era un ragazzo ben curato in una maniera piuttosto insolita per avere sedici anni.
Quando i due si incrociarono Dennis potè finalmente riconoscerlo: era Toby Jackson, uno degli studenti più intelligenti dell'altra classe ma non abbastanza da saltare gli anni di scuola e diplomarsi prima del dovuto. In aggiunta, come per creare un vero e proprio stereotipo, aveva un caratteraccio come solo pochi sapevano avere. Non era una persona cattiva, ma aveva quel brutto vizio di far sentire chiunque un perfetto idiota quando parlava.
Dennis e Toby rimasero a guardarsi per un po', in silenzio, finchè il ragazzo mingherlino esordì tornando a guardare i libri sugli scaffali: «Non pensavo che a uno come te piacessero i libri.»
«E io pensavo di incontrare qui uno come te già tempo prima.»
«Sono piuttosto selettivo.» Toby si tirò indietro sul naso gli occhiali più grandi della sua faccia, «Il reparto Harry Potter e Twilight è da quella parte.»
«No, non leggo quelle cose io. Sono più "adulto" se posso dire così.»
Dennis sfoderò un sorriso quasi di scherno verso Toby, sia per il modo da genio incompreso con cui si atteggiava sia per la voce fastidiosa e nasale con cui parlava.
Il ragazzo mingherlino di sistemò per la seconda volta gli occhiali sul naso e, senza distogliere lo sguardo dagli scaffali di libri scuri e vecchi, disse: «Come no, la generazione di oggi non ha mai buon gusto per la lettura.»
***
Per i tre giorni successivi a quell'incontro, Dennis non si era mai tolto dalla testa Toby Jackosn. Sapeva molto bene che tipo fosse, perché in più di un'occasione aveva dato spettacolo contro dei ragazzi che parlavano solo di sport e ragazze e che definivano quello stile di vita l'unico motivo per il quale l'uomo doveva vivere.
Quando Dennis arrivò a scuola, quella mattina, andò dritto e spedito in biblioteca mentre la sua mente stava gia lavorando a qualcosa sconosciuto al mondo esterno.
Si posizionò tra gli scaffali di libri di filosofia su Nietzsche, Marx e Freud in attesa che lo stuzzicadenti ambulante entrasse in biblioteca per continuare la sua caccia senza frutti di libri intellettuali. E proprio dieci minuti dopo ecco che Toby spuntò fuori con, sorprendentemente, un libro fantasy tra le mani: «Ma che schifo, come cazzo fanno i ragazzi di oggi a credere a tutte queste stronzate?»
«È solo una storia Jackson, la mammina non te le raccontava mai da bambino?»
«Ah! Che spavento! Ma... Logan?»
Dennis fece un gesto plateale come se fosse stato annunciato ad un pubblico eccitato.
Toby si ricompose subito dopo la sorpresa, chiuse il libro e lo appoggiò senza cura sul tavolo dietro di lui, infine andò verso Dennis guardando i titoli dei libri: «Che fai tra queste meraviglie della lettura?»
«Cercavo te.»
«Me? Che onore, vuoi attingere alle mie conoscenze?»
Non esageriamo, pensò Dennis mentre manteneva un'espressione neutra senza fargli capire quanto lo credesse ridicolo e vanitoso.
Toby accarezzò con estrema attenzione un libro sul nichilismo come se, con quel gesto tanto semplice, potesse sgretolare il tesoro che si celava tra le pagine. Poi sempre con la stessa attenzione, lo prese dallo scaffale e iniziò a sfogliarlo, il rumore delle sue pagine sembrava fare eco nella biblioteca silenziosa.
Dennis lo fissò per qualche secondo, poi decise di imitarlo solo per il gusto di fare qualcosa. I suoi occhi si posarono su un libro che recitava “Umanesimo” e lo prese tra le mani, anche se non sapeva assolutamente nulla sull'argomento.
«Comunque no, mia madre non mi ha mai riempito la testa di tutte quelle frottole da bambino.» riprese Toby riferendosi alla domanda di poco prima e rompendo finalmente quel silenzio insopportabile, «Mi hanno sempre indirizzato verso la giusta via per diventare un vero uomo di classe, che non comprenda correre dietro a un oggetto di cuoio rotondo e pericoloso per il proprio corpo, andare a letto con tutto il genere femminile e diventare padre di ottanta bambini prima dei vent'anni, o credere a un tizio vestito di rosso che porta regali in otto ore di notte su una slitta trainata da ungulati volanti.»
L'ultima frase gli uscì con un estremo disgusto da attirare su di sé l'attenzione di Dennis, che stava sfogliando il suo libro dieci pagine alla volta. Lui aveva smesso di credere in Babbo Natale quando aveva nove anni, dopo che, durante gli acquisti per gli addobbi con sua madre, aveva visto ben due babbi natale togliersi barba e pancia finta tra una pausa di bambini e un'altra e quando, passando nel reparto giocattoli del centro commerciale, aveva visto metà della roba che aveva ricevuto a Natale l'anno prima.
Ma non aveva mai sentito nessun essere umano che non avesse mai creduto in Babbo Natale da piccolo.
«Che poi dai, quanto possono essere idioti i bambini a credere una cosa simile? Le renne non volano, è ovvio. Per non parlare di Gesù, ragazzi che creduloni che siete.»
«Cos'hai contro Gesù?»
«Che sono solo bugie amico. Davvero pensate che esista una presenza onnipotente la sopra e che quest'uomo sia seduto alla sua destra? Tornate coi piedi per terra.»
Oltre a non aver avuto un'infanzia degna di questo nome, Toby non era nemmeno credente. Dennis rimase quasi divertito dalla convizione con cui quel ragazzo parlava come se metà di quei testi scritti li avesse prodotti proprio lui. Toby si risistemò per l'ennesima volta gli occhiali prima di riporre il libro come se fosse una reliquia e passare a quello affianco.
Dennis lo imitò prendendo un libro di tre scaffali piu giù e senza stare attento a che argomento si riferisse. Dopo circa altri minuti di silenzio implacabile la campanella dell'inizio delle lezioni suonò nel corridoio e i due ragazzi furono costretti a riporre i libri e tornare in classe.
«Comunque, non mi hai spiegato cosa volevi da me Logan.»
«Oh sai... sei una persona estremamente colta e degna di ammirazione, volevo fare due chiacchiere con te su... questo.» Dennis indicò un titolo completamente a caso, senza nemmeno guardarlo, di conseguenza non aveva idea di che cosa stesse parlando.
«Neokantismo? Non sto sognando vero? Bene, vedo che hai buon gusto, almeno tu. Volentieri, quando?»
«Domani dopo la scuola.»
«Conosco un posto perfetto dove andare: i miei grazie ai loro lavori strabilianti mi hanno comprato uno studio tutto per me, dove leggere e studiare in pace per diventare il nuovo presidente degli Stati Uniti. Se vuoi, possiamo andare lì.»
Dennis annuì alzando anche le spalle, per comunicargli che gli andava bene qualsiasi cosa.
Toby sospirò quasi soddisfatto, come se avesse vinto un dibattito politico, poi sulla porta, prima di sparire tra la folla disse: «Allora a domani. Puntuale, altrimenti vado senza di te, odio i ritardatari.»
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