L'ultimo racconto

Ogni volta che Dennis pianificava un modo per sbarazzarsi di qualcuno, il suo atteggiamento subiva una specie di oscuro cambiamento. Era successo anche nei suoi crimini precedenti: ogni minuto che aveva preceduto la morte di una delle sue sette vittime era stato scandito da un suo strano silenzio e una sua calma piuttosto insolita. E solo dopo, quando ormai tutte quelle persone si erano avvicinate alla morte, avevano capito che non avrebbero mai dovuto abbassare la guardia con lui.

Dopo aver lasciato quel luogo stupendo in mezzo al bosco, Michael e Dennis rimasero in silenzio per tutto il viaggio, silenzio rotto di tanto in tanto da altre macchine che passavano dal lato opposto al loro.

Arrivati a casa Dennis andò dritto nella sua stanza sperando di essersi finalmente liberato di Michael per qualche ora, e nel frattempo sentì i due adulti parlare tra loro al piano di sotto. Per sua sorpresa Michael non raccontò a Natasha il suo reale comportamento al fiume, anzi, si limitò a dire che Dennis non apprezzava molto la pesca perché lo riteneva uno sporto troppo monotono. In realtà Dennis non aveva mai pescato in tutta la sua vita.

Qualche ora dopo, sia per il lungo silenzio che ne aveva seguito, sia per la noia che aveva provato, Dennis si ritrovò addormentato sul letto con il cuscino sopra la testa per non sentire altri rumori.

Natasha entrò in camera sua per chiamarlo per la cena e, trovandolo in quelle condizioni, si avvicinò con dolcezza sedendosi sul letto. Spostò il cuscino e gli sistemò i capelli mossi e lunghi dietro all'orecchio per vederne il viso sereno e addormentato: «Dennis, tesoro mi senti?»
«Mmm?»
«Scendi, è pronta la cena, ho anche fatto il tuo piatto preferito.»

Seduti al tavolo, nessuno dei tre disse una sola parola per buona parte della cena. Dennis era concentratissimo sul suo piatto di frittata con le cipolle e non aveva ancor alzato la testa su nessuno dei due adulti davanti a lui.

Ogni tanto, di nascosto, muoveva un piede nella direzione delle gambe di Michael, colpendolo, ma l'uomo, deciso a non arrendersi, non ci faceva caso.

Micheal,  rispetto a tutti coloro che aveva incontrato Dennis, era forse il rivale più tenace. Avrebbe potuto dire a Natasha quanto quel ragazzo fosse antipatico, terribile, problematico e invece stava zitto e si dava quasi la colpa del fatto che Dennis si fosse annoiato.

Con la coda dell'occhio il ragazzo osservò sua madre e l'uomo di fianco scambiarsi delle occhiate romantiche che lo disturbarono al quanto.

Sentì proprio una sensazione di ansia misto rabbia che salì dallo stomaco e attraversò tutta la gola fino a bloccarsi in bocca emanando un sapore amaro davvero terribile. Istintivamente una sua gamba colpì con forza il ginocchio di Michael che saltò dalla sedia.

«Hey va tutto bene?» chiese Natasha sorpresa da quello che era appena successo.
«Oh si, tranquilla, mi sono solo morso la lingua e mi ha fatto davvero male.»
«Vuoi andare in bagno? Magari a sciacquarti la bocca?»
«No no, va bene così. Sono un uomo infondo no?» e dicendo quella frase ammiccò nella direzione di Dennis come fossero stati due complici. Il ragazzo di tutta risposta gli alzò di nascosto un dito medio con il suo dito lungo e sottile.

***

I mesi passarono, e la convivenza tra Michael e Natasha sembrava rafforzarsi sempre di più.

L'uomo aveva iniziato a passare diverse notti a casa loro senza però stabilirsi mai del tutto. Su sette giorni settimanali ne trascorreva quattro a casa di Dennis e tre a casa propria. In quei quattro giorni il ragazzo cercava di stargli alla larga il più possibile.

Erano ormai finiti i giorni in cui, da bambino, insultava e prendeva di mira con dispetti terribili i compagni di vita dei suoi genitori, adesso essendo cresciuto aveva optato per le fughe tattiche in camera sua.

Ogni volta che tornava da scuola, sia che lo accompagnasse Natasha sia che lo portasse a casa Michael, Dennis correva spedito in camera sua e ci restava fino all'ora di cena e anche oltre.

Di questo comportamento in realtà nessuno se ne preoccupò, sia James che Natasha erano stati ragazzini prima di lui e sapevano che dopo una certa età tutti quanti vogliono privacy o comunque restare lontani dalla famiglia per un po'.

Da parte di Dennis che era molto attaccato ai suoi poteva essere in realtà molto strano, ma aveva pur sempre quindici anni, in piena adolescenza e si sa che in quel periodo quasi tutti i ragazzini della sua età subiscono dei cambiamenti.

Con sua madre era comunque rimasto affettuoso e solare, finchè ovviamente non si presentava a casa il suo fidanzato, a quel punto si chiudeva in sé stesso correndo in camera sua.

Un giorno, verso la fine del mese di convivenze con Natasha, Dennis smise di essere affettuoso anche con lei e iniziò ad isolarsi piuttosto spesso dicendo che doveva uscire con qualcuno per vari progetti scolastici, uscite con amici o altri impegni che però non spiegava mai.

Di primo impatto la donna sentì che c'era qualcosa che non andava, che quelle uscite altro non erano che una strana scusa da parte sua, ma da un lato non voleva fargli credere che non si fidarsse di lui e lo lasciava spesso andare ad una condizione: che quando arrivava a destinazione e quando stava tornando le mandasse un messaggio.

Natasha infatti non aveva ancora superato l'ansia di tre anni fa, quando erano morte quelle due ragazzine di dodici anni abusate da un maniaco sconosciuto, e quando poteva stava sempre dietro a suo figlio.

Anche quel giorno Dennis disse di dover uscire con un suo compagno per finire di studiare un progetto di scienze molto importante, e approfittando del fatto che Michael doveva tornare a casa sua a prendere una cosa che gli serviva, si decise che l'uomo lo avrebbe accompagnato a destinazione.

Durante il tragitto, come ormai succedeva spesso, nessuno dei due parlò. Dennis rimase fisso a guardare la strada che correva veloce davanti a lui lasciando che la sua mente elaborasse qualcosa di sconosciuto agli occhi del mondo.

La casa di Michael apparve davanti a loro pochi minuti dopo e l'uomo decise di lasciare la sua auto davanti al portone negli appositi parcheggi, dato che aveva calcolato che non ci avrebbe messo molto.

Salite le rampe di scale entrarono nel suo appartamento che però era un po' in disordine, segno evidente che veniva un po' trascurato.

«Mettiti pure seduto dove vuoi, prendo una cosa e torno subito.»
Dennis si guardò intorno, lo spazio che lo circondava, rispetto a casa sua, era davvero minuscolo: il salotto e la cucina erano uniti come a casa sua ma erano nettamente più piccoli, il frigo di Michael era inserito dentro un armadietto di fianco alle credenze ed era semi vuoto, non era presente un tavolo da pranzo,al suo posto c'era un'isola di marmo in mezzo alla stanza con quattro sgabelli posti ai lati.

Davanti a lui si apriva un piccolissimo corridoio che finiva in una porta aperta dove si intravedeva il bagno, a destra di esso era presente la camera da letto e a sinistra una specie di sgabuzzino.

Di fronte alla cucina, nel salotto, c'era un divano verde un po' consumato con davanti un lungo mobile basso e una TV sempre spenta.

Il ragazzo cominciò ad esplorare più a fondo l'appartamento mentre Michael, nascosto in camera sua, buttava all'aria qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Fu allora che il suo sguardo si posò sul porta coltelli della cucina, appoggiato in un angolo lontano da tutto il resto, e in particolare su un grosso coltello ben affilato con la lama larga e appuntita.

Fu allora che Michael tornò nel soggiorno con in mano un paio di guanti da elettricista e due confezioni di lampadine piccole e rotonde e, approfittando del fatto che anche la sua di lampadina stava ballando, prese la scala e nel sistemarla disse rivolto al ragazzo: «Conosco la tua faccia, stai pensando a come fa un omone grosso come me a stare in uno spazio tanto piccolo vero? Be' devi sapere che anche i miei genitori lo pensarono la prima volta che vennero qui.»

Mentre l'uomo parlava Dennis scivolò piano piano verso il porta coltelli, prese un pezzo di carta assorbente e con essa afferrò il grosso coltello affilato visto prima, per poi tornare al suo posto originale nascondendolo dietro alla schiena.

«Col tempo però hanno capito che più lo spazio è piccolo, più è comodo, specie se vivi da solo. Voglio raccontarti una storia.» salì verso la lampadina iniziando a svitarla, «Una volta, qualche anno fa, stavo cercando casa e mi sono fatto aiutare da mia sorella minore. Lei adora guardare le riviste di case e me ne aveva indicate un paio davvero sfarzose. Ma, ahimè, per lo stipendio che mi ritrovo  una villa con piscina è davvero fuori portata non trovi?»

Il silenzio lasciato da Dennis lo spinse a continuare.

«Così ho guardato altre offerte e ho trovato questa! Certo rispetto al prezzo richiesto ne valeva circa un quarto se non ancora meno, ma almeno è una casa.» scese dalla scala con la lampadina morta e iniziò a scartare dalla confezione una delle due lampadine nuove senza voltarsi verso Dennis, che lo stava guardando con occhi fermi e stretti, in attesa, «Ed è da lì che ho iniziato a capire cosa si prova ad essere davvero adulti: bollette da pagare, il mutuo, la spesa, la manutenzione. Non ho ancora finito di pagarla questa casa. Se posso darti un vero consiglio, assicurati di avere una buona stabilità economica prima di fare il grande passo come me.»

Dalla bocca di Dennis venne fuori una specie di risata divertita con un tono maligno, come se fosse una specie di scherno nei confronti di Michael il quale però non colse questa stranezza.

L'uomo smise momentaneamente di parlare mentre avvitava la lampadina nuova, scendeva la scala e la riponeva al suo posto. Dopodiché, come in realtà era solito fare, tornò in soggiorno camminando all'indietro e controllando che il lavoro fosse fatto bene, nel frattempo riprese a parlare: «Se potessi tornare indietro, aspetterei ancora qualche anno risparmiando qualche soldo in più. Ma tutto sommato direi che le cose non sono andate male, ho conosciuto tante persone nella mia vita tra cui tua madre, posso dire di essere un uomo felice. Sai mi è appena venuta in menta un'altra storia.»
«Perchè questa storia non la racconti ai morti?»

Sorpreso da quella strana frase, Michael si voltò verso il ragazzo con uno sguardo perplesso e fu allora che, veloce come un fulmine, il coltello che Dennis aveva in mano sfrecciò sulla sua gola recidendola.

L'uomo non riuscì ad urlare a causa della profonda ferita e il suo sangue schizzò da tutte le parti sporcando anche buona parte dei vestiti e del volto di Dennis che lo guardava con un sorriso malvagio.

Michael si portò le mani alla gola nel tentativo di fermare l'emorragia ma il taglio era troppo profondo per chiuderlo, barcollò ovunque andando a sbattere contro l'isola di marmo della cucina e contro lo stipite del corridoio. Alla fine cadde a terra emettendo dei flebili suoni strozzati, la sua voce era un sibilo mentre cercava di pronunciare il nome del suo impensabile assassino.

Dennis si avvicinò a lui con passo lento guardandolo ora con indifferenza, come se davanti a lui ci fosse un pupazzo gonfiabile che piano piano perdeva aria.

Il sangue gli stava gocciolando dal mento e correva veloce sulle sue braccia bagnando la carta assorbente che stava usando come guanto per non lasciare impronte nel coltello.

«E per tua informazione, grassone, mia madre è solo mia.»

In quel momento, dopo aver pronunciato quella frase, Michael cadde accasciato definitivamente sul pavimento, immobile. Il suo petto smise di muoversi e dalla sua bocca non uscì più alcun suono o filo d'aria. Il grande e grosso Michael era ormai caduto in un lungo sonno dalla quale non si sarebbe svegliato mai più.

***

Una volta accertatosi che fosse morto, Dennis prese altra carta assorbente e la usò per maneggiare il coltello senza toccarlo direttamente.

Fece in modo di stringere le dita della mano di Michael intorno al manico per fare in modo che ci fossero le sue impronte digitali e alla fine buttò i due pezzi di carta nel WC.

In realtà sapeva bene che non andavano smaltiti lì ma era l'unico posto dove nessuno li avrebbe mai trovati. Alla fine di tutto, andando dritto verso un angolo del soggiorno, tirò fiori dalla sua tasca il suo cellulare e digitò un numero, iniziò a fingere di ansimare e si schiarì la voce per farla sembrare agitata, come se fosse in preda al panico.

Mentre dal telefono risuonò una voce meccanica di donna, i suoi occhi trasformavano quel suo capolavoro in una nuova realtà alla quale nessuno avrebbe potuto apportare modifiche, perché fuori da quella porta chiusa e silenziosa, il mondo girava ancora per i fatti suoi e nessuno avrebbe mai potuto sapere quello che era davvero successo.

Il povero Michael, purtroppo, non potrà raccontarlo come una delle sue storie.

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