Il suo ultimo messaggio

Il turno mattiniero di Carlos finì, e come aveva promesso a Natasha, partì alla volta della scuola elementare per portare a casa Dennis.

Durante il tragitto decise di fermarsi al Walmart per comprare del pane, del prosciutto e del formaggio a fette per fare qualche toast, un piatto facile e veloce che di solito piaceva molto ai bambini.

Arrivato di fronte alla scuola, si parcheggiò il più vicino possibile all'entrata: sapendo quanto Dennis poteva essere terribile senza la madre,  Carlos preferiva fare meno strada dall'ingresso alla macchina. Finalmente i bambini uscirono gridando, ridendo e correndo verso le loro famiglie. Le maestre li seguirono fino a metà cortile per assicurarsi che tutti i bambini arrivassero dai genitori senza problemi, ma uscirono tutti quanti tranne Dennis.

Carlos non si stupì nemmeno perché forse sapeva esattamente il motivo. Anche la maestra se ne accorse e iniziò a preoccuparsi: «Non capisco, era proprio qui con me.»
«Non si agiti, so perfettamente cosa sta facendo. Quel piccolo diavoletto si sarà nascosto per farmi un dispetto.»
Carlos e la maestra entrarono nell'edificio e si diressero verso la classe di Dennis. Le sue cose erano appoggiate proprio sulla porta, il che faceva intuire che fosse ancora lì dentro.

Sarebbe stato difficile scappare da altre uscite senza farsi vedere perchè il personale scolastico aveva già iniziato a pulire le prime aule. Entrarono nella classe e cominciarono a chiamarlo, subito la maestra si accorse che il materiale per fare i lavoretti era tutto in disordine: «Mancano i bicchieri.» indicò all'uomo.

Dopo un po' i due si accorsero che una finestra era stata aperta e alla donna cominciò a mancare il respiro dall'ansia: «E se fosse uscito? La nel boschetto c'è brutta gente, potrebbe cacciarsi in guai molto seri.»
«Io non credo che Dennis si faccia prendere da estranei come se niente fosse.»
«Ma ha comunque otto anni, i bambini sono ingenui!»
Non Dennis, pensò Carlos iniziando a scrutare attentamente la stanza vuota.

Essendo un meccanico da anni aveva imparato a controllare bene in ogni angolo alla ricerca del più piccolo dettaglio, perchè a volte per rovinare l'intero circuito funzionante di un'automobile bastava veramente poco.

Sotto la finestra aperta era presente una sedia spostata dal porprio banco, probabilmente usata per raggiungerla e aprirla. Carlos era abbastanza sicuro che in realtà nessuno fosse uscito da lì, ma anche lui cominciava ad avere il sospetto che quel bambino pestifero avesse potuto davvero commettere un'azione tanto sconsiderata pur di farlo impazzire.

Se gli fosse successo qualcosa Natasha lo avrebbe sicuramente ammazzato.

La maestra chiamò a rapporto il resto del personale scolastico e andarono all'esterno per cercare Dennis, con un'ansia generale che potesse essere già troppo tardi.

Dopo quasi un quarto d'ora di ricerche che a Carlos era sembrato un giorno intero uno dei maestri di sostegno gridò di aver trovato qualcosa lì vicino, sepolto sotto il terreno. In quel momento all'uomo cominciò a passare l'intera vita davanti a sè: non era ancora pronto ad affrontare una situazione simile, a dare la peggior notizia della vita alla sua fidanzata, e inoltre troppe persone rischiavano di perdere il posto. Il bambino infatti era scomparso da sotto la sorveglianza della maestra.

Arrivati nel punto indicato videro in effetti qualcosa che sembrava un sacco, probabilmente uno usato per i rifiuti, spuntare nel terreno. Carlos aveva il sudore che colava come una cascata sulla fronte, ma non poteva aspettare che qualcuno si decidesse ad aprire quel sacco scuro prima di lui e scoprirne il contenuto, così afferrò il grande e strano oggetto e con tutta la forza che aveva lo strappò disperato.

«Cosa diavolo sono questi?»
«Ma sono cuscini e coperte, erano nell'armadio della classe. Li hanno portati i bambini qualche giorno fa per un lavoretto.»
«E cosa ci fanno qui fuori?»
«Non lo so, noi non li avevamo mica buttati.»

Tutti poterono tirare un sospiro di sollievo, specialmente Carlos che potè finalmente ufficializzare che aveva intuito fin dall'inizio che quella finestra altro non era che un modo per spaventarlo. Tornato in aula iniziò a chiamare Dennis a voce alta e piuttosto irritata: «Ok Dennis ora falla finita! Ci stai facendo spaventare tutti, la mamma non ne sarà felice!»

Passò in rassegna tutto lo spazio a disposizione: spostò i banchi, la cattedra, le sedie, aprì gli armadietti. Alla fine gli restò solo un posto da guardare, ed era il bagno posto proprio accanto alla classe.

Andò a passo spedito verso la porta del bagno che era semi aperta e la spinse con tutta la forza e la rabbia che aveva: «Dennis vieni fuori! È tardi e dobbiamo tornare a casa!»

Proprio in quel momento qualcosa si rovesciò proprio addosso a lui: un grosso secchio rosso pieno di acqua, posizionato sopra una pila di libri instabile e uno sgabello e riempito coi bicchieri mancanti dal kit dei lavoretti, che giacevano solitari poco più in là.

Ovviamente il tutto era stato posizionato vicino alla porta in modo tale che, una volra aperta, lo sgabello spostandosi avrebbe fatto cadere libri e secchio. Carlos venne inondato di un'acqua dall'odore strano e il suo grido fece accorrere il resto del personale scolastico preoccupato di quello che era appena successo.

Tutti videro il pover'uomo sporco di acqua puzzolente e in quel momento una risata diabolica si alzò per tutta la stanza. A quel punto, da una delle cabine, uscì Dennis che rideva come un matto: «Puzzone ti è piaciuta la doccia?»


***


«Certo signora maestra, nessun problema di solito si comporta bene. Mi scuso ancora per il disagio, arrivederci.» Natasha riagganciò il telefono sospirando, Dennis era seduto al tavolo della cucina che la guardava con fare innocente, come se non capisse che cosa avesse fatto di sbagliato.
«Dennis, non si fanno certi scherzi.»
«Perchè?»
«Perchè la gente si spaventa. La tua maestra ha avuto tanta paura.» si sedette accanto a lui e iniziò a massaggiargli affettuosamente la schiena, «Come ti è venuto in mente uno scherzo simile?»
«Ma siete stati tu e Carlos a dire che quello che guardate in TV è tutto finto.»

A quel punto il bambino le spiegò che, come era tutta finzione il film poliziesco che avevano guardato lei e Carlos qualche sera fa, era tutto finto anche il suo scherzo, non pensando che potesse fare davvero così paura. E la speigazione risultò talmente convincente che Natasha decise di lasciar cadere il discorso, dandogli un bacio sulla guancia morbida e andando a preparargli un altro panino da mangiare.

Quella sera, a letto, Carlos decise di sfogarsi con lei della paura provata in quel momento: era stato sicuro fin da subito che non poteva essergli successo nulla di grave, ma quando le circostanze avevano cominciato ad essere inquietanti anche lui aveva iniziato a dubitare delle sue idee.

Per fortuna il sacco nero trovato nel bosco erano solo piccoli cuscini e copertine. Natasha gli massaggiò la spalla rassicurandolo che anche le maestre avevano comunque detto che, essendo solo un bambino, poteva capitare che esagerasse per fare uno scherzo innocente e gli spiegò, ripetendo le testuali parole di Dennis, che aveva solo voluto fare esattamente quello che succedeva in TV.

Aggiunse anche che, sapendo che i programmi televisivi sono tutta finzione, non pensava che potesse succedere qualcosa di brutto.

«Mi ha fatto cadere un secchio di acqua del gabinetto addosso Natasha.»
«Andiamo, era solo acqua, e poi voleva solo scherzare. Ha otto anni Carlos, è solo un bambino e non capisce quando è ora di fermarsi.»
«Comunque dobbiamo insegnargli come si fanno degli scherzi intelligenti. Avrebbe potuto farsi del male da solo in quel bosco a sotterrare quel sacco sai?»
«Lo so.» rispose la ragazza continuando a massaggairgli la spalla, «La maestra me lo ha detto.»
«Mi sembra di vivere in prima persona il film “Dennis la minaccia”

A quella battuta Natasha non potè fare a meno di ridere, considerato che il paragone ci stava tutto, ma era certa che il signor Wilson, rispetto a Carlos, non avesse poi patito così tanto.

I due adulti lasciarono cadere il discorso decisi a dimenticare quel brutto momento. Col senno di poi nessuno si era fatto male, Dennis stava bene, non aveva fatto incontri spiacevoli ed erano tornati a casa sani e salvi. In macchina il bambino aveva anche continuato a ridere, ma non aveva dato né calci né detto altre cose. Forse era meglio così.

Il giorno dopo Natasha uscì di casa per andare a fare la spesa, accompagnare sua madre dal medico e sbrigare un'ultima faccenda fuori città. Carlos le promise che si sarebbe occupato di Dennis e che sarebbe andato tutto bene, forse lo avrebbe portato da qualche parte a giocare anche se era comunque rimasto scosso dalla bravata del giorno prima.

Quella mattina era un Sabato, e Dennis non sarebbe andato a scuola, il che voleva anche dire però che non avrebbe avuto un attimo di respiro, poteva solo sperare in una buona stella che sembrava non possedere. La mattina di per sè andò via tranquilla: Dennis e Carlos non si parlarono molto, il piccolo rimase in cucina a disegnare mentre l'uomo un po' andava in garage, un po' si occupava del giardino e un po' si guardava la TV in salotto. 

Verso il pomeriggio, l'uomo prese il piccolo con sè riuscendo a convincerlo ad andare fuori da qualche parte, così passarono il resto della giornata in una sala giochi e al parchetto, dove, e nemmeno Carlos ci poteva credere, Dennis sembrò trasformarsi in un bambino normale.

Forse in tutto questo tempo si era sempre sbagliato, forse Dennis aveva solo bisogno di tempo per accettarlo e magari da quel momento in poi le cose sarebbero davvero migliorate.

Guardò l'orologio per vedere che ore fossero, e quando vide che era ormai tardo pomeriggio quasi sera, decise di richiamare a rapporto il bambino e di tornare verso casa: «Ok Dennis! Ultima scivolata e si va!»
«Va bene!»
«Aspetta.» Carlos si mise ai piedi dello scivolo mentre Dennis finiva di scendere, «Hai detto 'va bene'?»
«Sì, va bene.»
«Oh, ok.»
«Perchè?»
«No nulla, lascia perdere, forza sali in macchina.»

Carlos era rimasto sorpreso da quanta calma aveva in quel momento Dennis, non aveva fatto capricci, non troppo aveva insultato, aveva semplicemente obbedito e ora stava guardando fuori dal finestrino aperto che gli faceva sventolare i capelli all'indietro. Sembrava quasi tutto troppo bello per essere vero, doveva star sognando per forza. Oppure per una volta i rimproveri di Natasha avevano funzionato.

Procedettero sulla strada sterrata verso casa in completo e religioso silenzio, ascoltando solo il rumore delle ruote che colpivano il terreno e qualche volta facevano saltare dei sassi. Ogni tanto qualche uccelli sfidava la sorte e volava a filo strada, sparendo poi o tra i campi o tra gli alberi nel lato opposto.

A un certo punto la strada diventò leggermente più fangosa.
«Maledizione, chi è responsabile di questi campi dovrebbe stare attento a non irrigare anche la strada, potrebbe diventare pericolosa.»

Carlos scalò le marce e procedette lentamente, nel tentativo di evitare di impantanarsi. Ma fu tutto inutile, proprio quando riuscì a superare I campi una delle ruote posteriori del veicolo si incagluò in una buca e la macchina si impantanò in mezzo all'erba bagnata, fermandosi bruscamente.

Carlos mise in moto u paio di volte, ma più la ruota girava, più la macchina affondata e si girava su sé stessa, bloccando così anche l'altra ruota.

«Merda! Lo sapevo!»
«Che succede?»
«Ci siamo impantanati. Avevo appena lavato la macchina, se becco chi ha fatto questo capolavoro lo ribalto.»
«Non torniamo più a casa?»
«Non avere paura, torneremo a casa sicuramente. So cosa fare un questi casi, ma sarebbe stato meglio che non succedesse.»

Carlos tirò il freno a mano e scese dalla macchina prendendo il tappetino del posto del passeggero. Cercò di infilarlo sotto una ruota, in modo tale che creasse un po' di attrito tra il terreno e la gomma, e così facilitarsi per uscire dal pantano. Tirò fuori dal bagagliaio anche qualche asse di legno, avanzata dai lavori alla staccionata del mese scorso, lasciandolo aperto.

In tutto questo però non si rese conto che Dennis scese dal suo posto e si diressero proprio dietro l'auto, trovando gli strumenti da meccanico di Carlos e scegliendo una chiave a pappagallo arancione bella grande. La trascinò fino all'uomo curvo a cercare di far scivolare l'asse sotto le ruote. Aveva le mani ormai concentrato di fango e terra, e il sudore di quell'operazione stava colando dalla fronte fino al collo, bagnandogli la maglietta.

A volte il sudore finiva anche dentro agli occhi appannandogli la vista. E proprio quando sembrò esserci riuscito qualcosa di duro e pensante iniziò a colpirlo in testa, una, due, tre, fino a sette volte. La sua testa balzava su e giù ad ogni colpo, impedendogli di gridare o reagire, sangue scuro e caldo che schizzava da ogni parte, imbrattando la targa posteriore dell'auto e rendendola illeggibile. Il terreno che si avvicinava e si abbassava velocemente e un fischio stridulo dopo ogni colpo gli rimbombava nelle orecchie.

Alla fine, dopo il settimo colpo,  la sua testa grondante di sangue cadde a peso morto verso il terreno, e tutto il suo intero corpo si afflosciò fino a rotolare giù verso il bosco, lungo la discesa fangosa per via dell'irrigazione.




***



Quando ormai il corpo morto di Carlos sparì tra la vegetazione, Dennis gettò la chiave nella discesa e andò verso il posto del guidatore.

Aveva visto la mamma e il papà guidare e parcheggiare tante volte, Carlos compreso, e aveva imparato che era il freno a mano a tenere ferma la macchina. Salì sul sedile, prese dal porta oggetti il cellulare di Carlos  e premette con forza il pulsante del freno a mano facendolo scattare.

Quando la macchina iniziò a muoversi, il bambino scese velocemente e la guardò fare la stessa fine del suo proprietario. Dove sarebbe mai finita, in realtà, non gli interessava, desiderava solo che sparisse.

Alla fine, prese il telefono di Carlos e andò sulla chat dei messaggi di sua madre, e prima di gettarlo insieme a tutto il resto, scrisse un ultimo e deciso messaggio: Mi dispiace per tutto, davvero, ma non ce la faccio. Addio.

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