Il mostro ha vinto ancora

Dennis guidò silenzioso fissando con fermezza la strada deserta e buia di Seattle, il sapore del Campari ancora in bocca che lo stava piano piano disgustando.

Aveva cercato in tutti i modi di rifiutare, ma Tarìck alla fine aveva avuto la meglio, e  si erano ritrovati tutti e tre a brindare la conclusione della cena. O meglio, tutti e due, perchè Dennis aveva solo fatto finta di bere con loro e ne aveva giusto assaggiato due gocce, in realtà aveva osservato la sua preda per tutto il tempo, immaginando il piano perfetto per agire.

Adesso la sua mente stava ripercorrendo le ultime informazioni mentre la sua piccola macchina a noleggio rombava sull'asfalto deserto: sapeva che quel giorno Tarìck si sarebbe diretto verso la seconda sede dell'azienda, situata su una zona collinare vicino al belvedere, per prendere dei documenti importanti con cui avrebbe affrontato una riunione. Aveva detto ogni dettaglio, compresa la via del luogo e, inconsciamente, anche la strada più facile per arrivarci, convinto di starlo dicendo a un vero amico e non al suo futuro carnefice.

Arrivato al parcheggio dell'hotel, decise di studiarsi bene la strada prima di scendere dalla macchina. Prese il cellulare e guardò su Google Maps la strada che Tarìck aveva descritto, una zona situata su uno strapiombo vicino a un bosco fitto. Sembrava una specie di strada di montagna più che collinare, ma a Dennis questo non importava, qualunque fosse stato lo scenario del suo diabolico piano, il risultato non sarebbe cambiato.

Ricontrollò la strada un'ultima volta prima di dormire, dopo aver sciacquato la bocca con abbondante acqua del rubinetto, incapace di sopportare oltre quel sapore amaro e odioso delle poche gocce di alcolico che si era concesso.

Memorizzò ogni curva, ogni incrocio, ogni nome di ogni via presente sul tragitto, perfino ogni piccola scorciatoia possibile, e infine la strada più veloce per arrivare all'aeroporto in tempo per l'imbarco.

Quando fu sicuro, uscì dall'app e spense finalmente il telefono, lo mise in carica sul comodino e infine si addormentò, vedendo il volto di Tarìck come ultima immagine.





***


«Ok, io vado e torno, non dovrei trovare traffico oggi. Ho lasciato nell'agenda tutto quello che può servire, va bene?»
«Sì, va bene. Sembri pronto a partire per un viaggio lunghissimo.»
«Voglio solo che vada tutto bene mentre sono via. So che posso fidarmi di te, ma sai come sono fatto no? Quando non ho il controllo di quello che è mio, mi agito troppo.»

Yazmin posò la ciotola sporca dell'impasto dei pancake nel lavello, leggermente ferita dalle parole del suo compagno. Nonostante sapesse che Tarìck aveva sempre quella visione narcisistica di sè stesso, continuava a sperare che un giorno sarebbe cambiato. Ma quel giorno, a quanto pareva, non era ancora arrivato.

Lo guardò uscire dalla porta di casa, afferrando le chiavi della macchina quasi al volo dal porta oggetti a forma di cuore, e sparire dalla sua visuale, per poi svuotare i piatti dagli avanzi nell'immondizia e dare una veloce ripulita.

Tarìck entrò nel suo SUV nero lucido, pulito giusto la mattina precedente per l'occasione e rilucidato sempre la sera precedente dopo la cena. Come diceva sempre suo padre, la macchina di un vero uomo d'affari è solo uno dei tanti biglietti da visita della persona, se la macchina è in disordine, anche i suoi affari lo saranno.

Mise in moto e fece retromarcia per immettersi nella carreggiata, aziondando la freccia direzionale e assicurandosi che la via fosse libera, e infine partì diretto a destinazione. La radio mandò in onda una bella canzone movimentata, probabilmente cantata dai Simple Plan, che però non conosceva.

Si fece trasportare dal ritmo e iniziò a muovere gli indici a tempo, canticchiando a bocca chiusa e muovendo la testa da una parte e da un'altra, godendosi anche l'atmosfera tranquilla dell'ambiente esterno.

E questa sua tranquillità non lo aiutò ad accorgersi che, da dietro una stradina secondaria di sterrato, una piccola macchinina sbucò silenziosa per seguire la sua stessa traiettoria. La piccola autovettura si posizionò proprio dietro al SUV, mantenendo una distanza troppo breve rispetto a quella indicata per la sicurezza, accelerando e decelerando ogni volta, facendo rombare il motore.

Le due autovetture continuarono così per altri dieci minuti, il SUV di Tarìck sempre a velocità costante e motivata da un sacco di brani musicali diversi, o a volte anche dalle parole degli speakers, mentre la piccola macchina, invece, smise di torturare il motore e iniziò a prendere velocità.

L'uomo attirato dal rombo diede uno sguardo veloce allo specchietto retrovisore, e fu allora che si accorse della macchina dietro, e interpretando questo suo modo di guidare come un tentativo di sorpasso, decise di mettersi più a destra per liberare il passaggio. La macchinina sconosciuto però non passò avanti, seguì come un mimo i suoi spostamenti confondendo ancora di più Tarìck, che a quel punto non sapeva cosa fare.

«Eddai.» si disse tra sè e sè, «Passa coraggio, si può sapere perché rompi tanto i coglioni?»

Tarìck acellerò un po' di più, infastidito da quello strano guidatore che sembrava non aver nemmeno mai ricevuto la patente, deciso a questo punto a seminarlo per non doverci più litigare, ma a un tratto sentì una forte spinta e un rumore sordo, quella piccola macchina stava tamponando il suo veicolo, ma perchè? Non aveva senso.

Tarìck cercò di mantenere il controllo dell'auto ad ogni spinta che sentiva, ma non era sempre facile, in più di un'occasione aveva rischiato di finire o fuori strada, nel piccolo canale al bordo per raccogliere l'acqua piovana, oppure contro qualche cartello o paletto.

Era un imprevisto che non aveva considerato, non ci voleva proprio una cosa del genere proprio quel giorno, aveva calcolato di impiegare i suoi quarantacinque minuti di strada tranquillo, pensando solo a quello che doveva prendere e dire, ma non aveva pensato di imbattersi in un pirata della strada.

Stava per salire di marcia quando l'ultima spinta fu più forte delle altre, e fece sbandare la macchina a destra e a sinistra finchè, nemmeno lui se lo sarebbe potuto spiegare, sfondò il guardrail e si incastrò in bilico tra la strada e il vuoto. Tarìck non mosse un dito, stupito e spaventato da quello che era appena successo. Fece roteare gli occhi nella speranza di trovare il cellulare per poter chiamare i soccorsi, ma per sua sfortuna era caduto tropo lontano, sul tappetino del posto del passeggero, e un possibile tentativo sarebbe potuto costargli caro.

La piccola auto, dopo aver assistito all'incidente, si fermò in mezzo alla strada e il guidatore scese finalmente dall'auto, avvicinandosi al SUV un po' ammaccato, notando anche un pezzo di metallo del guardrail che si era infilato sotto la ruota, salvando quindi la macchina dalla caduta.

Tarìck avvertì quindi una presenza, girò lentamente la testa di poco verso destra per non sbilanciare la macchina, e quando vide chi si era fermato vicino a lui disse: «Hey! Ma tu sei l'amico di Yazmin! Che cosa diavolo ci fai qui?»
«Oh nulla, passavo.»
«Come ti... ti chiamavi? Aspetta... Daniel giusto?»
«Dennis.»
«Ah be'... ci ero andato vicino.»

Dennis guardò la macchina con la stessa aria di un turista che fissa un quadro al museo, poi bussò due volte sopra alla portiera del passeggero.

«No! No fermo! Non fare nulla, o cadrò di sotto!» Tarìck fece un grosso respiro per calmarsi, cercando di regolarizzare di nuovo il battito cardiaco, «Anzi, fai una cosa: prendi il telefono e prova a chiamare aiuto, dovrebbe esserci ancora campo qui.»
«Hai preferenze?»
«Non lo so, un'ambulanza, la polizia, anche tutti e due.»
«Mmh...» Dennis guardò il display del suo telefono, prima di spegnerlo e rimetterlo in tasca, «Be', non credo che lo farò.»
«Che cosa?!»
«Mi dispiace, ma devo tenere i soldi per pagare i danni della macchina a noleggio.»
«Un momento, sei tu quello che mi ha tamponato?»
«Vedi forse qualcuno altro qui?»

Tarìck fece un altro lungo sospiro, ancora una volta con lo scopo di calmarsi. Erano successe troppe cose insieme, e tutte una più assurda dell'altra. La sera prima la sua fidanzata gli presenta il suo migliore amico a sorpresa, e ora quello stesso amico lo aveva tamponato e sembrava intenzionato ad ucciderlo. Yazmin non ci avrebbe mai creduto se qualcuno glielo avesse raccontato, e non avrebbe mai potuto biasimarla, ma in tutta sincerità non era nemmeno certo di arrivare a raccontarglielo.

Guardò con la coda dell'occhio Dennis, cercando di indovinare la sua prossima mossa, se lo stesse solo prendendo in giro o se fosse davvero intenzionato ad abbandonarlo lì tutto solo. Ma quel ragazzo era difficile da capire, rimaneva semplicemente fermò immobile ad osservarlo, con la testa inclinata, gli occhi strizzati e uno strano ghigno sul volto.

Dopo qualche istante di silenzio straziante, Dennis combinò qualcosa all'esterno della macchina e fece cenno a Tarick di abbassare il finestrino, e quando l'uomo obbedì si appoggiò sopra la portiera, mandando ancora di più nel panico Tarìck, che fino a quel momento aveva fatto di tutto per rimanere immobile e tranquillo.

«Ho pensato fin da subito che eri piuttosto strano, ma questo è surreale, che cosa vuoi fare adesso? Lasciarmi qui?»
«Ma tu non la smetti mai di parlare?»
«Come?»
«La tua bocca si muove, parla, parla, parla... come fa Yazmin a sopportarti?»
«Non sta a te giudicare le scelte degli altri, ma questo non è il momento di discuterne, prendi quel cazzo di telefono e chiama qualcuno!»
«È un dato di fatto.» e detto questo Dennis spostò il suo sguardo verso il basso e tornò a fare qualcosa vicino alla macchina, allontanandosi di poco dalla portiera ma mantenendo comunque le braccia sopra.

Un rumore di metallo che sfrega attirò l'attenzione di Tarìck, che provò ad indovinare che cosa stesse combinando quello strano ragazzo, ma quando sentì che la macchina iniziò ad oscillare la calma abbandonò il suo animo, lasciando posto a panico e terrore: «Hey! CHE COSA STAI FACENDO!?»

«Due cose: la prima è che sicuramente non completerai la tua agenda lavorativa oggi.»
«Oh, non mi dire. E la seconda?»
«La seconda è che...» si appoggiò con tutto il peso sui gomiti, spingendosi dentro all'abitacolo per creare enfasi, «Mi sono scopato la tua ragazza!»

E detto questo, con un gesto fulmineo, lanciò il pezzo di metallo che bloccava la macchina con il piede, lontano da loro. Il veicolo a quel punto perse stabilità, si sbilanciò in avanti e, insieme al povero Tarìck, cadde nel vuoto, precipitando in mezzo agli alberi e in fondo alla scarpata, sparendo dalla vista di Dennis con un grosso tonfo.

Il ragazzo rimase ad osservare la scena silenziosa, mentre le foglie degli alberi finivano di dondolare e una piccola nuvola di fumo nero si alzava verso l'alto.

Poi, con un ghigno soddisfatto, tornò alla sua macchina, fece inversione e guidò verso l'aeroporto seguendo l'itinerario deciso la sera prima in hotel, pronto per l'imbarco che lo avrebbe portato via da lì.

Ancora una volta, il suo mostro interiore si era sfamato di una vita, e ancora una volta la sua possessione aveva guidato le pedine del tabellone.

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