I Cinque di McMinnville

McMinnville, Tennessee, 2010.

Doveva essere soltanto una normale gita tra amici, immersi nel divertimento più assoluto tra autoscontri, case di fantasmi e piccole montagne russe al luna park di McMinnville. Quel giorno erano andati in cinque, ma nessuno avrebbe mai sospettato che una semplice giornata insieme sarebbe potuta finire in tragedia.

Erano passati tre anni dell'omicidio di Kayla Lobosca, trovata morta nel dormitorio del fratello, legata a una sedia e uccisa con ben ottanta colpi inflitti con un'arma che nemmeno i detective si sarebbero mai aspettati: una penna a sfera blu. E la stessa penna era stata ritrovata conficcata nel suo petto, proprio nel punto dove c'era il cuore, e questo aveva fatto intuire alla scientifica che fosse stato il colpo decisivo.

Dennis aveva usato lo stesso identico trucco che aveva messo in atto per uccidere Toby Jackson: aveva coperto le mani con il nastro adesivo così che le sue impronte digitali non venissero trovate. E anche con le scarpe fece la stessa cosa, infatti sul pavimento erano presenti diverse tracce tra sangue e scarpe, ma nessuna era del responsabile.

Ora, tre anni dopo, le cose erano cambiate un bel po': terminati gli studi Dennis si era rifiutato di iscriversi al college e aveva piuttosto preferito trovare un lavoro.

Non avendo avuto risultati accettabili per quanto riguardava la sua ricerca, alla fine si arrese e fece felice suo padre andando a fare lo stagista nella sua agenzia immobiliare.

Inutile dire che James era al settimo cielo, finalmente suo figlio aveva deciso di seguire le sue orme. Ora Dennis aveva un lavoro quasi stabile e uno stipendio.

Una sera, rientrando a casa da sua madre, sentì un gruppo di ragazze che stavano pianificando qualche giorno lontano alla città più una gita al luna park di McMinnville. Non era proprio dietro l'angolo, ma Dennis aveva comunque una macchina, e per questo, quando stava per entrare in casa, Natasha lo fermò e gli chiese: «Perchè non vai anche tu al luna park?»

«A vent'anni? Vado a divertirmi come i bambini?»
«Guarda che quelle giostre non sono solo per bambini, io ci andavo sempre. E comunque sei giovane, alla tua età dovresti divertirti come facevo io.» rimase a guardare per un secondo una sua unghia tagliata male, «Ma tu vedi di non tornarmi  a casa con un nipote a sorpresa e con una povera ragazza disperata, chiaro?»

***

Quel weekend alla fine, Dennis si recò a McMinnville, sia perchè suo padre gli aveva detto che avrebbe avuto il fine settimana libero, sia perché sua madre gli aveva categoricamente proibito di stare a casa da solo.

Così, dato che non aveva altre idee, decise di capire che cosa fosse e come mai risultasse così bello il luna park.

In realtà Dennis non era mai salito su una giostra in tutta la sua vita, nemmeno a quelle piccole che stavano dentro ai centri commerciali. L'idea di salire su un cavallo di plastica e metallo che ondeggiava avanti e indietro non lo entusiasmava, anzi si sentiva terribilmente ridicolo solo a pensarlo. Per cui, quando si ritrovò davanti a flash multicolore e musichette cantilenanti che sfondano il cervello, sentì una sensazione di nausea e vomito salirgli in gola.

Dopo un respiro profondo, decise di fare qualche passo dentro quel mondo assurdo cercando di intuirne il vero significato.

C'erano macchinine piccole che si scontravano tra loro rischiando di far sbattere le teste dei conducenti, c'erano dei trenini che si muovevano su rotaie sospese e gente che urlava, una casa con sopra una strega che a parere suo sembrava dipinta da un bambino strabico e infine, ciliegina sulla torta per concludere l'orrore che aveva davanti, bancarelle stracolme di pupazzi dai colori così accesi da poter causare crisi epilettiche.

Era ormai sul punto di fare dietro front e lasciare per sempre quel luogo quando a un tratto sentì delle voci schiamazzanti di ragazzi pressoché suoi coetanei.

Un gruppo di cinque ragazzi vestiti con magliette con colori spastici e strani disegni stava camminando con una lista in mano, quasi a decidere che cosa fare prima di tutto. Quei ragazzi erano Arthur Yu, Catherina Polaschi, Samantha Bean, Justin Baker e John Moritz, un gruppo di studenti del college di McMinnville molto conosciuti in zona. Questo Dennis lo intuì dal modo in cui certi altri ospiti del luna park salutavano quel gruppo tanto assurdo.

Erano ragazzi normalissimi in realtà, pieni di sogni e speranze, con grandi futuri davanti e tanta voglia di divertirsi. Catherina e Samantha avevano deciso di intraprendere un corso come OSS dato che entrambe avevano le nonne ospiti della casa di riposo di McMinnville e avevano il desiderio di stare al loro fianco anche nel momento della morte. Arthur, Justin e John invece avevano giocato nella stessa squadra di basket, vissuto nello stesso palazzo e fondato una radio giovanile tutta loro che chiunque in quella città ascoltava in macchina.

Erano frequentatori sfegatati di luna park, fiere e giostre di ogni tipo e avevano già fatto una decina di giri sulle montagne russe prima che Dennis si accorgesse della loro presenza.

Stavano già valutando cosa fare quando una delle ragazze si sentì osservata, girò lo sguardo ma con la stessa velocità con cui aveva captato quella sensazione, la stessa era svanita.

«Catherina? Ci stai ascoltando?»
«Sì, sì certo...»
«Che cosa guardi?» Arthur si avvicinò a lei volgendo gli occhi nella sua stessa direzione, ma nulla lo attirò così tanto come la sua amica.
«Mi sembrava che qualcuno ci stesse guardando, credo che fosse quel ragazzo con la maglietta scura.» il suo dito indicò una persona a caso, un tizio a loro sconosciuto con una maglietta nera con delle sfumature grigie.

I suoi amici rimasero in silenzio un secondo, dopodiché convinti che non fosse nulla di grave, tornarono al loro discorso.

Il ragazzo che Catherina aveva indicato però era Dennis, che avendo capito di essere stato beccato, si era girato velocemente a fissare un bambino a caso che cercava di vincere un orso blu con un grosso fiocco bianco al collo.

***

Quando fu ormai tarda nottata, giunse finalmente il termine dei divertimenti. Gruppi di adolescenti, famiglie con bimbi piccoli e Dennis uscirono da quel luogo luminoso con ancora le canzoncine stampate nella mente. Anche i proprietari di alcune bancarelle stavano mettendo via le loro cose, solo le giostre grandi rimasero invariate.

Il luogo venne abbandonato da tutti, tutti tranne qualcuno. Quella notte infatti, dopo circa tre ore dall'uscita della folla, la polizia ricevette ben cinque chiamate di persona scomparsa. Arthur, Catherina, Samantha, Justin e John non erano rientrati ai rispettivi dormitori e non avevano risposto alle chiamate delle famiglie.

Chiunque li conoscesse sottolineò il fatto che fossero cinque ragazzi diligenti, giudiziosi e che non sarebbero mai stati fuori a fare baldoria o a dare fastidio.

Inoltre avevano promesso alle loro famiglie che prima di andare a dormire avrebbero chiamato che rassicurare tutti che erano tornati al campus sani e salvi.

Essendo nomi già noti dalla polizia per tutte le belle cose che avevano fatto, nessuno perse tempo e iniziarono subito le ricerche. Setacciarono prima di tutto il campus, il parcheggio e la strada vicina. Magari i ragazzi avevano avuto un guasto alla macchina ed erano rimasti bloccati da qualche parte, coi cellulari scarichi, in attesa che venisse qualcuno ad aiutarli. Forse erano stati attaccati da qualche ubriacone che si aggirava nel parcheggio ed erano stati feriti. Forse, si augurano tutti, avevano semplicemente sbagliato strada, i telefoni si erano scaricati, e si erano fermati a qualche motel o B&B in attesa di poter riprendere la strada verso casa.

«Stiamo facendo tutto il possibile, abbiamo già interrogato diversi testimoni.» aveva detto un detective al telegiornale. La notizia della loro scomparsa fece presto il giro del paese dove vennero soprannominati I Cinque di McMinnville, uno dei casi di persone scomparse più misteriosi della storia.

Il gruppo non aveva lasciato alcuna traccia di loro. La polizia, dopo ormai un giorno e mezzo di indagini, non sapevano più dove sbattere la testa: avevano interrogato tutti i loro compagni di scuola, le famiglie, gli amici e perfino i colleghi dei loro lavori part time.

Ora non restava che sperare che tornassero da soli, che si facessero sentire almeno o, nel peggiore dei casi, che qualcuno spedisse delle lettere alle loro famiglie chiedendo un riscatto per i loro rapimenti.

La mamma di Justin fece diversi annunci online chiedendo a chiunque di farsi avanti, di dire quello che sapeva, di dare una mano insomma. Era stata messa una ricompensa per chi avesse portato qualche dettaglio importante per le indagini e la stessa donna era anche apparsa in diversi programmi televisivi per sensibilizzare di più la popolazione.

Fino a quando, a due giorni dalla scomparsa dei cinque ragazzi, dietro a una delle giostre grandi del luna park, non vennero ritrovati i loro corpi.

Vennero trovati da un addetto allo smantellamento, attirato da un grosso telo che si trovava adagiato per terra senza un apparente motivo e da un piccolo velo di odore strano.

I ragazzi erano disposti tutti in semicerchio, posizionati seduti, avevano la gola tagliata con un'incisione molto profonda, probabilmente la causa della morte. La polizia indagò subito su colpevoli esterni incoraggiati da un dettaglio scioccante, difficile da spiegare alle famiglie distrutte di quei cinque ragazzi, perché a ognuno di loro erano state amputate le mani.

La scientifica potè confermare che la causa della morte era il taglio alla gola, le mani erano state tagliate quando erano ancora vivi e che prima di questo erano stati drogati, motivo per il quale non erano nè legati nè imbavagliati. Sul petto di ciascuno di loro, infine, una sigla incisa sulla pelle, avvolta da spesse croste di sangue secco troneggiava come fiera di ciò che stava testimoniando al mondo: la sigla recitava DL.

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