Come fosse posseduto

Quando si incontrarono per la prima volta, i sospetti di Dennis si rivelarono esatti: Abby Deavon era a metà tra una vera sensitiva e una grossa ciarlatana, che riempiva la testa dei suoi clienti di sciocchezze.

Già dalla risposta della mail aveva cominciato a blaterare cose come forte tensione, aura negativa e forte energia. Dennis dovette fare appello a ogni senso di controllo per non insultarla già dalla tastiera.

Quando parcheggiarono vicino a un pub dove si erano dati appuntamento e si videro faccia faccia per la prima volta, era chiaro che Abby avesse davvero voluto convertirlo al paranormale. Si era vestitia con una giacchetta in jeans, aveva sotto una maglietta bordeaux con disegnato un acchiappasogni, aveva ai capelli una bandana viola con ricami bianchi e un sacco di collane e braccialetti. A ogni suo movimento tintinnavano tra loro.

«Oh cielo, la tua energia negativa dal vivo è ancora più forte!» esordì la ragazza non appena furono a pochi passi di distanza.
«Come? La mia cosa?»
«La tua energia, ne emani davvero tanta. Hai litigato con qualcuno?»
«No, nessuno.»
Abby lo squadrò per bene con una faccia contrariata: «Allora devi aver avuto molte disgrazie nella tua vita, ma noi siamo qui per questo giusto? Per dare finalmente pace al tuo animo distrutto e a farti rinascere!»

Dennis emise piccoli colpi di tosse per soffocare le grosse risate che gli stavano salendo. Dal vivo quella ragazza era ancora più ridicola.

Si sedettero a un tavolo dentro al locale, un piccolo pub stile anni novanta, con il grosso bancone in legno, vinili appesi ai muri e chitarre con accanto foto degli storici proprietari.

Dennis non era mai stato in un posto simile, ma non perché non apprezzasse la storia della musica americana o la musica in generale, ma perché preferiva posti tranquilli dove nessuno faceva caso alla sua persona.

Abby ordinò delle alette di pollo alla paprika dolce con patate arrosto e una birra mentre Dennis prese un hamburger normale senza maionese con patatine fritte e una Coca-Cola zero. Mentre si godevano il pasto Abby iniziò a spiegargli come era nata questa passione del paranormale, con quanti spiriti aveva avuto a che fare e quante storie atroci aveva potuto conoscere. Gli porse anche degli articoli di giornale dove venivano riportati nomi delle vittime, quello che era caduto e il luogo.

Nel frattempo che Abby era apparentemente vittima del suo straparlare, Dennis diede due morsi al suo hamburger senza smettere di fissarla, strizzando gli occhi ogni volta di più.

«Allora, adesso veniamo a te, che cosa ti serve?»
«Vedi, ho iniziato a sentirmi strano in questi giorni. Ho vari e strani mal di testa, sono senza entusiasmo, e mi capita di dormire spesso.»
«Oh cielo, questa sembra proprio l'inizio di una possessione.»

Dennis, per la prima volta durante il loro incontro, aprì i suoi occhi in un modo che forse aveva fatto due volte in tutta la sua vita, facendoli diventare due palle da golf color caffè: «Il mio dottore dice che potrebbe essere solo una semplice influenza.»

«Lavori giusto? Come procede?»
«Tutto bene.»
«E a livello amoroso?»
«Io e la mia ragazza ci siamo lasciati. Abbiamo... fatto degli errori insomma.»
Abby fece un cenno col capo, per far capire che aveva compreso la situazione.

In realtà tutto quello che Dennis le aveva raccontato fino a quel momento era tutta una bugia: si era documentato su internet su quali fossero i sintomi di una possessione demoniaca e aveva inventato una storia amorosa finita male.

E in tutto questo Abby ci era cascata con entrambe le scarpe.

***

I due si spostarono verso un vecchio hotel a due stelle abbandonato. Circolavano davvero tante voci sul fatto che fosse un luogo infestato, perché alcuni ragazzini con la passione dei video vlog avevano girato diversi filmati da postare su Youtube.

Raccontavano di strani rumori, strane voci e oggetti che cadevano o si spostavano da soli. Ma se si guardava con occhio più attento e critico quello che dicevano, era chiaro che il realtà l'hotel fosse solo infestato da un sacco di animali selvatici.

Abby e Dennis entrarono nella hall del luogo, che un tempo forse doveva essere stata davvero incantevole: la carta da parati bianca e rosa stava cominciando a cadere a pezzi, le poltrone color crema, ben poste intorno a un piccolo tavolino da caffè, erano piene di impronte, macchie e grossi cumuli di polvere gialla, i lampadari di vetro e cristallo erano tutti rotti, frantumati da qualcosa. Le luci funzionavano a malapena e il tappeto delle scale si era sollevato in alcuni punti perdendo anche il bel colore rosso di un tempo. La reception, o quello che ne rimaneva, aveva un'aspetto lugubre, con ancora qualche chiave posta dietro alla sedia girevole con il cartellino della stanza che ondeggiava silenzioso. Lo spazio era molto grande in tutto ciò, la sala di attesa con le poltrone a sinistra e il bancone dell'accettazione a destra, le scale al centro. In tutta l'aria si sentiva odore di vecchio. Le finestre erano state chiuse con pannelli, assi di legno e con serrande ormai cadute a pezzi, quindi l'interno era piuttosto buio.

Secondo le leggende che si narravano, in quell'hotel erano stati uccisi otto bambini delle elementari che ora vagavano per le stanze senza pace, vivendo ancora e ancora l'orrore della loro morte. Otto bambini che in realtà si potevano riconoscere in due procione, quattro ratti e uno scoiattolo.

«Sediamoci qui, voglio contattare il demone che c'è in te.»
«Demone?»
«Sì, sei posseduto amico, me lo sento. E grazie alla forza dei bambini che vagano per queste mura, potremo cacciarlo.» Abby prese una candela da una mensola, la accese e la pose sul pavimento, «Potrebbe essere lo stesso demone che ha spinto l'assassino di quei bambini ad ucciderli, in tal caso libererò anche loro.»

I due rimasero a fissare la fiamma di quella candela per circa dieci minuti, tempo nel quale non successe proprio niente. La fiammella ogni tanto tremava, e quando succedeva Abby faceva delle domande chiamando i fantasmi dei bambini morti, ma non otteneva mai alcuna risposta.

A un tratto, dopo altri dieci minuti di silenzio eterno, qualcosa al primo piano si mosse producendo forti suoni di passi e facendo cadere cose per terra.

Abby sussultò dal suo posto, scattò in piedi e corse verso le scale pronta a salire alla velocità della luce per vedere che cosa stesse succedendo.

I due giunsero in cima alle scale e, guardandosi intorno tra i due corridoi che li circondavano, decisero con lo sguardo in quale stanza tentare la fortuna.

«Scommetto che sono ancora più in alto, lo sento.»
«Sono solo stupidi roditori, non sono fantasmi, torniamo giù.»
«Hai paura per caso?»
«Assolutamente no.»
«Bene, allora seguimi, sicuramente i bambini vogliono dirci qualcosa.»

***


Abby stava ormai correndo per le stanze mal ridotte da più da due ore, inseguendo i ratti che scappavano via al suo passaggio. Dennis le stava dietro studiandone bene i movimenti, nonostante fosse stufo di quello stupido teatrino da veggente.

Alla fine, tornati alle rampe di scale che portavano al piano terra, la ragazza si arrese e smise con la sua folle ricerca di fantasmi. Mentre era piegata su sè stessa per riprendere fiato, il ragazzo la affiancò con calma e le disse che, secondo lui, aveva visto qualcosa in una stanza al terzo piano.

Disse che gli era sembrato di vedere un'ombra aggirarsi per la stanza numero 209, e che aveva sentito degli strani lamenti.

Quelle parole fecero come risvegliare le forze di Abby, che senza lasciarlo finire ritornò a correre per le scale raggiungendo presto la stanza nominata.

La camera era una matrimoniale con un letto posto alla parete laterale sinistra, il materasso ormai bucato dal tempo, le lenzuola sbiadite e piene di buchi. Dal lato opposto era presente una cabina armadio di legno scuro, anche quello rovinato negli anni, vuoto. Le pareti erano a dir poco in pessime condizioni, i disegni della carta da parati erano ormai invisibili, troppo sbiaditi per vederli. Il pavimento presentava dei buchi dalla quale si poteva vedere il piano di sotto. Anche dal lato sinistro del letto, nella parete della porta, era presente un'altra cabina armadio leggermente più piccola ma nelle stesse condizioni della prima.

Quando Abby entrò tutta tafelata all'interno dovette bloccarsi subito, altrimenti avrebbe rischiato di finire al piano di sotto per via del crollo del pavimento.

Entrò con passo incerto, tendendo una mano e restando in ascolto alla ricerca di qualche presenza fantasma, ma quella stanza rimase silenziosa.

Dennis la raggiunse quando ormai la ragazza era al centro della camera, muovendo la mano tesa da un lato all'altro alla ricerca di qualche segnale ultraterreno. Il ragazzo di avvicinò alla cabina armadio più grande e aprì le due ante. All'interno trovò dei vecchi appendi abiti arruginiti ed un bastone che di solito si usava per appendere o raggiungere le giacche in alto, lungo,  di legno e con un estremità in metallo dalla forma strana sopra, e una parte metallica più appuntita sotto.

Abby si fermò poco più avanti da dov'era prima, riportò la mano al fianco e sospirò delusa.

«Ma non ci sei ancora arrivata?» la voce di Dennis tagliò il silenzio come un coltello.
«Che vuoi dire?»
«In questo hotel non c'è nessun fantasma, non è stato ucciso nessun bambino qui dentro, sono solo stupide storie.»

Abby lo guardò con occhi sgranati, incapace di capire fino in fondo le parole del ragazzo che, ora con un sorriso minaccioso, si passava il bastone tra una mano e l'altra.
«Ma allora cosa siamo venuti a fare qui?»

La risposta di Dennis non servì pronunciata con le parole, il suo sguardo con occhi stretti e il bastone rigido tra le dita era sufficiente per far capire la conclusione di quella giornata.

«Lo sapevo! Me lo sentivo! La tua energia negativa era troppo opprimente per essere solo nervosismo! Sei posseduto!»
«Cosa?» la domanda gli uscì con un tono alquanto divertito.
«Il demone che alberga nel tuo animo! Dobbiamo cacciarlo subito!»
«Finiscila con questa storia ridicola.»

Dennis avanzò pericolosamente verso Abby  che istintivamente finì contro il muro. La sua pelle toccò la parete umida di muffa e l'odore di vecchio invase le sue narici.

Dennis le si fermò a pochissimi centimetri dal viso scrutandone l'espressione terrorizzata. Abby tese la mano verso la sua fronte con l'intento di compiere l'esorcismo ma venne scansata via con un gesto fulmineo.

Dennis spostò una ciocca di capelli di Abby dal suo viso ridacchiando malefico mentre si portava il bastone dietro alle spalle.

«Non sono storie ridicole! Sono una sensitiva, e gli spiriti mi chiedono aiuto!»
«Ma non possono farlo, sono morti!»

Prima che Abby potesse replicare, Dennis le afferrò il collo e la spinse ancora più forte contro il muro, che dal rumore prodotto avrebbe potuto rompersi in quel momento.

La ragazza cercò di liberarsi dalla sua presa, incredibilmente forte considerate le braccia snelle che aveva, e iniziò a boccheggiare alla ricerca di aria.

Mentre tentava di staccare quelle secche dita dalla sua gola, Abby provò a recitare qualche preghiera nella speranza di esorcizzare quella forza assassina che invadeva il corpo di Dennis. I suoi occhi caddero sul bastone che ora il ragazzo aveva portato sopra la sua testa e lo impugnava come fosse un coltello o un pugnale.

A quel punto Abby fu invasa dal panico: iniziò a boccheggiare con più foga, iniziò a riempire di piccoli pugni il braccio di Dennis che la bloccava alla parete, al tempo stesso stava anche scalciando nella speranza di colpirlo e allontanarlo.

Ma proprio quando sembrava esserci riuscita e la mano di Dennis allentò la presa dalla sua gola, il bastone da abbigliamento piombò su di lei infilzadola da sopra a sotto.

Abby morì immediatamente, rimanendo con la bocca spalancata, gli occhi fuori dalle orbite, un lago di sangue che colò da sotto il suo corpo e in posizione eretta, sostenuta dal bastone conficcato addirittura al pavimento. Dennis rimase a fissare compiaciuto il suo operato, ancora divertito dalle ultime parole della ragazza, poi andò a rovistare tra le altre camere per cercare qualcosa di appuntito con cui firmare la sua vittima.

Tornò con una scheggia di vetro e incise le sue iniziali sulla fronte di Abby. Poi, tirando fuori un fazzoletto dalla tasca, lo inzuppò di sangue e scrisse una frase sul muro accanto al corpo, come per dare un ultimo tocco creativo in omaggio alle favole che i bambini avevano inventato per quell'hotel abbandonato.

Salutami il mio demone, sensitiva...

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