Caduti come angeli senza ali
Quello che tutti avrebbero potuto dire riguardo al sentimento diabolico che Dennis provava nei confronti delle persone che riuscivano ad entrare nelle sue grazie era che si trattasse di una gelosia fatale. Una gelosia che non permetteva a nessuno di vivere la vita di quelle persone al di fuori di lui. Una gelosia che aveva segnato il destino di Tracy e Carlos, che erano morti sotto le sue mani di bambino perché, secondo la sua mente, avevano osato pretendere di mettersi al suo livello. Di essere importanti per i suoi genitori come lo era lui.
E questo errore lo commise anche Nathan, che osò ingenuamente innamorarsi di Yazmin.
Dopo l'episodio di quel giorno, la maestra parlò in disparte con Natasha riguardo al linguaggio inappropriato usato dal figlio contro il suo compagno. La donna, con l'imbarazzo alle stelle, si scusò della condotta di Dennis dicendo che non si sarebbe mai aspettato un tale atteggiamento.
A casa Natasha fece un discorso piuttosto serio a suo figlio dicendogli quanto fosse importante l'auto controllo, che doveva imparare a collaborare coi compagni e che doveva assolutamente rivedere il suo linguaggio. Dennis, seduto al tavolo della cucina intento a fare i compiti, ascoltava la madre mentre faceva rotolare la penna sulle pagine del quaderno.
«Quante volte ti avrò detto che certe parole non si dicono?»
«Tante...»
«E come mai tu invece continui ad usarle?»
Dennis alzò le spalle senza guardare in faccia Natasha, rimase concentrato a giocare con la penna questa volta pasticciando i quadretti del suo quaderno.
«Ascolta amore, capisco che magari quei ragazzini non ti siano simpatici, ma non ci si comporta così con le persone.»
«Ma ha cominciato lui!»
«Non mi interessa. Tu sei responsabile delle tue azioni e devi pensare a quello che hai fatto tu. Sei tu mio figlio, non quel bambino.»
«Però è davvero uno stronzo.»
«Dennis!»
«Ok...»
Natasha lasciò cadere il discorso e andò a finire di fare il bucato che aveva lasciato fuori. Dennis guardò per qualche secondo la madre che tirava bene le magliette prima di appenderle allo stendino in giardino, poi riportò il suo sguardo verso i quadretti pasticciati di penna.
La sua mente in quel momento cominciò a vagare lontano: ripensò a quello che era successo a scuola, al fatto che tutti i compagni lo aveva guardato, forse anche Yazmin, e si chiese cosa potesse aver pensato lei.
Nathan gli aveva fatto fare la parte del cattivo, lo aveva istigato ad agire per poi dargli la colpa davanti alla maestra, e adesso anche sua madre era arrabbiata con lui sempre a causa di quel ragazzino.
Come se non bastasse, quando l'insegnate lo aveva messo in punizione, Nathan era rimasto tutto il tempo della ricreazione attaccato a Yazmin come se fosse stato appiccicato con la colla e non aveva smesso un solo istante di parlarle di tutte le sue sciocchezze.
Questa cosa lo aveva fatto particolarmente arrabbiare al punto tale che per sfogarsi aveva preso il taglierino dalla cattedra della maestra e aveva cominciato a grattare le matite, che ora erano tutte senza colore esterno e giacevano mangiucchiate nel suo astuccio.
Nei giorni a seguire, Dennis sembrò essersi dato una calmata: aveva eseguito le richieste dei suoi compagni di progetto senza fiatare e non aveva detto nulla di offensivo a nessuno in classe.
Yazmin dal canto suo aveva continuato a frequentarlo come sempre, i due bambini giocavano insieme alla ricreazione e ogni tanto la bambina cercava di coinvolgerlo insieme agli altri senza però riuscirci. Non solo Dennis non voleva essere coinvolto insieme agli altri, ma anche gli altri bambini non volevano affatto giocare con lui.
Questa calma apparente durò circa due settimane, tempo nel quale si svolse la fiera di scienze di inizio primavera alla quale parteciparono tutte le sezioni quarte della scuola.
Dopo il weekend seguito dalla fiera, durante la ricreazione, la maestra venne convocata un momento in aula insegnanti per discutere sulle gite delle classi quinte in uscita verso la prima media, pertanto lasciò i bambini giocare sereni in cortile, comunque sorvegliati da un bidello. In quel momento Dennis si guardò intorno e poi si avvicinò a Nathan, che stava giocando a palla con altri compagni, chiedendogli se poteva seguirlo un secondo.
«E per fare cosa?»
Dennis alzò nuovamente le spalle: «Devo dirti una cosa molto interessante.»
«Non puoi dirmela qui?»
Dennis scosse la testa.
«Ok, dove andiamo?»
«Sul tetto. Ci mettiamo un minuto.»
***
I due bambini attraversarono la scuola senza farsi vedere dal personale scolastico e andarono dritti verso le scale che portavano all'uscita sul tetto. La porta che permetteva di andare fuori, di solito, era o chiusa a chiave oppure qualcuno si stabiliva all'inizio delle scale per impedire ai bambini di salire, ma quel giorno non c'era nessuno.
Nathan e Dennis quindi uscirono indisturbati. Prima fu Nathan ad uscire e poi Dennis, che si assicurò di chiudere la porta senza fare alcun tipo di rumore per non attirare l'attenzione.
Il panorama che si vedeva fuori era mozzafiato tant'è che Nathan non potè fare a meno di perdersi a guardare l'orizzonte, cercando anche di individuare il tetto di casa sua.
Fu allora che lo sguardo a occhi strizzati di Dennis cambiò radicalmente: assunse un'espressione spenta, quasi cattiva, mentre guardava la sua preda che si avvicinava ignara al bordo del tetto per vedere meglio la città sottostante.
«Allora? Cosa dovevi dirmi?» chiese Nathan mentre gli dava ancora le spalle.
«Tu sai che cosa si prova a tentare il volo?»
«Come scusa?»
Furono le sue ultime parole, il resto accadde tutto in una frazione di secondo.
Mentre si avvicinava minaccioso verso il suo compagno di classe, Nathan si voltò verso di lui non sicuro di aver capito bene cosa gli era stato chiesto, in quel momento Dennis allungò le mani e, con tutta la forza che possedeva, lo spinse oltre il bordo del tetto.
Il ragazzino, indietreggiando, non sentì nulla sulla quale appoggiarsi per riprendere l'equilibrio e, rotolando oltre muretto che contornava tutto il tetto, cadde giù nel vuoto incapace di urlare a causa delle vertigini. Mentre precipitata vedeva lo sguardo di Dennis che lo osservava fiero diventare sempre più piccolo alla velocità della luce, poi l'impatto contro il terreno e infine il buio.
Dennis guardò il suo operato, il corpicino minuscolo di Nathan immerso in una pozza di sangue con gli arti storti, che guardava ancora verso di lui, poi tirò fuori dalla tasca il cellulare di sua madre, che aveva rubato la sera prima di nascosto, e compose un numero.
Fu una vera tragedia: la famiglia di Nathan fece un macello tra denunce per la mancata sorveglianza dei bambini e una richiesta di disinfestazione di api nel cortile della scuola, nonostante le insegnati avessero assicurato che non fossero presenti alberi nella zona.
Venne organizzato un memoriale in onore di Nathan e furono appese sue foto e un grosso striscione come omaggio alla sua persona.
Dennis, fermo nell'atrio della scuola osservava quasi soddisfatto quelle foto: ora quel sorriso che poteva portargli via la bella Yazmin sarebbe rimasto fermo e appeso al muro per sempre.
Un mese dopo la routine scolastica riprese normalmente, nessuno parlò più dell'incidente del tetto e nessuno fece altri appelli per intensificare la sorveglianza. Anzi, in realtà la scuola si sentiva perfettamente idonea ad assicurare sicurezza agli alunni e non pose alcun tipo di cambiamento alla sorveglianza quotidiana, quello di Nathan era stato solo un incidente isolato avvenuto a causa della curiosità del piccolo.
In quei giorni però, un altro ragazzino di un'altra classe fece capolino nella vita di Dennis e non in modo positivo: un ragazzino spigliato e con la lingua troppo lunga di nome Ben Torton aveva cominciato a prendere di mira Dennis dicendo che sicuramente era stata opera sua, aveva mandato Nathan sul tetto e aveva portato un alveare lì per mettergli paura causandone poi la morte.
Ben lo tormentava ogni giorno, quando nessuno poteva vederli o sentirli dato che gli insegnanti erano stati severissimi su questo: nessuno doveva più palrare dell'incidente sul tetto.
«Sei stato tu vero?» gli disse una volta mentre la mensa si stava riempiendo per il pranzo, «Lo hai fatto cadere tu vero?»
Dennis lo fissò dal basso a occhi stretti senza mai prendersi il disturbo di ribattere.
«Certo che sei stato tu.» aveva continuato Ben, «Hai la faccia da assassino.»
***
Ben aveva continuato per un po' indisturbato. Ogni volta che si incrociavano gli sussurrava cose come "assassino" oppure gli chiedeva chi avesse ucciso quel giorno.
Al che Dennis, ormai stufo di quella presenza scomoda che lo disturbava ogni mattina, non diventò ancora più ingestibile. In quel momento la sua avversione e il suo odio verso gli altri conobbe un nuovo senso di fastidio mai provato prima, conoscendo così anche le persone scomode.
Alle volte gli si buttava proprio contro con la pura intenzione di fargli male.
Finchè un giorno la sua testa non cominciò a trovare una soluzione migliore: per un'intera giornata scolastica aveva tenuto d'occhio ogni aula, corridoio e rampa di scale della scuola per vedere quando la via sarebbe stata libera.
Il giorno dopo, all'intervallo, andò a chiamare Ben dicendogli con un sorriso quasi diabolico: «Vuoi vedere dov'è caduto Nathan?»
«Nessuno può salire sul tetto.»
«Non se ne accorgerà nessuno, staremo solo pochi secondi. Vedrai.»
I bambini si sa, sono piuttosto ingenui. A volte chiamati dal brivido di infrangere le regole si fanno convincere subito.
E fu proprio così per il povero Ben che, attirato dall'idea di vedere dal vivo la scena di un crimine, seguì Dennis senza battere ciglio, salendo sul tetto con l'adrenalina che gli pompava il sangue nelle vene.
Dennis uscì per secondo anche questa volta e attese che Ben si godesse la vista e il punto dove Nathan aveva messo piede l'ultima volta segnato con dei nastri gialli per impedirne l'accesso.
Ed esattamente come la prima volta, Dennis chiuse piano la porta e, con lo stesso sguardo minaccioso con cui aveva guardato quel bambino per tutto il tempo, andò verso Ben che ancora si godeva il brivido dell'ultimo respiro di Nathan.
«Chissà cosa avrà provato precipitando qua giù. Allora, dove stava il nido delle api?»
«Non esiste nessun nido di api.» si avvicinò e, usando lo stesso taglierino con cui aveva martoriato le sue matite, strappò un pezzo di maglietta di Ben.
«Hey fermo, che cosa stai facendo?»
Ma nemmeno il tempo di finire di capire quello che stava realmente succedendo che Dennis lo spinse verso il bordo del tetto.
Ben, come successe al povero Nathan, perse l'equilibrio e non trovando nulla a cui aggrapparsi precipitò nel vuoto, vedendo come ultima immagine il volto tenebroso di Dennis che lo osservò agitare le braccia nel vuoto e, con l'impatto del suolo, fermarsi per sempre in una posizione pietosa, come se fossero state ali senza piume che non lo avrebbero fatto volare mai più.
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