10- Paura

Siamo in macchina e ci avviamo verso l'hotel.

All'improvviso sento un vuoto nello stomaco, un senso di apnea e il respiro si affanna.
Cerco di guardare altrove dal finestrino sperando mi passi questo tremolio alle mani.
Non so cosa sia, non mi è mai accaduto. Forse un attacco di panico. Niccolò mi guarda e dice:

-Ehy Amy tutto ok? Che succede?

Io non rispondo, cerco di recuperare il fiato.
Respiro lentamente ma sento la testa girare e allora abbasso il finestrino così posso recuperare un po' d'aria.
Appoggio una mano sullo specchietto e riesco a sentire il profumo degli alberi a bordo strada. Riesco a respirare meglio ma sento come se l'altra me sia tornata improvvisamente, e così senza pensare dico:

-Per favore ti puoi fermare qui al parcheggio del centro commerciale?

-Hai bisogno di qualcosa?-mi chiede.

-NO..NO..voglio scendere e tornare a casa....FAMMI SCENDERE -urlo quasi all'impazzata.

Niccolò mi guarda perplesso, non riesce davvero a capire.

-Masi può sapere che hai fatto adesso Amy? Ho detto qualcosa di sbagliato, dimmi che cosa ho fatto?

-Voglio solo scendere e tornare a casa, tutto qui.

-Va bene ti accompagno a casa allora. Tranquilla, tranquilla.

-Assolutamente no. Vado col bus, lasciami qui così vado in stazione.

-Amy dai ti accompagno. Perché stai facendo così adesso?

-Oh ma sei tosto a capire, devi farmi scendere e basta!

Si ferma al parcheggio del centro commerciale, scendo sbattendo lo sportello e cammino a passo svelto verso la strada. Non mi volto per salutarlo e mentre cammino sento il suo sguardo che mi segue. E' rimasto in piedi affianco la macchina. E' completamente spaesato.

Mi avvio verso la stazione.
Ecco il mio incubo più grande è tornato: non ce l'ho fatta. Non sono stata estranea a me stessa, sono stata io come sempre: irrazionale e insensata, completamente egoista. Hanno vinto le paure, ha vinto la corazza che ho costruito.
Mentre cammino scende una lacrima che nascondo dietro gli occhiali da sole. Arrivo in stazione e prendo l'autobus. Nel frattempo arriva un messaggio di Betty:
Oh che cazzo di fine hai fatto, sono le sei. Stai ancora a lezione o hai finito?

Lo leggo ma non rispondo, anzi spengo il cellulare. Non voglio sentire nessuno e per fortuna Niccolò non ha il mio numero. Non deve sapere dove abito, non posso permettergli di entrare nella mia vita. In realtà non posso permettere a nessuno di entrare nei miei sentimenti perché non sono pronta a soffrire e una storia d'amore porta solo alla sofferenza e io rimarrò di nuovo sola.

Arrivata a casa, corro nella mia camera e mi butto sul letto . Piango, piango tanto. Negli ultimi giorni ho la sensazione che il mio mondo stia vacillando. Negli anni ho costruito delle certezze, totalmente false, e ora queste iniziano a crollare, ma io non voglio. Tutto deve rimanere esattamente com'è ora: immobile.

All'improvviso mio padre rientra e sale in camera. Ero convinta lavorasse fino a tardi così non mi sono preoccupata di chiudere la porta a chiave. Si siede sul bordo del letto:

-Amy amore mio, che succede?

Sis tende affianco a me e mi abbraccia. Si accorge che sto stringendo la bambola della mamma e allora mi tiene ancora più forte. Noi non siamo mai stati vicini. Quando la mamma era viva, era lei che si preoccupava di me, di parlare con me.
Mio padre ha sempre pensato solo a lavorare: non so se questo accadesse perché sapeva che c'era mamma o se fosse semplicemente il suo carattere. Dopo la sua morte non gli ho dato la possibilità di confortarmi: ho lasciato che il dolore mi indurisse. Ho sempre dato la sensazione di aver superato brillantemente questa enorme perdita ma in realtà ho solo finto. E sono stata eccellente in questo.

Con le lacrime agli occhi dice:

-Mi dispiace tanto amore mio. So che la mamma ti manca da morire, manca tanto anche a me. Non sono neanche una minima parte di quello che era lei. Ci ha lasciato così e io non sono mai stato bravo a farti capire quanto tu sia importante per me, quanto io ti voglio bene. Scusa amore mio.

Perla prima volta dopo sei anni, lo sento vicino a me. Riesco a percepire tutta la sua fragilità e la sua debolezza. Nelle sue lacrime leggo l'angoscia e la solitudine che ha provato in questi anni. Non gli avevo mai dato la possibilità di piangere insieme e mai avrei immaginato che fossimo così simili nella sofferenza.

Non mi sono mai preoccupata di lui, né di cosa potesse significare perdere la persona che ami, la persona col quale hai fatto progetti di vita e di vecchiaia. Ho pensato solo ad erigere questo muro sempre più alto e sempre più perfetto. Ho cambiato totalmente il mio modo di essere e di pensare. Immersa nel mio nuovo stile di vita ho incontrato ragazzi freddi come me e ho trascorso del tempo con loro, nel baratro più profondo sprovvisto di emozioni. Ci siamo deliziati con droga e alcool rendendo così tutto più semplice.
Mio padre invece si è buttato nel lavoro e così ci siamo allontanati. Non gli ho mai detto cosa ho provato in questi anni e neanche lui l'ha mai fatto ma questa sera l'ho sentito di nuovo mio padre.

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