5. IL NUOVO DON JUAN DE MARCO E ANDARE A FALENE ★
Parte del capitolo è stato scritto con la collaborazione di: DaddaTaras
Questo capitolo contiene contenuti per adulti, se volete saltarli appena li vedete, c'è un asterisco (*) che dividerà le parti 😊
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IL NUOVO DON JUAN DE MARCO E ANDARE A FALENE
Quelli successivi erano i mesi più rivoluzionari che avevo passato in Italia. Con Lara, di giorno in giorno, parlavo sempre di più ed era a dir poco fantastico. Finalmente c'era un dialogo, lei e la sua voce per me erano cose nuove dopo due anni di silenzio, e il come fossi riuscito a resistere a quella sottospecie di tortura era un mistero. Però non potevo essere più entusiasta di così e i suoi nonni non erano da meno. Anche loro avevano tentato di farla parlare, quindi vedere che la nipotina era riuscita ad aprirsi, faceva sicché la loro gioia illuminasse quella residenza.
Laretta sembrava finalmente contenta e percepire la sua risata era qualcosa di davvero unico. Non capivo come riuscissi a sentirmi così bene in sua compagnia e grazie a lei avevo trovato, dopo una lunga attesa, quella persona che potevo ritenere far parte della mia famiglia, esattamente come lo erano stati Xavier e Scarlett. Nonostante fosse mia cugina e la mia migliore amica, in qualche modo la vedevo anche come una piccola sorellina da proteggere.
Mi aveva parlato dei suoi pensieri di quando le raccontavo della mia infanzia, diceva che adorava gli episodi con i Willoughby e che sarebbe rimasta ore ed ore ad ascoltarmi. Mi aveva anche confessato che si divertiva agli inizi nel vedermi in difficoltà nel parlare italiano e, seppure era leggermente offensiva come cosa, risi insieme a lei, solo per vederla gioiosa e spensierata.
Era proprio quel tipo di felicità che ricercavo da tempo. Nonostante fossi riuscito ad ambientarmi costruendo nuove amicizie, mi mancava quella figura di cui preoccuparmi, era come se per me fosse essenziale trovare qualcuno da tenere sotto braccio, quella persona che aveva bisogno di me.
Lara era diventata questo, proprio come lo era stato per dieci anni Scarlett.
In mia cugina riconoscevo molti di quei atteggiamenti nostalgici della piccola Willoughby, come il rossore delle guance, la falsa sicurezza che voleva trasmettere, persino la voce sembrava la medesima, sottile e delicata come un petalo di rosa.
Stare in sua compagnia era diventata una necessità, forse una dipendenza.
Ero cronicamente preoccupato per la sua sicurezza, ad esempio, quando usciva di casa cercavo di tenermi libero per poterla accompagnare, quando finiva lezioni mi mettevo al solito pilastro del cancello ad aspettarla, anche perché decidendo di frequentare il mio stesso istituto me la ritrovavo persino nei corridoi, quindi durante le pause ci trovavamo spesso, conoscendo così le nostre cerchie di amici.
Ci mancava solo che mi trasferissi da lei, anche se dovevo ammettere che sua nonna mi aveva proposto di vivere con loro per via delle tensioni casalinghe con mia madre, ma declinai l'invito.
In fin dei conti doveva pur imparare a stare senza di me, io ero sicuro del fatto che un giorno sarei tornato in Australia e anche lei senza ombra di dubbio lo sapeva, quindi andava bene stare insieme, poteva contare al mille per cento sul sottoscritto, ma doveva imparare anche a cavarsela con le sue forze.
Questa situazione l'avevo paradossalmente già vissuta; a Darwin ero fin troppo protettivo con Scarlett, quindi non volevo che anche Lara facesse troppo affidamento sulla mia presenza.
Avrò pur spezzato un cuore, ma non volevo che succedesse una seconda volta.
Con Laretta volevo fare le cose come si dovevano, non volevo assolutamente arrivare al giorno in cui sarei partito senza salutarla, di interrompere drasticamente la nostra amicizia, di non sentirla più.
Desideravo averla vicina, volevo che sapesse che poteva sempre contare su di me; era questa la cosa importante.
Anche se un giorno sarei partito, i nostri contatti non sarebbero dovuti morire.
Riguardo al resto invece era tutto un casino.
Mentre con mia cugina ero il vero Sammy, quello dolce e premuroso che si preoccupava anche per un taglietto sul dito, per il resto ero l'esatto opposto, ma questo lei lo sapeva benissimo dato che finalmente mi aveva conosciuto anche fuori casa sua.
«Sammy, non dovresti cambiare per loro.» mi aveva rimproverato una volta. «Tu vai bene così come sei.»
Scossi la testa nonostante sapessi che aveva ragione. Il mio problema era che non ci riuscivo, io in Italia ero un altro Samuel Sampson, solo con Lara riuscivo ad essere quello australiano. «Io qui sono un'altra persona, lo sai bene.»
«Ma a me piace il Sammy australiano, che problema c'è nell'esserlo anche fuori da qui?» mi domandò non comprendendomi e allargando le braccia come per voler indicare l'intera residenza.
Sicuramente non poteva consolarla l'essere a conoscenza del fatto che nemmeno io mi comprendevo. «Io sono cambiato, okay? Sono un cazzone.»
«Sam.» mi rimproverò dato che non sopportava le brutte parole.
«Ma è vero!»
«Beh, non servono le brutte espressioni per dire che sei un poco di buono.» continuò convinta della sua idea.
Adoravo vederla preoccuparsi per me, mi faceva capire che ci teneva al suo Sammy. Forse quel mio atteggiamento da cattivo ragazzo era un modo per cercare le sue attenzioni, per farmi sentire di nuovo accettato come lo ero in Australia.
Al pensiero volevo spaccarmi la testa, avevo cominciato a non sopportare l'idea di rifugiarmi nel mio passato mentre ero da tutt'altra parte.
La mia infanzia era la mia debolezza e solo Lara poteva metterci naso.
«Non andare a quella festa.» riprese il discorso, notando che non rispondevo.
Misi il broncio e guardai da dappertutto tranne che lei. «Invece ci vado.»
«In quelle feste ci sono sempre alcolici, droghe e soprattutto falene.»
Le avevo insegnato questa definizione e andavo fiero del fatto che le fosse piaciuta e che la usasse.
Assottigliai lo sguardo, sapendo perfettamente che aveva ragione. «Ti prometto che non mi ubriacherò.»
«Sì, come l'ultima volta.» sbottò incrociando le braccia sotto al seno. Ecco, questo incominciava anche a crescere e sembrava non voler smettere, di questo passo sarebbe arrivato a una quinta per la misericordia. «Hai persino fumato marijuana.»
Mi sentii rimproverato più di quanto potesse fare una madre. A tal proposito, la mia aveva cominciato a frequentare con consuetudine uomini diversi alla ricerca del futuro compagno di vita; praticamente la parola famiglia sul mio dizionario era affiancata dalle parole Willoughby e Laretta insieme ai suoi nonni. Quest'ultimi stavano molto più in pensiero per me rispetto al sangue del mio sangue. Per non parlare di mia sorella, chi l'aveva più sentita a quella? Già era tanto se tornava per le feste.
«L'ho solo provata per curiosità.» le feci presente, anche se a dirla tutta non sapeva che quella era la seconda volta. «Non mi sto trasformando in un drogato senza cervello.»
«Il Sammy che conosco è molto più intelligente dei trogloditi che girano, mi aspetto molto più da te. La testa, quando esci, tienitela ben salda al suo posto, mi raccomando.»
Sorrisi mettendo in evidenza le mie fossette, questa per me era come una confessione di fiducia. Speravo solo di non infrangerla, ma ero conscio che mi avrebbe perdonato per la qualsiasi cazzata; io ero il suo Sammy e lei la mia Laretta-bella, qualsiasi cosa sarebbe successa niente e nessuno ci avrebbe separati.
Mi alzai andandole incontro per abbracciarla, poi le regalai un bacio sui capelli. «Sei la ragazza migliore al mondo.»
«E tu l'unico ragazzo che mi faccia preoccupare tanto, devi smetterla di farmi stare in pensiero.»
Le scompigliai i capelli e mise il muso dal fastidio. Altra cosa che mi ricordava Scarlett, solo che con me sorrideva sempre, con Xavier invece faceva quella faccia contorta.
Un'espressione nostalgica dipinse il mio viso, ma in qualche modo volevo farmi tornare il buon umore. «Chissà che succederà quando troverai il fidanzato.» la punzecchiai.
«Mmm, che rottura che sei.»
«Magari sarà Alessio il fortunato.» continuai, alzando le sopracciglia con uno sguardo malizioso.
Uno sbuffo uscì dalle sue labbra, mentre le sue gote si dipinsero di rosso. «Non dovevo confidarti un bel niente, alla faccia del migliore amico.»
A quelle sue parole scoppiai a ridere, sapendo perfettamente che lei non sarebbe mai riuscita a nascondermi un bel niente. «Avanti, magari un giorno vi fidanzerete e il merito sarà tutto mio.»
«Sì, sì, pavoneggiati pure, carciofo che non sei altro.»
Ridacchiai. «Carciofo?» ripetei.
«Va e divertiti, testone.»
Ma come aveva predetto, quella sera feci un altro dei miei sgarri.
Quella fu la sera in cui quella piccola parte del Sammy australiano che mostravo anche fuori di casa e fuori dalla residenza di mia cugina, sarebbe stata messa in un angolo della mente.
*
L'abitazione in cui si era organizzato il tutto era ovviamente in periferia, in una zona piuttosto isolata dove i vicini non avrebbero rotto più di tanto come era successo precedentemente.
Quella sera c'era gente che veniva e gente che andava, fiumi di birra e alcolici a non finire, musica anni novanta a palla e soprattutto ragazze. Ce ne erano di tutti i tipi, non scherzavo. Alte e basse, dalle more alle bionde, magre e voluminose. Una cosa in comune che avevano tra di loro? Erano tutte ubriache e in quella festa santarelline non ce ne erano, ma c'era da aspettarselo. Quella era la festa dei ventun anni di un nostro compare, ovvero Valentino De Santis di cui già avevo parlato. Una delle tante amicizie ottenute da Alessio, ci eravamo incontrati come si erano conosciuti loro: per caso ad una serata. Loro erano diventati inseparabili, io della sua presenza potevo fare anche a meno.
Io ero praticamente il terzo del gruppetto, solo che non ero come loro, o almeno, non ancora. Di baciato avevo già baciato, solo che non ero arrivato ancora al grande passo. Credevo che certe cose si dovessero fare solo con la persona che si amava, non lo vedevo come un divertimento, come uno sfogo. Io volevo fare l'amore, non volevo fare del banale sesso.
Ma dovetti ricredermi.
«Sam! Andiamo su di sopra?» mi urlò Aurora all'orecchio per sovrastare la musica.
Lei, come avevo già detto, era una delle tante compagne di avventure di Valentino, anzi era l'avventura. Inutile parlare della sua bellezza perché poteva essere il sogno proibito per eccellenza, ma non così tanto dato che lei si poteva reputare la reginetta in carica in tutti-sapevano-cosa.
Non riuscivo a scollare i miei occhi dai suoi, che zampillavano di un verde corteccia misto al marroncino che ti ipnotizzavano e ti lasciavano senza parole. Quella sera calzava dei tacchi neri, riuscendo ad arrivare quasi alla mia altezza, e per di più indossava un abitino rosso che evidenziava il suo seno già di suo prosperoso che mandava in cortocircuito qualsiasi maschio la guardasse.
Era una sottospecie di Medusa, bella da morire, ma letale come una vipera. La fine del mondo praticamente, ma ero sempre riuscito a tenerla a bada.
«E cosa vorresti fare?» domandai, continuando a bere della Vodka. Sì, stavo mezzo ubriaco, ma ero ancora in me.
Così credevo.
Lei mi prese il viso e mi baciò con foga, facendo incontrare le nostre lingue. Quel gesto era volgare, ma era quel tipo di volgare a cui non sapevi resistere. «Voglio farti vedere una cosa.» disse con desiderio mordendosi un labbro e quello sguardo da accalappiatrice la diceva lunga, era come il canto di una sirena.
Mi prese per un polso e mi trascinò via con sé; però io ero mezzo intontito, quindi non capii al volo quello che aveva intenzione di fare.
Beccai Alessio sulle scale e vedendomi con la signorina si sorprese in un primo momento, poi sorrise alzandomi il suo bicchiere.
Che voleva fare, brindare?, mi domandai, ma subito dopo avevo afferrato il concetto.
La regina delle falene raggiunse la prima stanza libera e mi ci buttò dentro, chiudendo poi la porta dietro alle sue spalle a chiave.
«Ehm, a dire il vero io-» cercai di replicare, ma lei mi venne incontro, mi levò il bicchiere dalle mani, che tra l'altro non mi ero accorto di essermelo portato dietro, e lo buttò per terra con un gesto che mi sbalordì. C'era ancora un po' di vodka, che diamine, non doveva sprecarla bagnando il pavimento.
«Oh, Sam, non serve che tu faccia nulla, ci penso io.» pronunciò con quella voce sensuale che ti faceva pietrificare e mandare in rotta di collisione gli ormoni.
Okay, dovevo ammettere di essere un tantino eccitato, ma ancora là sotto non c'era chissà quale movimento.
Così credevo.
Se fossi stato lucido avrei sentito quanto tirava.
Lei si avvicinò ancora di più a me e cominciò a baciarmi. No, in realtà mi stava mangiando la faccia, se non dire divorarla. Io non riuscivo a non starle dietro, in queste cose lei ci sapeva fare più di chiunque altra, la sua reputazione la precedeva, ma ad un certo punto, non sapendone il motivo, mi venne in mente Scarlett, e a quel punto mi bloccai.
Che sto facendo?, mi chiesi. Mi ero accorto di non rispondere più dei miei voleri.
Aurora si accorse della mia esitazione e mi fece un sorrisetto sghembo, tanto da farmi riprendere mostrandole leggermente le mie fossette. «Oh, Samuel, ancora tenti di resistermi? Così mi fai eccitare ancora di più, sei il primo ragazzo che ci mette tanto a saltarmi addosso...» e con le dita mi accarezzò il petto. «Solitamente sono già ai miei piedi.» mi confessò successivamente all'orecchio, leccandomelo.
E da lì ricominciò a baciarmi il collo mentre sbottonava la mia camicia. Appena finì con questa, con entrambe le mani me la fece scivolare a terra, iniziando a slacciare i pantaloni. Piano piano con i baci e le leccate non ci stavo più capendo nulla, si muoveva sempre più verso il basso per finire ad abbassarmi completamente i pantaloni. Mi spinse leggermente verso il mobiletto che avevo ad un passo dietro di me, facendomi appoggiare la schiena. Poi fu la volta dei boxer e l'unica cosa che sentii fu la sua voce.
«Oh mio Dio.»
Abbassai lo sguardo e la beccai che stava fissando i miei bassi fondi. «Che succede?» mi preoccupai all'istante.
Che aveva il mio pene?
Boh, cosa dovrebbe avere? È normale... credo.
Insomma, se aveva problemi quello, allora c'era da preoccuparsi sul serio.
«È... è...» cercò di pronunciare.
«È cosa?» la incitai preoccupato.
«Cazzo, è grande! Nemmeno Vale lo ha così, quanto è lungo?»
Aggrottai la fronte e feci un sorriso amaro. «E che ne so, mica vado a misurarmelo.»
Ma davvero me lo ha chiesto?
Attento che secondo me te lo misurerà lei prima o poi.
Oh, mi fai compagnia sto viaggio? Vattene.
A quel punto sentii le sue dita che me lo presero e cominciò a... succhiare.
Ma che cazzo?
Poi però la cosa cominciò a non dispiacermi. Era davvero... bello. Molto, molto eccitante. Le mie corde vocali non resistettero.
«Oh shit.» mi scappò di bocca in inglese.
Dopo un po' si levò da là sotto e mi scaraventò sul letto. Avevano ragione su quella ragazza, era una ninfomane. Si mise a cavalcioni su di me ed era completamente nuda. Non mi ero nemmeno reso conto che si era tolta i vestiti, facendomi credere che lei fosse come Creamy, che con la bacchetta magica si trasformava. Cartoni che si guardava Laretta e non capivo come una cosa del genere potesse passarmi di testa, specialmente in questo frangente.
«Lo sai che hai proprio un bel fisico, Sammy? Palestra e nuoto danno i suoi risultati.» volle farmi notare facendo qualcosa con le mani, ma non mi curai di quello che stava accadendo.
Il cuore cominciò a battere forte per poi fermarsi di colpo. Nessuna, e ribadivo nessuna, mi aveva mai chiamato Sammy al di fuori di Lara in Italia, ma quel soprannome lo collegai immediatamente e inspiegabilmente a Scarlett.
Di colpo divenni serio dato che ricordare l'Australia non era di certo una cosa che avrei voluto fare quella sera piangendomi addosso. Faceva dannatamente male, specialmente riflettere sul suo povero faccino nel venire a sapere che non ero più lì con lei come avevo fatto in tutti quegli anni in cui abitavamo uno di fronte all'altra. Era insopportabile vedere il suo dolce ed esile viso bagnarsi dalle lacrime salate e immaginare che quelle potessero cadere a causa mia. Era la cosa che più odiavo in assoluto. «Non chiamarmi più Sammy, chiaro?» ringhiai.
Lei sembrò non preoccuparsene e sorrise leccandosi le labbra. «Va bene, Sam, sta notte ti farò divertire in qualsiasi caso.»
Perché cazzo doveva chiamarmi Sammy? Solo Lara può chiamarmi Sammy qua in Italia! E, cazzo, pensare a Scar mi ha fatto venire nostalgia dell'Australia! Ci risiamo, merda!
Aurora cominciò a muoversi in modo sinuoso, tanto da farmi tornare alla realtà e non pensando più alla mia infanzia. Più o meno. Ero mezzo ubriaco, avevo perso metà della mia ragione e quindi metà del controllo di me stesso, ma poi succedette quello che doveva succedere. Io dentro di lei.
Nonostante non c'ero con la testa, la cosa cominciava a piacermi. Ero conscio del fatto che ero passato da un umore all'altro senza battere ciglio, eppure quello... era tutto dannatamente piacevole. Lei continuava a gemere e sicuramente era venuta, ma di colpo mi venne un flash. «Cazzo, il pres-»
Lei mi mise un dito sulla bocca continuando a muoversi. «Te l'ho già messo, Samu, sta tranquillo.»
E quant'è che sarebbe successo?
Lo chiedi a me? Sto messo come te, amico.
Si avvicinò al mio viso per baciarmi e senza rendermene conto capovolsi la situazione. Io mi misi sopra di lei e la cosa sembrava piacerle parecchio. Forse presi quella mia prima nottata di sesso quasi come uno sfogo. Sì, perché in realtà mi tornò in mente l'Australia e sul momento quello era l'unico modo per scaricarmi.
Forse Alessio aveva ragione. Fare sesso era liberatorio, elettrizzante, energetico... In qualche modo mi sentii libero mentre continuavamo a dimenare il bacino, a toccarci, ad assaporarci. Non credevo che fosse così entusiasmante, facendomi credere che mi ero perso un mondo e un modo nuovo per potermi liberare dei pensieri. Mi ritrovai a vivere il momento, a godere di quelle sensazioni, a concentrarmi sul presente senza tornare con la mente nel passato.
Il sesso forse poteva diventare la chiave al mio malessere.
*
Per via di quella nottata, ero diventato il nuovo ragazzo inserito nella piazza e nella lista di amicizie da una sola notte.
Quella ninfomane aveva sparso la notizia che io ero disponibile in quel senso, e anche se agli inizi l'idea non mi piaceva del tutto, alla fine dovetti cedere.
In fin dei conti era bello farlo, e per di più la cosa divertente era che non ero io ad andare a cercare ragazze, ma erano loro a venire da me.
Di conseguenza io mi limitavo a fare e a diventare il Don Juan De Marco che loro desideravano. Una nottata in più non era di certo un dilemma, no? La cosa che più mi premeva era il non provare alcun sentimento. Quello che dovevamo andare a fare doveva essere solo una nottata alla pari con le altre. Alcune potevano essere più brave di altre in certe cose e viceversa, ma in qualsiasi caso nessuno doveva provare amore, solo piacere sessuale.
Capitava spesso che con Aurora ci incontravamo per le nostre riunioni e qualche volta mi suonava strano andare a letto con altre. Una voce nella mia testa diceva che quello che stavo facendo era sbagliato, ma io l'ascoltavo? E come punizione mi venivano in mente Xavier e soprattutto Scarlett. Cosa avrebbero pensato di questo Samuel?
Cominciavo a non sopportare il fatto di riflettere cronicamente a loro, al fatto che potrebbero rimanere delusi da questa nuova versione di me. Al pensarla mi sentivo uno schifo, peggiorava la situazione, e come se non bastasse questo mio atteggiamento aveva deluso Lara. Lei, per via delle voci di corridoio, era venuta a sapere che io andavo in giro a spassarmela e per qualche giorno era ritornata a non parlarmi. Non del tutto, ma si esprimeva a monosillabi e da lì cominciai a darmi una regolata, quindi notando questo mio sforzo tornò alla bella e sorridente cuginetta che conoscevo.
Questo mi sollevava, anche se, nonostante tutto, avevo il pensiero fisso di essere ancora sbagliato per qualche ragione. Era come se sentissi che qualcosa di me non fosse al suo posto, come se avessi bisogno di altro, ma non capivo.
C'era una cosa che più mi spaventava di me stesso, ovvero quando perdevo le staffe, e per quale ragione? Potrà essere banale e stupida, ma non sopportavo farmi chiamare Sammy da coloro che non avevano l'autorizzazione del sottoscritto.
Piccolo aneddoto. Un mio compagno di classe, nel sentirlo dire da Lara durante una pausa, aveva avuto la brillante idea di chiamarmi con quel soprannome e solo Dio sapeva quanto fossi realmente infuriato. Talmente era forte il fastidio che quando mi ero alzato avevo persino capovolto il banco, andandogli incontro e prendendolo per il colletto dicendogli di non rivolgersi più a me con quel nome. Fortunatamente Alessio era presente e mi aveva fatto ragionare, ma in qualsiasi caso non mi era passata. L'unica cosa positiva era che si era capito che nessuno a parte Lara si permetteva di chiamarmi col mio soprannome d'infanzia, ma perdere il controllo per queste cose non era di certo qualcosa su cui andare fieri.
Ad ogni modo Laretta si scaldava sempre appena le dicevo che sarei andato a un'altra festa, immaginando sicuramente il finale col botto.
«Sei disgustoso.» sputò fuori una volta con una faccia schifata, ma mai tanto quanto quel giorno in cui le avevo raccontato di aver perso la mia verginità con Aurora. Era stato come dirle di essere andato in un bordello da come mi aveva fissato, rimproverandomi del fatto che certe cose si dovevano fare con la persona che si amava, non con una falena. Dettagli.
«Lo so.»
«No che non lo sai, se no non andresti a... falene.»
«Senti, Laretta, so che andare a falene non è la miglior cosa che io abbi fatto nella vita, ma non ci posso fare nulla se mi piace farlo, in un certo senso è confortante. Sarò un porco di merda, ma mi aiuta a non pensare.»
«Sam! Piano con le parole e dimmi, cosa ti fa credere che questo tuo modo di fare sia confortante?» domandò leggermente scioccata dalle mie parole. Come al solito mi sentii rimproverato dal mio modo scurrile di dialogare.
«Non lo so... mi fa sentire piaciuto e desiderato.»
«Te lo dico io, ti piace avere delle attenzioni.»
«Beh, non è che avere una madre del genere aiuti chissà quanto. Da quando si è lasciata con papà è diventata insopportabile, pare la moglie di Satana e quella stima che avevo in lei di giorno in giorno sta svanendo. Certe volte mi tratta come se io non fossi importante e sono suo figlio! E vogliamo parlare di Chelsea? Quante volte mi ha chiamato per sapere come se la passa il suo fratellino? Sì e no si ricorderà a malapena il giorno del mio compleanno.»
«Ma al tuo contrario è con la testa messa al suo posto.»
Sbuffai sapendo che aveva ragione. In parte. «Non del tutto.»
«Chelsea si sta costruendo una vita, si è trasferita a Pavia per gli studi di ricerca, si è trovata un nuovo ragazzo e la sua ambizione di tornare a Darwin si è alleviata. Sammy, lei ha voltato pagina e sta meglio, tu invece stai ancora con la testa in Australia. Non dico che tu debba dimenticare la tua infanzia, te l'ho detto un migliaio di volte che adoro sentirti parlare di Xavier e Scarlett, del vostro rapporto, ma quel bel ricordo lo stai mutando in uno dei tuoi peggiori incubi. Dovresti abbozzare un sorriso e credere di rivederli un giorno, non deprimerti e credere che tu sia sbagliato, perché non lo sei.» e dopo queste parole mi toccò la mano con la sua, come per darmi conforto.
Non le risposi. Sapevo perfettamente che aveva ragione, ma io ero diventato quel tipo di ragazzo che la schifava, e come ripugnava lei avrebbe potuto inorridire Scarlett. «Con quale coraggio posso andare in Australia? Il me di adesso fa schifo!» mi alzai di colpo dal suo letto e la guardai fisso negli occhi.
Era pazzesco quanto ci assomigliassimo, aveva delle gemme azzurre penetranti come le mie, ma i suoi capelli erano nettamente neri a confronto dei miei. Era persino più bella di Aurora, ma Lara era come Scarlett, una persona a cui tenevo moltissimo; era come una sorella e nessuno poteva toccarla prima di passare sul mio cadavere.
«Stai parlando di Scarlett?» mi domandò.
Corrugai la fronte e scossi la testa. «No, anche di Xavier.»
Lei alzò le sopracciglia come se non volesse credermi. «Xavier lo senti ogni tanto, trovo difficile che tu stia parlando di lui.»
«Ah, andiamo.» dissi schioccando la lingua sul palato.
«Sammy,» mi guardò convinta, «ti conosco ormai, tu stai sempre a pensare a Scarlett e al fatto che non vuoi deluderla.»
«Non è vero! Non è assolutamente vero, sono un sacco di minchiate queste.»
«Sam!» mi rimproverò.
Alzai le mani mostrandole i palmi. «Un sacco di patate.»
Un sorriso lievemente divertito ornava le sue labbra. Si spassava con poco, pazzesco. «Tu hai paura di deluderla.»
«E anche se fosse?» ipotizzai arricciando il naso. «Insomma, ero il suo eroe da piccola e quando un eroe delude i suoi ammiratori è finita.»
Studiai la sua espressione e sembrava felice di quella mia ammissione. «Ma tu tornerai, Sammy, hai nel cuore i tuoi vicini e la tua madrepatria, un giorno li rincontrerai, ne sono sicura.»
La guardai nelle iridi e notando che le mie si stavano velando di lacrime, si avvicinò e mi abbracciò a sé con tutta la sua forza. La strinsi a mia volta e mi sentivo come se lei condividesse il mio dolore, anche perché in un certo senso capiva quel mio vuoto.
Si poteva dedurre che di semplice affetto familiare in casa mia non esisteva, l'unica che mi faceva stare bene e in pace con me stesso era Lara.
La causa di quel mio lurido atteggiamento andava a braccetto col sentirmi vuoto, confuso, come se non fossi apprezzato, e rimuginavo spesso sul fatto che se quel maledettissimo giorno non fossi partito per l'Australia, tutto questo non sarebbe successo.
Ma poi ripensavo a mia cugina e sarebbe stato un peccato non incontrarla. Lei era la mia migliore amica e l'unica ragione per cui qua, in Italia, sorridevo. Era il mio unico orgoglio, perché senza il suo sorriso, le sue parole e le sue risate, mi sarei sentito ancora più sbagliato.
Laretta mi rendeva giusto.
~~~~~
Angolo Aussiess
Hi, Mate!
Il nostro Samuel ne ha combinata un'altra delle sue quest'oggi, pubblicando improvvisamente un pezzo della sua storia.
Si augura di non esser stato troppo crudo, ma riteneva certi dettagli "importanti".
«Non imbarazzatevi!»
Va via che sto parlando io!
Ad ogni modo,
se vi è piaciuto commentate e votate, il vostro pensiero è sempre importante!
Ecco una sua foto
Comunque sia, spero che ognuno di voi stia bene, è un periodo difficile questo e mi piacerebbe spendere due parole, ma potrebbe anche risultare superfluo... ma sappiate che voi lettori siete sempre nei miei pensieri ♥
Un abbraccio,
Vostra Niki 💘
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