Parte del capitolo è stato scritto con la collaborazione di: DaddaTaras
Passate nell'angolo autrice prima di chiudere la storia 🎶
ANCHE TU SEI SPECIALE
Nei due anni successivi le cose cominciarono a cambiare radicalmente.
Io non ero più quel Samuel Sampson che conoscevano Xavier e Scarlett, o almeno, non con tutti. L'unica persona con cui ero rimasto il solito e vecchio Sam era Lara, quella ragazzina che a dirla tutta non aveva ancora fatto nulla per conoscermi veramente, conosceva solo il me che le raccontavo.
In qualche modo mi sentivo trascurato e il suo scarso interesse, o qualsiasi cosa essa fosse, non aiutava. Avevo bisogno più di un affetto che consisteva in sguardi. Ovviamente le davo il suo tempo, si limitava a sorridere quando capitava, un gesto talmente breve che riuscivo a beccarglielo raramente, ma che tuttavia mi aveva permesso di raggiungere il mio primo obiettivo.
Ma per come ero io, certamente non mi sarei accontentato di così poco, quindi il successivo traguardo era quello di farla parlare dato che percepivo un disperato bisogno di sentirmi dire da qualcuno che mi sarebbe stato vicino.
Forse le stavo dando troppa responsabilità, a pensarci forse era come se io cercassi aiuto da lei, come se volessi essere salvato in un certo senso da quella piccoletta. Ma lei come poteva capire la mia richiesta d'aiuto se non le parlavo apertamente di ciò che mi stava accadendo in quei mesi? Le raccontavo di come andavo a scuola, ripassavo ad alta voce con lei che, teoricamente, stava ad ascoltarmi, le comunicavo quando mi scrivevo con Xavier, che lo sentivo a mano a mano sempre meno, le confidavo le mie scoperte personali sull'astronomia e molto altro. Ma era a conoscenza solo di quel lato di me che mi piaceva.
Non le avevo narrato che in quel periodo mi sentivo come se avessi perso in un certo senso il mio me stesso. Non sapeva che ero diventato quello che poteva essere reputato il braccio destro di Alessio, le avevo solo riferito che eravamo diventati buoni amici e compagni di scuola.
In qualche modo mi vergognavo di parlarle del mio nuovo me.
Come ero diventato?
Beh, tutto quello che mai mi sarei aspettato di poter diventare.
Per essere più chiaro, con la mia nuova cerchia di conoscenze avevo fatto gran parte d'esperienza, a partire da fumo e alcool. Oltre alle sigarette normali, avevo provato anche quella etichettata come droga leggera, ovviamente tutto per via della mia curiosità, ma per fortuna drogarmi e bruciarmi il cervello era fuori dai miei desideri. Non ci trovavo nulla di divertente nello sballarsi e per un certo verso ero anche orgoglioso di questo mio credo. Era vero anche che ogni tanto, quando capitava, mi facevo una sigaretta, ma soltanto se me la offrivano, quindi non era nemmeno sfociata in una dipendenza.
L'unica cosa che però mi piaceva era bere. Da quando avevo conosciuto ragazzi più grandi di me, avevo cominciato a provare l'alcool e andando a queste loro feste in compagnia del mio grande amico Alessio, dove c'erano fiumi di birra e alcolici che mai avrei potuto immaginare, avevo intrapreso questa via, tornando di conseguenza a casa ubriaco. Questo era il lato di me di cui mai mi sarei potuto vantare, ma da australiano che ero, rifiutare una birra era sacrilegio.
«Ehi, Sam.» mi aveva chiamato il mio compare con due bottiglie di Becks in mano, di cui una me la porse sedendosi sullo sgabello accanto al mio durante a una di quelle famose feste. «Ce ne è una che ti ha adocchiato, perché non ci provi?»
Non tentai nemmeno di guardarla che risposi. «Non mi interessa.» e presi un lungo sorso di birra.
«Eddai, non le hai nemmeno rivolto lo sguardo, guarda che è carina.»
Girai il capo e, indicandomela, la beccai strusciarsi su un nostro amico, ovvero Valentino De Santis, che di santo non aveva proprio un fico secco e tanto meno la ragazza. «Non mi interessa.» ripetei, tornando alla Becks.
«Ma tu una ragazza l'avrai mai?» mi chiese, anche se sembrava più una riflessione personale.
Scossi il capo. «Al momento non mi serve.»
«È per via della tua amica australiana?» continuò a rompere l'anima.
Capendo in immediato che si stava riferendo a Scarlett, gli lanciai un'occhiataccia, ma librando le mani in aria mi fece capire che si arrendeva. «Calma, Tazmania, scherzavo, scherzavo. Comunque prima o poi dovrai fare le tue esperienze amorose.»
«Tsk, sta zitto.» lo liquidai. «Parli come se non avessi mai baciato nessuna.»
«Ma non hai nemmeno provato ad avere qualcosa in più.»
«Sono tutte falene quelle che mi vengono dietro, e poi ho quindici anni.»
«E io ne ho sedici e l'ho già fatto. Sam, non c'è un'età per farlo, Vale lo ha fatto a tredici anni la prima volta e si diverte un casino, guardalo.»
Lo osservai toccare senza pudore quella ragazza e pensare che certe cose cominciavo a farle anche io. Solo che tra il vederle e il farle era completamente diverso, ma quel giovane ci metteva fin troppa volgarità nei gesti. Quella era pur sempre una persona, non un oggetto sessuale.
«Non dico che ci si diverte solo facendo sesso, ma è uno dei tanti modi. Quando lo farai, capirai quello che dico.»
Osservai ancora quella ragazza e... era normale pensare che fosse una svergognata? Si strusciava proprio lì e alzando lo sguardo, cercò di convincere me ad andare lì con loro. Ma che si fotta. «Tsk, lei sta facendo solo la parte della ninfomane. Mi aveva adocchiato, no? Cosa spera, che vada anche io lì da lei per palparle il seno? Certe cose sono intime e private.»
Alessio fece spallucce e facendosi attirare da una compagna, cominciò a dialogare con lei, mentre a me si avvicinò quella che si poteva reputare la reginetta delle falene in circolazione: Aurora Fiore, due anni avanti, capelli castani e occhi sul verde corteccia, penetranti e seducenti.
Fin dalla prima volta che mi aveva visto continuava a invitarmi ad uscire, ma data la sua reputazione cercavo sempre di non calcolarla. Purtroppo me la trovavo sempre tra i piedi alle feste, in compagnia di Valentino che a dirla tutta, a mio parere, potevano formare una gran bella coppia. Ad entrambi piaceva scopare, quindi perché non sfruttare l'occasione? Ma no, anche a buttarla sullo scherzo quei due non badavano alle mie parole, erano talmente amici che si trovavano spesso anche sotto le lenzuola, sia tra di loro che con altre persone.
«Allora, Sam, oggi sei in vena di coccole?» mi sussurrò all'orecchio, accarezzandomi il braccio.
Buttai giù un sorso di birra e la guardai col sarcasmo dipinto sul viso, sicuro di me. «Zoccole? No, non ne ho bisogno.» le sorrisi divertito, ma vedere che le feci solo increspare le labbra mi dava sui nervi.
«Sempre con la battuta pronta, australiano.»
«Che c'è? Vorresti scopare con un australiano per scoprire i piaceri che possiamo dare? Tranquilla che ti perdi l'inimmaginabile.» le riferii.
Teoricamente lei non sapeva che non avevo fatto esperienze di quel tipo, quindi tanto valeva scherzarci sopra.
La vidi fare una smorfia e appoggiandosi al bancone, si mise ancora più vicina a me. «Lo sai che facendo così mi stuzzichi ancora di più.»
«Sai, è divertente.» la sfidai, avvicinando il mio volto al suo, ma senza un secondo fine.
Senza scollare i suoi occhi dai miei, si inumidì le labbra. «Prima o poi lo faremo, stanne certo.»
«Sì, continua a sognare.» mi scostai leggermente.
«I miei sogni diventano sempre realtà, ricordatelo.» e prima di andarsene, mi schioccò un bacio sulle labbra, e dire che non era niente male in questo, quindi non osavo immaginare cosa potesse fare su di un letto.
No aspetta, che cazzo mi metto a pensare?
Ormoni si chiamano. Il piccolo Sam vuole attivarsi.
Zitto, porca puttana.
Non riuscivo ad immaginarmi la mia prima volta ad essere onesto, quando avevo studiato educazione sessuale, in Australia, non ci volevo nemmeno pensare, per me e Xavier esistevano solo il nuoto, la Playstation e Scarlett, nient'altro.
Invece, frequentando queste nuove compagnie, cominciavo a riflettere... sicuramente sarebbe capitato quando sarebbe capitato, forse non mi importava molto nonostante fosse un qualcosa che doveva avere una certa importanza. Non ne avevo la minima idea, l'unica cosa che volevo era il non impegnarmi con qualcuna, a me andava bene avere quei momenti un po' intimi con ragazze diverse dato che non ne trovavo una alla mia altezza o che mi coinvolgesse in particolar modo.
Senza una ragazza fissa, per di più, avrei potuto guardare le altre senza passare per uno stronzo traditore, il che andava a mio vantaggio, no?
E in un giorno come altri mi arrivò una lettera da Xavier. Il computer di zia Claudia si era rotto, con mamma mi ero trasferito in un altro appartamento mentre Chelsea stava a Pavia per l'università, quindi per poter sentire il mio migliore amico gli avevo scritto una lettera con la spiegazione e l'indirizzo di casa mia, e forse era il caso di comparsi uno smartphone con quel poco di memoria che mi avrebbe consentito di avere Whatsapp o Line.
In ogni caso con Xav non ci sentivamo da molto tempo e sapere che eravamo ancora molto legati non poteva rendermi più sollevato e contento, però quello che mi aveva scritto mi aveva mortificato. L'avevo letta nel pomeriggio prima di andare da Lara e dire che mi era rimasta in testa parola per parola, ogni carattere era stato memorizzato, continuando a rimbombarmi nella testa.
" Ciao Sammy,
Scusa se non sono riuscito a risponderti prima, tra una cosa e l'altra Sydney mi sta mangiando sempre più tempo. E poi ora che arriva la lettera ce ne vuole di tempo! Hahahaha
Comunque qua tutto bene, sto continuando e intensificando i miei allenamenti di nuoto, quindi quando ci vedremo ti mostrerò chi è il migliore tra i due!
Ho conosciuto molte persone qua a SYD e pensa che nel mio gruppo di amici abbiamo persino uno Chef a dir poco straordinario.
E credo che mi piaccia una ragazza.
Si chiama Danielle, purtroppo sta già insieme a con uno di nome Jake, ma ti confesso che mi puzza un po'... forse è per gelosia?
Ma raccontami più di te! Mi auguro che anche tu stia passando bene questo periodo!
Riguardo a Scarlett devo darti brutte notizie... le manchi, Sam. Mamma insiste con la storia della vacanza di famiglia e lei ha perso le speranze nel chiedere dove tu sia realmente, oltre che la pazienza.
Vorrei dirglielo, ma non saprei cosa le faccia più male... se le dico del trasferimento crederà di non vederti più e forse piangerebbe più di quanto stia già facendo. Vorrei starle vicino per confortarla, ma sono fuori casa purtroppo... Se lo avessi saputo prima che te ne saresti andato, sarei rimasto a Darwin, ma non fartene una colpa perché non è stata una tua decisione quella di partire.
Ad ogni modo ha ancora la sua amica Brooke, quella riccia che veniva ogni tanto da noi, e ha anche un nuovo amico simpatico, quindi in loro compagnia starà sicuramente bene e sono certo che la stanno aiutando a non pensare troppo al tuo non esserci :)
Non preoccuparti per lei, ci pensiamo noi! Tu goditi l'Italia e buona fortuna con Lara ;)
A presto,
Xavier. "
A riprodurre di continuo nella mia mente quelle frasi, mi si stringeva il cuore. Scarlett soffriva a causa mia, colui che si era promesso di renderla sempre felice. Non volevo proiettare nella mia testa il suo viso pieno di tristezza, era una cosa che mai sarei riuscito a sopportare e immaginarla immaginarla in quella condizione era come una tortura. Ma non ne uscivo fuori, era più forte di me, e nonostante sperassi che lei sarebbe riuscita a non pensarmi, faceva male a me, perché non volevo che mi dimenticasse e che mi sostituisse con quel suo nuovo amico.
Quella lettera mi aveva messo davanti a mille dubbi, tutti senza una risposta.
E se un giorno tornassi in Australia? Mi avrebbe riconosciuto? Mi avrebbe sorriso oppure sarebbe stata triste e arrabbiata con me?
E se invece mi odiasse? Se preferisse starsene con i suoi amici anziché con me?
E se non fossi mai più stato in grado di farla felice?
Cosa ne sarà di me se tornerò in Australia? Sarà tutto come prima?
Avevo così tanti pensieri per la mente, che le sensazioni negative cominciarono velocemente a inghiottire quelle positive, andando sopra a tutto ciò che mi stavo costruendo in Italia. Volevo avere una nuova vita, stare senza rimpianti, ma come potevo se dall'altra parte del mondo c'era qualcuno che stava male per me?
Talmente ero frustrato che finii per scoppiare, non avendo più il controllo di me. Le lacrime presero a solcare il mio viso e improvvisamente mi sentii solo. Vedevo tutto buio, senza nessuna via d'uscita, il vuoto che avevo dentro me iniziava ad espandersi e mi sentivo sempre più perso.
Perché mamma mi ha portato con sé? Perché sono dovuto partire con lei? Non potevo stare con i Willoughby? Per tutte quelle volte che ero stato a casa loro, forse il tenermi nella loro casa non sarebbe stato un problema, saremo stati tutti più felici e Scarlett non avrebbe mai sofferto a causa mia.
Perché sono io il problema? Perché qualsiasi cosa che ultimamente faccio, è del tutto sbagliata?
Perché sono sbagliato?
Poi, però, qualcosa di nuovo mi distrasse dai pensieri.
«Non piangere, ci sono io con te.» le mie orecchie udirono un suono angelico e alzando il capo interdetto, delle braccia si allacciarono al mio collo senza darmi il tempo di reagire o di pensare.
Tenni gli occhi sbarrati per un ammontare di tempo indefinito, ma talmente era calda e confortante quella stretta che mi lasciai andare, chiudendo gli occhi. Accarezzai i suoi capelli corvini e mi calmai respirando il suo dolce profumo leggero.
Quelle sensazioni negative, grazie a lei, stavano sparendo di secondo in secondo, irradiando di luce quel mio stato d'animo buio e tetro.
E improvvisamente mi resi conto che lei era la luce che illuminava la mia oscurità. Lei era la ragione per cui dovevo combattere contro anche me stesso.
La strinsi maggiormente a me volendo sentirla al mio fianco, come se questo potesse significare che lei non mi avrebbe mai lasciato camminare da solo. Che potevo contare sul suo affetto. «Grazie di cuore, Lara.»
Stabilizzandomi emotivamente dopo una manciata di secondi, riuscii a far girare per il verso giusto gli ingranaggi del mio cervello, rielaborando ciò che era appena successo.
Fermi tutti... Cos'è che era appena successo? Aveva detto "non piangere, ci sono io con te"? Cioè, lei ha parlato? Laretta la muta aveva aperto bocca?
Con entusiasmo la presi per le spalle e, spostandola, la guardai negli occhi con gran un sorriso da ebete sulla faccia. «Hai parlato?!»
Lei sembrò confusa e le sue gote si stavano dipingendo di rosso dalla vergogna.
«Oddio, Hai parlato! Oh mio Dio, non ci credo!» mi alzai di scatto sotto al suo sguardo sconcertato, probabilmente stava pensando se fossi pazzo da legare.
Facendo il fuori di testa, andai di corsa dai suoi nonni saltando come un canguro per la residenza. «Zio, zia! Lara ha parlato! Oh mio Dio, ha parlato, non ci posso credere! Yu-hu!»
Li vidi per un attimo scambiarsi un'occhiata sorpresa, ma tornando da mia cugina non feci caso al resto. Finalmente avevo sentito la sua voce, finalmente ero riuscito a farla parlare e non c'era emozione più grande per rendermi così euforico, facendomi persino dimenticare il motivo per la quale avesse aperto bocca.
«Non ci posso credere, è così la tua voce?!» le andai incontro e le presi le mani dalla felicità. «Ti prego, dimmi qualcos'altro, voglio sentirla un'altra volta!» la pregai.
Se avessi avuto la coda, avrei scodinzolato come un matto.
Ma purtroppo, invece di parlare, divenne ancora più rossa, come un peperoncino, e scappò via dai suoi nonni lasciandomi da solo in mezzo alla stanza con un'espressione strabiliata.
Cosa le costava parlare?
Tutta la malinconia che mi aveva invaso sparì grazie alla sua voce. Mi ero scordato letteralmente di tutto, al momento contava solo che lei, per merito mio, fosse riuscita a parlare dopo due anni di silenzio. Mi sentivo come il re del mondo, anzi, mi sentii Gesù, capace di far parlare nuovamente ai muti e chissà, magari con la stessa insistenza e dedizione avrei potuto, boh, far vedere nuovamente a un cieco oppure far risorgere i morti.
No, okay, non sarebbe stato possibile, ma ero ugualmente euforico dalla felicità.
Nei giorni successivi ero contento come una Pasqua, ma i miei amici credevano che fosse per l'aver perso la mia verginità. Erano proprio fuori pista, a me era successa la cosa migliore che mi potesse mai capitare dopo due anni, ma l'unico a cui confidai che non era esattamente così era Alessio, ma ugualmente non gli potevo dire che era per via di mia cugina.
Ai suoi nonni avevo promesso di non aprire bocca riguardo ai segreti della loro famiglia e così feci, rimasi di parola e raccontai che era per via di una mia amica e balle varie che potessero funzionare.
Ovviamente lui crebbe alle mie parole, ero diventato anche piuttosto bravo a recitare e a far credere alle persone le stronzate che mi inventavo di tanto in tanto.
Ma nonostante continuassi a parlarle e a farle domande nei giorni dopo alle sue prime parole, non mi rispondeva e la cosa mi infastidiva.
È per colpa mia? Sono io che non la faccio parlare? Le sto antipatico? Magari devo smetterla di blaterare, forse devo smetterla di parlarle di me, ma cosa posso dirle se non mi dice nulla di lei?
Non potevo nemmeno mettere carne sul fuoco nei discorsi dato che, praticamente, me li facevo da solo; mi sentivo altamente idiota, però c'era qualcosa che mi spingeva a volerle ancora rivolgere la parola. Senza un motivo ben preciso cercavo un contatto con lei, inconsciamente volevo aiutarla, era come se avessi il bisogno di proteggere qualcuno, e quel qualcuno era Lara.
Quindi mi ritrovai un pomeriggio a farle il terzo grado, volendo scavare più a fondo a quella faccenda.
«Vuoi dirmi perché non mi parli?» le chiesi d'impulso, ma ancora niente. «Ti sto antipatico?»
L'unica risposta che ricevetti però, fu una scossa di capo in segno di no.
Sbuffai, volevo sentirla parlare, che rottura. «Hai paura di me?»
E ancora scosse la testa.
«Non ti fidi di me?»
Per l'ennesima volta mi fece cenno di no e in parte ero stanco di questa sottospecie di giochetti.
«Allora mi vuoi spiegare il motivo?» chiesi con voce pacata, non volendo essere scontroso.
Lei incrociò le sue iridi azzurre con le mie, tirò le labbra ad una linea quasi con l'intendo di dire qualcosa, ma poi abbassò lo sguardo arrendendosi. Mi ero illuso per la milionesima volta, che palle.
Sospirai non sapendo più che carte giocare, era da perderci sul serio le speranze.
Ad un tratto però, mi venne una mezza idea e se questo non avesse funzionato, allora era da arrendersi per davvero. «Te l'ho mai detto che solo Xavier e Scarlett mi chiamano Sammy?» e alzando la testa, mi guardò annuendo. «E ti ho detto il perché nessuno qua mi chiama Sammy?» e a quella domanda scosse il capo, facendomi accennare involontariamente un sorriso. «Perché loro sono come dei fratelli per me, ci tenevo e ci tengo molto al nostro legame, sperando che questa lontananza non ci abbia separati. Non sopporto quando qua mi chiamano Sammy, mi sento come se li stessi tradendo, ma per te farò un'eccezione.»
La vidi aggrottare la fronte, probabilmente non mi capiva, ma la vidi incuriosita, i suoi occhi non mentivano al riguardo.
«Se vuoi puoi chiamarmi Sammy.» le riferii con convinzione.
Volevo scoprire fin dove sarebbe arrivata a resistere. Se davvero teneva a me, non poteva non farmi almeno una domanda al riguardo. Per me era una questione davvero importante, il mio soprannome era qualcosa che nessuno poteva pronunciare e per fortuna ero in Italia, quindi il diminutivo che più andava era Samu. Era strano udirlo, ma ovviamente la pronuncia del mio nome veniva storpiata in questo Paese. Se venivo dall'Australia perché dire Samuel invece che pronunciarlo Semuel come giusto che era?
«Perché?» domandò finalmente e senza fare baccano come invece ero intenzionato di fare, rimasi composto, mostrandole le mie fossette e addolcendo lo sguardo.
«Perché tu per me sei speciale, Laretta.»
Si vedeva chiaramente che cominciavano a pizzicarle gli occhi e non volendo farsi vedere, abbassò la testa coprendo il viso con le sue braccia.
L'ho sul serio fatta commuovere?
«Davvero sono speciale?» chiese con quella sua voce angelica, che riuscii a udire soltanto perché c'era silenzio. Era così debole che il suo sussurro veniva difficile da percepire.
Abbassai la testa, appoggiando il mento sulle mani che stavano sul tavolo. «Più di quanto tu possa immaginare.»
A quel punto, mostrandomi il suo volto, ammirai uno dei sorrisi più felici che mai le avevo visto fare e ne rimasi abbagliato. «Anche tu sei speciale, Sammy.»
Era da così tanto tempo che non mi sentivo così entusiasta di essere vivo, che era come una nuova emozione il sentirsi di nuovo importanti per una persona, appagava l'anima e colmava quel vuoto che fino a quel frangente avevo provato.
Grazie a Lara non mi ero dato per vinto. Io ero ancora in grado di far felice qualcuno e le ero riconoscente per questo.
~~~~~~
Hola aussiesssss,
Nuovo aggiornamento sul nostro australiano preferito tutto per voi! 🎉
Ringrazio ancora DaddaTaras per la meravigliosa Laretta che ha colmato gli spazi oscuri di Sam irradiandoli di luce. 💘
È stato un capitolo dalle grandi emozioni, ho persino avuto i brividi ad una certa.
E voi? Com'è stato per voi questo angolo del passato di Samuel?
Fatevi sentire, scrivetemi cosa ne pensate e vi lascio con appuntamento al prossimo capitolo!
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Have a nice day,
Niki
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