16. TI SEMBRO UNO CHE VA A PANNOCCHIE?
TI SEMBRO UNO CHE VA A PANNOCCHIE?
Finalmente riuscimmo ad arrivare al pub sani e salvi, e per nostra fortuna gli altri due gemelli non erano venuti. O almeno, Earl aveva dato loro chissà quale indirizzo per arrivare a destinazione dato che in macchina tutti non ci stavamo, quindi mentre noi eravamo già sul posto, quei due avrebbero pagato inutilmente una corsa in taxi. Il mio coinquilino mi somigliava sempre di più.
Quello che il fratello maggiore di Jared ci aveva consigliato era il Cherry Lady, un night club nella southside non molto lontano dal dormitorio. L'insegna al neon rossa e rosa accompagnata da una donna e una ciliegia, erano il chiaro benvenuto del locale, da cui proveniva della musica da discoteca con dei bassi potenti.
Scendemmo le scale che portavano all'entrata, ma percepii uno strano odore invadermi le narici, poi mi guardai a lato e capii. C'erano i bagni.
«Ma che razza di pub è?» si lamentò Zeppelin e, voltandomi dalla sua parte, lo vidi tapparsi le orecchie. Se già era messo così, dentro sarebbe morto dal frastuono.
«A giudicare dall'odore credo che questa sia una fabbrica di urina.» e appena osservai il suo sguardo sconcertato, scoppiai a ridere. «Ma tu ti bevi tutte le mie stronzate o prendi la qualsiasi cosa seriamente senza percepire il sarcasmo?»
Scocciato seguì Jared verso la postazione bar che si trovava in un'isola centrale nella sala. Attaccati ai muri c'erano i divanetti con qualche tavolo e dei quadri con raffigurate le donne del cinema più conosciute al mondo e nella storia. Avevo riconosciuto Marilyn Monroe, Adriana Lima, ma non avevo ancora visto Jennifer Aniston. Dov'era la mia musa? Era la donna più sexy del pianeta, non poteva non esserci.
Successivamente studiai l'espressione del nerd che ci eravamo portati dietro ed era letteralmente spaesato. Fortuna che Earl si era preso la briga di dargli una sistemata e di trovare qualcosa di decente nel suo armadio, se no quel ragazzino si sarebbe vergognato da solo. Stava per uscire con una felpa di Star Trek che sarebbe stata larga persino a me. Non si poteva andare in un night club a fare amicizia in quelle condizioni, non lo avrebbero fanno nemmeno entrare.
«Ehi, sei mai entrato in un locale notturno?» gli domandai all'orecchio.
Si sistemò gli occhiali e prese a boccheggiare. «S-sì, per chi mi hai preso?»
Inarcai un sopracciglio credendo di aver vinto già in partenza, ma non poteva farci niente dato che mi stava sfidando sulla mia tavola da gioco. «Si vede lontano un miglio che non sai nemmeno che sapore abbia uno Spritz. Vieni, ti offro da bere.»
Avevo appena capito che lo avevo sopravvalutato, le amicizie gliele avrei trovate io come da programma, ma in quelle condizioni avevo paura che scappassero.
Ci mettemmo al bancone e notai che dietro alla zona bar c'era un'ampia pista da ballo con DJ e l'ambiente dovevo ammettere che era davvero fantastico. Le luci colorate giravano per le sale e facevano scintillare i bicchieri di cocktail.
«'Sera, ragazzi. Sapete già cosa prendere?» mi domandò la ragazza al banco, vestita interamente di nero e lasciando qualche bottone della camicia aperto. Intravidi un tatuaggio sul braccio avendo le maniche un po' tirate e le sorrisi trovandola anche carina. «Un Jack Daniel's e per lui...» lo guardai e scossi la testa, esalando un sospiro dal sapore sconfitto. «Qualcosa di leggero.»
Ridacchiando mi fece un cenno, poi le si illuminarono gli occhi. «Jared!» lo conosceva?
Il mio amico si avvicino per baciarle la guancia e ricambiò. «Ciao, America. Hai visto Caleb?»
«Fammi indovinare, vi ha portati lui qua.»
Jad annuì.
«Siete proprio agli antipodi.» constatò ad alta voce. «Cosa vuoi, occhietti dolci. Offro io.»
Lo chiamava pure occhietti dolci... decisi da me di prendere in prestito quel nomignolo.
Ridendo si grattò il naso, notando quella leggera confidenza nell'aria. «Stupiscimi.»
La ragazza andò a preparare i nostri ordini e, vedendola indaffarata, attirai l'attenzione del gigante tenerone con un pugno sulla spalla. «Amico, hai fatto centro o mi sbaglio?»
Aggrottò di poco la fronte mettendosi più vicino a me. «No, lei è una vecchia compagna di classe di mio fratello.»
Spalancai gli occhi e la scannerizzai. «Dimmi che tuo fratelli ha ventidue anni, perché non riesco a dargliene di più.»
Mettendo in evidenza le sue fossette scosse la testa. «Mio fratello ha venticinque anni.»
Rimasi spiazzato. Anche se non erano molti anni di differenza, lei ne dava di meno. Fare il bel faccino a una venticinquenne non era nel programma, anche se dovevo ammettere che le signore mi sorridevano sempre ed era abbastanza inquietante come cosa.
«Sono anni che mio fratello ci ha perso la testa, non ti conviene provarci se non vuoi avere un bel cazzotto in faccia.»
Alzai le mani come per fargli vedere che mi tiravo indietro. «Mate, no worries*.»
«Ecco a voi.» arrivò la barista e, prendendo lo Skinny Mojito, glielo passai a Zeppelin che probabilmente non sapeva nemmeno cosa fosse. «Allora, Zeppy, che ne dici del posto?»
Prese un piccolo sorso e fece una faccia strana. Scossi la testa sperando non si fosse ubriacato con quel poco di alcool, anche se vederlo fuori dagli schemi sarebbe stato divertente. «Non chiamarmi Zeppy.»
Mi appoggiai al bancone con un'espressione divertita, ma sicura. «Allora scegli, Zeppy o LinLin.» e con questo roteò gli occhi, probabilmente già stufo di questo andazzo.
«Fa come vuoi. Comunque la musica è troppo alta.»
«Ma sei mai uscito la sera?»
Fece spallucce e bevve un altro po'. «Certo-»
«Non dirmi alle feste di compleanno perché non valgono.» e a questa mi affermazione se ne stette zitto.
Mi veniva da ridere, un verginello-nerd coi fiocchi e io ne avevo conosciuti diversi negli anni, ma questo li batte dal primo all'ultimo.
Mi osservai attorno e il mio coinquilino non c'era, di conseguenza corrugai la fronte e mi avvicinai di poco a Jared. «Sai dov'è Earl?»
«Ha preso da bere da quel barista e si è buttato nella mischia.»
Annuii finendo il mio ordine e finalmente vidi una ragazza carina. Lunghi capelli castano chiaro le accarezzavano la schiena, con in dosso un vestitino nero che le evidenziavano i fianchi. Le feci un cenno col bicchiere. «Ciao, Dana.»
Lei aggrottò la fronte guardandomi come per non capire e se ne andò dietro alle sue amiche tutte spazientite di andare a ballare.
«La conosci?» mi chiese Jad e scossi la testa.
«No, mai vista.»
Ovviamente non mi capì dalla faccia che aveva assunto, quindi mi preoccupai a spiegargli quella tecnica mentre notai che oltre a lei avevano preso a fissarmi anche alcune del suo gruppetto. «Te la faccio semplice. Col passare del tempo, da bravo accalappiatore, ho notato che se chiamo con un nome qualsiasi una donna come dimostratosi, lei farà il passo successivo, ovvero cercarmi per dirmi "guarda che io non mi chiamo così, ma Penny" o qualsiasi nome porta. Da qui parto a chiederle scusa, illustrandole di averla scambiata per un'altra che ce l'ha con me perché non mi sono più fatto sentire. Quindi che fa la Penny della situazione? Comincia a pensare che io ho frequentato una che era esattamente come lei esteticamente, ma che purtroppo ho scaricato. Le conseguenze sono due: o lascia perdere perché non vuole essere l'ennesima conquista, o si butta perché in lei cresce inconsciamente quella necessità di conquistare la mia attenzione. Da lì è tutta in discesa e forse a fine serata vedrai l'esito di questo esperimento.»
Dalla faccia che fece sembrò essere in parte affascinato da questo mio ragionamento. «Noto che a te piace sperimentare.»
«Ho sempre adorato le materie che tutti odiano, come chimica, fisica e matematica.»
Ed ecco che come sempre si presentò la falena con la tinta ai capelli e un vestito striminzito che dava l'idea di aver sbagliato a fare la lavatrice. Il suo volto dava proprio l'aria da una che voleva saltarti addosso, solo che sembrava aver puntato sia me che Jared, e non volevo pensare proprio in quel momento di fare una cosa a tre. Ma ecco che mi si accese una lampadina nel cervello. Quale modo migliore per far fare amicizia al nerd se non con una che ci avrebbe provato con la qualsiasi cosa che respirasse?
Appena mi fu vicina e mi salutò, le feci cenno verso il nostro compagno di dormitorio. «Lo conosci Zeppelin?» le dissi con entusiasmo.
«Che vuoi fare?» bisbigliò Jad al mio orecchio.
«Non preoccuparti, farà un po' di amicizia.» e tornai sulla falena. «Sai, è figlio di avvocati.»
Come immaginavo, le si illuminarono gli occhi e lo raggiunse in pochi passi e lì ebbi la certezza che stava iniziando la serata. Divertito mi dedicai alla scena e a quel piccoletto stava per scoppiargli la testa, dalla sua espressione sembrava dire che non aveva mai visto uno scollo così pronunciato e delle labbra così rosse e grosse.
«Buona serata, Zeppy.» e spaesato sembrava voler una mano a levarsela di torno, ma mi avviai in pista alla ricerca del mio coinquilino portandomi dietro Jared che domandava se non fosse il caso di levargliela di torno, mentre io cercavo di tranquillizzarlo nel dirgli che la squinzia se ne sarebbe andata da sola.
Finalmente trovammo il nero accompagnato dalla sua nuova compagna di festa. Riccia come una vera africana e poco meno scura di Earl, ma entrambi si strusciavano l'uno sull'altro.
Appena alzò lo sguardo da quelle natiche, mi vide e mi fece cenno di avvicinarmi. Speravo di non imbattermi nella sua spada laser, là sotto si sarà acceso il motore. «Fratello!» urlò per via della musica, ma sembrava aver bevuto abbastanza da farmi credere che avrebbe gridato in qualsiasi caso. «Vi presento colei che questa sera mi ha stregato, Dakota.» e prendendola dal fianco, si avvicino alla sua faccia per poi baciarla in bocca. Come non detto, si fece trasportare dalla passione del momento e giù di limoni.
Mi voltai un po' sorridente verso Jared che presumibilmente si sentiva di troppo, ma di punto in bianco un braccio gli circondò le spalle. «Fratellino, sei venuto!»
La prima cosa che mi balzò agli occhi era la differenza di altezza, il fratello maggiore era minimo cinque centimetri più basso ed aveva dei capelli corti che parevano biondo cenere per via del cambio di luce continuo.
«Lui è mio fratello Caleb.» si preoccupò a presentarci. «Cab, lui è-» ma senza farlo finire, una donna ci passò accanto accarezzando il volto del maggiore.
«Ciao, splendore.» la salutò ammiccando, poi lei se ne andò non prima di lasciargli un bacio sulla guancia. Avevo già capito, io e lui eravamo della stessa pasta, accalappiava facilmente.
Caleb si voltò per osservarle il sedere, cosa che feci anche io ad essere onesto, poi tornò serio a guardarmi.
«Lui è Samuel Sampson.» finì Jared avendo lasciato la frase in sospeso.
Il fratello mi studiò qualche secondo, poi si voltò verso il minore ed era strano pensarlo dato che era più alto. «Dimmi che non mi sei diventato omosessuale. Anche se una relazione va male, non devi darti per vinto.»
Ma che cazzo...
«Ti sembro uno che va a pannocchie?» chiesi scioccato, ma non mi diede ascolto.
«Se vuoi te ne trovo una anche subito, modestia a parte, ma sono un asso in questo.»
Ma che discorsi stava affrontando? E soprattutto, perché dovevo sembrare gay?
«È un compagno di dormitorio e nessuno di noi qua è omosessuale.» precisò per grazia divina.
«Sicuro? Prima uno lo stava adocchiando.»
Sconvolto dalla notizia mi guardai attorno e non vidi nessun uomo fissarmi con tanto desiderio, ma non appena tornai sui fratelli Watson, ecco che comparve il famoso amico dagli ormoni in fibrillazione, che si mise a ballarmi accanto nel tentativo di avere più contatto fisico col sottoscritto.
Oh santi Dei, non può aver toccato seriamente lì.
Lungo la colonna vertebrale mi passò un brivido immaginando cose fuori dai miei schemi, specialmente con un uomo.
No, non voglio vedergli l'amico là sotto!
Mi scansai dal tipo e posi le mani in avanti per mettermi a distanza di sicurezza. Posso piacere, ma mostrare tanto interesse così esplicitamente era troppo anche se fosse stata una donna. Okay, in quel caso sarebbe stato più gradito, ma, ripeto, accozzarsi in questa maniera era la via sbagliata, bisognava sedurre con garbo. «Ehi, man! Capisco di essere seducente quanto un Dio greco, ma per tutti i santi del paradiso, sono tutto etero e lo è anche il mio pene!» sbraitai sia un po' per via del volume delle casse, sia per il fatto che mi avevano appena traumatizzato il pacco.
«Andiamo, bocconcino, andiamo di là a fare un po' di stretching, faccio persino il personal trainer.» mi fece il labbruccio palpandomi un braccio e la faccenda stava diventando sempre di più un incubo. Non può essere reale.
«Dio, ti prego, svegliami...» mi allontanai sconvolto, facendo di conseguenza scoppiare a ridere Caleb.
Non ero omofobo, ma non mi piaceva essere abbordato da degli uomini palestrati, sembrasse una donna capirei. Oddio, questa andava a finire nella lista di esperienze da non rifare mai nella vita. Andava bene scherzare con gli amici e fingersi omosessuali per allontanare persone indesiderate o per fare i cretini di tanto in tanto, ma no, ero sicuro che qualsiasi uomo etero si scandalizzerebbe nel trovarsi uno più pompato e alto provarci mentre lo toccava nei bassi fondi.
«Il tuo nuovo vicino è uno spasso.» commentò cercando di smettere la comica. «Quindi anche tu minerario, alla ricerca di nuove gemme preziose.»
«Preciserei con bocce, perché i gioielli di famiglia non li cerco assolutamente.» e portai una mano lì come per proteggere la mia zona fertile.
Mi guardò un secondo, poi come se non fosse tornò sul fratello. «Hai visto Mare?» gli domandò.
«Sì, ma il suo fidanzato non era nei paraggi.» sottolineò un po' seccato e la storia stava cominciando ad interessarmi particolarmente.
Roteando gli occhi lo spinse leggermente. «Tsk, non lo sopporto quel Jef.»
«Si chiama Manuel.» lo corresse assumendo l'espressione di uno che non sa più come recuperare suo fratello.
«È uguale.» pronunciò con scocciatura, per poi posare le sue pupille sulle mie, lasciandomi interdetto. «Ma che hai da guardare, gli affari tuoi non sai farli?»
Corrugai la fronte credendolo più scorbutico di quando non lo sembrasse già da sé. «Ma se stai parlando davanti a me.» gli feci presente.
Mi guardò serio in viso e potei constatare che aveva degli occhi verdi con delle striature gialle. «E ancora sta a guardare, ma che si è innamorato?» e con questa battuta, se ne andò verso la zona bar.
Perplesso fissai Jared che non sapeva cosa dire al riguardo. Earl nel frattempo non aveva smesso di stare incollato a quella Dakota e sicuramente la serata per lui non sarebbe finita lì. Almeno qualcuno aveva pescato un bel pesce.
Sentii improvvisamente delle dita sottili picchiettarmi sul braccio e voltandomi notai che il proprietario non era altro che la stessa ragazza che avevo adocchiato agli inizi. Uno a zero per Sampson.
In realtà uno ad uno, c'era l'omosessuale prima.
Non ricordarmelo.
«Ciao.» mi salutò.
«Ciao anche a te.» ammiccai mostrandole un piccolo sorriso.
Si spostò una ciocca di capelli dietro all'orecchio perdendosi nei miei occhi cristallini. Sì, davo a tutte lo stesso effetto, non ci potevo fare nulla. «Volevo dirti che il mio nome non è Dana, mi sa che ti sei confuso con un'altra.»
Con falso stupore cominciai la mia recita. «Oh, scusami davvero tanto. Sai, assomigli a una mia vecchia conoscenza, mi sono sbagliato.»
«Nessun problema, capita. Comunque sono Rochelle.» e mi tese la mano.
Gliela strinsi con charme e avvicinandola alle labbra, gliela baciai. «Nome stupendo Rochelle. Io sono Samuel il Magnifico.» ampliai la mia smorfia mostrandole le fossette e lei sembrò sciogliersi in quell'istante.
Posai per pochi secondi gli occhi su Jared che con un mezzo sorriso scuoteva la testa, probabilmente non voleva crederci.
Lasciai la mano della povera fanciulla che si era appena invaghita e a distrarla furono le sue amiche che vennero a prenderla, ma ovviamente non si lasciarono sfuggire il belloccio con cui stava parlando. Feci un cenno a tutte e alcune rimasero a fissarmi, altre direttamente erano a bocca aperta.
«Sei uguale a mio fratello.» mi volle far notare il vicino di stanza e voltandomi verso di lui, sghignazzai.
«Lo prenderò come un complimento, ma secondo me anche tu hai il tuo charme, dovresti sfruttarlo.»
«Non mi piace illudere le ragazze, preferisco trovarmi quella giusta.»
«Andiamo, una volta ogni tanto ci sta andare con qualcuna, ti svaghi un po'. Da quant'è che ti sei lasciato?»
Capendo che mi riferivo al discorso che avevo captato tra lui e Caleb, strinse le spalle tenendo le mani nelle tasche. «Circa cinque mesi.»
Non volevo crederci. «Non vai a letto con qualcuna da cinque mesi?»
«In realtà lei si è trasferita, quindi abbiamo passato due mesi senza vederci prima di rompere.»
Ancora più scioccato. «Amico, sette mesi sono assai.»
«Non credo che sia davvero un problema.»
Chiudendo gli occhi mi preparai al peggio. «E non mi dire che ti ha lasciato perché si è trovata un altro.»
Aggrottando la fronte annuì e io potevo spararmi. Questo era proprio quello che io non sopportavo e quello che volevo altamente evitare. Non era la prima volta che sentivo parlare di queste cose, Lara e Alessio erano un esempio, ma la loro relazione per fortuna era finita prima che il mio amico se ne trovasse un'altra come alla fine si era rivelato.
Presi Jared per le spalle e lo portai al bancone. «Amico, questa sera ti prometto che non torneremo da soli.»
GLOSSARIO
Mate, no worries = amico, non ti preoccupare
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