CAPITOLO 2
Sentii il telefono squillare ed aprii gli occhi. La suoneria del telefono mi stordì un orecchio. Afferrai il telefono e guardai lo schermo tenendo un occhio aperto e uno chiuso, Kevin mi stava chiamando, ma prima di rispondere, controllai che ore fossero,08:21 del mattino. Accettai la sua chiamata e misi il vivavoce, non avevo la minima voglia di mettermelo all'orecchio di prima mattina.
«Buongiorno splendore! Sei sveglia?» mi sembrò quasi di sentirlo urlare, com'era possibile avere tutto quell'entusiasmo alle otto del mattino?
«No, sono un fottuto zombie ed è tutta colpa tua! Perché cavolo mi svegli a quest'ora??» domandai scocciata, mi aveva rovinato il sonno!
«Ehi calma dolcezza! Sto venendo a casa tua, ieri sera ti avevo avvisata» rispose lui,
«Si, ma non mi avevi detto che ti saresti presentato alle otto del mattino, stronzo!» urlai, presi un cuscino dalla mia destra e me lo buttai in faccia simulando di soffocare, «E dai! Sto portando la colazione» aveva detto colazione? Lanciai via il cuscino dal viso, afferrai il telefono e avvicinandomi al microfono dissi «Sarà meglio per te che sia qualcosa di buono!» sentii una risata provenire dall'altra parte del telefono e attaccai.
Mi guardai attorno, la stanza era praticamente buia. Le tende nere della finestra non lasciavano entrare neanche un raggio di sole. Svegliarmi in un letto così grande senza nessuno accanto mi faceva ancora uno strano effetto, ed ogni volta, era quasi impossibile non pensare a Michael.
Prima della sua morte, era come se dessi le cose per scontato: dormire con lui, svegliarsi con un bacio sulle labbra, colazione insieme, aspettare che lui cucinasse mentre io apparecchiavo, tornare a casa e vedere un film insieme. Tutte cose che, seppur alcune banali, facevano parte delle mie abitudini. E dopo tre anni dalla sua morte? Mi ero abituata a non avere più quelle abitudini? No, e credo che non lo avrei mai fatto del tutto. La verità, è che non c'è giorno in cui non sento la sua mancanza. Non sentire più la sua voce, non sentire le sue labbra sfiorare le mie, le sue mani percorrermi il corpo facendomi rabbrividire, il profumo della sua pelle...è tutto una tortura. I piccoli gesti che si davano per scontato, io non li avevo più. Non avevo più nulla. Ne era passato di tempo, eppure mi sembrava ancora ieri quando Maryse mi aveva dato quella brutta notizia. Il dolore non era mai diminuito.
Mi capitava spesso di fissare il vuoto e finire per piangere senza neanche accorgermene. E questa, era una di quelle volte.
Scossi la testa e mi asciugai le lacrime. Mi alzai dal letto ripetendomi in testa che era ora di smetterla di pensarci e ripensarci. Nulla me lo avrebbe riportato indietro, dovevo solo accettarlo. Col cuore in gola e le lacrime che minacciavano di uscire, aprii la tenda e la luce che entrò quasi mi accecò. Guardai per un po' il paesaggio rimanendo un attimo incantata. Il sole era quasi alto nel cielo azzurro, non c'era neanche una traccia di nuvola. Riuscivo a vedere migliaia di macchine in lontananza, migliaia di persone camminare per le strade di Los Angeles per andare chissà dove.
E poi, abbassando lo sguardo sulla strada di casa mia, vidi quella chioma di capelli castani sempre pettinati alla perfezione, anche Kevin era vanitoso, proprio come Michael. Stava indossando la camicia che gli avevo regalato al suo compleanno, quella blu cobalto a maniche corte, e quei pantaloncini neri strappati che tempo prima gli avevo detto di buttare. Ma quando mai mi stava ad ascoltare?
Kevin stava attraversando la strada con una busta tra le mani, si trattava della nostra colazione. Un sorriso spontaneo si stampò sul mio viso, nonostante il dolore permanente che avevo dentro di me, le piccole gioie che mi offriva quel ragazzo miglioravano ogni mia giornata. Mi allontanai dalla finestra dirigendomi al grande specchio dell'armadio. Mi sistemai i capelli facendo uno chignon abbastanza decente, infilai la mia vestaglia viola di seta e poi sentii suonare al citofono. Corsi ad aprire rischiando di inciampare sulle scarpe che avevo lasciato in mezzo al corridoio e mi sedetti sul divano del soggiorno aspettando il suo arrivo.
Pochi minuti dopo la porta di casa mia si aprì, «Hey principessa! Buongiorno» urlò Kev, «Buongiorno, dov'è la mia colazione?» domandai sorridente, lui mi mostrò il sacchetto che aveva nascosto dietro a sé ed io gli feci cenno di sedersi accanto a me.
Accesi la televisione mettendo un po' di musica spagnola che piaceva a lui, mentre lui era intento a sistemare cibo e bevande sul tavolino di fronte a noi. Appena finì si voltò verso di me, mi guardò sorridendo senza dire nulla, «Perché mi guardi così?» domandai alzando un sopracciglio, lui si avvicinò e mi baciò sulla guancia. Lo guardai un po' schifata e mi misi a ridere non sapendo che altro fare, «Che c'è? Volevo essere dolce» disse,
«Passami quella ciambella va» continuai a ridere, lui allungò la mano e mi prese quella ciambella, «Caffè latte con doppia panna?» domandò, «Ovvio, mi conosci» risposi io.
Era ormai da un'ora che ci trovavamo su quel divano a ridere e chiacchierare. Avevamo messo uno di quei film comici su Netflix che in realtà nessuno dei due stava seguendo.
«Davvero mi stai dicendo che tuo padre pensava fossi la tua ragazza?» dissi scoppiando a ridere, «Te lo giuro! Ne era assolutamente convinto, infatti mi ha detto che ti potevo portare a casa per farti conoscere mia madre!» ammise, anche lui scoppiò a ridere.
«Oh mio dio sto piangendo dalle risate!» quasi urlai, «Se solo sapesse la verità!» esclamai, e per un momento il viso di Kevin tornò serio «Già, se solo sapesse...», notai il tono della sua voce molto diverso da quello di prima, smisi di ridere e mi ricomposi «Ei cos'è quel tono?», «Nulla, ti stavo solo prendendo in giro!» tornò a ridere come un pazzo e lo stesso feci anch'io, che stupido.
Dopo quel momento di risate incontrollabili, finalmente mi alzai e andai a buttare tutte le cartacce che erano rimaste sul tavolino, «Oh, ti aiuto» dopo aver spento la televisione, anche Kevin si alzò, andò a buttare i tovaglioli sporchi caduti a terra e passò l'aspirapolvere per togliere le briciole. Mi diressi in camera mia che era un disastro, il letto ancora disfatto, vestiti della sera prima a terra, scarpe che non avevo ancora messo a posto e roba varia. Ebbene si, ero molto disordinata.
«Kev, vieni ad aiutarmi a fare il letto per favore!» urlai per farmi sentire. Qualche secondo dopo lo sentii arrivare dietro alle mie spalle «Oh ma lo facciamo dopo il letto!» esclamò lui, «Dopo quando? Dai aiutami» presi i cuscini e li posai sulla sedia, afferrai il lenzuolo ma venni spinta sul letto «Così non sei d'aiuto!»,
«Infatti non volevo esserlo» si sdraiò accanto a me, feci per alzarmi ma mi afferrò dal polso tirandomi verso di sé, e facendo così caddi sopra di lui.
«Grace...» sussurrò,
«Kevin...?» sussurrai a mia volta,
«Ti dispiace spostarti un po'? Mi stai schiacciando lì sotto», mi spostai immediatamente e non riuscii a trattenere le risate, «Oh ma non è mica colpa mia se tu mi tiri dal polso a caso!», mi guardò addolorato ma finì per ridere anche lui, «Hai ragione, ma ha fatto male!»,
«Povero piccolo» finsi di piagnucolare per prenderlo in giro e lui mi alzò il dito medio, «Mh, come posso rimediare tesoruccio?» domandai scherzando, «Lo so io come» fece un ghigno, si avvicinò lentamente a me e mi accarezzò una guancia. Sapevo bene cosa aveva intenzione di fare.
«Ah si? E come?» mi scappò una risata, «Te lo mostro» si avvicinò al mio viso e mi baciò sulle labbra, come già immaginavo. Per lui ogni occasione era buona per rubarmi un bacio.
«Ci avrei scommesso Kevin Lopez!» abbassai lo sguardo ridacchiando,
«Non ti piace l'idea?» afferrò una mia mano e la incrociò con la sua,
«Secondo te non mi piace?» alzai lo sguardo e lo guardai negli occhi mordendomi il labbro inferiore, mi sembrava un bambino che era rimasto imbambolato a guardare la vetrina di un negozio di giocattoli, «Attenzione che ti cade la bava!» esclamai,
«Fanculo Grace» fece un sorrisetto per poi fiondarsi nuovamente sulle mie labbra. Mise una mano dietro la mia schiena e mi fece sdraiare dolcemente sul letto. Continuando a baciarmi come farebbe un ragazzino arrapato, si slacciò la cintura dei pantaloncini per poi toglierseli, rimanendo con solo i boxer e la camicia che non mi feci problemi a sbottonare. Mi tolsi la maglia del pigiama, e non avendo il reggiseno, rimasi senza nulla. Kevin spostò le sue labbra sul mio collo lasciandoci dei baci umidi e caldi, continuò a scendere fermandosi sui miei capezzoli. Si divertì a mordicchiarli, facendomi ansimare più e più volte. Chiusi gli occhi lasciandomi andare, lui premette il corpo più forte contro il mio, riuscii a sentire la sua erezione tra le mie gambe, facendomi venire la pelle d'oca. Dovevo ammetterlo, ogni volta sembravamo dei ragazzini super arrapati che non potevano fare a meno di fare sesso ad ogni occasione.
Ma infondo, qual era il problema nel volersi divertire? Ognuno era libero di fare ciò che voleva, e noi due amavamo ammazzare il tempo in quel modo. Non c'era nulla di più soddisfacente. E quella giornata, continuammo così per ore e ore. Era piuttosto difficile farci stancare.
«Ora mi tocca cambiare le lenzuola» ridacchiai, eravamo stesi sul letto, nudi con un lenzuolo che ci copriva, uno accanto all'altro, entrambi a guardare il soffitto della camera, «Beh, direi che ne è valsa la pena» disse lui, «Non posso darti torto» ammisi sorridendo.
«Che ore sono Kev?» domandai, lo vidi prendere il telefono dai pantaloni che erano a terra, quella stanza era un casino.
«Oh, sono le 13:34!»,
«Cosa? E' tardissimo!» mi affrettai ad alzarmi dal letto prendendo il lenzuolo per coprirmi. Facendo così lasciai il povero Kevin tutto nudo sul letto. Beh, mica male quella vista.
«Mi preparo ed usciamo» dissi, lo vidi annuire con la testa. Presi una maglietta bianca della nike e un semplice pantaloncino di jeans nero, le scarpe che non so per quale motivo si trovavano una dentro l'armadio e l'altra vicino alla scrivania, e uscii dalla stanza dirigendomi in bagno, che era proprio accanto alla mia camera, con il lenzuolo attorno al corpo che sembrava peggio di un velo da sposa.
Passò circa un'ora. Dopo i mille richiami di Kevin che mi aveva data per morta dentro il bagno, uscii finalmente da lì, vestita, truccata e profumata.
«Datti una calmata, ho i miei tempi!» gli urlai, Kevin aveva una spalla poggiata sulla porta della mia camera ed era con le braccia conserte «E io ho fame!» sbuffò, «Sei uno schianto comunque» aggiunse, facendo una faccia da pervertito.
«Si ok, ora andiamo» passai accanto a lui dandogli una spallata di proposito, e a mia sorpresa, appena entrai trovai la stanza perfettamente in ordine.
«Beh, non avevo nulla da fare, quindi mi sono messo a sistemare», senza dire una parola mi voltai e lo abbracciai «Come farei senza di te!» sorrisi dalla felicità e lo baciai sulla guancia. Mi aveva risparmiato un pomeriggio a combattere con pile di vestiti.
Mi allontanai per prendere la borsa che a quanto pare mi aveva già preparato lui, era sul letto. Uscii, chiusi la porta della camera e anche quella del bagno. Attraversai il corridoio fino ad arrivare in soggiorno, seguita da Kevin, «Forza, andiamo» presi le chiavi di casa che erano sorprendentemente per la prima volta al loro posto, appese al portachiavi accanto alla porta. Uscimmo, e chiamando un taxi, ci dirigemmo al McDonald, come al solito.
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Il pomeriggio lo passammo dentro ad un centro commerciale poiché c'era l'aria condizionata e avevo praticamente obbligato Kevin a comprarsi dei pantaloncini nuovi.
«Che ne dici di questi?» gli mostrai quelli che avevo appena preso, li avevo visti sul manichino in vetrina. Erano dei pantaloncini lunghi fino alle ginocchia, di colore blu scuro, con delle strisce laterali bianche.
«No, sono troppo piccoli!», li guardai nuovamente con attenzione per controllare se avesse ragione o meno, «Non è vero! Sono perfetti, provateli» glieli allungai e con viso scocciato andò a provarseli. Dopo neanche un minuto, aprì la tenda del camerino, «Ti vanno larghi! Sei dimagrito?» ero sicura di aver preso la sua solita taglia, ma quei pantaloncini sembravano più uno di quei pigiami larghissimi che solo in casa avrei avuto il coraggio di indossare.
«Ma quale dimagrito! Dev'essere il modello così largo» feci un cenno con la testa in segno che aveva ragione. Ero troppo pigra per alzarmi da quella sedia così comoda e andare a prendere una taglia in meno, così, appena vidi una commessa passare da quelle parti, alzai la mano per chiamarla. La prima volta mi ignorò, la seconda venne da me sbuffando, che ragazza scontrosa.
La salutai, le chiesi gentilmente se mi potesse portare una taglia più piccola e lei si limitò ad annuire e fare un falso sorriso. Le avranno tagliato la lingua, pensai.
Dopo un po' vidi un'altra commessa dirigersi verso di me, aveva in mano i pantaloncini che avevo chiesto a quella ragazza scontrosa. «Signorina! Ecco i pantaloncini per il suo ragazzo» sorrise e me li porse. Ragazzo? Ma quale ragazzo! Mi scappò una piccola risata, «Oh no! Non è il mio ragazzo»,
«Ah oddio, mi scusi! La mia collega mi aveva detto il contrario!» si giustificò,
«La sua collega si sbaglia» tornai seria, «Kev prendi questi pantaloncini!» aprii la tenda del suo camerino in modo da far entrare la mia mano e darglieli, mi stavano salendo i nervi. Intanto, quella ragazza se ne andò, per fortuna.
Alla fine quei benedetti pantaloncini li comprò, uscimmo dal negozio e andammo a prendere un gelato.
«Prendimi stra-»,
«Stracciatella e cocco, con doppia panna, lo so già» disse, non facendomi finire di parlare. Mi conosceva proprio bene, erano i miei gusti preferiti. Nel mentre, presi il telefono per controllare le notifiche, notandone una in particolare,
"kevin_lopez ti ha menzionato nella sua storia".
Entrai velocemente su Instagram. Che cavolo di storia aveva fatto? E quando? E perché senza avvisarmi?
Aprii la storia e vidi un selfie di noi due. Ora ricordavo, l'avevamo scattata quando eravamo entrati nel centro commerciale. Kevin aveva visto una parete decorata con cuori di tutti i colori e mi ci trascinò per fare un selfie. Sulla storia aveva aggiunto una canzone, "Home" di Tom Rosenthal, e anche una frase, "Everything I need❤️", tutto ciò di cui ho bisogno. Avrei voluto incavolarmi per il fatto che non mi avesse avvisata prima di mettere una nostra foto, nella quale facevo piuttosto schifo. Ma dopotutto, mi faceva tenerezza, e non potei fare a meno di sorridere sapendo che lui, ci sarebbe stato sempre, per ogni cosa.
Stava tornando con due coni in mano e qualche tovagliolo. Scrutai il suo volto, indecisa se mostrargli un volto 'serio' o sorridente.
«Cosa c'è?»,
«Siamo ragazzini di dodici anni che mettiamo selfie con frasi sdolcinate del cazzo, Kevin Lopez?» alla fine prevalse la parte stronza che era in me, purtroppo, aggiungerei.
«Oh ma dai!» mi passò il mio gelato e un tovagliolo, «Finiscila di fare la stronza e fingere che non ti sia piaciuto il mio gesto» finì per dire, diedi un morso al mio gelato, perché beh, si, ero una di quelle persone che lo mordeva, senza problemi tra l'altro, e lo guardai tenendo un viso serio e molto duro, per quanto potei, «'Everything I need'» dissi con voce da bambina, «Mi farai vomitare questo gelato delizioso» feci una faccia schifata,
«Tanto ti ho vista sorridere prima, mentre guardavi il telefono» ridacchiò, per poi dire «A me non inganni Grace, quindi non fare la cinica della situazione»,
«E va bene» dissi colpevole, «Quella frasetta sdolcinata era carina» sospirai, lui mi sorrise, dal suo viso si vedeva che non aspettava altro che sentire della dolcezza nelle mie parole, «E fanculo! Se cerchi qualcuno di dolce hai sbagliato persona caro mio» diedi un altro morso al gelato che era sul punto di sgocciolare,
«Mh, io invece credo di aver trovato la persona perfetta», mi limitai ad inarcare un sopracciglio.
Finimmo di mangiare i nostri gelati e tornai su Instagram per repostare quella storia, aggiungendoci un cuore bianco. Controllai l'orario, 19:56.
«Allora, si torna a casa?»,
«Possiamo ordinare il sushi per cena e guardare un film strappalacrime?» mi domandò, intanto ci alzammo per dirigerci all'uscita, «Si per il sushi, no per il film strappalacrime. Direi che un horror è molto meglio» risposi,
«Vada per il sushi e il film horror» ci guardammo sorridendo l'uno all'altro. A quel punto, lo presi a braccetto, mentre attraversavamo la strada. Non ci restava che aspettare un taxi, e tornare finalmente a casa.
SPAZIO AUTRICE
Ciao carissimi lettori! Che ve ne pare questo secondo capitolo? Vi piace il rapporto tra Grace e Kevin? Se vi va lasciate una stellina e anche un commento, mi fa sempre piacere leggere un vostro parere❤️
Vi ricordo che ho un profilo su Instagram, mi chiamo @anonymous26105, se vi va andate a seguirmi! Lì potrete sapere di più riguardo agli aggiornamenti e magari ogni tanto potrei pubblicare qualche spoiler o qualche video edit❤️
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