Dottoressa Alessandra Doria

Spesso nella vita perdiamo tempo a pianificare gli step che vogliamo raggiungere, ma poi la vita stessa ti insegna che non c’è un’unica strada per arrivare dove si vuole.
Non esiste un solo traguardo sicuro, ma tanti arrivi instabili che rendono le tue certezze sorprese inaspettate.
Se qualcuno mi avesse detto appena due giorni fa che avrei finito il mio tirocinio in una prestigiosa clinica con un famoso primario a cui i miei occhi danno del tu, avrei sorriso falsamente e gli avrei ricordato che alla mia età le favole le racconto agli altri.
Ma forse la forza dei miei sogni è così potente che ha smosso l’universo affinché mi donasse una tregua per arrivare al mio traguardo.
Devo concentrarmi sui miei obiettivi.
Da domani diventerò una tirocinante del Professor Filippo e devo cogliere ogni occasione per imparare, crescere e diventare quel medico che da anni vive in me.
Sono le 6:00 e il mio corpo è già pronto per andare a lavoro.
L’appuntamento con Filippo è alle 9:00, ma non ho chiuso occhio dall’emozione, quindi tanto vale che mi prepari.
Guardo il cellulare quasi in maniera maniacale per vedere lo scorrere del tempo che in questo momento sembra fermo.
In un attimo di follia penso anche di andare a buttare giù dal letto Filippo per farmi iniziare a lavorare, ma mi rendo conto che sarebbe poco professionale.
Anzi, dovrò fare molta attenzione a non scambiare la nostra amicizia con il lavoro. Credo che sia giusto non mischiare le due cose.
I miei occhi si posano di nuovo sul cellulare che indica 6:10.
Sembrava fosse passato del tempo, invece solo 10 minuti.
Certo, in 10 minuti si potrebbero fare tante cose.
In dieci minuti si può baciare l’uomo che si ama, in dieci minuti si può realizzare un goal.
Quei dieci minuti sono preziosi quando vuoi ancora dormire un attimo e in dieci minuti puoi passare dal dolore al ricominciare, proprio come è successo a me.
In pochi istanti Filippo ha cambiato il percorso della mia vita.
Non credevo più a niente e in un attimo un fuoco ha asciugato il mare delle mie indecisioni.
Una luce in fondo a un tunnel che percorrevo da troppo tempo, prigioniera di un artificio che mi teneva legata ai miei inferi.
Ma ora mi era stata data una possibilità, una pozione magica per liberarmi da questo dolore, da questa gabbia dorata che avevo costruito con le mie paure.
“Ciao Angelo, sono passata a darti il bocca al lupo.”
“Giovanni, sei venuto apposta per me?”
"E per chi altro?
Da oggi dovrai tenere a bada il mio amico e ti servirà pazienza, pazienza per sopportarlo.
Ripeti con me:
Alessandra è il mio capo. Alessandra mi ha offerto un’opportunità. Alessandra, non ucciderlo, è il migliore amico del mio migliore amico."
“Hai finito di prendere in giro il mio mantra?
Sai benissimo che Filippo è ancora vivo grazie al fatto che ogni volta che parlo con me stessa mi calmo e non do di matto con lui.”
“Vieni, tesoro, ti offro la colazione.”
1,45 secondi dopo siamo giù.
Oggi non do il meglio di me, ma lo stomaco è chiuso dall’agitazione e la voce alle mie spalle non fa altro che aumentare l’ansia.
Filippo è già qui.
“Non mangiare troppo, non mi piacciono le assistenti che si appisolano perché hanno lo stomaco pieno.”
Alzo lo sguardo su Gianni e capiamo immediatamente che devo ripetere il mio mantra esattamente venti minuti prima di iniziare a lavorare, quindi di sicuro sarà una giornata intensa.
Mi avvio verso il suo studio, salutando e ringraziando Gianni.

Arrivati di fronte alla porta, passo davanti alla sua guardia del corpo che mi lascia un’ansia incredibile ogni volta che lo vedo. Probabilmente sarà la sua stazza e il fatto che si veste sempre di nero, ma è inquietante.
“Allora, Professor Vittozzi, cosa posso fare?”
Filippo si alza di scatto dalla sua sedia e si viene a sedere sulla scrivania esattamente a un millimetro dalla mia faccia.
Iniziamo bene.
"Primo, non permetto nemmeno ai pazienti di chiamarmi Professore, figuriamoci i miei amici.
Quindi io sono Filippo e voglio essere chiamato così.
Secondo, ho un regalo per te."
E mi porge una scatola.
“Che cosa è?”
Poggia le mani sulla scatola e inizia a muoverle dicendo:
“Io vedo, io vedo che c’è un regalo, ma non riesco a percepire cosa è.
Mi dispiace, i miei poteri da mago in questo momento sono scarsi.”
“Che simpatico.”
“Faresti prima ad aprirlo.”
Prendo la scatola sfiorando le sue mani che ancora sono poggiate lì, e apro il coperchio.
“Il mio primo camice! E c’è anche il mio nome,” urlo.
DOTT. ALESSANDRA DORIA.
Quella scritta mi emoziona tantissimo, e non riesco a non pensare a mio padre e a quanto sarebbe stato orgoglioso di vedermi realizzare un sogno.
“Grazie di cuore, Filippo,” riesco solo a dirgli.
“Ora vieni con me.”
“Dove andiamo?”
“Ricordi?
Nessuna domanda.
Indossalo e andiamo.”
1,45 secondi dopo eravamo al terzo piano a bussare alla porta di mamma.
“Enza, ti presento la dottoressa Alessandra Doria.”
Probabilmente dieci minuti fa avevo la stessa faccia di mamma, e anche se non me lo dice a voce, capisco benissimo il rumore di questo silenzio.
“Sei la quarta bellezza di Napoli, figlia mia.”
Papà mi avrebbe detto la stessa cosa, e per un attimo è proprio la sua voce che sento.
La vado ad abbracciare per trasmetterle quella stessa forza che sto percependo io in questo momento e cerco di ricompormi per non iniziare il mio primo giorno di lavoro piangendo.
Filippo guarda commosso la scena, ma mamma, senza rendersi conto che sarebbe stato molto imbarazzante, gli fa cenno di venire a stringersi a noi.
Non accetterebbe mai, ed è inopportuno che glielo abbia chiesto.
Sono mortificata…
Ma mentre la mia testa pensa e ripensa, due braccia possenti e un profumo che ormai riconosco anche nei sogni mi stringono quasi stritolarmi.
Non ci posso credere, Filippo è qui stretto a noi come uno scudo.
Sembra volerci proteggere da questa mancanza, o semplicemente sta abbracciando un desiderio.
Cerco di riportare un briciolo di stabilità e dico dopo qualche istante:
“Ora dobbiamo andare, il lavoro ci aspetta.”
“La guastafeste, era così bello stare abbracciato a tua mamma.
Va bene, Enza, lo rifaremo quando lei non c’è.”
Come sempre, la loro complicità è indirizzata contro di me, ma in fondo fanno ridere.
1,45 secondi dopo iniziava il mio lavoro…

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