9. "10 consigli per un primo appuntamento"

2500 parole secche, signori e signore, per la prova camaleonte! E autorizzo PMillerEunaNotte a pubblicarlo e riadattarlo (ammesso e non concesso che lo voglia). Buona lettura! Spero.

Credo di star andando in iperventilazione e ciò non va bene. Insomma, sono solo stata appena invitata dal ragazzo che mi piace a un appuntamento, cosa vuoi che sia, mi capita tutti i giorni! No, non è vero per niente. Il mio ultimo fidanzato, se così si può chiamare, risale ai miei quattro anni e siamo stati insieme una settimana. Poi mi ha lasciata perché ero una tipa troppo silenziosa. Non è il momento di pensarci ora, però.

Sono scioccata, insomma, avevo immaginato qualcosa del genere nella mia testa dopo che ci eravamo accordati per studiare insieme greco: lui che mi chiede un appuntamento, alla fine del quale ci baciamo e ci fidanziamo, dopo sette anni ci sposiamo, abbiamo tre figli (Arianna, Ettore e Irene) e compriamo anche un criceto nero di nome Ade. Diciamo che però si era tutto limitato a un filmino mentale piuttosto lungo (alla faccia del Signore degli Anelli di Peter Jackson!) e non avevo neanche provato a sperarci.

Motivo per cui, dopo che ha sganciato la bomba, ho balbettato un'affermazione non molto convinta (diciamo pure che il mio cervello era andato in blackout) e l'ho visto mentre se ne andava agli allenamenti, bello come una cioccolata calda con la panna mentre fuori si gela. Forse non sono un asso nei paragoni, già.

Sono totalmente, completamente e assurdamente disperata, tanto che in un riflesso incondizionato inizio a sbattere la testa contro il tavolo. Mi hanno sempre detto che sono un po' troppo tragica, ma d'altronde nomen omen dicevano i latini e io mi chiamo Cassandra, la profetessa di sfighe nella mitologia greca. E lui, il ragazzo più gentile, simpatico e carino della terra si chiama Ares, il dio greco della guerra. Concicredo? Io non denze.

Immersa nei miei pensieri riguardanti l'aspetto dei nostri futuri figli, non mi accorgo della donna che si avvicina a me. Porta una parrucca color puffo leggermente vistosa e dalla sua espressione schifata sembra che abbia ingoiato mezzo litro di tè bruciato sul fornello mentre la bustina era in infusione  (parola di una a cui è successo: fa assolutamente schifo). È la stessa che c'era dietro alla scrivania al nostro ingresso, quindi deduco che sia la bibliotecaria.

-Ragazza, non vedevo un caso così disperato dal lontano 1983.- dice semplicemente lei, prima di sbattermi un libro in faccia, con la stessa delicatezza di Iron Man mentre costruisce la sua prima armatura.
-E vedi di non sfasciarmi il tavolo a suon di craniate, giovincella!- sbuffa contrariata, prima di andarsene borbottando qualcosa sulla mia generazione. Io intanto sto metabolizzando il tutto, provando il desiderio di prendere la pala che nonna Tina usa per il giardino e sotterrarmi.

Guardo la copertina del libro di un rosa sgargiante (un colore talmente brutto che pure Barbie a vederlo si darebbe al nero perenne) con il titolo scritto in caratteri gotici bianchi: "10 consigli per il primo appuntamento". Ora, già la copertina (perdonate la finezza) fa cagare, se poi mi mettete nel titolo il numero scritto in cifre e non in lettere mi fate venire voglia di usare questo libro per accendere il camino. Decido però di dargli un'opportunità, sia mai che questo cosino piccolino che sembra uscito come allegato della peggio rivista adolescenziale (e probabilmente lo è) contenga l'illuminante sapienza degli appuntamenti, e per non guardare ulteriormente quel colore allucinante decido di andare subito all'indice e di leggere i titoli dei capitoli.

Faccio un piccolo calcolo matematico: ci sono dodici capitoli (ovvero i dieci consigli, una breve prefazione e un'altrettanto breve conclusione) e sessantadue pagine, quindi in media un capitolo è lungo poco più di cinque pagine, tra l'altro scritte in un carattere oscenamente grande. Gentili redattori, appuntatevi che esiste una via di mezzo tra il Comic Sans sedici e il Book Antiqua sette.

Sorvolo anche su questo minuscolo dettaglio, ma se vado avanti così il prossimo occhio che chiudo è il terzo. Mi diletto dunque nel leggere i titoli dei capitoli riguardanti i consigli: magari dicono anche qualcosa di sensato, non devo giudicare l'autrice (di cui ho già dimenticato il nome) per il lavoro del grafico e del redattore. Ammesso e non concesso che per questione di budget non siano la stessa persona, perché allora mi sembrerebbe tutto più chiaro.

"1. Non accettare subito di uscire con lui."
Evvai, ho già sbagliato il primo passo senza arrivare neanche all'appuntamento! Francamente non credo abbia senso, però vado a leggere il capitolo nel caso mi sia sfuggito un possibile punto di vista. Riassumendo cinque pagine di nulla cosmico (quello che si forma nella mia testa durante le verifiche di inglese), suggerisce di farsi desiderare a suon di "no" e occhiatine languide. Certo, e magari poi devo metterci pure le "strusciatine casual" come Claudia Gerini insegna in "Amiche da morire".

Se provassi a farmi desiderare come il libro suggerisce, finirei per fare la figura dell'idiota e di perdere l'opportunità di un appuntamento con Ares: quindi assolutamente no. Già sono stata graziata da un miracolo senza neanche fare una visitina a Lourdes, evitiamo di sprecare così le intercessioni divine.

Passo senza indugi al consiglio numero due: "Arrivare in un ritardo strategico".
Quindi mi sta dicendo di fare aspettare un ragazzo per più di un quarto d'ora sotto la pioggia, la neve, il sole cocente o da solo al tavolino di un bar come un pirla, sempre per il farti desiderare e per dimostrare hai una vita impegnata? Il mio concetto di vita impegnata è prepararmi un piatto di pasta per pranzo da mangiare sul divano vedendo i Simpson dopo scuola e tutti in classe lo sanno, Ares compreso. Quindi non solo lo farei sembrare un idiota che deve correre dietro a una ragazza come un cane, ma sembrerei io stessa un'idiota in quanto non minimamente credibile.
Mi dispiace, ma io sarò puntualissima. Anzi probabilmente arriverò in anticipo di mezz'ora presa dall'ansia. Come mio solito, per altro.

Il consiglio numero tre suggerisce, visto che i maschi sono per l'autrice degli esseri con un unico piccolo e solo neurone in cerca di affetto (e diciamo che il libro specifica chiaramente quale tipo di "affetto"), di risaltare la propria femminilità, magari con una bella scollatura o una minigonna. Anche qui storco immediatamente il naso: non c'è nulla di male a mettersi in tiro e mettere in risalto i propri punti di forza, ma per come la mette il libro sembra che i ragazzi siano degli esseri che reagiscono esclusivamente a un culo o a un paio di tette e insomma, non è così. Questo stereotipo del ragazzo senza sentimenti ha stancato, un po' come Despacito a tre mesi dalla sua uscita.

Mi prendo un attimo di pausa dal libro per lasciare che i miei bollenti spiriti di femminista si plachino, ma poi decido che se voglio incazzarmi lo devo fare per bene e proseguo la lettura.

Il consiglio successivo riguarda gli ex ragazzi: l'autrice suggerisce di decantare le loro lodi per far ingelosire il proprio cavaliere, che scatenerà il proprio istinto di maschione alpha e... Sì, poi magari si mette pure a ululare e alla prossima luna piena fa una sorpresina. Dai, persino io so che non bisogna parlare degli ex al primo appuntamento, che metti un'ansia che metà basta a questo povero disgraziato.

Prima per concedergli un appuntamento deve fare le dodici fatiche di Ercole, lo fai diventare vecchio sul luogo deciso divorato dall'ansia, te la tiri come se fossi Gigi Hadid (spoiler: non sono Gigi Hadid), pensi che sia dotato di un solo neurone in quanto maschio e poi magari gli fai pure credere che sei ancora cotta del tuo ex? Bisogna avere un cassonetto al posto del cuore! Uno di quelli dell'umido, belli puzzolenti.

In seguito, l'autrice dice di fare capire al nostro accompagnatore se l'appuntamento da lui organizzato non è di nostro gradimento, così lui dimostrerà se è veramente interessato a noi facendosi in quattro per renderci felice. Credo che sia sfuggito un piccolo, unico, semplice passaggio: agli appuntamenti ci sono due persone. Non una. Non uno schiavetto e una reginetta di bellezza di noialtri. Non un martire e una zanzara molestatrice nel sonno. Due persone che devono capire se possono legarsi sentimentalmente insieme e che quindi non si devono mettere alla prova o portare all'esasperazione, non devono mostrare qualcosa. Devono semplicemente essere loro stesse e vedere se quell'essere sé stessi è compatibile con l'altro.

A proposito di questo, il consiglio finale è "Capisci qual è il suo tipo di ragazza e impersonala". Come se gli esseri umani fossero schematizzabili in tipi e fingere di essere qualcuno che non si è facesse qualcosa, oltre ad adempiere alla nobile causa di provocare una crisi nervosa all'altra persona. Non si può pensare di fingere per sempre: posso dire finché voglio che il mio cantare preferito è Sfera Ebbasta, ma se non conosco neanche la sua faccia o più di una sua canzone è... Brutto. Brutto dover mentire per farsi piacere da una persona.

Essendosi ormai fatto tardi, penso proprio che tornerò a casa, però mi porterò questo libro dietro per finirlo. Credo che mi  regalerà un po' di divertimento mentre sarò sconfortata.

Rientro nella biblioteca solo tre settimane dopo e, come ogni santa volta in cui metto il mignolino del piede dentro il locale, inizio a starnutire. Stupida polvere che c'è ovunque. Mi dirigo verso la scrivania della bibliotecaria, che oggi indossa una parrucca color pistacchio, e senza troppe cerimonie appoggio il libro sul bancone, premurandomi di usare la stessa delicatezza che ha avuto lei nello sbattermelo in faccia la scorsa volta. Che è la stessa degli agenti dell'FBI nella serie televisiva quando devono interrogare un familiare della vittima che ha appena saputo del delitto o del rapimento.

Lei ci mette un paio di secondi per sollevare lo sguardo, strizza gli occhi piccoli e mi guarda senza riconoscermi. Poi nota il libro appoggiato sul bancone, poco visibile grazie al colore sobrio, e si illumina.

-Sei tu! Il caso clinico!- esclama allegra come se le avessi appena annunciato che i libri in disordine si rimettono a posto da soli. A giudicare da quanti ce ne sono in giro, forse ne è segretamente convinta.

Con un sospiro confermo che sì, sono io. Lei non perde tempo e mi fa uno sguardo malizioso che, ne sono certa, popolerà i miei peggiori incubi (e farà scalare al secondo posto per terrore puro quello dove vivo in un mondo in cui After viene inserito nei libri di letteratura). Medito su questo un attimo o due con l'espressione di chi è stato improvvisamente posseduto dallo spirito di Leopardi (anche se secondo me era molto più triste Verga, ma non è il momento di pensarci), finché la bibliotecaria non si schiarisce la voce, per ricordarmi della sua presenza e della sua fame di gossip.

-È andata bene.- dico semplicemente, alzando le spalle e infilandomi le mani in tasca. Non ho intenzione di dirle che è stato meraviglioso, che Ares è semplicemente perfetto ai miei occhi, che abbiamo avuto altri due appuntamenti, che mi ha baciata, che ho già scritto il discorso per il nostro futuro matrimonio e che gli ho chiesto se vuole essere il mio ragazzo.

È stata una scena esilarante. Prima ha spalancato gli occhi, guardandomi perplessa e io ho temuto di aver fatto una gaffe o di dovermi ricredere su di lui. Che fosse scandalizzato perché una ragazza lo aveva chiesto a lui e non viceversa? In quel momento ero divisa tra il "siamo nel ventunesimo secolo, bello, il medioevo è finito da che pezzo!" e il "non può essere scandalizzato da questo".
Mentre io riflettevo su questo e sul fatto che avrei dovuto riprendere la pala di nonna Tina, lui è scoppiato a ridere.

Non ci stavo capendo più nulla. Dopo pochi secondi, mi ha detto che lui lo dava per scontato, da dopo il bacio e che non pensava che fosse necessario. Si è anche scusato. Alla fine abbiamo solo ufficializzato qualcosa di già esistente. Faccio fatica anche io a crederci anche io, che tutti gli sproloqui scritti sul mio diario segreto e contornati di cuoricini neri siano diventati realtà.

Intanto la bibliotecaria sta borbottando qualcosa riguardo a noi giovini scellerati di poche parole, ma deve aver intuito dal mio sguardo sognante che è andato tutto divinamente.
Be', lui si chiama Ares, non sarebbe potuta andare diversamente.

-Comunque, questo libro non mi è servito a nulla.- affermo, picchiettando il mio indice sulla copertina fluo di "10 consigli per un primo appuntamento", che un po' mi mancherà. Le sue pagine tagliate sarebbero state perfette per fare da lettiera ad Ade, il cricetino nero che ho davvero adottato. E che ama me tanto quanto odia Ares.

La bibliotecaria ghigna come se sapesse qualcosa che io non so e mi chiede se io ne sia sicura. Ci ripenso attentamente.
Come ho fatto a non pensarci prima!

-Scusi, mi sono dimenticata la volta in cui l'ho lanciato contro quell'invertebrato di mio fratello che aveva appena detto che dovevo cucinare io in quanto donna, nonostante lui fosse in panciolle sul divano e io a studiare latino per una verifica del giorno dopo! A pensarci forse avrei dovuto usare il dizionario... Però sa, chi si somiglia di piglia, quindi il libruncolo opinabile è stato attirato dall'affermazione opinabile di mio fratello.- commento ragionando tra me e me, straparlando come mio solito quando ragiono.

La bibliotecaria, che si è alzata dalla scrivania per raggiungermi, mi tira un leggero coppino e mi dice gentilmente che sono una deficiente. Modestamente ho anche dei difetti, nonostante a prima vista non sembri.

-Il libro ti è servito per farti capire che sapevi perfettamente come comportarti nonostante le tue paranoie e che sei solo insicura delle tue capacità. Fidati più di te stessa e meno della gente. Soprattutto se la gente scrive i numeri in cifre e non in lettere.- dice, sorridendomi dolcemente. Ha ragione. E la parte più strana è che non avevo neanche fatto caso di essere riuscita a sopravvivere al mio primo appuntamento con le mie sole forze ed esigue conoscenze. Questa bibliotecaria ne sa una più del diavolo e (non mi aspettavo di dirlo) mi sta anche parecchio simpatica, ma che non si sappia troppo in giro, mica che si monti la testa.

-C'è qualcuno per te.- annuncia tornando dietro la scrivania, facendomi un occhiolino e un sorrisino malizioso. Prima che possa anche solo chiedere qualcosa, delle mani che riconosco mi fanno voltare lentamente e mi trovo davanti il viso raggiante di Ares.
Lui mi ruba subito un dolce bacio (e io che non pensavo che ne esistessero di più buoni di quelli Perugina) e istantaneamente sorrido. Perché lui mi fa stare bene e questo è ciò che conta.

Ovviamente sono troppo impegnata a fare i pensieri da adolescentina innamorata e non capisco come i nostri denti sbattono in un momento ricco di pathos. Se non c'è un po' di imbarazzo nella mia vita non posso essere completa.

-Un caso clinico non può che fidanzarsi con un caso clinico.- commenta la bibliotecaria scuotendo la testa, prima di andarsene, ridendo tra sé e sé.

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