Capitolo 25

       

Portogallo, settembre 1760

Contro ogni buon proposito, la principessa del Brasile si era fermata ad osservare il corteo con una spiccata nota di malcontento. Da quell'ampia finestra poteva ammirare il prato verde tagliato di fresco e la nobiltà in fermento, ma i suoi occhi se ne stavano fissi sullo stallone antracite screziato di bianco che, fiero, sosteneva il corpo del marito. Da quella distanza non poteva vederne i lineamenti del volto, ma riusciva a scorgere il portamento elegante e sicuro di chi è consapevole del proprio fascino.

Affascinante poi! Mormorò tra sé con una punta di frustrazione.

Solo poche ore prima erano insieme, in quello stesso spiazzo a scambiarsi promesse allettanti e, ora, lui era pronto alla partenza.

Si morse il labbro con un gesto tormentato, sentendo la pellicina levarsi verso l'alto.

"Vostra Grazia!"

Il richiamo di Margarethe giunse quanto mai lieto. Se avesse continuato a osservarlo le sarebbero caduti gli occhi per incollarsi al di lui petto.

"Sì?" rispose voltandosi con un movimento fluido.

"Sua Altezza Reale, la Regina, chiede di voi."

"Si sono messi d'accordo!" borbottò con malagrazia, lanciando ancora uno sguardo fugace all'esterno.

"Perdonate, Vostra Grazia, non ho capito" ammise la dama con soggezione, raramente le capitava di non intendere il volere dei suoi superiori.

"Parlavo tra me", asserì con un sospiro affranto, "su, andiamo."

Quando Maria Francesca fece il suo ingresso nel salotto della regina si scaturì un innaturale silenzio.

Le tre sorelle si levarono in piedi in attesa che compisse prima il suo dovere.

"Vostra Grazia!" salutò la madre con una perfetta riverenza, prima di prendere posto su una delle poltroncine color ocra e attendere le sorelle prendere posto dopo di lei.

"Maria!" la salutò la madre con un caloroso sorriso, "Come stai? Ero preoccupata per te. Non sei venuta a trovarmi per ben due giorni."

"Nessuna fuga, Madre!" confessò con un sorriso, "Ero solo preda del matrimonio."

"Dunque è tutto risolto?"

"Il tempo aiuta a comprendere."

"Cosa avete compreso?" si intromise Marianna.

"Che forse, essere sposata con Sua Altezza, il principe, non è l'abbinamento peggiore che potesse capitarmi."

"Vi siete innamorata?" domandò Benedetta, la più giovane e ancora incantata delle fanciulle.

Maria e la regina sorrisero con tenerezza e il suono parve lo stesso.

"Cosa ho detto di sbagliato?" domandò ancora, arrossendo appena per l'imbarazzo, ma desiderosa di avere una risposta.

"L'amore, mia cara, è contemplato solo nei componimenti narrativi" rispose la regina, prima di autorizzare la servitù a servire il pranzo.

"Se così fosse sarebbe terribile!"

"Non dire così, figliola, l'amore è sopravvalutato come il capo su cui poggia la corona."

"Stiamo parlando della vostra o quella del re?" incalzò la più giovane che era scivolata sulla seduta per avvicinarsi maggiormente alla madre e sussurrarle il quesito.

"Né l'una né l'altra", trillò la donna con un sorriso scaltro sul volto, "o forse entrambe."

"Credete che imparerò mai l'arte della dialettica, madre?" domandò con un'espressione scettica sul viso, "No. Credo proprio di no."

A tale smorfia sorrisero tutte e lo fecero di cuore.

Era davvero passato molto tempo dall'ultima volta che si erano trovate da sole, senza la presenza ingombrante degli uomini, delle dame e della servitù che, in quel momento, era  impegnata ad allestire nel locale di fianco, un tavolo da pranzo per loro cinque.

"Pranziamo qui?" domandò Maria Francesca ruotando il capo.

"Sì", confermò la regina, "ho pensato che fosse bello trascorrere del tempo da sole."

"La trovo una splendida idea!" cinguettò Benedetta con un battito di mani.

"Benedetta, contieniti!" l'ammonì Dorotea, scuotendo il capo e lasciando che la parrucca vacillasse lievemente sulla fronte.

"Non essere pedante come al solito", s'intromise la principessa con un sorriso a fior di labbra, "credo che sia giusto viverci questo pranzo in tranquillità. La consuetudine dei nostri doveri ci priva già di così tante occasioni di piacere."

"Come il re che vi priva del marito?" insinuò Dorotea con un accenno di malizia che non sfuggì alle maggiori delle sorelle.

"Potrebbe darsi" rispose d'istinto, portandosi poi una mano sulle labbra per coprirle.

"Non fare la pudica con me", s'intromise la regina con ironia, "sono più grande e consapevole."

"Stavo coprendo il sorriso, madre!" ammise in modo confidenziale, sentendo scemare l'ansia e la deferenza ossessiva che accompagnava sempre quegli incontri.

"Bene!"

Tutte risero rilassate, alleggerite da quel peso che era l'etichetta e continuarono a farlo anche durante il pranzo ai profumi dell'India che tanto adoravano.

Si divertirono come non era mai accaduto e si confidarono come non avevano mai fatto, creando un'intesa autentica e nuova, ben più forte di come avrebbe mai dovuto essere.

Fu con l'imbrunire, che le giovani donne presero concedo dalla regina.

"L'abbiamo distrutta!" esclamò Benedetta con un risolino stridulo.

"Modera il tono, sorella, oramai la giornata è finita!"

"Volete dirmi che ricomincia il freddo riserbo?"

Dorotea la guardò dritta negli occhi e le sorrise con comprensione prima di rispondere: "Il nostro rango ci impone di comportarci in questo modo e, la familiarità usata quest'oggi, è un dono che ti consiglio di serbare nei tuoi ricordi.

"Capisco."

Le quattro sorelle percorsero il lungo corridoio fino allo svincolo, dove si fermarono per un ultimo saluto.

"Buona notte, sorelle!" augurò la principessa posando un bacio sulle loro guance morbide e trattenendo Dorotea per una mano con il chiaro invito a rimanere.

"Sogni d'oro a voi, Vostra Grazia!" augurarono Marianna e Benedetta all'unisono, inchinandosi lievemente e allontanandosi dentro il corridoio a destra.

"Ditemi" esordì la sorella scrutandole il viso.

"Quest'oggi hai parlato con grande disinvoltura di Pietro e del piacere."

"Non comprendo la domanda, Vostra Grazia."

"Sono io che non comprendo la tua sfrontatezza su un argomento tanto intimo" replicò Maria Francesca, guardandola diritta negli occhi.

"Sono ancora confusa. Cosa volete chiedermi?"

La domanda successiva della principessa fu sovrastata dalla voce del marito che, potente, aveva prodotto un'eco in quell'ambiente.

Le due donne sussultarono  per lo spavento.

"Ne riparleremo in un altro momento" mormorò Maria Francesca alla sorella, mentre guardava il suo uomo andarle incontro.

Dorotea ossequiò lo zio e si dileguò rapida come una folata di vento e, una volta soli, il cuore della principessa cominciò nuovamente a rimbombarle nel petto.

"Pensavo sareste rientrati domani" disse sentendo il calore irradiato dalla sua vicinanza scaldarle il corpo.

"Infatti", confermò con un mezzo sorriso, "ma mi sono ferito e sono dovuto rientrare."

"Cosa è successo?"

La voce suonò particolarmente allarmata e questo fece aumentare il battito del cuore nell'uomo.

"Una scheggia, qui, nel dito" spiegò con voce seria e una risata a stento trattenuta, mentre sventolava l'indice come se fosse una bandiera.

"Povero marito!" lo canzono teneramente e, d'istinto, gli afferrò l'indice per posarvi un bacio come si soleva fare con i bambini, "Ora state meglio!"

"Credo di aver bisogno di altre cure" mormorò con voce bassa, avvicinandosi ulteriormente e percependo la subitanea emozione.

Quell'emozione che temeva non avrebbe mai provato.

"Non qui in corridoio, spero!" fiatò con il fiato corto. Quella vicinanza era in grado di sconvolgerla.

"Mi stai invitando in camera tua?" le sussurrò all'orecchio, in modo intimo e sensuale.

"Non posso certo lasciarti soffrire in questo modo" mormorò piano senza indietreggiare ma, se possibile, avvicinandosi ancora.

"Lo vuoi?" mormorò con voce roca all'orecchio prima di scivolare sul collo con piccoli baci, lievi e provocanti al tempo stesso e, quando tornò a guardarla, la vide mordersi il labbro inferiore in modo seducente, mentre gli occhi lo invitavano ad agire, come non era ancora accaduto.

Pietro si ritrovò a deglutire e a stringerla alla vita per premerla su di sé e sentirla più vicina.

"Allora andiamo?" sussurrò a fior di labbra prima di stuzzicarle con la lingua, consapevole che il corridoio fosse deserto e incurante che qualcuno potesse arrivare e vederli.

Aveva trascorso tutta la giornata pensando a lei e alle sue labbra morbide che, nuovamente, si stavano offrendo a lui.

Un gemito di puro piacere fuoriuscì dalla bocca di entrambi a quel contatto, che si trasformò all'istante in vorace passione.

"Andiamo in camera" propose Maria con il fiato corto e il cuore in tumulto.

Egli annuì con un sorriso malizioso a illuminargli il volto. Era giunto il loro momento.

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