Capitolo 21
Portogallo, 7 giugno 1760
Gli occhi di Maria Francesca si spalancarono d'improvviso con una sorta di momentaneo smarrimento. Senza accorgersene, era crollata in un sonno agitato con lo schiarirsi del cielo e in quel momento, era avvinta da una subitanea ansia.
Con timore si volse a guardare l'altro lato del letto trovandolo stranamente vuoto. Spostò timidamente lo sguardo all'interno della stanza che, al pari dell'alcova, era completamente desolata.
Intimamente sorpresa e in parte delusa, si mise a sedere proprio al centro del letto coprendosi con le lenzuola fin sotto il mento, mentre gli occhi sostavano pigramente sul ricamo della coperta e la mentre ripercorreva di nuovo quello che era successo la sera precedente.
Un deciso bussare alla porta richiamò la di lei attenzione che, rapida, si apprestò ad autorizzare l'accesso.
A quell'ora e in quel momento, poteva essere solo la propria dama e, come previsto, dall'ingresso vide passare Margarethe e uno stuolo di cameriere.
"Vostra Grazia!" la ossequiò ai piedi del letto, prima di aprire completamente le tende già scostate.
"Margarethe, cosa ci fanno tutte queste persone in camera mia?" chiese stringendosi maggiormente in quella protezione di stoffa.
"Vi preparano il bagno, Vostra Grazia, sicuramente ne sentite il bisogno" la informò con un sorriso rassicurante.
"In vero no", rispose spiazzandola, poi, notando l'espressione sorpresa nel volto dell'amica seguitò a dire, "certo che sì, Margarethe, non fare quell'espressione."
La donna le dedicò un sorriso confuso mentre l'aiutava a scendere dal letto. Inevitabilmente lo sguardo si posò sulle macchie vermiglie.
"Vi sentite bene?" chiese ancora.
"Mi sento esattamente come dovrei sentirmi."
Poco dopo, immersa nel bagno profumato la principessa lasciava che le togliessero di dosso le impurità della notte e di quell'unione che in realtà non era mai avvenuta, mentre oltre la paratia, altri verificavano che tutto si fosse compiuto.
Quando scese al piano inferiore, vestita con un abito color oro e bronzo, appariva ugualmente splendente anche se visivamente poco riposata. Nessuno mai avrebbe pensato ad un motivo diverso per quelle occhiaie.
La lunga tavolata per la colazione era apparecchiata per sette persone e si sorprese nello scoprire di essere stata l'ultima ad arrivare.
Al suo ingresso, le sorelle e il marito si alzarono per ossequiarla ma, mentre le giovani le dedicarono un sorriso, egli non la degnò nemmeno di uno sguardo.
L'unico posto libero era di fianco alla madre che sedeva a un lato della lunga tavola, mentre lo sposo era di fianco al Re seduto nella porte opposta.
"Vostra Grazia!" sussurrò rivolgendosi alla Regina, mentre prendeva posto alla lunga tavola.
"Buongiorno, Maria Francesca, stai bene?"
"Sì, sto bene."
"Sul serio?" incalzò inarcando un sopracciglio con evidente scetticismo e a quello sguardo le tornarono alla mente le parole del marito, così modificò la risposta.
"Un po' dolorante, ma sto bene."
La Sovrana sorrise non del tutto convinta. L'espressione sul viso della figlia era talmente strana da non riuscire a definirla e, raramente, per lei era indecifrabile.
"Lo sai che con me puoi parlare di tutto, vero?" mormorò attimi dopo, notando che la figlia stava giocando con il cibo senza realmente mangiarlo.
Gli occhi delle sorelle le si puntarono addosso insieme a quelli della madre e la principessa si ritrovò a sorridere, "Va tutto bene, Pietro è un vero gentiluomo."
Le parole suonarono senza la minima incertezza, perché lo era stato sul serio e lo sapeva. Come sapeva quanto poco giusta fosse la propria repulsione, perché egli proprio non la meritava.
Senza accorgersene si ritrovò a lanciare uno sguardo all'uomo che sedeva sei sedie più in là. Stava parlando con il Re, ridendo per qualcosa che da quella distanza non poteva udire, ma quell'espressione serena riuscì a strapparle un risolino sincero.
Dall'altro capo del tavolo la risata potente del Re unita a quella del principe si affievolirono con naturalezza e poco dopo fu il sovrano a parlare. "Lo sapevo che alla fine sarebbe andata bene."
"Cosa?" chiese Pietro addentando un pezzo di pane.
"Il tuo matrimonio", rispose indicando la figlia dall'altro lato del tavolo con il mento.
Pietro seguì lo sguardo e trovò gli occhi della moglie su di sé, mentre gli dedicava un sorriso delicato.
Il cuore sobbalzò per un solo istante prima di scricchiolargli nel petto.
"In vero, Maestà, non è stata la vostra scelta migliore" rispose tornando a guardare il piatto.
"Dalle tempo, Pietro."
"Non fingete che vi importi", ribatté a occhi bassi e tono sottile, "avete scelto me perché volevate punirla."
"È questo che credi?"
"Non solo io."
"Allora siete nel torto entrambi", replicò il sovrano senza scomporsi, "la mia scelta è stata ponderata e volta al bene vostro e del Regno."
"Mi riesce difficile crederlo, Vostra Grazia" mormorò con chiara rassegnazione.
"Quantanche le cose tra voi non siano andate bene, questo non significa che non possano migliorare."
"Oh, ne sono consapevole" ribadì il principe sollevando finalmente lo sguardo per guardare il Re negli occhi, "quando l'accettazione prenderà il sopravvento, sarà semplice progredire."
"Nonostante tu non sia mai stato l'erede al trono, Pietro, sei pur sempre stato un duca. Il tuo rango, ti eleva sopra una moltitudine di nobili portoghesi che, come ben sai, sono pochi. So che speravi di poter scegliere da te la tua sposa e, ti assicuro, che se non fossi stato convinto della riuscita del vostro matrimonio, non avrei insistito."
"Non avete insistito, lo avete ordinato" precisò il principe, irrigidendo la mascella.
"Brontola pure, se vuoi, ma ti conosco bene e lo stesso vale per mia figlia. Sono certo di aver preso la decisione giusta."
"Non ho modo di controbattere, Vostra Grazia, alla fine le mie parole si perdono con una folata di vento."
"Vero anche questo", concordò il Re dando un'ultima sorsata al caffè, "ma scoprirai che ho ragione."
Con un sorriso ben impresso sul volto rubicondo, il Re si alzò in piedi uscendo dalla stanza, seguito dalla moglie e dalle tre figlie.
Maria Francesca, invece, era rimasta immobile di fianco alla sedia per guardare il marito, che silenziosamente seguiva l'improvvisato corteo.
"Potete fermarvi, un momento" disse con evidente titubanza. Le sue dita, vittime impotenti, rischiavano di essere staccate da un momento all'altro, visto il modo in cui le stava torturando.
"Dovete dirmi qualcosa?" ribatté Pietro fermandosi con indolenza e degnandola di un solo sguardo sfuggente.
"Capisco che siete arrabbiato per ieri, ma ignorarmi non è il modo più corretto per affrontare questa situazione" lo accusò portandosi ad un passo da lui.
"Quella che per voi è una situazione, Maria, per me è il nostro matrimonio" sibilò l'uomo con un tono talmente acido, che fu in grado di bruciarle sulla pelle.
"Perché fate così?"
Un smorfia sprezzante uscì dalle labbra dell'uomo, "Davvero non capite?"
"No, Pietro, pensavo che avremmo affrontato la situa...", si fermò e corresse, "il matrimonio, insieme."
"Giuro che volevo farlo", ammise ancora sostenuto, "ma ora mi riesce difficile."
"Dunque pensate di ignorarmi per sempre?"
"Anche se volessi non potrei" ribatté con lo sguardo ancora sfuggente. Era irrequieto in un modo mai provato e questo lo stava facendo impazzire.
"Perché, lo vorreste?" domandò ancora a voce bassa e tremolante.
"Non me lo state chiedendo sul serio, Maria" replicò l'altro, scuotendo il capo in modo energico e sconvolto.
"Io..." tacque.
"Io cosa?"
Maria Francesca indietreggiò per dargli le spalle e muovere qualche passo all'interno della sala. Era confusa e non aveva ben chiaro in mente cosa rispondere.
"Cosa volete da me?" incalzò l'uomo raggiungendola per non alzare la voce.
Era dietro di lei e non poteva vederle il viso, ma gli era chiaro che stesse prendendo fiato più volte, perché era indecisa su cosa dire.
"Io non lo so" sospirò poi, abbassando lo sguardo al tappeto sotto di sé.
Uno sbuffo affranto gli uscì dalle labbra prima di chiederle: "Allora per quale motivo mi avete fermato?"
"Io..." si fermò nuovamente incapace di proseguire.
"Bene, visto che non sapete cosa dire, Maria, parlerò io. Questa notte siete stata molto chiara su quello che desiderate da me e, ora, ve lo sto concedendo. Dunque lasciatemi in pace."
"Io..." tentò lei, ma questa volta lui la ignorò, lasciandola sola.
Quando giunse la sera, fu chiaro a tutti che i novelli sposi non si erano visti neanche per un momento in tutto il giorno e questo, gettò le basi per le prime maldicenze.
Il principe, una volta entrato nella propria camera, liquidò il valletto per rimanere da solo con i suoi turbolenti pensieri.
Tolse la giacca e il fazzoletto che gli stringeva il collo con un movimento stizzito, prima di gettarsi sul letto senza nemmeno spogliarsi. Desiderava solo dormire e non pensare alla penosa situazione in cui si trovava.
Rimase sveglio e immobile su quel letto per un tempo non quantificabile e, quando il rumore di nocche sul legno lo richiamò, fu pronto a brontolare.
"Chi è?"
"Sono io, Maria."
La voce della moglie era l'ultima cosa che pensava di ascoltare in quel momento.
"Voglio dormire" ribatté serio, lottando con l'impulso di correre ad aprire.
Essere arrabbiato con lei era la cosa più difficile che avesse mai fatto.
"Per favore, Pietro", lo supplicò da oltre il legno, "mi dispiace."
Un mezzo sorriso si dipinse sul volto ispido dell'uomo, ma la voce suonò ugualmente offesa, "Anche a me, ma adesso non è il momento."
"Non lo è. Perché? Sei in compagnia?" ribatté con una punta di fastidio.
L'uomo borbottò rumorosamente prima di autorizzarla a entrare.
Solo quando la vide, avvolta nella sua vestaglia antracite che poco celava alla vista, con i capelli sciolti che le arrivavano ai fianchi e un sorriso sbarazzino sulle labbra, comprese quanto fosse scaltra e lui quanto fosse perso.
"È nascosta sotto il letto?" ironizzò avvicinandosi per controllare.
"Cosa ci fate qui, Maria?" domandò faticando a trattenere il sorriso.
"Sono venuta a chiedervi scusa", ammise fermandosi dinanzi a lui, "non deve essere facile neanche per voi essere sposato con me."
"Vero", confermò passandosi una mano sui capelli corti, "ma non per il tuo motivo."
"In che senso?"
L'uomo si massaggiò il collo indolenzito dalla nottata precedente, si prese un attimo e rispose nel modo che ritenne più giusto in quel momento, "Non c'è nessuno nel mio cuore."
"Neanche nel mio. Almeno non più" asserì arrossendo appena, "ma..."
"Ma? Vi prego, Maria, parlate senza freni. Mi riesce difficile decifrare i vostri pensieri e, sollecitarvi di continuo, è oltremodo sfiancante."
Ella sorrise con evidente imbarazzo, "Ma siete mio zio."
"Sono tuo marito" precisò volutamente con tono confidenziale. Lo aveva già fatto, ma in quel momento non era stata la rabbia a parlare, bensì la sua anima.
"Non riesco a vedervi come tale", mormorò abbassando lo sguardo con evidente disagio e mantenendo di proposito un certo distacco.
"Però è quel che sono."
"Voi ci riuscite?" domandò d'impeto, avanzando di alcuni passi per posizionarsi davanti a lui.
Pietro tirò indietro la testa per guardarla negli occhi. Dirle la verità era fuori discussione, in quel momento, ma poteva sempre ammetterne una parte.
"Sono un uomo, Maria, per me è più facile."
"Dunque riuscite a soprassedere al fatto che vi sia nipote?"
"Dovresti smetterla di ripeterlo" la rimproverò, evitando di rispondere.
"Lo so", sussurrò contrita, sempre a occhi bassi, "sono un completo disastro."
"Una parte, può darsi" replicò con un accenno di sorriso, "ma l'altra non è così male."
"Verrete in camera mia, questa notte?" domandò torturandosi le dita, senza avere il coraggio di guardarlo.
"Vuoi che venga?"
"Non sono ancora pronta" ammise sollevando il viso.
"Allora perché chiederlo?"
"Preferisco sapere che ignorare."
"No. Non verrò", rispose stringendo il materasso sotto le palme, "e nessuno si aspetta che lo faccia, quindi per ora puoi stare tranquilla."
"Grazie!"
"Ora vai, ho davvero bisogno di dormire" aggiunse il principe con voce calma, ma pur sempre confidenziale.
"Certo, buona notte!" cinguettò sollevata, fuggendo a passi veloci da quella piccola stanza.
Una volta solo, Pietro si accasciò su se stesso del tutto sfiancato. Si fermò con gli avambracci sulle cosce divaricate e gli occhi fissi sulla porta chiusa.
Era andata via con un tale sollievo, che poteva eguagliare solo il proprio avvilimento. Attese ancora qualche istante prima di tornare a sdraiarsi e sperare che la notte gli portasse consiglio.
*Mio spazietto*
Un altro capitolone XD Vi siete fatti qualche idea?
Alla prossima!
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