Capitolo 19

Portogallo, 5 giugno 1760

L'ampio parco reale era sbocciato con una miriade di fiori che, colorati, si intrecciavano abilmente al rigoglioso verde delle siepi, formando composizioni allegoriche e incantevoli al tempo stesso.

Il duca di Beira stava passeggiando lungo i sentieri ghiaiosi con le mani intrecciate dietro la schiena e la testa alta, in modo da permettere agli occhi di perdersi nel lontano orizzonte.

Era pensieroso quella mattina. Le riflessioni sul proprio futuro si erano susseguite per tutta la notte costringendolo a rimanere sveglio e a uscire all'aria aperta con le prime luci dell'alba.

Sentiva la tiepida brezza proveniente dal mare sfiorargli il viso, ma era nel profumo dei fiori che gli inebriava i polmoni, che cercava conforto. Non avrebbe mai ammesso a voce alta quale angoscia sentiva pompargli nel petto ogni volta che si soffermava a riflettere su cosa sarebbe accaduto l'indomani.

Un sospiro di rassegnazione fuoriuscì dalle sue labbra carnose quando si fermò al limitare della proprietà per ammirare il mare e il cielo, che si stava tingendo lentamente con i colori del giorno. Un arcobaleno di sfumature che si fondevano dando vita a una cupola velata celeste, screziata di rosso, rosa e arancio.

L'essenza dell'alba lo rispecchiava grandemente, sia per il suo essere indescrivibile, sia per i suoi tratti accoglienti e concilianti.

Si passò una mano sulla fronte fino a scostare parte della parrucca che, dalla sera prima, ancora gli governava il capo. Con un movimento stizzito la rimosse gettandola al suolo, mentre con entrambe le mani si massaggiava la cute e i corti capelli corvini.

"Vostra Grazia!" la voce di José, il suo maggiordomo, lo costrinse a ritornare con la mente al presente.

"Cosa succede?"

"Dovreste prepararvi per l'incontro con Sua Altezza" rispose l'uomo avanzando per raccogliere la parrucca.

"Credo di avere ancora tempo", replicò massaggiandosi il mento ispido, "in vero, ho bisogno di ancora un po' di tempo."

José, nobile portoghese di nascita, era diventato il fidato cameriere del duca quando aveva solo sedici anni e da venti, lo serviva in modo impeccabile e maturo, divenendone anche un sincero consigliere.

"Volete parlarne?" chiese infatti, affiancandolo di alcuni passi.

"Di cosa?"

"Di quello che vi turba. Ho notato che non avete dormito questa notte."

"Non ti sfugge niente, José" constatò con un mezzo sorriso accompagnato da una pacca sulla di lui spalla.

"Ho un certo acume, Vostra Grazia" replicò rispondendo al sorriso.

"Sono preoccupato per domani", ammise continuando a guardare il mare, "Sua Altezza non è ancora pronta."

"Lo sarà, probabilmente non sembra, ma è pur sempre una principessa alla quale sono state impartite le nozioni del suo stile."

"Ti dico che non lo è", continuò il duca irrigidendo la mascella, "crede di esserlo e può sembrarlo, ma domani, dopo la cerimonia, si ritroverà in una situazione del tutto nuova che non è pronta ad affrontare."

"Siete sicuro che il problema sia questo?" azzardò il valletto lanciandogli uno sguardo dubbioso, che ben dimostrava il proprio scetticismo.

"Cosa vorresti insinuare?" ribatté Pietro con voce dura e sguardo tagliente.

"Niente di particolare, Vostra Grazia", si giustificò l'uomo abbassando gli occhi sulla parrucca che aveva tra le mani, "ho solo supposto che ci fossero altri motivi a impensierirvi e a gettarvi nel malumore."

"Già!" mormorò il duca con uno sbuffo rassegnato, "Tendo sempre a dimenticare il tuo acume."

"Mi duole avervi arrecato offesa, Vostra Grazia."

"Ti prego, non parlarmi come se fossi una bimbetta viziata", replicò il duca senza guardarlo in viso, ma rimanendo ancorato con lo sguardo al filo sottile dell'orizzonte, "non mi hai offeso, José, hai solo insinuato quello che io temo."

"Non è un male" tentò il maggiordomo.

"Non lo sarebbe se fossero diverse le circostante", spiegò grattandosi la fronte, "tutta questa situazione sta diventando insostenibile."

"Temo di non capire, Vostra Grazia."

"Non importa", troncò il discorso la cui direzione era fin troppo personale, "ora è meglio prepararsi per l'ultimo incontro prima delle nozze."

Senza aggiungere altro i due uomini rientrarono nel palazzo.

*****

Gli occhi d'ossidiana della principessa del Brasile erano puntati sul cielo terso che digradava verso l'azzurro. Le braccia erano strette attorno alla vita sottile come un abbraccio e poco acquietavano l'ansia che l'aveva tenuta sveglia tutta la notte.

Un rumore proveniente dal giardino sottostante catturò la di lei attenzione e non poté evitare di notare il promesso sposo, vestito allo stesso modo del giorno precedente, che rientrava a palazzo.

L'abbigliamento sgualcito e i movimenti meccanici non lasciavano presagire nulla di buono e, quali fossero stati i motivi a tenerlo fuori camera per tutta la notte, non le era dato sapere e questo la infastidiva enormemente.

Si ritrasse giusto in tempo per evitare che i loro occhi si incrociassero sulla traiettoria dello sguardo che egli aveva rivolto alla sua finestra e si appiattì sulla seduta sperando di scomparire.

"Vostra Grazia, cosa fate già alzata?" domandò Margarethe non appena la scorse seduta vicino alla finestra.

"Non riuscivo a dormire", ammise volgendo solo il capo in direzione della dama, "voi, invece, cosa ci fate giù qui?"

"Mi spettano diverse incombenze, Vostra Grazia e volevo assicurarmi che fosse pronto tutto l'occorrente per oggi, in modo da lasciare l'incarico alla cameriera e avere il tempo di occuparmi dei preparativi per domani."

"Bene, fai pure", l'autorizzò continuando a fissare il cielo oltre il vetro, anche se la mente era altrove.

Era fissa sui suoi doveri e sui cambiamenti che la propria vita avrebbe subito dall'indomani. Si sentiva pronta al matrimonio e aveva ben chiaro in mente quello che sarebbe accaduto, ma il vedere Pietro in giro di primo mattino l'aveva gettata stranamente nel malumore. Non doveva avere e, in vero, non aveva pretese su i di lui passatempi eppure, non le riusciva di celare l'avversione.

"Tutto bene?" chiese la dama affiancandola.

"Non credo", rispose facendole segno di sedersi, "sono oltremodo confusa."

"Volete parlarne?"

"Non saprei quali parole adoperare, Margarethe. Le nozze sembravano così lontane e ora il giorno è sopraggiunto e non c'è più tempo."

"Tempo per cosa? Se mi è lecito chiedere."

"Per accettarne la conclusione."

"Avevate detto che eravate pronta" le ricordò la dama con uno sguardo dubbioso.

"Sì, ma temo che la mia sicurezza fosse precaria."

"Non avete modo di sottrarsi, adesso!"

"Non l'ho mai avuto, in verità, ma mi piaceva pensarlo", replicò la principessa tornando a guardare il cielo, "spero solo di essere abbastanza forte da non dovermi mai imbarazzare."

"Il duca è un uomo a modo e molto gentile" tentò di consolarla la dama con un accenno di sorriso.

"Ma da domani sarà mio marito e questo lo eleverà e gli conferirà un nuovo potere", commentò con voce cupa la principessa, "spero solo che il peso del nuovo legame non turbi il suo animo modificandone l'essenza."

"Non vi resta altro che affidarvi al Signore Iddio."

Maria Francesca annuì senza proferire parola, mentre due cameriere entravano nella stanza per prepararla a quell'ultimo incontro con il promesso sposo.

*Mio spazietto*
Ciao a tutte/i!
Grazie per seguire questa storia e per farmi sapere il vostro pensiero. Manca poco alle nozze! 0_0
Alla prossima!

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