Capitolo 15

Sulle colline di Ajuda, 1758

La terra aveva smesso di tremare da quasi tre anni eppure, molti animi ancora vibravano sull'eco di quel ricordo.

Il re Giuseppe I, fu uno di quelli che, vittima di una potente claustrofobia, si era ritrovato a vivere in una tenda, legato dal terrore e meno volenteroso come sovrano.

Dall'accaduto si era rintanato insieme alla corte reale in un complesso di tende sulle colline di Ajuda e lì aveva lasciato al Segretario di Stato tutto il potere decisionale, sia per la ricostruzione della capitale sia per la gestione politica.

Quel tragico evento aveva dato il via a un nuovo regno che prevedeva un re di nome e uno di fatto. Quella situazione stava divenendo insostenibile.

"Dite a Sua Altezza il Re, che la principessa del Brasile desidera conferire con lui" parlò Maria Francesca con tono fermo, mentre fissava il varco della tenda che veniva tenuto ancora irrimediabilmente chiuso.

"Sua Maestà non accetta visite" rispose la guardia a capo chino.

"È solo?"

"No, Vostra Grazia."

"Immagino ci sia il Primo Ministro" dichiarò aspra, la sua non era una domanda ma suonò tale e la guardia annuì mostrando il medesimo disprezzo.

La principessa indietreggiò di un passo prima di fiondarsi nella tenda con un ingresso turbolento.

"Vostra Grazia!" tuonò con un mezzo inchino, "devo parlarvi."

L'uomo si alzò faticosamente dai cuscini per guardarla in cagnesco, "Devo eliminare le guardie, non sono neanche in grado di eseguire un ordine semplice come quello di tenerti fuori."

"Non credo siano le guardie il vostro problema" ribatté la giovane sostenendo lo sguardo del padre prima di lanciare un'occhiata acida al Primo Ministro, che se ne stava seduto tronfio alla scrivania del padre.

"Cosa vuoi, Maria Francesca?" domandò il re avvicinandosi alla figlia, con gli occhi neri resi sottili come due fessure.

"Parlare con voi" rispose la giovane per nulla intimidita, "da soli."

"Non c'è niente che tu possa dire, che de Carvalho non debba udire" troncò con quelle parole la sua avanzata pretenziosa.

Ma il tentativo di intimidirla fallì o almeno così parve.

"Bene, se è questo che pensate", pronunciò la giovane, "allora sappiate che il popolo è in fermento e la vostra gestione del regno è opinabile."

"Come puoi pretendere di saper valutare l'operato di uomini di studio, tu, una semplice ragazzina?" la schernì il padre infilando i pollici nelle braghe. Assumendo una posa colma di supponenza.

"Dimenticate forse, che io non sono una semplice ragazzina, ma sono l'erede al trono. Avete lasciato che de Carvalho regnasse al posto vostro e ora il popolo vi odia. Siete voi il re, ma è lui a comportarsi da tale" asserì con tono freddo, indicando l'uomo ancora comodamente seduto alla scrivania.

"Bada a come parli, Maria Francesca, non dimenticare con chi stai proferendo."

"Io non l'ho dimenticato", ribatté decisa, "potete dire lo stesso di altri?"

"Esci di qui, adesso!"

"Come volete, ma non lamentatevi poi, quando non sarete più in grado di guardarvi allo specchio."

"Fuori!"

Un sorriso sprezzante e frustato allo stesso tempo affiorò sul viso della giovane. Aveva deciso di affrontare il padre e forse aveva sbagliato, ma odiava fortemente assistere al declino del suo regno, che peraltro il nonno aveva tanto faticato per dargli lustro.

Con movimenti lenti e misurati si avvicinò al Primo Ministro, la testa alta e lo sguardo fiero, "Non abituatevi troppo a quella sedia, de Carvalho, perché verrà il giorno in cui vi toglierò quel ghigno dal viso" uscì con uno svolazzo di tela e un battito furioso nel petto.

I passi della principessa erano rapidi sul sentiero ghiaioso, era furente con il padre e con quel borioso del Primo Ministro che, da quando era ritornato, aveva reso il regno una specie di dittatura.

"È andata male?" domandò Margarethe che la stava aspettando al di fuori della propria tenda.

"Un disastro", rispose con un piccolo sbuffo d'aria, "è completamente succube di quell'uomo. Non so cosa fare per svegliarlo dal torpore."

"Temo ci sia ben poco da fare", rispose la dama, "il re ha scelto di affidarsi alla sapienza di de Carvalho e, mi duole dirlo, ma la ricostruzione della città sta procedendo bene."

"Capisco, che il Re non si sentisse pronto a gestire una tale catastrofe", sospirò abbassando lo sguardo alle mani strette in grembo, "e so anche che de Carvalho sta facendo un buon lavoro nella ricostruzione, ma tutto il resto è deplorevole. Si sta approfittando del suo ruolo per governare il regno a suo piacimento."

"Perdonatemi se ve lo dico, ma se Sua Altezza è davvero vittima della sua influenza, inimicarvelo non farà altro che peggiorare la vostra situazione. Credo che abbia già fatto abbastanza."

"Cosa intendete dire?" inquisì la principessa lanciandole uno sguardo attento.

"Niente di che" minimizzò arrossendo.

"Siete una pessima bugiarda" rise la principessa entrando nella tenda e congedando la servitù.

"Abbiamo avuto lo stesso tutore" replicò l'altra con una risatina.

Maria Francesca piroettò su se stessa facendo svolazzare le gonne amaranto prima di sedersi composta su una poltrona, riunire le mani in grembo e guardarla diritta negli occhi verdi, mentre l'altra faceva altrettanto.

Finalmente riusciva a fissare quelle iridi smeraldo senza avere le fitte al cuore.

"Su, ditemi quale misfatto ha compiuto il Primo Ministro che mi è sfuggito."

"Pensavo all'esilio di vostro zio."

"Certo, ma cos'altro?"

Margarethe chinò il viso e si morse il labbro in modo contrito, erano passati molti anni e forse, poteva finalmente svelare quel segreto che seguitava a celare, ciò nonostante la paura della reazione la faceva ancora titubare.

Si ritrovò a giocare con le unghie a disagio.

"Di che cosa si tratta?" incalzò la principessa sporgendosi in avanti per scrutarle il viso.

"Io...", iniziò con voce sottile, "temo di aver tenuto un segreto per talmente lungo tempo, che ho dimenticato di rivelarlo."

"Non capisco" la voce di Maria Francesca suonò priva di emozioni.

"Fu il Primo Ministro a vedervi."

Ella comprese subito e attese che la dama continuasse.

"Vi faceva seguire da alcuni servitori e quando poteva lo faceva di persona per cogliervi in fallo. Temo che lo faccia tutt'ora."

"Lavorate per lui?"

"No di certo, Vostra Grazia" si affrettò a giustificarsi la giovane sollevando il viso.

"Allora, cosa mi avete tenuto nascosto di così importante da esserne talmente dispiaciuta? Che mi sorvegliasse ne ero a conoscenza, ma ho sempre finto di non saperlo."

Gli occhi verdi si puntarono nuovamente sulle dita intrecciate sul grembo.

"Margarethe, parlate? È un ordine."

La dama si alzò in piedi e con estrema calma estrasse dalla tasca alcune lettere sgualcite e gliele porse.

"Sono di Exeter per voi, una è di quel mattino prima della partenza e le altre si sono succedute nel corso del tempo."

La principessa osservò prima il tratto sicuro di alcune, indeciso su un'altra, poi il sigillo scarlatto e alla fine si sentì percorsa da un fremito. Se di rabbia o sentimento non le era chiaro.

"Perché non me le avete date prima?"

"Non volevo che vi aggrappaste a un sentimento privo di futuro. Speravo, con tutto il cuore, che un addio silente vi avrebbe aiutata a superare il dolore e ad andare avanti."

"Non avevate il diritto di decidere per me" protestò la principessa guardandola in viso, ma ella aveva nuovamente il volto chino.

"L'ho fatto per voi."

"Non dovevate."

"Forse, Vostra Grazia", ammise tornando a guardarla per mostrare un'espressione contrita e sincera allo stesso tempo mentre seguitava a dire, "ma l'affetto che nutro nei vostri riguardi è di sicuro il sentimento più sincero che provo. Vi conosco da quando eravate solo una bambina, so quanto vi sia costato e vi costi tutt'ora il vostro titolo, non potevo permettere, neanche al mio stesso sangue, di rovinarvi la reputazione e il futuro."

Maria Francesca sostenne lo sguardo con uno altrettanto onesto, ma non ebbe modo di parlare perché la bionda riprese la sua difesa.

"Sono mortificata per il dolore che avete patito, ma lo rifarei, perché è stato fatto per il vostro bene. Dunque punitemi come meglio credete, io sarò sempre fedele a voi e a nessun altro."

La principessa accennò un sorriso del tutto inaspettato, "Non ho alcuna intenzione di punirti, in vero credo che tu abbia fatto bene, ero troppo giovane e ingenua da non vedere quanto le mie azioni fossero folli. Oggi, posso affermare con certezza di aver compreso cosa mi spetta nel futuro e, vostro fratello, non fa parte di esso."

"Non siete adirata?" domandò cauta la dama, continuando a torturare le dita sottili.

"Pensavo di esserlo", ammise con un sospiro, "ma il mio cuore ha smesso di soffrire e di questo devo rendere grazie a questi anni di silenzio."

"Volete che me le riprenda?" chiese Margarethe allungando una mano nella di lei direzione.

"No", soffiò sicuro, "desidero leggere cosa vi è scritto."

"Siete sicura che sia una buona idea?"

"Sì."

*Giugno 1751*
Mia adorata Francesca, mi duole dirvi addio con una penna e un tratto impreciso, ma la mia mano oggi trema d'angoscia come il mio cuore. Vi auguro ogni bene e spero che il Signore Iddio vi doni la gioia a noi negata.
Per sempre vostro, F.

*Giugno 1752*
Mia adorata principessa, questo vostro silenzio mi arreca dolore, in vero provo il medesimo struggimento della partenza. Mi mancate, in modo assai disdicevole, ma sento che una parte di me non vuole lasciarvi andare. Spero stiate bene, Margarethe si ostina a non parlarmi di voi, ma ingenuamente mi auguro che pensiate ancora a me.
Per sempre vostro, F.

*Giugno 1753*
Illustre principessa del Brasile,
un altro anno è trascorso e di voi non ho notizie, se non quelle che mi giungono nei salotti portate dal vento dei pettegolezzi. Con questa mia non oso auspicare nulla, conosco la mia condizione e sono ben consapevole che il mio esilio è stata una pena ben inferiore a quella proposta dal Segretario di Stato, dunque ho ben chiaro in mente il mio futuro senza di voi.
Ugualmente vi auguro ogni bene
Fedelissimo Lord Exeter

*Giugno 1754*
Illustre principessa del Brasile,
la lontananza ha finalmente assopito il sentimento che a voi mi legava. Ho intrapreso le trattative per convolare a nozze con Giuseppa, la figlia del conte di Veiles. Ora sono pronto ad andare avanti, spero sappiate fare altrettanto o forse lo avete già fatto ed è per questo che mi ignorate. In un vostro nuovo sentimento, vedo l'unica spiegazione per una tale freddezza.
Tanto vi dovevo
Lord Exeter

Gli occhi scuri di Maria Francesca si levarono da quell'ultimo foglio senza la minima emozione, anche se dentro, soffriva per una tale mancanza di considerazione. Come poteva solo pensare che lo avesse dimenticato per un altro uomo. L'ha intendeva una giovane di così facili costumi?

Richiuse i fogli con effettiva amarezza prima di ridarle alla dama senza proferire parola.

"Avete trovato quello che cercavate?" domandò Margarethe riponendole nella tasca della gonna.

"Sì, adesso so quel che c'è da sapere."

Urla concitate provenienti dall'esterno fecero sussultare entrambe e le costrinse ad andare celermente a vedere.

Alcune guardie correvano incontro alla principessa ed ella si arrogò il diritto di fermarli per chiedere.

"Cosa succede?" inquisì decisa.

"Hanno attentato alla vita del re" rispose solerte dopo il consueto ossequio.

"Chi? Dove? Come sta?" domandò a raffica sentendosi perduta, uno dei suoi peggiori timori era accaduto pochi momenti dopo averli paventati.

"Sono stati dei rivoltosi, Vostra Grazia, è stato ferito durante il consueto giro delle terre."

"È vivo?" inquisì sentendo il cuore accelerare il battito.

"Non lo so, Vostra Grazia, io questo lo ignoro."

*Mio spazietto*
Con alcuni giorni di ritardo ma ce l'ho fatta. ;-) Scusatemi, ma è un periodo un po' complicato.
Cosa succederà nel prossimo capitolo? Idee?
Grazie come sempre a chi segue questa storia.
Alla prossima! XD

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