Capitolo 12

Lisbona, febbraio 1752

L'avanzare della regina Marianna Vittoria era reso sicuro dal suo status e dall'esigenza di apparire forte agli occhi delle dame, nonostante dentro di sé sentisse il bisogno di lasciarsi andare al pianto.

Ne sentiva l'esigenza come l'aveva di respirare, ma quel luogo non le concedeva tregua. Non vi era riposo per una donna come lei e non vi sarebbe stata neanche per la figlia e aveva bisogno che capisse e sapesse quanto le cose sarebbero potute peggiorare.

In fondo al corridoio scorse la dama di compagnia della principessa e un barlume di speranza le riempì il petto.

"Fermatevi qui" ordinò alle due donne che le trotterellavano dietro, senza guardarle e senza spiegazione alcuna.

Attraversò quel lungo corridoio sentendosi l'oggetto di quegli astiosi sguardi, ma avanzò ugualmente rigida e falsamente serena.

A un passo dalla giovane Margarethe si accorse che stava leggendo, seduta su uno dei divanetti e pareva completamente assente.

Con un passo più deciso che picchiò sul marmo catturò la di lei attenzione che, nel riconoscerla, balzò in piedi con un unico e agile movimento.

"Vostra Grazia!" ossequiò chinando il capo, mentre eseguiva la consueta riverenza.

"Margarethe, dov'è Sua Altezza Reale, la principessa?"

"In cappella, Vostra Grazia."

"A quest'ora! Non è tardi per le preghiere del mattino?" domandò aggrottando la fronte e lasciando che piccole rughe le segnassero la pelle sottile intorno agli occhi chiari.

"In vero", rispose la giovane sollevando appena lo sguardo, "non è ancora uscita."

La sovrana sussultò all'idea portandosi una mano sul cuore prima di chiedere: "Per l'amor del cielo, da quanto tempo è dentro?"

"Vi è entrata al levar del sole, Vostra Grazia."

La regina si avvicinò di un passo per poter abbassare il tono della voce ed evitare che le arpie ascoltassero quella confessione. "È mezzodì ormai, accade spesso una tale devozione?"

"Sua Altezza reale, la principessa, dedica gran parte del tempo libero alla preghiera" ammise la dama con voce sottile.

Gli occhi cerulei di Marianna Vittoria eseguirono un giro sconsolato che sfiorò il soffitto prima di posarsi brevemente al suolo, come a voler raccogliere le idee con quel movimento.

"Siete qui immobile da allora?"

"Sì, Vostra Grazia."

"Oh, cielo!" sospirò sconvolta, "Andate a fare due passi, penserò io a mia figlia per un po'."

"Vi ringrazio!" asserì la giovane sollevata, prima di allontanarsi di gran fretta da quel corridoio vermiglio.

Dopo un breve sospiro, la regina si fermò davanti alla porta per lasciare agli uscieri il compito di aprirla e richiuderla alle di lei spalle.

La piccola cappella reale dell'ala Est, a differenza delle altre, era composta da un arredo essenziale e, nonostante la regina non la usasse mai, preferendo quella nella propria retrostanza, dové ammettere che era un luogo assai accogliente e rasserenante. Due sole sedie in legno, dall'alto schienale e con la seduta rigida, erano poste ai lati del marmoreo altare, una per lato e, al centro, vi era l'inginocchiatoio per la penitenza. Il cuore della donna ebbe un altro sussulto quando riconobbe la figlia, ferma sulle ginocchia con il capo chino e circondata da un penoso silenzio.

Ridusse la distanza con un paio di passetti, si fermò alle di lei spalle per un breve momento, le mani raccolte davanti a sé e gli occhi puntati su di lei, ma ella non aveva mosso un solo muscolo, nonostante la rumorosa porta l'avesse avvisata dell'intrusione.

Un nodo amareggiato le si era fermato in gola, ciò nonostante non la disturbò, si mise a sedere e attese che si voltasse.

Passò ancora del tempo, la regina non seppe dire quanto, ma quando finalmente la giovane si alzò in piedi, con evidente fatica e si volse, si azzardò a dedicarle un sorriso colmo di perplessità.

"Madre! Cosa ci fate qui?"

"Ti stavo aspettando", rispose la donna con un sospiro, "in vero ti stavo anche cercando, avevo bisogno di parlare che te."

La principessa mosse quei pochi passi con un'andatura incerta prima di mettersi a sedere.

"Maria Francesca, spiegami cosa ti sta accadendo?" continuò la donna sul suo silenzio, cercando quelle iridi scure che sfuggivano al suo sguardo.

"Niente, madre, stavo solo pregando."

"Margarethe, dice che qui trascorri le giornate. Perché?"

"Cerco conforto", ammise prima di mordersi l'interno della guancia, "prego il Signore Iddio affinché mi dia la forza di andare avanti."

"Quale è mai la tua pena, figlia mia? Tutta questa sofferenza per la partenza di un giovane lord e poi che altro?"

"Almeno voi non sminuite il mio dolore" ribatté la giovane facendo scattare gli occhi in quelli azzurri di lei.

"Non lo sminuisco, ma lo sapevi, lo sapevate entrambi e avete agito in modo sconsiderato."

La principessa abbassò gli occhi alle mani e a quel rosario scuro, proprio come il suo animo, che teneva stretto intorno al pugno.

"Lasciare che ti baciasse in un corridoio, Maria Francesca, è stata una follia."

"Credete che non lo sappia? Faccio ammenda ogni giorno per il mio peccato."

"È per questo motivo che ti rinchiudi qui?" domandò indicando l'ambiente spoglio con un movimento circolare della mano.

"Non solo", ammise la ragazza con gli occhi ancora bassi, "la verità è che non riesco ad affrontare le persone. Il re a malapena mi guarda, mentre il Primo Ministro sembra perforarmi con il suo sguardo animoso e crudele."

"Non puoi continuare in questo modo."

"Perché mai? Io così sto bene. Il conforto che ricevo dalla preghiera mi rende tutto più facile."

Un sorriso amaro sfiorò le labbra della regina quando comprese le intenzioni della giovane.

"Maria Francesca, questa stanza, la preghiera e anche Dio non potrà esimerti dai tuoi obblighi e dal futuro che ti spetta."

"Io credevo...", si interruppe sentendo le lacrime inondarle la gola e bloccarle il respiro.

La madre si alzò per prenderle le mani con affetto, "Sei l'erede al trono, tesoro, qualunque idea o desiderio tu abbia non conta nulla. Cerca rifugio nella preghiera, se credi, ma non crogiolarti nell'idea di poter sfuggire agli obblighi che verranno. Almeno questa volta, ascolta le mie parole."

La ragazza prese fiato un paio di volte prima di rispondere con la voce resa incerta dalle lacrime trattenute a stento. "Io vi ascolto."

"Se è davvero così, forse non perirai sotto il giogo del potere."

"Di cosa state parlando?"

"Della vita, mia cara", lasciò le mani della figlia e tornò a sedersi prima di seguitare, "ricordi quando ti dissi che crescendo avresti capito cosa significa essere una donna e una moglie e avresti compreso la necessità di fingere davanti agli altri?"

"Certo, lo ricordo, ma cosa c'entra questo?"

La regina gesticolò come non aveva mai fatto portando le mani in avanti, " Voglio solo che tu sia pronta."

"Per cosa? Madre, così mi spaventate."

Marianna Vittoria chiuse gli occhi portandosi l'indice e il pollice all'attaccatura del naso per riflettere su quale risposta darle, se la verità udita, che forse poteva ancora mutare, o una mezza verità, con la speranza di poter scongiurare quanto sentito attraverso il legno della porta.

Alla fine optò per la mezza verità, era inutile aggiungere, in quel momento, altre sofferenze al suo giovane cuore.

"A donne del nostro rango non è possibile scegliere chi sposare. I matrimoni sono contratti vantaggiosi per i genitori e i figli non sono altro che merce di scambio. Come io non ho potuto decidere, lo stesso sarà per te."

"Ma io sarò la regina, vorrà pur dire qualcosa?"

"Tesoro, ne abbiamo già parlato, tante volte in vero. Accetta la tua posizione, liberati del ricordo di Exeter e delle infantili illusioni che intimamente coltivi. Il tuo futuro non sarà mai solo nelle tue mani."

"Potreste ancora avere un maschio" ipotizzò la giovane e, nello stesso istante, percepì un po' della speranza scivolare via.

"Potrei", confermò, "ma non cambierebbe il tuo status. Saresti comunque una pedina politica."

"Dunque devo solo arrendermi a quello che sarà?" domandò, asciugando una singola lacrima sfuggita alla prigione dei suoi occhi.

"Sì, è una battaglia che non si può vincere."

"Voi siete felice con Sua Altezza?" chiese Maria Francesca prendendola alla sprovvista.

"Il Re era un gentiluomo a modo."

"Era?"

"Il peso della corona modifica gli animi."

"Lo siete mai stata?"

"Non nella purezza del termine", ammise con onestà, "temo che a me non sia stata concessa una tale fortuna."

"Come fate a..."

"Come faccio a essere una regina esemplare? Una moglie gentile e una madre amorevole?" chiese con un'espressione amara.

"Sì, madre, a guardarvi non si direbbe la vostra delusione."

"Sono figlia di Elisabetta Farnese, una regina forte e una madre severa, ma sempre intenzionata a preparare i suoi figli a quella che sarebbe stata la loro vita. Io, invece, vi ho cresciute tutte con infinito amore, ma forse avrei dovuto anche disporre al meglio i miei insegnamenti."

"Voi siete una madre splendida" disse la giovane alzandosi per andarle vicino.

"E tu sei una brava figlia e sarai un'ottima regina", replicò alzandosi e si presero le mani, "promettimi che diventerai più forte?"

"Ve lo prometto, ci proverò."

Ferme, in quella piccola cappella, madre e figlia ebbero un momento di pura e amorevole umana normalità.

*Mio spazietto*
Ciao a tutti/e!
Ecco un altro capitolo, stiamo procedendo belli spediti. :-D  Cosa ne pensate di Maria Francesca? Cosa avrà ascoltato la regina?
A presto!

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