Capitolo 10

Lisbona, 17 dicembre 1750

       

Maria Francesca rimirava il proprio riflesso senza realmente vederlo, aveva la mente occupata da ben altri pensieri che poco si addicevano all'anima della festa.

Il nonno era morto l'ultimo giorno di luglio di quello stesso anno, suo padre era divenuto re e ad ella era stato dato lo stile di principessa del Brasile e presunta erede al trono. In vero, la di lei madre era ancora giovane e, in cuor suo sperava, che le giungesse un fratello al fine di evitare la corona, gli obblighi e le rinunce che ne sarebbero derivate.

"Siete incantevole, Vostra Grazia!" esclamò Margarethe fermandosi alle sue spalle.

"Trovi?" replicò inarcando un compatto sopracciglio, "in vero credo di sembrare molto più grande."

"Temo sia colpa del nero", precisò la dama mostrandosi nel suo  abito color verde alga, "non è propriamente il colore adatto per festeggiare la vostra nascita."

"Ne sono consapevole, ma non avevo cuore di esternare maggiore gioia di quanta ne provi. Nel rispetto del mio defunto nonno, non potevo fare altrimenti."

Tornò a guardarsi con occhio critico, l'abito in sé era davvero un bel modello, la gonna non era eccessivamente larga e il corpetto era aderente e ben modellato sulle sue forme. La scollatura quadrata era impreziosita dal pizzo che invitava lo sguardo senza mostrare oltre il consentito. Tutto quel nero aveva un unico punto luce al centro del petto ed era la spilla in madreperla regalatale dal vecchio re poco prima di morire.

Aveva adorato e adorava quell'uomo in un modo che non sapeva come spiegare. Era stato il suo affezionato mentore, gentile e premuroso in privato, deciso e autorevole nelle situazioni di corte, ma pur sempre amorevole nei di lei riguardi. La sua dipartita aveva creato una piccola crepa nel suo cuore e anche se non poteva mostrarla, la custodiva come un caro tesoro.

"Tutto bene?" chiese la dama dopo aver notato il volto di lei incupirsi.

"Certo", mentì accennando un sorriso, "stavo pensando che forse è questo raccolto a rendermi attempata."

"Ringraziate la regina che non vi ha obbligato a indossare la parrucca, quella sì che non vi avrebbe reso giustizia."

"Santi numi! Quella sì che sarebbe stata una tortura" concordò con un'espressione teatralmente drammatica, sorrisero e alla fine si decisero a raggiungere il grande salone.

La sala da ballo era stata decorata con sobrietà, una lunga tavolata sul fondo era apparecchiata per tutta la nobiltà del Regno, una cinquantina di coperti in tutto. La sottotovaglia verde era sormontata da una gialla e tra i vari candelabri vi erano delle colorate composizioni floreali. Gli invitati erano sparsi per la sala e conversavano amabilmente tra loro, mentre l'orchestra suonava operette degne di una regina.  Ferma poco oltre l'uscio, la principessa si perse nell'osservarli senza farsi notare ed evitando il consueto annuncio. Voleva guardarli da una distanza di sicurezza perché era consapevole che le persone, quando si sentono libere di agire, possono commettere azioni dolorose per chi le osserva.

I suoi occhi scuri corsero rapidi su quella gente per posarsi sul giovane Lord. Era fermo accanto a una finestra, lo sguardo fisso sul calice che aveva tra le mani e incurante delle occhiate che gli venivano rivolte.

Un nodo in gola le bloccò il respiro quando vide il conte di Veiles avvicinarsi a lui con la figlia al seguito.

"Maria Francesca, cosa fai qui?" la domanda pronunciata alle sue spalle la fece sussultare.

"Madre, volete uccidermi?" ribatté portandosi la mano sul cuore.

"Non puoi morire per così poco", ribatté la regina spostando lo sguardo dalla figlia all'esatto punto in cui era posato quello della giovane. "Così non va bene, Maria" decretò seria.

"Cosa?" inquisì fingendo indifferenza.

"Spiare Exeter come una giovane qualunque", replicò la madre costringendola a guardarla negli occhi, "hai dimenticato che lui non è adatto a te?"

"Come potrei farlo, madre, sembra che tra tutti non abbiate altro da dirmi."

"Lo dico per te, Maria", rispose la donna con voce dolce, "se insito tanto è perché vorrei evitarti un'amara delusione."

"Non accadrà, madre, so bene quanto le nostre posizioni non ci rendano affini."

"Questo è quello che sa la tua mente, bambina mia, ma cosa dice il tuo cuore?"

"Niente" mentì la giovane sentendo sgretolare la terra sotto i piedi, non le aveva mai mentito.

"Facciamo che per ora ti credo" le disse con un sorriso dolce, "ora fatti annunciare così iniziamo a festeggiare il tuo compleanno."

"Sì, madre" concordò uscendo e seguendo l'iter convenzionale.

La cena fu di una squisitezza unica, ogni portata era stata cucinata con gusto e la scelta di insaporire i piatti con le spezie della lontana India aveva dato alla principessa un brio del tutto nuovo.

Aveva danzato con chiunque glielo avesse chiesto stando bene attenta a non soffermare lo sguardo su Exeter e sulla sua nuova amica. Ciò nonostante, ogni volta che ci pensava il suo cuore mancava un battito e le salivano le lacrime agli occhi.

"Me lo concederesti un ballo?" domandò il re avvicinandosi alla figlia.

"Con vero piacere" cinguettò raggiungendo il centro della sala e iniziando la danza.

Nascosto in un vano finestra vi era lord Exeter, era riuscito a sgattaiolare via dalle grinfie della giovane dama e finalmente poteva osservare l'unica donna che desiderava vedere, senza farsi notare.

"Modificate lo sguardo, Franklin, quegl'occhi non vi si addicono se sono rivolti a mia figlia."

"Vostra Grazia, non..."

"Tacete, ve ne prego", lo zittì la regina, ma il suo tono non era duro, in vero sembrava dispiaciuto, "voi e mia figlia siete dei pessimi bugiardi."

Il giovane si volse a guardare la regina, ma non ebbe il coraggio di ribattere, perché la propria mente aveva registrato solo la frase che fossero entrambi dei pessimi bugiardi.

"Noto della sorpresa sul vostro volto", continuò la donna, "e questo almeno mi consola. Significa che non è accaduto nulla tra di voi."

Silenzio.

"Exeter, voi mi piacete, dico sul serio", seguitò la regina, "ma voi due non potete stare insieme."

"Ne sono consapevole", rispose ritrovando la voce, "lo siamo entrambi."

Un sospiro uscì dalle labbra della donna prima di dire: "Lo so che lo sapete, ma quello che vedono i miei occhi è un trasporto che sta aumentando con il tempo. State giocando con il fuoco e finirete per bruciarvi."

"Vostra Grazia..."

"Non ho finito", lo interruppe ancora la regina, "io so quello che accadrà in futuro e la vita di mia figlia potrà solo peggiorare, dunque, se potete darle gioia con la vostra compagnia fatelo, ma state attenti e per l'amor del cielo non mostratevi agli altri con quello sguardo. Io amo mia figlia, ma agli altri il suo benessere non sta a cuore quindi, non inoltratevi in sentieri scoscesi."

Senza dire altro Marianna Vittoria gli regalò un sorriso alquanto enigmatico prima di confondersi tra gli invitati, ma quelle parole confusero Franklin al punto che non riuscì a pensare ad altro per tutto il resto della serata.

Chiusa nella sua stanza, Maria Francesca ripensava all'intera serata e a quanto le fosse mancato non poter danzare con Franklin anzi, da metà serata era sparito e non aveva fatto più ritorno.

"Vi siete divertita?" domandò Margarethe iniziando a sfilare le forcine, ma alla terza fu fermata da un lieve colpo sul legno.

"Chi sarà?" chiese la principessa senza rispondere alla domanda.

La dama si strinse nelle spalle e andò a vedere, la sorpresa nel riconoscere il visitatore  la fece esclamare sottovoce: "Tu!"

"Ti prego, solo un minuto" supplicò l'interlocutore a voce bassa, infilandosi nella stanza senza invito.

"Non puoi stare qui, se ti scoprono ci eliminano. Devi andartene" continuò la dama con un sussurro.

"Chi era?" domandò Maria Francesca uscendo dall'alcova e le altre domande scemarono quando lo riconobbe, "Franklin!"

"Vostra Grazia!" la salutò con un perfetto inchino e un sorriso smagliante che la invitò inconsciamente a sorridere.

"Cosa ci fate qua?" chiese abbassando la voce e avvicinandosi a lui.

"Mi sono reso conto che non vi ho fatto gli auguri" si giustificò con un assurdo imbarazzo.

"Se è per questo, io aggiungerei anche la mancanza di un ballo."

"Sapete..."

"Franklin, devi andartene", lo interruppe la sorella, "non puoi stare qui."

Solo nell'udire quelle parole si ricordò della presenza della sorella. La figura di Maria Francesca l'aveva completamente eclissata.

"Un minuto", supplicò con il cuore in gola, aveva bisogno di vederla e sentirla parlare. Gli era mancata terribilmente.

"Un minuto" concordò la principessa con il cuore in tumulto, prima di guardare la dama e obbligarla a uscire per piantonare la porta.

"Vi ringrazio!" mormorò il giovane avvicinandosi a lei e inspirando il suo gradevole profumo. Non ne aveva mai sentito uno più buono.

"Avete il vostro minuto, ditemi."

Preso alla sprovvista disse l'unica cosa che gli venne in mente, "Vi devo un ballo."

"Sì", confermò con un sorriso divertito, "ma qui non vi è musica."

"Ma voi avete una bella voce" la lodò prendendole la mano e bastò quel lieve contatto per farli rabbrividire entrambi.

E la di lei voce intonò una dolce melodia che accompagnò i loro movimenti creando una danza elegante fatta di distanze e riavvicinamenti, piroette e tocchi che si completavano con  sguardi intimi e avvolgenti.

Quando la presa sulla vita si fece più intensa, si fermarono d'improvviso, attratti l'un l'altro in quel peccaminoso contatto.

Il respiro si fece corto e gli occhi di lui si ribellarono alla ragione perché in quel momento erano fissi in quelli di lei, così belli ed espressivi da accelerargli il battito del cuore.

In quel momento Franklin capì chi era il fuoco e si sentì bruciare dal desiderio. L'istinto lo spinse a stringere la presa per attirarla a sé e aderire a quel corpo per lui così perfetto.

"Dovrei farvi gli auguri adesso" mormorò piano, il respiro sempre più sfuggente e i lombi in subbuglio.

"Sì, dovreste" gli rispose languida, si sentiva sopraffatta dalle emozioni scatenate da quella vicinanza e voleva solo che non finissero.

Un sorriso sensuale spuntò dal filo di barba mentre, incapace di ragionare lucidamente, scendeva sulle di lei labbra.

"Sta arrivando la regina" li interruppe Margarethe facendo irruzione nella stanza ed evitando che ci fosse il contatto.

Si staccarono di colpo e quella distanza li fece fremere di delusione.

"Devi andare", aggiunse la sorella afferrandogli un polso per spronarlo, "stava salendo la scalinata."

"Sì, ora vado", borbottò senza staccare gli occhi dalla principessa, "mi dispiace!" sussurrò poi mortificato, ma di cosa si dispiacesse non era chiaro a nessuno.

Uscì rapido come una folata di vento, portandosi con sé un pensiero condiviso in quel mentre anche da Maria Francesca.

Stiamo giocando con il fuoco, ma il calore della fiamma è troppo piacevole per fermarsi.


*Mio spazietto*
Questi due fanciulli dicono una cosa e ne fanno un'altra O_O Sono preoccupata.
Grazie come sempre di seguire questa storia e...
A presto!

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