Capitolo 50
EDITH
"In un mondo fasullo, artefatto alla menzogna, tutto ciò che resta, di vero, non è altro che l'amore."
Lewis Carroll scrisse: "...Sapeva che sarebbe stato sufficiente aprire gli occhi per tornare alla sbiadita realtà senza fantasia degli adulti..." ed io mi chiesi se non fosse questa la noiosa routine che citasse nella storia de: Le avventure di Alice nel paese delle Meraviglie. Wellcum e Wanderland avevano molto in comune - iniziale a parte -, stramberie e vicissitudini varie, ed entrambe stimolavano la fantasia degli individui inoltratisi ad esplorarla. Perché, se avevo appreso qualcosa, studiando la fisicità di un uomo, era che l'inventiva stimolava e arricchiva il sesso. Il godimento dell'altro era il proprio. Per questo, la ricerca del piacere, che elevava l'essere umano ad una dimensione di estasi sensoriale fuori da ogni tempo e spazio, convenni ritenerla una forma d'arte. La felicità e l'appagamento dissolvevano costrizioni e stress, rendendo liberi dagli obblighi oppressi e trasformando persone comuni ad artisti. In quanto tale, la mia prima esperienza si era rivelata essere la stessa di quella d'una spettatrice sensibile, piacevole e dolorosa allo stesso tempo, soggetta alla Sindrome di Stendhal: un'affezione psicosomatica che provocava tachicardia, capogiri, vertigini, confusione...
E allucinazioni.
I miei sensi, alterati e falsati, dovuto forse alla situazione singolare e al miscuglio di sentimenti impetuosi, mi mentivano. Alzai il volto, spaesata, osservando la figura del diavolo femmineo incombere su di noi, dietro Dante e fendere la penombra. Cara Joels, più di tutti, sembrava compiaciuta dal teatrino allestito, invitandomi a proseguire la performance, sulle ginocchia, rovesciando il suo bicchiere di prosecco oltre la spalla della mia controparte e imbevendomene le labbra. Il sapore dell'alcol, amarognolo, donava un retrogusto amarostico all'evento. Che fosse tutto un ambiguo sogno?
No, non lo era... Il dolore fisico, della prima volta, aveva assunto un ruolo marginale rispetto al sentimento protagonistico che possedevo nel cuore per l'avvenente spogliarellista, ma adesso, tornati alla crudele realtà, adocchiavo il pubblico che ci circondava, travestiti delle loro perversioni peggiori, con una certa inquietudine addosso. La maggior parte di loro, cozzaglie umane spogliati di perbenismo, indossava esclusivamente finte teste d'animale: maiale, cinghiale, cavallo, ecc... rendendo l'atmosfera cupa, quasi lugubre. Guardai il mio corpo, coperto da un misero velo bianco, e semitrasparente, impreziosito da qualche piuma candida e ricami intarsiati. Avevo scelto la maschera da cigno perché, nel buio, parve la più pudica fra le altre, solo in seguito compresi quanto fossi stata in errore. Mi strofinai l'occhio sinistro, percependo sotto i polpastrelli gli stencil chiari, appiccicati alla pelle, contornare lo sguardo per celare la mia identità. La colla adesiva pizzicava, e provocava prurito, ma non abbastanza da distrarmi dalla sgradevole emozione. L'attenzione di tutti i presenti era incanalata su noi due; nessun brusio o fruscio si udiva riecheggiare nella sala, finché l'inizio di una nuova canzone inondò lo spazio circostante, rompendo il silenzio.
Your love cutt so deep, got a hold on me.
It's got a hold on me.
And I can't seem to fight no more.
Il tuo amore ha tagliato così in profondità, ha avuto una presa su di me.
Ha una presa su di me.
E non riesco più a combattere.
Ubbidii alle parole sussurratemi all'orecchio in precedenza, trovandomi in mezzo alle sue ginocchia. Mi sentivo in balìa di una tempesta in mezzo alla marea, ma sapevo anche che, per restare a galla e non essere sopraffatta dai cavalloni schiumosi, avrei dovuto ancorarmi al mio unico salvagente. Lui.
Dante, malgrado fosse seduto, torreggiava su di me. La maschera a led, puntata sul mio volto, attendeva la prossima mossa. Tutti aspettavano... Seguendo le note musicali della canzone, risalii le sue gambe con gesta leggere, sfiorando appena i bermuda. La sua mano venne incontro alla mia, guidandola all'interno della tasca sinistra, ove sul fondo, giaceva l'involucro di un goldone rosso. Estrassi il piccolo oggetto con due dita, portandolo al mio interesse. Lo esaminai, curiosa, leggendo DUREX a caratteri cubitali. Con molta cura e attenzione, strappai la confezione, imbrattandomi le dita di lubrificante alla fragola. Indugiai. L'odore chimico sopraggiunse a pizzicarmi la punta del naso, mentre rigiravo il preservativo fra le dita, circospetta. Perché odorava di frutta rossa? Se l'avessi assaggiato ne avrei degustato anche l'effettivo ed illusorio sapore fruttato?
«Srotalo lungo tutto il mio fallo, mi dulce guagua y canta para mi.» sussurrò il mio avvenente spogliarellista, dietro la maschera a led. Non fu volgare, né adoperò un linguaggio scurrile, eppure fu esplicito, ciò che espose era a dir poco lontano dal semplice decoro.
Stava chiedendo un...
Deglutii la saliva accumulatasi in bocca prima di procedere alla richiesta posta: «Posso?» chiesi con garbo, tentennando appena e indicandogli l'orlo superiore del costume.
«Su di me, tu puoi tutto.» mi rispose col tono arrochito - di chi attende una forte emozione che lo travolga - e il pomo d'Adamo fremere verso l'alto, tornando infine al suo posto, sotto la laringe. Forse eravamo entrambi in mezzo al mare e l'uno era la scialuppa di salvataggio dell'altro, meditai.
Your touch got control to my mind (my mind).
And these late nights can't sleep.
You took the best of me.
You took the best of me.
And I just really need you love.
'Cause you are my, you are my obsession...
Il tuo tocco ha il controllo sulla mia mente (la mia mente). E queste notti tarde non riescono a dormire. Hai preso il meglio di me. Hai preso il meglio di me. E ho proprio bisogno del tuo amore. Perché tu sei la mia, sei la mia ossessione.
Con estrema cura slacciai i bermuda, allentando il nodo e liberando il pacco. Calai l'elastico dei boxer, lasciandomi aiutare da lui e lentamente, accorta ad ogni mossa compiuta, liberai la sua erezione dal tessuto scuro, ergendosi verso l'alto. Lungo, duro e venoso; il membro di Dante possedeva qualcosa di magnetico; più scuro del resto del suo corpo e avvolto nel rosso, semitrasparente. Bollente al tatto e vibrante di energia, coperto di lattice, parve assumere vita propria ad ogni carezza donata, spasimante per averne ancora, avido di contatto.
L'avvenente spogliarellista si abbandonò all'impulso di accarezzarmi il viso con la mancina, percorrendo la gota destra con devozione, e in seguito, calare il pollice sul labbro inferiore, sfiorandolo quel tanto che bastava per lasciarmi intuire cosa gli passasse per la testa, senza il bisogno di spiegare. Inginocchiata davanti a lui, reverenziale difronte al mio Dio, posai la bocca sulla cappella, saggiando il preservativo alla fragola, ripieno della sua verga.
*Angolino dell'Autrice*
Scusate se ci ho messo un secolo, ma ormai siamo agli sgoccioli di questa prima parte x)
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