Capitolo 38
EDITH
Lame di luce filtravano dalle finestre, tagliando la penombra circostante e rilucendo il pulviscolo che volteggiava nel vuoto. Lunghe e candide tende, semitrasparenti, nascondevano in parte le vetrate chiuse, celando il l'orizzonte e il fruscio dei pini al di fuori. Le pareti in legno rendevano la camera da letto rustica, diversa da qualsiasi altra stanza visitata finora e donando un tenue tepore al confortevole arredo. Respirai a pieni polmoni l'aroma legnoso e di pulito, soffermandomi sul bianco delle lenzuola e degli asciugamani, adagiati entrambi sul materasso coperto. Notai persino un accappatoio inamidato, accanto. Meravigliata, ripresi a guardarmi attorno, scorgendo maggiori dettagli a cui non avevo fatto caso nella prima occhiata: l'arredo per quanto pulito e semplice, era pressoché spartano. Il letto matrimoniale era il più ampio che avessi mai visto. Corrugai le sopracciglia.
Cosa se ne facevano due persone di tutto quello spazio?
Il sospiro di Dante attirò la mia attenzione. Fissava il materasso con sguardo allucinato e fermo, come se si fosse ricordato qualcosa che non avrebbe dovuto dimenticare, immobile sull'uscio dell'entrata.
E adesso cosa gli prendeva?
Non sembrava sorpreso, quanto piuttosto... amareggiato. Provai a schiarirmi la gola: «E tu, stai bene, Dante?» chiesi con premura, dopo alcuni attimi di silenzio. Lui spostò le pupille su di me, con una lentezza tale da riuscire a quantificare i secondi, guardandomi come se fosse stata la prima volta. All'interno, vi leggevo un vespaio di emozioni contrastanti e un garbuglio di pensieri che avrebbe voluto comunicarmi, rivelando qualcosa di intimo e profondo, ma alla fine desistette e preferì rimanere in silenzio. Il suo viso si ombrò e scuotendo il capo, imbocò l'uscita, lasciandomi lì, dimenticata in un angolo di mondo. Un girasole che si sciupa non appena il sole tramonta. Eravamo tornati ad essere due astri celesti fin troppo lontani per potersi toccare.
***
Persino la doccia è gigantesca e moderna.
Pensai con una punta di amarezza, provando ad ignorare la delusione che pungolava il cuore e incrinava il respiro. Il bagno, intonato alla camera precedente e munito di ogni confort moderno, era senz'altro la stanza che preferivo di più in assoluto. La porcellana risplendeva di luce propria e le piastrelle, intarsiate da ghirigori fantasiosi, risplendevano del medesimo chiarore. Un velo di lacrime mi appannò la vista. Sarebbe stato tutto perfetto e romantico se non fosse stato che quello era il bagno di un bordello e che presto sarebbe stato affollato.
L'immagine di Dante, circondato da altre donne e uomini, mi ferì profondamente. Anche s'era frutto della mia fervida fantasia, non significava che non sarebbe accaduto.
Forse era proprio questo quello a cui meditava...
Divenne tutto tremendamente ingiusto. Mi rannicchiai in un angolo, portandomi le gambe al petto e poggiando la fronte sulle ginocchia.
Era stata solo... una pessima idea.
DANTE
Era stata una pessima idea. Lei mi aveva seguito sul serio e adesso, adesso che eravamo arrivati, non mi sarei goduto un cazzo di niente.
Puta Mierda.
Niente festino fino al mattino. Niente orgia di mezzanotte - quella, da sola valeva tutto il viaggio - e niente clienti arrapati e pronti a scialacquare i loro soldi per me. Se avessi partecipato, lo avrebbe fatto anche lei. E questo equivaleva a spaccare la faccia alla metà della clientela che avrebbe potuto pagarmi l'affitto...
Dannazione!
Serrai i denti. Il pensiero che un vecchio bavoso potesse metterle le mani addosso, mi tormentava, scavava una fossa nel mio cervello, piantando radici profonde. Indurii la mascella con rabbia, mentre percorrevo il lungo corridoio, ancora deserto, diretto alla camera di Nico e Liam. Sentivo il bisogno di prendere a pugni qualcosa... o qualcuno, per sfogare la mia frustrazione, e loro al momento erano gli unici che potessero calmarmi. Anche perché Fabian non rispondeva alle chiamate - maledetto traditore - e Raissa era irraggiungibile. Alex aveva già fin troppe preoccupazioni a cui pensare ed Eva... Eva doveva fare i conti con sé stessa prima che io potessi piombare nuovamente nella sua vita. Ero solo...
E tutto per colpa della maestrina del cazzo.
Mi bloccai all'improvviso, riflettendo su quanto io le somigliassi nei confronti di Edith. Stavo forse impazzendo?
Scossi il capo con forza e ripresi la mia andatura.
No, la mia gelosia non era fuori controllo.
Trovai la porta corretta - l'ultima della fila e numerata 128 -, aperta, e senza rifletterci oltre vi entrai, sperando in un buon consiglio, ma quello che vidi liquidò qualsiasi questione avessi in sospeso. Cupido e Ken, al centro della camera, si stavano... baciando?!
«No, raga! Confessate che è uno scherzo, vi prego! Che cazzo fate?!». Mi portai le mani nei capelli, sull'orlo di una crisi di nervi. C'era una sola regola da rispettare fra chi praticava un lavoro come il nostro: Niente relazioni, soprattutto fra colleghi.
«Non è come sembra!» si affrettò a blaterare Ken. L'accento americano divenne marcato, stimando con l'armoniosità delle parole.
«Ah no, Liam? Perché a me sembrava che avessi la lingua di Nico in gola.» precisai, fulminandolo con un'occhiataccia.
«Okay, sì, è come sembra.» rivelò alla fine, sfuggendo al mio sguardo dardeggiante. Ero già nervoso di mio, se ci si mettevano anche i pupi, tanto valeva collassare in una stanza qualsiasi e aspettare di ritornare in Italia...
«Possiamo spiegare...» aggiunse Cupido, portando le mani avanti e mostrando i palmi ben aperti.
Oh no, no, no! Chuca...
«Non pensarci nemmeno, tu! Tenetevi tutto: delucidazioni, bacio e stanza. Io non ho visto niente, non ho sentito niente e non voglio saperne niente.» tuonai mentre loro ciarlavano scusanti su quanto fossero liberi di amarsi e sulla mia politica relazionale.
«Sapevamo che qualcuno avrebbe dato di matto, ma non ci aspettavamo che fossi proprio tu, ipocrita! Tu stai con Edith...» sbottò Nico e qualcosa si strappò dentro di me, ne sentii il suono.
Cosa?!
«Io non sto con Edith! Raga, voi non siete me e non millantate anni di condivisione sessuale e relazioni poliamorose. Sono solo puttanate le vostre giustificazioni.» ringhiai, ma Cupido cominciò a tirare quel lembo lesionato...
Soffocò una risata - anche se non c'era nulla da ridere -: «Vuoi farci credere che tu e lei non siete una coppia?».
No... Però...
«No che non lo siamo!» precisai ad alta voce, più a me stesso che a loro.
«Allora non ti dispiacerà se ci divertiamo noi due con lei, stasera.» sussurrò come una serpe al mio orecchio sinistro.
Fu un attimo. Il tessuto si strappò del tutto. Non ci vidi più. Non sentii più nulla se non una scarica elettrica diffondersi per tutto il corpo. E non fui del tutto consapevole quando appesi Nico al muro, pronto a sferrargli un gancio destro. Liam tentò di fermarmi, ma era già troppo tardi.
*Angolino dell'Autrice*
NICO, NOOOO! DANTE NON TI AZZARDARE!!
Raga, scusate... Mi ero dimenticata di questa parte </3 l'estratto del capitolo precedente sarà nel prossimo e non in questo perché sarebbe stato ambiguo scrivere che... Vabbè, non lo spiego. Lo capirete nel prossimo capitolo perché xD
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