Capitolo 17
EDITH
«E tu, a quel punto?!» domandò Fifì, fissandomi alienata e con attacchi di ridarella incostanti.
La sua presenza mi pressava. Era molto, troppo vicina, ed il profumo dolciastro di Roma Biagiotti, appestava l'aria che respiravo con difficoltà.
Ma a quel punto cosa? COSA?! Cosa avrei mai potuto fare??
L'impressione che la mattinata si trascinasse lenta, non migliorava affatto il mio umore...
Mi strinsi nelle spalle sempre più in imbarazzo, rossa dalla vergogna: «Ho ricambiato le presentazioni e poi ho tagliato la corda...» pigolai, distogliendo lo sguardo e puntandolo sul cartello pubblicitario dell'estetista in cui eravamo entrate.
A quel punto Serafina scoppiò a ridere: «Tesoro, la tua vita è migliore di una telenovela. Il tuo primo bacio è finito malissimo.» commentò fra una risata e l'altra, nella piccola sala d'attesa, attirando in questo modo occhiatacce e attenzioni indesiderate.
Il secondo.
«Ragazze, per cortesia, non disturbate chi aspetta. Volete stendervi sui lettini o non la volete fare questa ceretta?!» borbottò spazientita Noemi, indicandoci le stanze apposite. Lo studio estetico, dalle pareti rosa confetto, era senz'altro migliore di qualsiasi altro confessionale esistente; il luogo ideale per conservare il chiacchiericcio femminile. Qualsiasi donna, giovane o vecchia, incominciava a rivelare i propri segreti dopo essersi rasata l'inguine.
«Hai ragione, scusaci Emy, ma dovresti proprio sentire le avventure imbarazzanti di Edith con gli uomini...» mi derise affettuosamente la donna accanto a me, ammiccando nei miei confronti e cingendomi le spalle col braccio destro.
La mia amica, nell'osservarci, alzò gli occhi al cielo, con l'aria di chi ne sapeva una più del diavolo: «So già tutto... E aspetta di ascoltare la fine prima di ridere. Allora sì che potrai sganasciarti dalle risate.» esalò esasperata, sparendo all'interno della stanza delle torture... La sala della cera calda.
«Oddio... C'è dell'altro?!» mi travolse Serafina, ritornando a scrutarmi attentamente.
Abbassai il capo, timida difronte all'enfasi della mia interlocutrice. Un generale militare alle prese con l'interrogatorio sarebbe stato apprezzato maggiormente.
«Mi ha invitata ad uscire ancora. Stasera lo rivedo al Bianco.» mormorai infine.
«EDITH, MUOVITI. NON HO TUTTO IL GIORNO!» mi sgridò a quel punto Noemi, abbigliata come se fosse stata un'infermiera, da dentro la stanza e pronta ad iniziare il turno. Mi affrettai a raggiungerla e chiusi la porta, ponendo una barriera fra gli altri e noi.
Semidistesa sul lettino, alias barella da morto, guardai il pentolino di cera calda con un certo scetticismo. Odiavo ‘la tortura’ a cui mi sottoponevo volontariamente per radere i peli superflui del mio corpo, ma più di questo, detestavo lo sguardo di biasimo di Noemi mentre applicava la pasta appiccicosa sulle mie cosce. Il colore del miele, illudeva gli ignari.
«È stata una pessima idea accettare l'invito di quel spogliarellista... Potrebbe essere un pazzo, o peggio.» mi redarguì piccata la mia amica, enfatizzando il discorso. I capelli, vaporosi, oscillavano ad ogni suo movimento.
«Adesso esageri, Emy. Il nome di quel spogliarellista è Dante e non puoi considerarlo folle solo perché differisce con la visione comune di amore.» risposi, difendendolo come potevo.
Lei si bloccò: «Amore?! Vive col suo fidanzato, Edith! Colleziona relazioni come se fossero figurine e il suo lavoro è quanto di più vicino alla prostituzione! Non lo conosci nemmeno e tu già inizi a millantare amore?!».
«No, io...» provai a ribattere, ma Noemi non mi diede l'occasione.
«A differenza di quel Dante, tu ed io siamo cresciute assieme.» sottolineò mentre applicava una noce di cera bollente sulla mia pelle: «E so per certo che lui non è il ragazzo giusto per te, Edith.» e strappò di netto.
***
“Lui non è il ragazzo giusto per te.”
Le parole di Noemi mi perseguitarono fino a sera. Volevo confrontarmi con la mamma, per avere un buon consiglio dettato dall'esperienza, ma lei era lontano - con papà - a salvare le persone in Nord Africa; non aveva tempo da dedicare ai miei crucci superflui. Avrei potuto chiedere a Micol, ma dopo la reazione caustica della mia amica, ero alquanto scettica nel volermi aprire di nuovo.
Sospirai sconfortata, seduta a gambe incrociate sul mio letto e con le ante del guardaroba del tutto spalancate. Volevo cercare un abito da indossare, ma i miei cupi pensieri soffocavano ogni mia buona intenzione. L'appuntamento sarebbe stato alle due di mattina, ma io volevo fargli una sorpresa, presentandomi molto prima.
«Edith, ceni a casa stasera o devi uscire?».
La voce di mia sorella mi ridestò dai miei pensieri: «Io... Ecco...» gridai a mia volta, ma tacetti subito dopo.
Voglio andarci o no all'appuntamento?
***
I flash del Bianco, di colori che variavano dal rosso al blu, creando giochi di luce violacea, mi accennavano la vista. Alle ventuno, il locale era ancora semivuoto, ma sapevo bene che presto si sarebbe riempito di donne urlanti e febbricitate.
Deglutii a disagio, ricordando l'ultima performance assistita mentre provavo a rimpicciolirmi in un angolo del locale.
No, decisamente non era un luogo adatto a me...
Dovevo raggiungere il ‘dietro le quinte’, dove i ballerini esotici si preparavano nei rispettivi camerini e trovare il mio giovane spogliarellista.
Decisami, una buona volta, a introdurlarmi nell'aria riservata, aggirai la sicurezza, uscendo dal Bianco e addentrandomi nel vicolo mal illuminato che conduceva sul retro. Dove quasi nessuno osava recarvisi per il divieto di accesso e lavori in corso...
Ad un tratto mi fermai e sgranai gli occhi, stupita. Fu allora che lo vidi.
Dante, vestito con jeans e maglietta, era in compagnia di una donna. Una bella donna, di trenta-trentacinque anni, forse e che... sembrava temerlo, minacciata dalla sua stazza. Schiacciata contro la parete di mattoni, cercava di allontanarsi il più possibile da lui.
«Ti prego. Non dirlo a mio marito. Se lo viene a sapere sono rovinata.» si lamentò, spaventata nell'osservare quello che Dante le stava mostrando sul display del suo cellulare.
«Dovevi rifletterci prima di venire a letto con me. Adesso è troppo tardi...» insinuò piano lui.
Mi dava le spalle e a stento intuivo il senso del discorso, ma il tono velenoso e la paura della sconosciuta mi inquietarono profondamente.
Noemi aveva ragione. Io non conoscevo nulla del giovane spogliarellista...
*Angolino dell'Autrice*
BAM!
SORPRSAAAA... AH... DANTE, CHE CA**O FAI?!
Prometto che risponderò a tutti i commenti il prima possibile 🥺
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