Tears - Abel x Nash

Potrebbe contenere spoiler di Zelda: Breath of the Wild. Sì. Sì, esatto, proprio Zelda BOTW. Quello lì che mi sta r o v i n a n d o .

***

Udendo un suono così inusuale da parergli sconosciuto, si è precipitato al luogo in cui sembrava aver origine - il salotto, e più precisamente il divano. E giunto a contemplare la scena, è rimasto senza fiato per la potenza delle emozioni che l'hanno travolto tutte insieme. Era tutto vero; era proprio come gli era sembrato. Abel stava piangendo.
"Non fare così" l'ha supplicato, correndogli a fianco ad accarezzargli i morbidi capelli biondi. Il francese teneva il viso nascosto tra le mani, e singhiozzava quasi istericamente: era un pianto di rabbia, ovviamente, perché questo era il solo sentimento che conosceva (a parte l'amore, o almeno così sperava Charlie).
Dopo pochi attimi è riuscito a scollare i palmi dalla faccia e ad alzarsi in piedi, senza smettere di far gocciolare gli occhi, e stringendo immediatamente il suo fidanzato in un abbraccio tremolante. 
"Dio mio, ma cos'è successo? Eh? Perché piangi?" Gli ha chiesto dolcemente quest'ultimo, muovendo piano la testa in modo da accarezzargli il viso umidiccio di lacrime. Poi, lo sguardo gli è caduto sul divano, dove giaceva apparentemente spento l'ultimo dispositivo che avevano comprato: una Nintendo Switch; solo che non è riuscito a collegare i due fatti. Era sul punto di chiedergli se si sentisse bene, che lui ha tirato su col naso e ha lasciato andare le braccia lungo i fianchi.
"Perché neanche i videogiochi riescono più a distrarmi" gli ha risposto, lentamente. "La mia vita è triste, Charlie, molto triste. In effetti tu sei l'unico raggio di luce che mi abbia mai raggiunto. E appena rimango solo, intendo in compagnia di me stesso... Mi sento avvolgere dal buio. Speravo semplicemente che con un videogioco avrei potuto pensare a qualcosa di più lieto." 
"Solo questo? Basta questo a farti disperare così tanto?" Nash sapeva che così non era, e ha atteso che l'altro annuisse, prima di accarezzargli la schiena leggermente, per invitarlo a parlare. 
"Se te lo dicessi, mi prenderesti per pazzo."
"Ti conosco bene, piccolo, e so benissimo che lo sei." Si è staccato da lui e gli ha allungato il fazzoletto di tela che teneva sempre in tasca; Abel si è lasciato cadere seduto, e spostando la consolle l'ha invitato a fare altrettanto.
"Ora ti racconto un particolare della trama del videogioco che abbiamo preso" ha detto, con la voce spezzata, e molto melodrammaticamente. Aveva gli occhi gonfi per il pianto, e incollati al terreno davanti a loro; le mani unite in grembo si stropicciavano a vicenda senza sosta, e sembrava proprio prossimo a scoppiare nuovamente in lacrime. "Che Link abbia dormito cento anni è chiaro, no?" Ha atteso un cenno da parte dell'altro prima di continuare, anche per riflettere bene su che parole usare. "Praticamente la tecnologia che gli ha permesso di rigenerarsi dormendo così tanto era sperimentale. E lui... Ecco, semplicemente ha subito una conseguenza inattesa: ha perso... La memoria." Ha preso un lungo sospiro, senza attendere una reazione dell'altro, perché consapevole che non esistevano commenti per una tale situazione. 
E invece Nash ha finalmente riaperto la bocca: "Semplicemente terribile. Deve averti fatto rivivere brutti momenti..." 
Abel ha sentito il suo sguardo addosso, ben prima di ricambiarlo incontrandolo mentre già rispondeva alla domanda non posta.
"Non è tanto la somiglianza ad avermi ferito. Vedi, il fatto che lui non abbia memoria si scopre solo parlando con gli altri. Lui, da sé, ne è a malapena cosciente. Com'è possibile che uno non se ne renda conto? Che viva senza-- Senza accorgersi che una parte di sé manca?!"
"Si tratta di un videogioco, lui... Forse nella vita vera non avrebbe fatto così, no?" 
"Anch'io l'ho pensato. Eppure non è tanto inverosimile - se no non si sarebbe nemmeno posto il mio malessere, no?" Non ha potuto non indugiare prima di riprendere il discorso. "Forse lui ha tante cose a cui pensare da non riuscire ad occuparsi di sé stesso. Questo è il senso di essere un eroe. Ed è per questo che sto male-- Mi sento una nullità in confronto a lui"
"Ehi..." Charlie non ha potuto non sorridere per la sua ingenuità, e ha cercato un discorso adatto per una risposta direttamente in fondo ai suoi occhi. Gli ha preso la testa tra le mani, e l'ha baciato piano sulle labbra. "Noi uomini inventiamo un sacco di storie. In ognuna di esse inseriamo quello che ci manca, che manca al nostro mondo. Anche nelle storie più realistiche c'è qualcosa di assurdo, di immaginario e impossibile: a volte un minuscolo particolare, la posizione del sole, il colore della nebbia, e altre volte l'impianto stesso della storia, l'universo o il protagonista. Questo è il senso delle storie: rendere un poco più veri i sogni, risolvere in qualche modo - anche se finto e inutile - i problemi irrisolvibili. Un videogioco, capisci, è una storia, proprio come i miei libri." Nash aveva un po' la malattia dei libri, nel senso che non poteva passare un giorno della sua vita senza leggere una pagina di qualcosa e sentirsi bene; aveva tanti vizi e tanti difetti, ma considerava questo come il peggiore in assoluto. E ha voluto tirarlo nel discorso per ricordare al francese che non esiste nessuno di perfetto: "Io non conosco minimamente la serie, ma secondo me Link è consapevole della sua mancanza di memoria e ne soffre; solo che ha un peso ancor peggiore sulle spalle, e ha imparato a sopportare tutto perché sa che alla fine si risolverà. Sa che c'è un boss da qualche parte, forse in cima ad una montagna o forse in fondo al mare, e che quando vincerà contro di lui tutto tornerà come prima, o quasi." Ha stretto le labbra, perché stava venendo un pochino da piangere anche a lui. "Tu devi essere felice di non avere un peso più grande di quello che già ti ritrovi, e consapevole nel contempo che non può esistere in questo mondo un dolore più pesante del tuo, perché non sarebbe fisicamente sopportabile: se noi dovessimo morire non potremmo schiacciare "start" e riprendere dall'ultimo check point. Sarebbe la fine e basta." A questo punto è rimasto senza cose da aggiungere: "Quindi accontentati della tua missione, che mi sembra già nobile e ti farà correre un bel po', credo. E quando l'avrai risolta potrai pensare a diventare grande come lui, come Link."
"Grazie, Charlie. So che è superfluo dirlo, ma hai perfettamente ragione. Comunque sento... Sento ancora bisogno di piangere, anche dopo le tue belle parole."
L'americano ha sospirato, e sorriso. Queste sue parole significavano che il discorso era a malapena iniziato - ormai lo conosceva abbastanza da capirlo.
"Hai presente la tavoletta Sheikah? Quella specie di Switch di pietra che porta alla cintura. Ecco, là sono conservate dodici immagini; fotografie fatte da Zelda, incarnazione della Dea di Hyrule, ma soprattutto sua cara amica, o qualcosa del genere. Sono posti in cui sono stati insieme, luoghi significativi. Recandosi dove sono state scattate, è concesso a Link di ritrovare un pezzetto di memoria. Si tratta di una subquest." Charlie ha notato che a questo punto le mani del ragazzo hanno iniziato a stringersi l'un l'altra nervosamente e con forza. "A me la tecnologia l'ha solamente tolto, il passato, e non potrò recuperarlo mai più. Non c'è angolo di questo mondo che abbia un significato per me: tutto è insipido. Forse potrebbe bastare un'immagine anche a me; ma," e qui ha rilassato le spalle e strizzato gli occhi, "ma non esistono tavolette fatate nella nostra realtà. Gli dei mi hanno voltato le spalle" ha concluso.
Prima di intervenire, Charlie ha dovuto racimolare qualche forza dal profondo dell'animo. 
"L'hai nominata tu stesso, la parola subquest. Sai una cosa? Hai fatto bene. Perché noi siamo delle subquest. Siamo piccole missioni che il destino deve sbrigliare per risolvere l'ordine universale. Certo che il fato deve affrontare sfide più difficili del campione di Hyrule; per questo le nostre vite sono, a volte, così complesse. Ma credo che sia un bene, perché quando una sfida viene risolta, non esiste più. Capisci cosa intendo dire? Siamo la fiamma sullo stoppino di una candela, finché possiamo bruciare lo facciamo, e prima o poi il fuoco si estinguerà e finiremo nel nulla. Che possiamo farci? Possiamo solo cercare di godere quel caldo insopportabile, capire che tutto è contenuto in questo enorme sforzo di sopportare, in questo infinito dolore che genera una flebile bellezza. È per questo filo di poesia che si vive. E io l'ho finalmente trovata in te, piagnucolone d'uno che ti trovi ad essere."
Hanno ridacchiato insieme. 
"Tu... Tu non hai mai voglia di piangere, Charlie?"
Quest'ultimo si è stretto nelle spalle.
"L'ho sempre, tranne quando sei vicino a me."

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