Missing - Dudley

E continuando con un personaggio un po' diverso da Abel e Guile...

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«Mister Gotch, non avrei mai pensato che il mio umore potesse essere guastato così da un semplice oggetto.»
Dudley è una persona raffinata, elegante, riservata. Ma talvolta, ama parlare; parlare e pensare, ecco come passa di preferenza le giornate di riposo a casa, nel cuore della Gran Bretagna, tra un torneo e il successivo. Ed è grazie al suo maggiordomo, Mister Gotch per l'appunto, che può far coincidere le due cose. In sua compagnia, le parole sembrano nascergli prima sulle labbra che nella mente: grazie all'estrema affidabilità dell'interlocutore, questo tipo di sfogo è davvero terapeutico.
Ultimamente, comunque, il pluripremiato pugile si sta accorgendo di amare anche qualcos'altro oltre a parlare con il maggiordomo e prendere a pugni gli avversari sul ring.

«Siete ancora in pensiero, signore?»
«Non riesco letteralmente a togliermela dalla testa.»
Come capita davvero poco spesso, appoggia sul tavolo la pregiata tazza di porcellana ancora colma di delizioso tè. Rivolge lo sguardo al pavimento, come prossimo ad aggiungere qualcos'altro alla frase appena sussurrata; ma senza dir nulla, dopo un attimo si alza dalla seggiola con fare stanco. Superando Mister Gotch si avvicina ad un vaso che, sopra un tavolo di spesso cristallo, conserva una ricca rosa color carminio. E senza osare toccarla, la osserva da vicino, da ogni angolo.
«Nei petali rossi delle mie colture vorrei vedere le sue forme. Quando il sole le colpisce, la sera, vorrei scorgere qualche ricordo di lei; ma la realtà è che nulla potrebbe mai avvicinarsi alla sua bellezza. Forse non la rivedrò mai...»
Allontanandosi tanto dal fiore quanto dal suo interlocutore, Dudley si dirige alla finestra, e una volta appoggiato al muro si carezza i baffi con fare pensieroso. Al di là del vetro i cespugli che lui ha piantato e di cui tanto ama prendersi cura oscillano gioiosamente nella brezza.
«Un membro della famiglia... Ecco cos'è» mormora. Il dolore che gli provoca la mancanza dell'automobile appartenuta al padre, una splendida Jaguar SS100* colore del sangue, è paradossale. Ma anche, totalmente reale.
Essa manca non solo nel mondo materiale; è soprattutto nei ricordi che gli fa male il vuoto che c'è al suo posto, come se inconsciamente sapesse che rivederla farebbe ancor peggio. Come... Un'amnesia.
Ha un bisogno fisiologico di toccarla nuovamente, di osservare il riflesso del sole sulla sua carrozzeria finché gli occhi non inizino a fargli male, ma soprattutto di udire il suo rombo. È unica...
Senza rendersene conto, Dudley porta una mano sul vetro della finestra. La Jaguar è da qualche parte, là fuori. Ogni vittoria che riesce a collezionare - ogni singolo knockout che registra a suo favore, ogni medaglia e ogni trofeo, lo fa sorridere solo esteriormente, per le fotografie e per i fans. Ma dentro, oh, è come un lutto.
Non ha dubbi che lei stia bene; chi si trova a possedere auto del genere le tratta benissimo anche se non rientra nel suo stile, per mantenere almeno il loro valore commerciale. Ma molto probabilmente nessuno la ama più.
Non c'è persona al mondo che possa provare quel che lui si trova a sentire nei suoi confronti; di questo è certo. E un po'... Un po' se ne vergogna. Solo Mister Gotch sa del suo struggimento, solo lui è al corrente del suo piano di riprendersela, in qualche modo.
Perdere quella Jaguar è stato uno dei pochi errori mai commessi dal pugile, e sicuramente il più grave. Va riparato, costi tutto il patrimonio che è riuscito a costruire nuovamente, sulla tabula rasa che era rimasta in famiglia durante la sua giovinezza: quella Jaguar deve tornare a poggiare le gomme sul lucido pavimento del garage che attende solo lei. Nessun'altra automobile ha accesso a quella rimessa, perché a lei appartiene, anche ora che manca...

«Signore, il tè sarà freddo ormai.»
«Ne metta altro sul fuoco. Ne ho proprio bisogno, Mister Gotch.»

***

*Credo.

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