III - Ta faute - Abel
Spezzare la linea stilistica dei due capitoli precedenti prima dell'ultima botta di scontatezza? Sì, grazie.
Questa volta il destino di Abel si lega a quello di un altro street fighter molto ignorato da tutti (me per prima)... Remy, qualcuno che solo la teoria alla base di questa oneshot mi ha permesso di scoprire.
Finché non mi fossi decisa a scrivere qualcosa anche su di lui avrei portato un peso sul cuore: spero comunque che la mia libertà ritrovata non sia l'unica gioia che quanto segue può risvegliare!
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Passeggiava per i boulevards da ormai qualche ora, e lo stesso non aveva incontrato alcuno che se ne andasse in solitudine come lui. Persino i mendicanti avevano qualcuno a tener loro compagnia, i cani, i piccioni o i vicini. Stava davvero provando un sentimento di vicinanza per gli uomini e le donne d'affari, sempre elegantissimi e di corsa allo stesso tempo, perché il tempo è denaro.
Aveva qualcosa in comune con loro. Innanzitutto l'egoismo.
Certo, il loro era solo apparente; e il suo invece rimaneva inautentico perché indotto. Ma era pur vero che correvano tutti allo stesso modo verso luoghi e situazioni utili solo ai loro interessi personali. Forse gli sarebbe piaciuto preoccuparsi di qualcun altro; ma era solo, maledettamente solo, non aveva nessuno da difendere, sfamare o anche solo chiamare. Nessuno da amare. Perché con la memoria aveva perso tutto, il suo passato e quindi la sua identità... La sua famiglia. Semplicemente tutto. Non aveva idea se lui avesse una colpa in tutto ciò. Sapeva solo che era accaduto qualcosa e gli sembrava d'esser nato da soli cinque anni; ma con la consapevolezza di averne almeno trenta.
Era immerso in tali pensieri, come suo solito, quando è finito addosso ad un passante. Si erano tirati entrambi una spallata violenta, e così si sono trovati viso a viso.
Le iridi turchesi di quello sconosciuto avevano la stessa sfumatura dei capelli, e nell'insieme dava un'impressione strana, non di artificialità ricercata ma di disprezzo per la natura.
Si sono guardati intensamente, senza motivo apparente. Nonostante il tizio fosse molto alto, aveva un viso da ragazzo che rendeva evidente la sua età estremamente giovane.
"Come si chiama?" Ha chiesto con una voce che sottolineava questo aspetto, spezzando audacemente il silenzio che era nato.
"Non l'ho mai vista prima in vita mia" ha garbatamente risposto lui, "Quindi non possono esere affari che la riguardino."
"Non mi conosce, eh? Allora non si chiamerà sicuramente Abel."
Il biondo ha sbarrato gli occhi. "Chi è lei? Cosa sa su di me?"
"Smettila con questa messinscena! Ho atteso tutta la vita di rincontrarti, ed eccoti qui, sotto casa mia!" Il tono usato per pronunciare queste parole è stato così perentorio che Abel s'è spaventato. Aveva nemici così giovani, nella vita di un tempo?
In risposta alla sua incertezza, il ragazzo dai capelli turchesi s'è spazientito ancor più di prima: "Remy. Dillo insieme a me: Remy, quel Remy, quello che perseguita la tua coscienza giorno e notte, quello che ti ha maledetto così tanto che ti saranno venuti dolori ovunque! E tutto ciò perché sei un vile egoista, e hai rovinato la vita sia a me che a lei!"
"Sono veramente spiacente, io non-"
"Ti ho riconosciuto subito dall'aspetto!" Ormai il giovane urlava, e i passanti li guardavano sottecchi, quasi divertiti. "E quando poi ho sentito la tua voce, ogni dubbio che mi era rimasto s'è dissipato! Sei la causa di ogni mia sofferenza, e avresti fatto meglio a non nascere mai, perché non te ne andrai senza soffrire!"
"Io non conosco alcun Remy! Mi ricorderei di capelli del genere, non si preoccupi di questo, se li avessi mai visti da quando ho memoria! La smetta di incolpare persone innocenti, prenda una camomilla, si calmi per l'amor del cielo!"
Abel non aveva intenzione di combattere là, in mezzo alla folla di una città nella quale aveva intenzione di prendere casa, sotto un luminoso sole autunnale. Ma non poteva neanche rimanere indifferente a quanto quel pazzo urlava a pieni polmoni.
Da parte sua, Remy stava iniziando a capire che qualcosa non quadrava. Neanche il più vile dei vermi avrebbe potuto mostrarsi così indifferente, in momenti del genere... Quantomeno non la persona, detto fuori dai denti, che lo ha messo al mondo.
Persino Master Bison avrebbe detto qualcosa, o si sarebbe offeso e l'avrebbe attaccato!
"Abel. Tu sei un guerriero, no?" Si è sforzato di chiedere in modo pacifico.
"Io... Ho imparato a fare del male ai nemici. E tutt'ora lo faccio. Ma ho abbandonato da tempo ormai i campi di battaglia"
"E perché non sei tornato a casa?!"
"Perché dovrei dirlo a uno come lei, incontrato per caso per strada?!"
"Perché le persone normali parlano con i loro maledetti figli!"
Il biondo è rimasto immobile, senza parole, per qualche secondo.
"G-gradirei parlare con te davanti a un c-caffé."
Remy ha alzato il mento in cenno di assenso, mantenendo la sua tipica aria indifferente e insofferente mentre lo guidava al bar più prossimo.
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"Rapito?!"
"Come ti ho detto, non ne ho memoria. Così si presume, dato che Bison non chiede molti permessi ufficiali, di solito. Ora le rimpiazza, le persone delle quali si appropria. Lascia che i suoi robot rovinino l'immagine e il ricordo di chi non c'è più; ma quando è stato il mio turno tale tecnologia... Non era ancora stata concepita"
Dopo aver chiarito le loro identità, o meglio i motivi per cui uno dei due non la conosceva, è stato il turno di Remy di spiegare cosa avesse blaterato prima per strada. La fuga (che iniziava a profilarsi coma scomparsa, però) del padre, la morte della sorella, il dolore e la ricerca cieca di una vendetta: la sua vita era facile da riassumere, e impossibile da accettare.
"A quanto pare, se tu ne avessi avuto almeno un sospetto, saresti diventato un Chun-li francese."
Hanno sorriso piano, insieme.
"Ti ho sempre incolpato senza realizzare che-- Che potevo sbagliarmi."
"Hai rischiato di sbagliarti ancora, sai. Non dovresti fidarti del mio volto: la Shadaloo mi ha clonato. Ci sono una ventina di entità che girano per il mondo con le mie sembianze. Una di esse era a capo della S.I.N." ha detto, quasi compiaciuto.
"Hai lasciato un grosso segno in questo mondo, insomma." Remy ha vuotato la tazza, e l'ha tenuta contro le labbra per qualche secondo in attesa che anche l'ultima goccia scendesse.
"Chissà quanto grande. Non lo saprò mai, credo. Nonostante questo, io... Ho dovuto vivere completamente solo fino ad ora."
"E la cosa ti dispiace?"
"Ho sofferto sin dal primo momento per la mancanza di una famiglia attorno a me. Credo di averla sempre reputata fondamentale, imprescindibile, e non potevo rassegnarmi all'idea della solitudine eterna in cui Bison mi ha cacciato!" Qualche secondo di silenzio ha reso entrambi tristi. "Non penso che potremo mai vivere come se nulla di tutto ciò sia mai accaduto, però" ha aggiunto Abel, guardandosi le mani.
"No. Non riesco ancora a perdonarti. Non ci riuscirò mai. Perché non hai saputo salvarti? Insieme a te è morta mia sorella, tua figlia, e lei non tornerà mai più. Perché tu sei qui a parlare con me, mentre lei giace per sempre sotto un po' di terra?"
Remy si è alzato.
"Per ogni evento c'è un responsabile. Tu hai tante colpe, ma una in particolare è quella che ti condanna alla solitudine. La mia vita" ha mormorato, freddamente. "Grazie del té."
"Addio, Remy. Buona fortuna."
L'ha guardato allontanarsi, per sempre. Come era arrivato s'è dissolto: un sogno rivelatore, un'apparizione, un fantasma. Solo una cosa rimaneva: la tanto agognata coscienza del passato, doloroso e ingiusto, ma nuovamente... Suo.
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