Friendship - Guile

Ispirata all'incontro canon tra Guile e Abel (SFIV). Unico appunto che mi faccio da sola, perché non penso che nessuno leggerà mai questa raccolta e se ne possa accorgere: la tomba di Charlie (che Guile, americano, visita spesso) non può essere in Africa, teatro della rival battle in Street Fighter IV. Questo è quanto impedisce alla mia oneshot di essere realistica al cento per cento.
Buona lettura, comunque!

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«È tempo di parlare, ragazzo. Dimmi di quest'uomo che usa le mie medesime mosse.»
Pur tendendo una mano col fine di aiutare l'avversario appena battuto ad alzarsi, il Maggiore della US Air Force gli ha tenuto addosso uno sguardo così intenso che Abel ha deciso di tirarsi in piedi da solo, ansimando leggermente. Si è asciugato la fronte col dorso della mano, e ha strizzato gli occhi nella sua direzione.
«Non è che io ne sappia molto. Lo sto cercando, è uno dei motivi per cui mi sono messo in viaggio.»
Guile ha incrociato le braccia sul petto e l'ha squadrato.
«Cosa vorresti da lui?»
«Ecco... Pare che sia stato un uomo di nome Charlie Nash a salvarmi la vita, portandomi fuori dal laboratorio della Shadaloo nel quale ero stato imprigionato. Non ricordo nulla del mio passato, non so chi sono stato prima di finire là dentro. Le più antiche immagini che mi sovvengono sono i suoi occhiali quadrati... I suoi capelli biondi... E quella mossa, la sonic boom. Questo è tutto, dico davvero.»
«Già... Era lui l'unico al mondo, a parte il sottoscritto, a saper usare quella mossa.» Si è fermato un attimo, perché parlare di Nash gli fa sempre un po' male. «E quanto tempo è passato da allora..?»
«Oh, ecco, cinque anni. La mia memoria non sa cosa ci sia stato prima di questi cinque miseri anni...»
Il giovane ha guardato il cielo, e per un attimo Guile ha avuto l'impressione di vedere i suoi occhi annebbiarsi. Quando quelle iridi color ghiaccio sono tornate a puntare nella sua direzione, comunque, erano nuovamente impregnate di una certa ostilità.
«Lei piuttosto, cos'ha contro di lui? Non ne so certo molto, ma Charlie mi sembra tutto tranne che una cattiva persona.»
Quasi pentito delle maniere usate appena prima del loro scontro, il soldato si è stropicciato le mani. «Charlie era il mio migliore amico. Lavorava con me nell'USAF. Ed è stato lui a insegnarmi le mosse che uso. Nondimeno, se sono qui a raccontartelo è per merito esclusivamente suo: ormai anni fa abbiamo... Affrontato una battaglia che non eravamo all'altezza di vincere. E per salvarmi, ha dato la sua vita.»
Apprendendo della sua scomparsa, Abel ha portato le mani al viso ed è ammutolito. Mai si sarebbe atteso che colui che lo aveva portato in spalla fuori dall'inferno... Potesse soccombere a qualcos'altro.
«È stato Bison. Vero?»
Guile gli ha rivolto uno sguardo di pietra.
«Già. L'unico al mondo, probabilmente, che possa giungere a tanto.»
Prima di riuscire a spiccicare parola, sono state le sopracciglia di Abel ad esprimere il suo dolore. «Per tutti questi anni ho potuto sentire la sua voce. E mi sono sempre convinto che fossero i miei ricordi a sussurrare...» A un tale punto, ha dovuto zittirsi per evitare di singhiozzare. La mano del soldato gli si è appoggiata sulla spalla.
«Sebbene il suo corpo non sia mai stato ritrovato... La sua tomba non è distante. Possiamo andarci insieme, se ti va.»
Il ragazzo si è limitato ad annuire, e poco dopo a seguirlo senza fiatare. Sono saliti sulla berlina decapottabile del soldato, e dopo una decina di minuti hanno raggiunto la cancellata austera del cimitero. Il cielo sulle loro teste era pieno di innocue nuvole bianche; erano proprio quelle le uniche cose a rallegrare l'atmosfera, e i due non se ne sono neanche accorti, poiché uno aveva gli occhi incollati a terra, e l'altro fissi di fronte a sé.
Lungo la breve strada percorsa a piedi dal parcheggio all'entrata Abel si è fermato solo una volta: ha raccolto una margherita, il fiore della "verità", e poi s'è affrettato a raggiungere Guile. Varcato il cancello hanno seguito per qualche minuto il sentiero di ciottoli; a destra di quella che dev'essere una quercia imponente, infine, il soldato ha accarezzato il marmo bianco di una lapide.
Charlie Nash.
Abel non è mai stato convinto che le anime delle persone possano davvero rimanere sotto un anonimo sasso per sempre. È quasi sicuro, questo sì, che rimangano sulla Terra; ma è propenso a credere che seguano i cari e forse i conoscenti, piuttosto che rimanere legati ai luoghi che a lungo termine non appartengono, realisticamente, a nessuno.
In quel momento, comunque, ha sentito che il suo salvatore era più presente che mai. Il suo corpo non era là sotto, ma ai piedi della lapide iscritta stavano i piccoli doni che i cari gli avevano portato e che col tempo si erano accumulati: bottiglie, catene, vasi di fiori e ghirlande. Ha appoggiato la piccola margherita al fianco della lapide, in modo da nasconderla quasi completamente con l'erba verde acceso.
«È proprio vero che si prende sempre i migliori, eh?»
Con quella frase, ha spezzato un silenzio che non era stato pesante, ma che comunque era durato un bel po'.
«Dovremo guardarci bene alle spalle, allora.»
Entrambi avevano gli occhi lucidi, ma non osavano lasciarsi andare. E in quest'atmosfera è iniziata l'avventura della loro amicizia.

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