9. The Hanged Men
Fortunatamente erano arrivati giusto in tempo per il treno, altrimenti non si sapeva quanto tempo avrebbero perso. Thatiana inciampata spesso, retta alla manica di Avdol, mentre Polnareff sembrava debilitato in qualche modo sullo stesso ambito: la vista. Inciampata spesso anche lui, quasi era andato a sbattere contro un palo. Gli aveva chiesto se stava bene, e lui ogni volta aveva cercato di tranquillizzarlo, quasi si vergognasse.
In treno, aveva sbattuto gli occhi più frequentemente, con più forza, e dopo un po' aveva indossato degli occhiali da sole, cercando di non attirare l'attenzione su di sé, cosa molto strana, per uno come Polnareff. Alla fine, nessuno aveva fatto domande.
Appena erano scesi dal treno, li aveva assaliti una mandria di persone, che non sembravano nemmeno persone, ma uno sciame di parole e richieste di carità. Alla fine si erano abituati, un minimo, ed erano riusciti ad arrivare un un ristorante. Erano passati poco più di una decina di minuti, e Polnareff era andato in bagno. Thatiana sentì un suo urlo, ma si limitò a sospirare ed a lasciar perdere. Probabilmente era qualche stupidaggine delle sue, ma iniziò veramente a preoccuparsi quando quell'urlo si era trasformato in un frenetico richiamo per il suo stand.
Si sentirono rumori di vetri rotti, ed il francese era uscito fuori quasi urlando: -Dov'è quel dannato?!- Corse verso la porta, guardandosi intorno, i denti stretti come le dita a pugno. Gli altri uscirono velocemente, lasciando una manciata di banconote sul bancone. -Che hai, Polnareff?!- Chiese Joseph, sudando freddo. -Se quello era veramente uno stand...- Polnareff si rabbuiò, gli occhi improvvisamente seri. -Deve trattarsi dello stand di cui ti a parlato Yellow Temperance, Jotaro, ovvero...- Strinse i denti, facendo per andarsene -Il figlio di puttana che ha ucciso mia sorella.-
Caricò il suo bagaglio sulle spalle, facendo per andarsene, ma sentì una mano tenerlo per il polso, la presa ferrea. -Non devi farti prendere dall'ira, amico mio.- I suoi occhi bianchi fissavano il cuore dell'uomo, che invece guardò male Thatiana -Tu che ne sai di cosa vuol dire perdere qualcuno di caro?- Cercò di tirare via il polso, ma la presa era sempre più stretta, e non riusciva a muovere il braccio. In quel momento di nuovo la sensazione di inferiorità lo pervase per qualche secondo, fino a quando lei lo lasciò, sospirando.
Quella della ragazza, però, non era esasperazione o compassione. Pensa di essere l'unico a soffrire? Si era detta. Le palpebre che coprivano un leggero lampo rosso nei suoi occhi. Imparerà a sue spese le conseguenze della sua stupidità. Non era la prima volta che la sua umanità veniva meno, ma non le importava più di tanto. Infondo, nessun umano sarebbe sopravvissuto così tanto quanto lei senza impazzire.
-Non sai nemmeno che faccia abbia.- Rispose Avdol, ostinandosi a non volerlo lasciar andare. -So che ha due mani destre, e questo è più che sufficiente.- All'egiziano mancava il sorriso solare stampato sul volto del compagno. -Troppa fretta può essere deleteria.- Polnareff lo guardò quasi sorpreso. Proprio lui, che di pazienza ne aveva così poca, osava fargli una ramanzina simile?! -Polnareff, se ti allontani da noi, sei spacciato.- Era un'affermazione. Dolorosa, secca.
-Cosa? Pensi che io da solo non possa farcela?!- Le labbra di Avdol si serrarono per un secondo. -Esatto. Non capisci che l'obbiettivo del nemico è quello di separarci?!- l'altro assottigliò gli occhi. -Parliamoci chiaro. A me di Dio Brando non è mai fregato nulla. Mi sembrava di avervi detto, ad Hong Kong, che mi sarei Unito a voi solo per compiere la mia vendetta. Se non sbaglio, Joestar e Jotaro erano d'accordo sin dall'inizio, ma a quanto pare qualcuno aveva troppa sabbia e belle parole nelle orecchie per ascoltare. Io ho sempre combattuto da solo.- La situazione si era fatta pesante, l'aria sembrava tangibile.
-Razza di egoista...! Hai già dimenticato il lavaggio del cervello a cui ti ha sottoposto Dio?! È lui l'origine di tutto! - Polnareff aveva davvero perso la pazienza. Si era girato verso di lui, premendo un dito sul suo petto ed avvicinandosi, mentre Avdol teneva una mano sulla sua spalla. -Tu cosa ne sai cosa prova un uomo a cui hanno ammazzato la sorella?!- Ormai aveva iniziato ad urlare. -Non sei tu quello che, quando ha incontrato Dio, è scappato terrorizzato?! Un codardo del genere non può capire i miei sentimenti!- L'altro era rimasto paralizzato per un attimo, ogni parola che gli rimbombava nelle orecchie, nella testa.
-Cosa?- Si limitò a dire, gli occhi sgranati fissi sui suoi. -E lasciami andare, ad Hong Kong mi hai battuto solo per colpa della bambina.- Polnareff scostò la sua mano dalla sua spalla bruscamente. -Razza di...!- L'egiziano sentì la rabbia montargli dentro come un termometro messo improvvisamente nell'acqua calda. -Abbassa la cresta, Cioccolatino, che girano più forte a me in questo momento. Comportati per una volta come la persona matura che fingi continuamente di essere.-
Avdol sollevò un braccio, come per dargli un pugno, ma Joseph lo fermò giusto in tempo, calmandolo. L'egiziano abbassò lo sguardo. Ora come ora, con la rabbia fluita via e la schiena di Polnareff che piano piano si allontanava da loro, da lui, poteva sentire un voglia infinita di seguirlo, tenerlo stretto a sé, cercare in qualche modo... Di proteggerlo, perché il pensiero che lui potesse morire, lo attanagliava.
-Lui... Mi ha deluso.-
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