8. L'Incognita
Morto il portatore di stand che li attaccava, Thatiana era andata velocemente a rassicurare Joseph e Avdol, già riunitisi con gli altri, recuperando anche la chiave della sua stanza che era per qualche strano motivo finita sotto il suo letto. Si era orientata a fatica lungo i corridoi, e non vedeva l'ora di sdraiarsi e riposare a sua volta.
Il giorno dopo non avevano alcun programma particolare: Il treno sarebbe partito la sera, e Polnareff era ancora reduce dalla sbornia, quindi era stranamente silenzioso; e quale mattina migliore quindi per esplorare la città tutti insieme? O almeno quasi. Jotaro, Kakyoin ed Anne erano andati per conto loro, mentre Joseph aveva deciso di comprare qualche rifornimento che non fosse alcolico.
Alla fine, erano rimasti solo Avdol, Polnareff e Thatiana, che andavano in giro come dei normali turisti, cercando di non attirare l'attenzione. Visto che non riusciva ad essere esuberante come al solito, Polnareff aveva deciso di dare fastidio in un altro modo: Aveva completamente dimenticato tutte le altre lingue, ed aveva iniziato a parlare solo francese. Ad un certo punto, non l'avesse mai fatto, se n'era uscito con: -Puis-je vous appeler un biscuit?-, "Posso chiamarti biscotto?" Riferito ad Avdol, ed aveva iniziato a ridacchiare, se non fosse che l'egiziano si era girato e lo aveva guardato negli occhi, rispondendo velocemente: -Terminez ce que vous commencez, nuage.- "Finisci quello che inizi, nuvola."
Polnareff fece un salto all'indietro e per poco non cadde, tornando a parlare anche altre lingue. -Mi capivi?!- Avdol fece un mezzo sorriso, guardandolo. -La mia famiglia adottiva era in parte francese.- L'albino continuò a guardarlo attentito per qualche secondo, poi aveva volto lo sguardo alla ragazza cieca -E–e tu?!- Lei aveva scrollato le spalle, sorridendo -Sono stata in Francia per una decina d'anni, circa un secoletto fa... Probabilmente la mia pronuncia è antica ed il mio vocabolario è molto inadeguato, ma sì, ti capivo!-
L'egiziano rise, vedendo il suo compagno arrossire vistosamente. Pensare tutte le cose che aveva detto... Alcune poteva decisamente risparmiarsele. Soprattutto le volgarità. Così, rosso e silenzioso, Avdol lo trovava quasi tenero. Lo guardò per qualche secondo, intento, inconsciamente, ad imprimere quel momento nella testa, in quel piccolo cassetto denominato "Memoria". -Prima hai detto "Famiglia adottiva"...- Iniziò Thatiana, sinceramente incuriosita. -Cosa intendevi? Se non è un tasto troppo dolente, ovvio.- La sua voce era calma e rassicurante, ed anche se lui non avesse risposto, Thatiana avrebbe chiesto alla sua anima di rispondere per lui, ma non era per lei che l'aveva chiesto. Voleva che i due uomini parlassero a cuore aperto fra loro.
-Oh, no, tranquilla. Semplicemente, l'Egitto e l'Africa in generale, non sono paesi molto ricchi, così i miei genitori biologici hanno raccimolato abbastanza soldi per mandarmi in Europa, dove sono stato adottato da una loro famiglia gentilissima.- Nonostante il mezzo sorriso sul suo volto, Thatiana vedeva la sua anima che si muoveva più irrequieta. Il dolore dell'abbandono, anche se per il suo bene, era comunque presente. Probabilmente nemmeno sapeva se i suoi veri genitori erano vivi, se erano ancora in Egitto e stavano bene. Non li aveva più visti da quando la nave stracarica di persone, aveva lasciato la costa, e la terra era sparita all'orizzonte.
Anche se non poteva vedere la sua anima, era come se Polnareff potesse sentire che qualcosa non andava. Lo affiancò, mettendogli un braccio attorno alle spalle, sorridendogli come suo solito per cercare di rallegrarlo.
Passarono un paio d'ore, in cui i due non fecero altro che parlare, con Thatiana che li ascoltava sorridendo, mansueta, silenziosa, stringendo la manica di Avdol come era solita fare di norma. Nonostante fosse mezzo ubriaco quando era successo, Polnareff non riusciva a dimenticare la sensazione di impotenza ed inferiorità che aveva provato quando aveva visto quella ragazzina, quasi una bambina, diventare improvvisamente una dea. Cercava di nascondere la sua ansia sotto la sua allegria mentre parlava, ma non riusciva davvero a capacitarsene... Non avrebbe mai pensato di paragonare una bambina cieca, che per camminare, mangiare, aveva bisogno del sostegno di qualcuno, ad una delle più grandi entità esistenti, forse anche più forte del vampiro Dio.
La ragazza poté notare come Avdol, quando parlava con qualcun'altro, non fosse così allegro, mentre con Polnareff sembrava sprizzare energia da tutti i pori, energia che probabilmente chi poteva vedere identificava in un sorriso. Thatiana invece, allenata da millenni di esperienza, poteva vedere dove le comuni persone non potevano. Poteva vedere quell'allegria nel tono della voce, nelle pulsazioni del cuore dell'uomo che le arrivavano dalle vene del suo polso a contatto con le dita, e con gli occhi, poteva vedere il filo rosso che univa le loro anime brillare. Uno di loro, si era appena innamorato senza saperlo ancora, e lei aveva un vago presentimento di sapere chi.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma quel giorno, ad Hong Kong, aveva scelto apposta il ristorante in cui avrebbero poi incontrato Polnareff, seguendo il filo rosso dell'anima di Avdol. Thatiana sentì il cuore di Avdol accelerare. Guardò in alto e vide che le anime dei due uomini erano fin troppo vicine per i normali standard dell'epoca, e probabilmente l'egiziano se n'era accorto solo in quel momento. Lei dovette soffocare una risatina leggera –decisamente rara per la ragazza– mentre l'anima dell'altro ringraziava cielo e terra perché il colore della sua pelle nascondeva in gran parte il rossore.
Poco dopo, videro Joseph avvicinarsi a loro, i biglietti del treno in mano. -Forza!- Urlò tranquillamente in mezzo alle persone. -Dobbiamo andare!! Vi ho cercato d'appertutto! Siamo in ritardo per il treno, Jotaro e Kakyoin hanno avuto qualche contrattempo...!-
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