3. Silver Chariot (Prima parte)

Erano atterrati con successo grazie a Joseph ed alle hostess, che avevano prontamente fatto indossare i giubbotti di salvataggio a tutti i passeggeri ancora in vita, ed erano arrivati almeno ad Hong Kong, fortunatamente. -Uff, che seccatura! Questa è la terza volta che rischio la vita precipitando con un aeroplano...- Jotaro guardò male il nonno, così come gli altri. -In aereo con te non ci salgo più!-

-Una cosa è certa, per arrivare in Egitto non prenderemo l'aereo!- Joseph rise un po' per sdrammatizzare. -Parliamo della strada da prendere lì dentro.- Disse Thatiana, aggrappata questa volta alla manica di Jotaro. Aveva provato a camminare da sola, ma inciampava spesso per via di ostacoli che non vedeva. Grazie al suo potere poteva localizzare esseri umani e stand, ma non riusciva ad individuare pali, gradini, marciapiedi, cestini, e qualunque cosa inanimata che non producesse rumore.

Quello che aveva indicato era un ristorante. Lo aveva capito dal profumo che emanava, e dalle anime posizionate vicine in cerchio. Le anime le apparivano come sfere, o meglio, fuochi di diversi colori. Gli altri annuirono, entrando. Sembrava una scelta casuale, c'erano mille ristoranti in quella zona, ma non era così. Di solito non si poteva intrometteva in quelle cose, ma quando ne era in grado era più forte di lei.

Si sedettero in un tavolo rotondo, ed il primo a parlare fu Avdol: -È necessario raggiungere Dio in meno di cinquanta giorni...- Disse, un pugno poggiato sul tavolo -Altrimenti, come vi ho già detto, la vita della signora Holly... Sarà in pericolo!- Joseph e Jotaro sembrarono rabbuiarsi, entrambi decisamente preoccupati. -Se fossimo andati in aereo, a quest'ora saremmo già arrivati.- Riflettè Kakyoin, stringendo i denti. Non le aveva parlato nemmeno più di tanto, ma gli dispiaceva per Holly Joestar, trovatasi succube di una guerra familiare in cui lei non c'entrava nulla, in cui era solo una vittima. In più, doveva un favore a Jotaro, considerato che gli aveva salvato la vita, era pronto a mettere in gioco la sua stessa vita per lui.

-Lo so... Ma è ancora presto per preoccuparsi.- L'anziano ritrovò il suo solito sorriso beffardo, caratteristico di quando era ragazzo. -Jules Verne, cent'anni fa scrisse "Il Giro del Mondo in Ottanta Giorni"... Quarantamila chilometri in meno di tre mesi... Ed a quel tempo c'erano solo treni e navi a vapore!- Tirò fuori una cartina e tracciò su di essa con una matita il percorso. -Noi abbiamo a disposizione quasi due mesi, e dobbiamo percorrere solo diecimila chilometri! L'Egitto non è così distante infondo!-

Joseph continuò a spiegare i dettagli del viaggio insieme ad Avdol, ma Thatiana non era attenta. Fissava un'altra anima, poco distante, che si stava avvicinando. Era di un leggero azzurro, talmente chiaro da sembrare bianco. Girò lo sguardo vero Avdol, l'anima di un rosso intenso, sembrava fatta di fuoco vero. Sorrise, mentre quell'anima quasi bianca si avvicinava al loro tavolo.

-Ehm, scusate...- Era un ragazzo alto, sulla ventina d'anni, grosso e muscoloso, i capelli argentati e gli occhi anch'essi chiarissimi, alle orecchie portava due orecchini a pendolo rossi a forma di cuore spezzato, era vestito di nero e teneva un menù in mano, l'espressione era quasi imbarazzata. -Posso chiedervi una cosa? Sapete, sono francese... E questi ideogrammi sono un po' ostici per me... Non riesco a capire il menù, potreste darmi una mano?-

Kakyoin fu il primo a girarsi verso di lui, ma Jotaro fu il primo a rispondere. -Ehi, tu! Gira al largo!- Suo nonno intervenne quasi subito. -Jotaro! Ma che dici?- Poi, rivolgendosi al francese -Certo che ti diamo una mano! Vengo spesso ad Hong Kong, quindi almeno gli ideogrammi del menù li ho imparati.-

Thatiana non toccò molto il cibo, e quando lo faceva aveva sempre qualche difficoltà. Kakyoin si era offerto di aiutarla un paio di volte, ma lei aveva rifiutato con gentilezza. Non lo diceva a nessuno, ma si sentiva sempre umiliata quando glielo chiedevano. "Hai bisogno di aiuto per mangiare?", "Sai che strada prendere?", "Attenta a non inciampare!"... Come se lei queste cose non le sapesse. Per questo si teneva alle persone per le maniche, per questo toccava poco cibo, per questo aveva sviluppato tutti gli altri sensi come meglio poteva... Ma nessuno di essi poteva sostituire la vista, per quanto si sforzasse. I colori li aveva imparati, aveva imparato ad abbinarli, ma non avrebbe mai potuto definire una persona dal tatto, non poteva vedere com'era fatto un profilo, o un occhio di qualcuno, non poteva leggere, o scrivere, non poteva vedere ciò che realmente la circondava.

Il ragazzo prese con le bacchette una fetta di carota a forma di stella, portandola in alto verso il suo viso. -Quanto ci metteranno a fare piatti così elaborati? Insomma, guardate questa carota...- Poi lo avvicinò alla spalla, lo sguardo che si fece cupo. -...un mio conoscente aveva un voglia come questa sulla spalla.- Non ci volle molto agli altri per capire l'antifona. Da uno dei piatti si sollevò un fioretto che cercò di attaccare Joseph, bucando fortunatamente solo la mano artificiale.

Avdol cercò di colpire con le sue fiamme lo stand, ma la sottile spada fece roteare il fuoco a piacimento, tracciando su uno dei tavoli rovesciati i numeri e le lancette di un orologio. -Il mio stand rappresenta la carta del carro! È Silver Chariot, il carro d'argento!- Voltò lo sguardo verso il tavolo, fiero del suo operato. -Te la sei cercata, Mohammed Avdol... Prima che arrivi mezzogiorno, io ti avrò già ucciso!-

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