capitolo 74 - Andrea
Andrea
Cinque giorni, cinque maledettissimi giorni e non faccio altro che rivedere quegli occhi che mi guardano, tormentandomi.
Questo ricordo mi sta mandando in tilt il cervello, non sapere chi sia quel ragazzo che ho intravisto con lei mi sta mangiando vivo le viscere.
Mi butto nella piscina, l'impatto con l'acqua fredda risveglia i miei sensi, inizio a nuotare, nuotare, nuotare.
Ho bisogno che i miei muscoli brucino, ho bisogno che i miei polmoni arrivino al limite, fino a quando non ne possono più, da elemosinare un po' di ossigeno, ho bisogno che la mia mente sia talmente annebbiata da altro da non avere la possibilità di ricordarmi di lei.
Nuoto, continuo a nuotare, a trattenere il respiro, a non fermarmi, ma alla fine devo cedere.
Per quanto abbia combattuto, alla fine ho dovuto cedere.
Annaspo aria, sento i polmoni quasi fare male ogni volta che ne ricevono, resto aggrappato sul bordo della piscina e poggio il mento sul mio braccio.
Quegli occhi, quel dolore, quel sorriso che si è spento non appena sono entrato nella sua visuale, non appena il mondo è scomparso come un tempo, come quando era mia.
Per un istante, uno solo, ho avuto l'illusione che lei potesse percepire ciò che stessi provando, ciò che non ero mai riuscito a dirle.
Ho immaginato la fragile utopia di avere una possibilità, me ne basterebbe una sola, chiederei di far ruotare la terra all'indietro, riavvolgere il tempo, per non perderla.
«Maledizione.»
Urlo tirando un pugno sulla superficie dell'acqua, con foga, conscio di fare sempre le scelte sbagliate nella mia vita.
Attiro l'attenzione della gente intorno ma li ignoro, e anche i loro mormorii.
Guardo l'orologio subacqueo al mio polso e mi rendo conto di essere in ritardo, e stavolta non sono certo di potermi tirare indietro senza darle nulla in cambio per ottenere ciò che bramo.
L'ennesima scelta sbagliata mi aspetta.
Esco da questa piscina scansando un altro nuotare, vado a fare una doccia veloce negli spogliatoi e per tutto il tempo ho un pensiero fisso, convincere Gwenda a darmi le sue azioni, o comunque sposare la mia causa.
È una donna tenace e indipendente, per quanto sia lussuriosa, non rinuncierà mai gratuitamente a tutto il potere che ha nella Milani Corporation.
Non tanto per i soldi, perché di certo non ne ha bisogno, anche se, il suo stile di vita la porti a badare agli affari per continuare a mantenerlo.
Ma è fondamentale per Gwenda contare qualcosa, essere un Boss tanto quanto un uomo, ed io, dovrò giocare bene la partita giocando queste carte per averla dalla mia parte.
Esco di qui già vestito di tutto punto, mi fermo solo dal fioraio di fronte per comprare un piccolo mazzetto di rose per farmi perdonare da lei, l'ultima volta sono fuggito via, e poi mi dirigo alla mia auto, salgo e parto subito, pronto per questa serata.
Fermo ad un semaforo rosso, mi soffermo a guardare il cielo, è stranamente chiaro per essere sera e temo possa nevicare, a questo pensiero un ricordo mi torna alla mente prepotente, nonostante non vorrei.
Flashback
L'aria di fine autunno inizia a farsi sentire sempre di più, alzo il bavero del cappotto per coprirmi meglio, stringo la mano di Chloe che, come al solito, è congelata.
«Central Park è uno spettacolo con questi alberi, guarda che colori bellissimi.»
Più che altro osservo lei, entusiasta nel vedere le foglie di una sfumatura tra l'arancio e il rossastro adornare questo enorme parco.
«Aspetta, voglio fare una foto.»
Afferra il suo telefono e inquadra uno dei tanti ponticelli che caratterizzano questo posto, fra le altre cose, l'acqua che lo attraversa è limpida come uno specchio e riflette quasi le nuvole in cielo.
«Laggiù potremmo fare un picnic in primavera, lo immagino pieno di fiori bellissimi e colorati.»
Si volta entusiasta dalla mia parte indicando una piccola nicchia fra gli alberi.
Io ci vedo solo foglie secche, rami spezzati, terra bagnata e sporca per la pioggia appena passata, niente di invitante, come altri posti qui, già visti mille volte, ma più lei lo descrive, più inizia a colorarsi anche ai miei occhi.
É tutto nuovo anche per me, se visto attraverso gli occhi di Chloe, con il suo entusiasmo e la sua passione, il suo ottimismo.
«Non vedo l'ora che nevichi, sarà stupenda New York in bianco e, potremmo venire a Central Park e noleggiare uno slittino, oppure andare a pattinare al Rockefeller Center, oppure...»
«Sai che non amo molto queste cose, e poi, tu ti ibernerai prima di arrivare a fare tutto questo, visto che muori di freddo ogni volta che c'è un grado in meno, non puoi immaginare le temperature che ci saranno.»
La interrompo mettendola al corrente di cosa andrà incontro, uccidendo il suo entusiasmo.
Sgrana gli occhi e si dipinge sul suo volto il puro terrore, ed io, inizio a ridacchiare immaginandomela con tre sciarpe, due cappotti e cinque maglioni.
« Ma ci penserai tu a riscaldarmi.»
Si avvicina avvolgendo le braccia al mio collo, da brava tentatrice le sue labbra quasi sfiorano le mie, senza mai toccarle davvero, i suoi occhioni scuri furbi sanno perfettamente che non posso resistere e il potere che ha su di me, e vi leggo vittoria.
« È una proposta allettante, ripensandoci.»
Sorride soddisfatta.
«Sarà bellissima questa città sotto la neve, vedrai che ce ne innamoreremo.»
Confuso aggrotto le sopracciglia istintivamente.
« Io sono nato qui, vivo qui da sempre, ho visto diverse volte New York innevata.»
Le faccio notare questo piccolo particolare, ma il suo sopracciglio sinistro si alza, insieme alla sue labbra, le iridi nocciola scure brillano se possibile e mi sembra una piccola diavoletta tentatrice.
« Ma non l'hai mai vista con me.»
A quel nuovo pensiero la stringo un po' di più, impaziente ad un tratto anche io che nevichi.
Fine flashback
Il clacson dell'auto dietro, mi fa tornare in me, ad un presente che detesto.
Sarebbe potuto essere tutto diverso, sarebbe dovuto essere tutto diverso.
Posteggio l'auto e raggiungo il ristorante, vedo Gwenda già al tavolo ad attendermi, i suoi occhi diventano famelici non appena mi vedono.
La saluto posando le mie labbra sulla sua guancia, il solito profumo troppo speziato mi fa venire il volta stomaco, mi allontano subito, le porgo le tre rose e noto le guance colorarsi appena.
Strano vedere una donna della sua portata, diventare timida per un gesto simile.
Forse è semplicemente sola, bisognosa di attenzioni genuine, e mi dispiace, ma io sono l'ennesimo mascalzone che la sfrutterà.
«Caro, sei davvero gentile, e anche un bocconcino niente male questa sera.»
I suoi occhi castani accarezzano la mia figura, poi con urgenza e decisione, afferra il mio mento e si appropria delle mie labbra, senza darmi modo di capire come reagire.
Vorrei scansarmi, di primo acchito, ma resto fermo e la bacio.
Era ovvio che quando sarebbe arrivato questo momento non avrei provato nulla, non c'è alcun coinvolgimento romantico, ma non mi aspettavo di farmi schifo.
In fondo è una bella donna attraente, con la quale sono già stato a letto una volta, due anni fa, ed ora non capisco questa mia voglia di fuggire.
Gwenda si stacca da me e afferra la mia mano posandola sulla sua gamba semi scoperta, grazie allo spacco laterale del suo abito nero attillato e sexy, per invitarmi esplicitamente a risalire verso luoghi proibiti, sotto la lunga tovaglia bianca del nostro tavolo.
Ansiosa di avere un piccolo anticipo di ciò che si aspetta sarà il resto della serata.
Io, fisso quegli occhi lascivi, poi quella mano trepidante, infine quelle labbra strette fra i denti e, riesco solo a restare immobile all'idea che, la mossa più astuta da fare ora è portarsela a letto.
Lei avrebbe ciò che vuole, ed io, mi avvicinerei di più ad ottenere la sua fiducia e le sue azioni per potermi vendicare di mio padre e distruggerlo.
Spetta a me la prossima mossa da fare.
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