capitolo 5 - Chloe
Entro in casa sbattendo la porta, devo pur sfogare la rabbia in qualche modo, quel presuntuoso deve essermi grato che non lo abbia strozzato in quell'ufficio, ma ho sudato per quel posto e ora che ho la mia occasione non sarà di certo quel pallone gonfiato a mettermi i bastoni tra le ruote.
Anzi deve ringraziare Mark per essere arrivato proprio in quel momento, lo ha salvato dalla mia furia.
Oh, il mio Mark, come era bello con quei jeans e quella polo verde, risaltavano i suoi occhi neri.
Butto la borsa rossa portafortuna sul divano, ed io mi lascio cadere al suo fianco, la guardo con astio, di certo è servita a poco oggi, c'è qualche entità soprannaturale che vuole prendersi gioco di me rimettendo quell'arrogante sul mio cammino, ancora.
Sofi esce allarmata dalla sua stanza.
<< Che diavolo è successo? Credevo stesse venendo giù tutto il palazzo, ero pronta a correre. >>
Non sono dell'umore per le sue scemenze in questo momento, lo nota subito dato che non le do retta e resto nel mio mutismo.
<< Avanti, dimmi che è successo? Chi dobbiamo fare fuori? >>
Si siede accanto a me prendendo il cuscino stringendolo sul ventre, gambe incrociate, pronta al mio racconto.
<<Il problema è che in Italia la fanno sempre franca, ma qui in America in genere no, quindi vediamo se possiamo risolvere senza omicidio. >>
Ignoro l'ennesima battuta e vado a ruota libera, ho bisogno di sfogarmi.
<<Finalmente sono nella città che ho sempre sognato, riesco ad ottenere uno stage in un'agenzia pubblicitaria prestigiosa, mi faccio in quattro saltando i pasti, cercando di mantenere i ritmi, e mi notano, ripagando ogni sacrificio.>>
Mi alzo e inizio a fare avanti e indietro in questo piccolo open space di meno di dieci metri quadri.
<<Tutto perfetto, il capo dopo lo stage mi affianca ad un senior per una campagna, imparerò molto e dovrò dare il meglio di me.>>
La mia amica mi interrompe, ignara di girare il coltello nella piaga.
<<Il tuo Mark? >>
Chiede con occhi sognanti, gli stessi che avevo io fino a quando non sono arrivata davanti la porta di quel dannatissimo ufficio e ho visto lui.
La fisso, lei mi guarda ad un tratto terrorizzata vedendo l'espressione che trasforma i miei zigomi e faccio cenno di no con la testa.
<<Lui.>>
Stringo i pugni al solo pensiero di doverci avere ancora a che fare.
<<Lui? Lui chi?>>
Giustamente Sofi non può immaginare a chi io mi stia riferendo, ma il solo nominarlo mi irrita ancora di più.
<< Andrea. >>
Inizio a giocherellare nervosamente con l'elastico che sono solita portare al polso.
<< Che diavolo ci faceva lì? E proprio con lui dovevo lavorare? Non ci posso credere. >>
Continuo isterica, e vedo la mia amica rimuginare su ciò che io disperatamente sto dicendo, poi sembra che la lampadina che ha in testa si sia accesa.
<<No, non me lo dire, stai parlando di quel ragazzo figo dell'aereo? È destino! >>
Le strappo il cuscino dalle mani per usarlo come antistress.
<< Non ho mai detto che era figo quando te l'ho descritto. >>
Chissà quando la smetterà di dire stupidaggini.
<< Chloe, hai detto che aveva degli occhi magnetici, un profumo che ricordava il mare, e un'aura luminosa nonostante il caratteraccio. >>
Ad un tratto ho voglia di scappare e sotterrarmi.
<<Questo mi fa pensare ad un gran figo e soprattutto che sia destino rivederlo. >>
Ha già gli occhi sognanti, sta immaginando chissà cosa, persa nel suo mondo, ed io, stizzita me ne vado in camera, non la sopporto proprio quando inizia a farneticare su queste idiozie del destino, è fissata, per lei è tutto legato al destino, ed io, ora, sono troppo giù di morale per avere pazienza.
Mi butto sul letto, per fortuna Sofi mi ha ceduto il matrimoniale, tanto alla fine dormiamo spesso insieme quando guardiamo qualche film e finiamo per addormentarci qui.
Lei è la mia migliore amica, ci siamo conosciute all'università, questa pazza scatenata è venuta in Italia in Erasmus, è una forza della natura, è impossibile non volerle bene, è una ragazza buona e dolce, troppo sognatrice e si innamora ogni dieci minuti, fissata anche con l'oroscopo.
Grazie a lei ho avuto la possibilità di venire qui avendo un appoggio, e questo piccolo, minuscolo appartamento, è di sua zia, che mi fa pagare un affitto irrisorio e in più, per sdebitarmi, quando sono libera, lavoro nella sua caffetteria, le devo ringraziare entrambe, altrimenti non mi potrei permettere di vivere qui in America.
Spero che presto mi faranno un contratto fisso in agenzia e se questa campagna andrà bene, credo di avere buone opportunità, visto che lo stage è andato alla grande.
Affondo la faccia nel cuscino, triste per vedere tutte le illusioni degli ultimi quindici giorni svanire davanti i miei occhi, e con loro la possibilità che lui possa innamorarsi di me.
Pomeriggi interi a sorseggiare caffè con Mark, o comunque quella brodaglia che qui chiamano così, insieme cercare strategie di vendita adatte per i clienti e il prodotto, magari fare tardi in ufficio in vista della scadenza e cenare insieme, e poi...
Invece ci sarà Andrea.
Chiudo gli occhi e trattengo il fiato per evitare di urlare e spaventare non solo Sofi, ma tutto il palazzo.
Cerco di distrarmi in qualche modo, ma il fatto che si muia di caldo, non aiuta i miei poveri nervi, quindi sconsolata fisso il soffitto pensando di dover andare a comprare un ventilatore prima che soffochi dandogli la soddisfazione di non presentarmi a lavoro domani a quello sbruffone.
Non posso restare chiusa qui a rimuginarci sopra, è una cosa che odio.
Il rimedio migliore quando si è tristi, quando si è nervosi, quando c'è un problema o una decisione da prendere, è camminare, mi aiuta a pensare vagare per la città, quindi prendo la borsa ed esco.
Sono a New York da sei mesi e ho provato a lavorare in ogni agenzia piccola e grande, non so per quale caso fortuito io abbia avuto la mia opportunità, ma non me la lascerò sfuggire.
So di essere ancora acerba e di dover imparare molto, ma allo stesso tempo credo in me per la prima volta nella mia vita.
Stare qui, così lontano dalla mia famiglia, dal mio mondo, dagli amici, completamente sola, non è affatto facile, certo, per fortuna ho Sofi, ma i momenti di sconforto ci sono, ho puntato su di me per una volta e questo mi ha portato fino a qui.
I miei passi in un modo o nell'altro mi portano sempre all'oceano, è meraviglioso e immenso, vorrei tanto farmi il bagno come in Italia, ma non troverò mai il coraggio, qui ci sono gli squali e chissà cos'altro, ma mi basta restare seduta sul bagnasciuga per stare meglio, per cancellare i pensieri, osservando le onde.
A spezzare la mia quiete ci pensa il telefono che continua a squillare, lo cerco nella borsa e vedo il numero dell'ufficio, subito mi agito, mi schiarisco la voce prima di rispondere per darmi un certo tono.
<< Pronto.>>
<< Ciao Chloe, sono Jodi, ti chiamo perché Andrea ha indetto una riunione extra fra mezz'ora per chi lavorerà al suo progetto.>>
La voce rauca della segretaria che ho conosciuto oggi mi arriva come un pugno.
<<Come?>>
Urlo alzandomi di scatto in piedi, non credo di aver capito bene.
Ed io come diavolo ci arrivo in ufficio in mezz'ora?
E poi, il suo progetto?
Non ha capito con chi ha a che fare.
<<Grazie.>>
Prenoto attraverso l'applicazione un Uber e devo dire che ho fortuna perché non è lontano da dove mi trovo, so già che farò tardi comunque, considerato il traffico che c'è qui, ma non ho scelta, e sinceramente non mi importa neanche di perdere la riunione, chiederò un resoconto, ma quel bellimbusto mi sentirà.
Dopo quarantacinque minuti busso all'ufficio che mi è stato indicato da Jody, la voce tuonante di Andrea arriva chiara, entro tenendo la testa alta e lui fa un sorrisetto che mi infastidisce.
<< Sei in ritardo di quindici minuti, che non succeda più. >>
Neanche mi guarda in faccia e continua ad illustrare delle foto sul grande schermo alla parete.
Allora, le mie opzioni sono due, sedermi in silenzio, senza dare spettacolo adesso, dandogliela purtroppo vinta, e quindi l'illusione di potermi calpestare, ma fare i conti dopo, oppure, precisare davanti a tutti, fin da subito, che anche se sono una stagista il capo ha affidato anche a me il progetto in questione.
Per quanto vorrei con tutta me stessa andare da lui e ficcargli quei fogli in bocca, cerco di mantenere la calma, solo perché appunto sono una cavolo di stagista.
Dare di matto in privato è un rischio, visto il suo ruolo, ma non mi importa, però farlo davanti metà azienda, è un biglietto di sola andata per la porta d'uscita.
Mi siedo cercando di non rompermi le unghie mentre per tutta la riunione le conficco nella pelle della sedia su cui sono seduta.
Saluto con un sorriso forzato gli altri collaboratori, ognuno avrà un proprio ruolo, ma a dirigere i giochi dovremo essere in due, finita la riunione li vedo uscire, ma resto sulla mia sedia cercando di respirare, lui non si è forse neanche accorto che sono ancora qui.
Ed ora a noi due!
Rimasti soli ho tutte le intenzioni di puntualizzare giusto un paio di cosette, che capirà con le buone o con una testata sulle gengive.
Mi alzo, chiudo la porta e mi volto verso la mia vittima, lo trovo con gli occhi già fissi su di me, credevo stesse esaminando tutte quelle scartoffie, per un attimo ne sono sorpresa, ma mi riprendo subito, perché odio chi fa abuso di potere del proprio ruolo e lui, dopo questa conversazione, lo capirà.
Ha avuto la sua occasione in questa azienda, questa è la mia.
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