Capitolo 4 - Andrea

I miei occhi misti sono catturati da iridi scure contornate da lunghe ciglia, è molto carina devo riconoscerlo, la classica bellezza mediterranea, con la sua pelle leggermente olivastra, labbra carnose rosee e chioma color cioccolato.
La risata di John mi fa riprendere, distolgo lo sguardo e mi schiarisco la voce cercando di essere disinvolto, lei si accomoda sulla poltroncina accanto alla mia e non posso credere che sia qui, che in una New York così grande lavori proprio nella mia stessa agenzia.

E se fosse una spia di mio padre per rubarci i clienti?
Se fosse qui per tenermi d'occhio?

La osservo, ascolta attentamente John illustrarle il progetto che poi dovremo sviluppare noi due insieme al team, i capelli lunghi le ricadono con morbide onde sulle spalle, lo sguardo è attento e serio.
<< Chloe, lo sapevi che anche Andrea ha origini italiane?>>
Scatto sull'attenti con la paura di essere colto a guardarla, non vorrei si facesse strani film, quattro occhi sono ora puntati su di me, ma quelli che mi turbano, stranamente, sono di un colore nocciola intenso e hanno un taglio particolare, contornati da un leggero trucco.
<< Ci siamo già conosciuti, abbiamo fatto il volo insieme fino a qui.>>
Noto un'occhiata furba in quel momento, e infatti da ciò che aggiunge ne capisco il motivo.
<<Non abbiamo fatto altro che chiacchierare tutto il tempo, abbiamo molto in comune, c'è un vero feeling fra noi.>>
Non riesco a trattenere una risata molto, ripeto, molto sarcastica a queste sue parole.
John mi conosce ormai, lavoro da lui da tre anni e capita di chiacchierare davanti una birra e una partita di basket insieme a qualche altro collega, inizia a ridacchiare guardandomi di sottecchi e quando ci congeda, non si trattiene più.
<<Ne vedremo delle belle.>>
Spudorato proprio.
<<Stai attento o puoi dire addio ai tuoi tanto amati sigari cubani che ti regalo di solito a Natale.>>
Alla mia minaccia, lo sento ridere più forte mentre mi allontano dal suo ufficio.
Noto come Chloe mi attende poco più in là, forse per parlare meglio del progetto a cui dovremo lavorare, ma decido di oltrepassarla ignorandola completamente, mi dirigo nell'ufficio che divido con Mark e richiudo la porta alle mie spalle.
L'ufficio per fortuna è vuoto, afferro subito il cellulare e chiamo con la sim usa e getta il mio contatto.
<<Ciao,...si,grazie per la soffiata, ...il cliente è praticamente nostro, ... certo,non ho dubbi,...ci sentiamo.>>
Chiudo la telefonata e con le mani in tasca mi avvicino alla finestra di questo ufficio, osservo l'enorme palazzo che si erge ad un centinaio di metri da qui, questa è la grande beffa del destino, se esiste, avere mio padre ad un passo, colui che voglio distruggere.
Sento bussare, non ho il tempo di dire avanti, la porta è già aperta e sulla soglia ancora lei, qualcosa mi dice che diventerà il mio incubo, ma non posso permettere che stravolga tutti i miei piani.
Impossibile non leggere sul suo volto la rabbia, di sicuro per come mi sono comportato, mi aspetto che me lo faccia notare in tre, due, uno...
<<Dobbiamo lavorare insieme, ti stavo aspettando per parlare di questo progetto, invece a quanto pare sono invisibile? Non merito considerazione perché sono una stagista? >>

Chiede con sguardo infervorato.

<<Voglio e merito una possibilità e rispetto, come persona e come collega.>>
Alquanto impertinente la ragazza, in fondo sono un suo superiore in quanto agente senior, non dovrebbe parlarmi così, ma ammetto di essere catturato dal fuoco che le brilla negli occhi.

È un bel tipetto la signorina, ma me ne ero già reso conto.

<< Butteremo giù delle idee in un altro momento, organizzandoci anche con il resto del team, così li conoscerai.>>
Faccio il giro della mia scrivania e mi siedo sulla comoda sedia, accendo il computer e sento gli occhi di Chloe addosso, d'istinto alzo i miei, la trovo con le braccia incrociate sotto il seno e la bocca pronta a dar battaglia, ma qualcosa di sorprendente accade sotto i miei occhi.
<< Ciao Chloe.>>
Mark arriva sorridente alle sue spalle, non capisco come si conoscano ma al momento non è questa la domanda più interessante, ma bensì è capire che diavolo succede a questa ragazza.
Ad un tratto si volta e nel vedere il mio collega si irrigidisce, davanti i miei occhi avviene una trasformazione, non c'è più la pazza e battagliera mora che è pronta a sfidarmi, ma una timida e sorridente fanciulla, oserei dire con gli occhi a cuoricino.
<<Ciao Mark, che bello vederti, cioè, mi fa piacere rivederti, come sono andate le vacanze senza di me? Voglio dire, questi giorni...>>
Mi godo lo spettacolino penoso che sta inscenando, poggio la schiena alla sedia e quasi quasi avrei voglia di ordinare dei pop corn.
<<Bene, grazie, che mi dici del ritorno a casa?>>
Per fortuna ci ha pensato Mark a salvarla.
<<Oh, benissimo, ti ho portato un ricordino.>>

Non so se ridere o vomitare.

<<L'ho portato anche a Caroline, per ringraziarvi, siete stati così carini durante lo stage, ho imparato molto da voi.>>
Grazie a quel nome, ora, ha tutta la mia attenzione.

Forse non sarà del tutto inutile questa ragazza.


Mark la ringrazia e si salutano, lei si è completamente dimenticata di me, con le guance quasi porpora richiude la porta andando via con un sorrisone.

Ma quanti anni ha? Quindici?

<<Che tipo di ragazza è quella Chloe?>>
Mi rivolgo al mio collega curioso, i suoi occhi neri mi fissano interrogativi.
<<Che vuoi dire? Io ci ho passato due mesi e mi è sembrata molto in gamba e dolce, forse un po' timida.>>
Strabuzzo gli occhi non potendone fare a meno per l'aggettivo che ha utilizzato.
<<Forse stiamo parlando di due persone diverse, io mi riferivo alla ragazza che è appena andata via.>>
Indico la porta chiusa.

<<Certo, Chloe.>>
Lui fa spallucce disinvolto e poi inizia a lavorare al suo computer, ignorando la mia espressione sorpresa, l'unica cosa a cui penso è che quella mora possa soffrire di un disturbo di bipolarismo, il ché spiegherebbe tutti i suoi comportamenti strani.
Non bado a questi inutili pensieri ed inizio a studiare le informazioni che il mio contatto, segretamente, mi ha fornito sul nuovo cliente, dovrò giocare bene le mie carte.
É stato furbo a chiedere una presentazione sia alla nostra agenzia che a quella della concorrenza, non sarà costretto a stipulare nessun contratto se non sarà soddisfatto, è specificato sull'accordo di riservatezza firmato.
Forse dovrei dirlo al capo di questa piccola soffiata, magari riuscirò anche a sapere qualcosa della presentazione degli agenti pubblicitari di mio padre, anche se non è nel mio stile barare, ma qui si tratta di sottrargli un cliente, soldi, quindi, sono disposto a tutto.
Mentre rimugino su questi pensieri, sento bussare alla porta, la chioma di Chloe fa capolino, i suoi occhi scuri cercano subito Mark, le si forma di nuovo quel sorriso timido contornato da guance rosate, non conosco questa ragazza ma è davvero strano per me vederla in questa veste ad un tratto.
<<Scusa se ti disturbo, questo è il piccolo souvenir dall'Italia di cui ti parlavo poco fa, ora lo porterò anche a Caroline. >>
Porge al mio collega un pacchettino rosa con un fiocchetto azzurro, lui lo prende con entusiasmo, ma non lo apre.

Che palle, sono curioso.
<<Posso offrirti un caffè o altro alla pausa? Magari il pranzo?>>
Mi ignora completamente, io sono del tutto invisibile, eppure sono un bel tipo, mi faccio notare in genere dalle donne, alto, bello, spalle larghe, di successo, come fa a non vedermi?
Non che mi importi qualcosa, ma non valgo neanche un caffè?
Devo ricordarle che sarei il suo quasi capo.
La vedo sorridere ad una battuta di Mark e tutto questo è irritante, è palese la cotta adolescenziale di questa ragazza,sta quasi sbavando, lui potrebbe portarsela a letto con uno schiocco di dita.
Chissà se deciderà di approfittarsene?
Forse dovrei indagare e capire le sue intenzioni, solo perché non voglio ritrovarmi poi una ragazzina col cuore spezzato che piagnucola in giro per l'ufficio, di certo non perché mi importi qualcosa.

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