capitolo 38 - Andrea
Andrea
Andrea
Devo ammetterlo, sto gongolando, non ho uno specchio con me ma immagino la mia espressione soddisfatta, perché lo sono.
Gente, davanti a voi avete il genio del male.
Arrivare ieri ed entrare in ufficio è stato orribile, la prima immagine è stata una scrivania completamente vuota accanto alla mia e un senso di perdita mi ha assalito, una sensazione seguita da un pugno in pieno volto che mi ha atterrato.
Ho subito creduto che si fosse licenziata, non sono nemmeno riuscito ad entrare in quella stanza a questo pensiero, mi sono diretto da John spalancando la sua porta e nonostante lui fosse al telefono, ha intuito il mio stato d'animo riattaccando e dandomi tutta la sua attenzione.
Può essere stato il mio modo agitato di camminare avanti e indietro, forse la voce quasi tremolante per l'ansia di non poterla rivedere, temo invece sia stato lo sguardo.
A detta di quell'ingrato addirittura era spiritato, e qui, si evince la sua voglia di prendermi per il culo.
Perché la verità è che ci gode, vedermi, io direi un tantino, ma lui sostiene qualcosa in più, coinvolto da una donna, lo fa ridere, perché in tre anni che lavoro per lui e durante i quali abbiamo instaurato un rapporto di fiducia, è la prima volta che do di matto.
Se mi soffermo a pensare alla sua analisi una parte di me gli da ragione in pieno, l'altra, quella razionale che cerca di difendersi, che mi ricorda ciò a cui potrei andare incontro a causa di questo sentimento, cioè un cuore a pezzi, e ai piani ai quali sto cambiando per lei, cerca sempre di frenarmi.
Flashback
«È venuta qui a chiedermi di cambiare ufficio.»
Nonostante la grossa risata che ho fatto fare a John con la mia faccia, grazie a lui ora mi sono tranquillizzato.
Riesco finalmente a sedermi e rilassare un attimo i muscoli tesi, poggio la schiena e rilascio l'aria che neanche mi ero reso conto di trattenere.
Una grave risata mi fa alzare lo sguardo dritto davanti a me, i suoi capelli scuri, ma leggermente brizzolati, sono l'unica cosa che vedo, è addirittura col capo chino sulle braccia posate sulla scrivania.
Un minimo di ritegno.
«Non sei affatto simpatico quando fai così.»
Gli faccio notare offeso mentre lui si scusa ricomponendosi.
« Che cosa hai combinato?»
Sta peggiorando la sua situazione.
«Niente, e poi perché dovrebbe essere per forza colpa mia?»
Chiedo seccato, ma non ricevo risposta, solo occhi scuri che mi fissano seri tanto quanto il suo viso olivastro, tutto questo mi fa alzare gli occhi al cielo.
«Ok, diciamo che è colpa mia e non so bene come rimediare se continua a scappare.»
La mia gamba inizia a ballare per il nervosismo.
«Riportala nell'ufficio con me, fai qualcosa per aiutarmi, dacci un incarico, dille che deve ancora imparare, fa' ciò che vuoi, ma fallo, perché a me non darà ascolto.»
La mia è quasi una supplica e spero non lo capisca, ma la rivoglio al mio fianco.
«Ti darò una mano, solo per questa volta, per premiare tutto l'ottimo lavoro che hai fatto ultimamente, ma smettila di fare l'idiota, e poi non voglio drammi in azienda, sia chiaro che non voglio scenate, ne che tutto questo interferisca con il lavoro.»
Esco da quella porta con uno stato d'animo diverso, diretto verso una ragazza da conquistare.
Fine flashback
John è stato un genio ad affidarci una campagna in coppia con la scusa che sia stato proprio il cliente a richiedere noi due insieme nuovamente, lei non può sottrarsi a tutto il tempo che dovrà passare con me, ed io, dovrò sfruttare bene questa occasione.
Vincere la partita non mi fa vincere la battaglia e lei sta diventando questo, una battaglia, innanzitutto con me stesso, contro le mie paure e quello che credevo di dover mettere al primo posto, cioè la vendetta.
La sto aspettando nel suo ufficio, mi sono presentato presto, seduto alla sua scrivania e le ho anche portato il suo dolce preferito con la speranza di addolcirla un po'.
In fondo dobbiamo iniziare a discutere del progetto, ieri non ne abbiamo avuto modo, solo una rapida occhiata e poi è scappata, ma devo assolutamente mettere le cose in chiaro al più presto e finirla con questa sceneggiata.
La cosa principale è che sappia che tra me e Caroline non c'è nulla, e poi che ritratto tutto ciò che ho detto per farla allontanare da me sminuendo cosa sento.
Se solo sapesse.
Sto ancora cercando anche io di capire a pieno queste emozioni che mi travolgono.
«Andrea?»
Un tono sorpreso mi riporta alla realtà, purtroppo voltandomi verso la porta non trovo una bella ragazza testarda, ma quel coglione di Mark.
«Che ci fai alla scrivania di Chloe?»
Entra con un cipiglio in volto e quasi mi ero dimenticato di lui, ancora non mi capacito di come possa lei dargli un'occasione.
Infastidito della sua presenza in questo ufficio gli vado vicino.
« Io sono qui perché lavorerò con Chloe ad un progetto, oltre alle altre cose.»
Sottolineo volutamente l'ultima parte, alzando le sopracciglia e pronunciando un sorrisetto.
« Ma tu, perché sei qui.»
Lo fisso con determinazione in quegli occhi scuri al momento sorpresi da questa mia audacia, non si aspettava un cambio di rotta da parte di Chloe forse, perché la mia allusione e poco sottile.
« Mettiamo le carte in tavola, caro collega, cosa c'è fra te e Chloe?»
Gli chiedo diretto a pochi centimetri dalla sua faccia, decido di metterlo fuori dai giochi in partenza perché non permetterò che me la porti via.
« Non credo che ci sia stato nulla fra voi, giusto? E neanche che tu sia davvero interessato al punto da provare qualcosa.»
Scoprirà di che pasta sono fatto, se non mi faranno rinunciare a lei i demoni che mi porto dentro, di sicuro non sarà lui a farlo.
«E tu che diavolo ci fai qui?»
Chloe davanti l'uscio urla indispettita facendo voltare entrambi.
«Di sicuro sta parlando con te.»
Faccio cenno a Mark.
« No, mi riferisco a te Andrea.»
Lei pensa bene di mettere le cose in chiaro rovinando tutto e fulminandomi con i suoi occhioni enormi, adornati da un leggero ombretto chiaro che li risalta.
Il ragazzone davanti a me infila le mani in tasca e regge il mio sguardo, credo abbia accettato la sfida e sorride, ora è lui a gongolare.
Questa ragazza mi farà impazzire.
« Chloe, dobbiamo lavorare.»
Le ricordo cercando di mantenere la calma, con poco successo, perché mi ritrovo a sussurrare a denti stretti a cinque centimetri dalla sua faccia, cosa che fa anche lei.
« Possiamo comunicare via mail.»
«Non dire sciocchezze, condivideremo l'ufficio, se non vuoi venire da me, resterò io qui.»
Indico la stanza con ostinazione.
Ancora una volta mentre siamo intenti a mettere in scena il primo atto del nostro spettacolino, arriva il povero Eric che saluta tutti allegramente, dovrò capire se lui possa rappresentare un problema o possa essere un alleato.
« Chloe, sei arrivata da due giorni e questo ufficio non è mai stato così chiassoso, mi piace.»
Sorride e si siede alla sua scrivania.
Cerco di sbarazzarmi di Mark sottolineando l'urgenza di dover far rapporto a John, cosa non vera, beccandomi occhiatacce da parte di entrambi.
La mossa che fa dopo il caro collega non mi va per niente giù, prende Chloe per mano e la trascina fuori dalla porta chiudendola alle proprie spalle.
Non essendo solo non posso di certo appiccicare l'orecchio a questa con la speranza di origliare, ma con nonchalance posso appoggiarmici di schiena facendo finta di fare qualcosa al cellulare.
È ovvio che Eric mi osservi come per dire ' ma a chi vuoi fare fesso?', ma lo ignoro volutamente, concentro invece l'attenzione verso altro.
Tendo l'orecchio e le voci che provengono dall'altro capo di questo pezzo di legno sono molto ovattate, ma riesco a capire che lei non gli aveva parlato della decisione di voler cambiare ufficio, e che lui la sente distante.
Silenzio, purtroppo non sento la risposta, ma solo che lei vuole parlargli e lo invita a cena.
Devo parlarle prima di questa cena per farle cambiare idea su noi due e su questa storiella da strapazzo che si è messa in testa, deve capire che di certo Mark non è l'uomo adatto a lei.
Se non dovessi riuscirci opterò per altre soluzioni, tipo rapirla.
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