capitolo 37 - Chloe

Chloe

Varco la soglia dell'ufficio, è davvero presto, sono la prima in tutto il piano, prendo la scatola per i documenti e inizio a svuotare la mia scrivania.
Ieri ho tentato in tutti i modi di evitare Andrea, mentre lui, invece, cercava di parlarmi non appena Mark, che condivide l'ufficio con noi, ci lasciava soli per qualche motivo.
In realtà sarebbe più corretto dire che sono io a condividere l'ufficio con loro, ed è stato così da quando il capo mi ha affiancata al mio peggiore incubo, ma da oggi cambierà tutto.

All'ennesimo suo tentativo di approccio, del quale io non ho voluto saperne nulla, facendoglielo capire poco velatamente, dapprima con sguardi glaciali, ma poi sono passata alle minacce di morte, oppure semplicemente alzandomi e uscendo dalla stanza lasciandolo lì come un pesce lesso, sono andata a parlare con John.
Giudicatemi come meglio credete, infantile, poco professionale, non mi importa, devo allontanarmi da lui, so solo questo adesso, ed averlo a mezzo metro ogni giorno non mi aiuterebbe di certo.

Ho agito probabilmente d'impeto, ma quando non lo faccio?

Ho bussato alla porta del capo chiedendo di cambiare ufficio, sfruttando questa seconda campagna, quella con Mark, andata a gonfie vele, lui soddisfatto del mio lavoro ha accettato per fortuna.
È il momento che, indipendentemente da ciò che è successo con Andrea, io inizi a spiccare il volo da sola iniziando ad assumere qualche piccola campagna pubblicitaria.
Certo, mi aspetto quelle di poco conto ovviamente per ora, ma dovrò pur partire dalle basi per farmi valere e dimostrare che posso farcela.

Prendo il pc portatile e lo metto sulla scatola chiusa, la afferro dai manici ed esco da questo ufficio, percorro il corridoio e apro l'ultima porta, ecco due scrivanie una di fronte all'altra, proprio come quelle di Andrea e Mark, la disposizione è uguale, ma questo è un nuovo inizio per me.
Sistemo nel mobiletto i fascicoli e il pc sulla scrivania, le mie due piantine appena comprate sul davanzale della finestra dal mio lato, sperando non diano fastidio al mio nuovo collega.
«Chissà con chi condividerò questo ufficio?»
Non posso non chiedermelo distrattamente mentre i colleghi iniziano ad arrivare.

Le voci popolano questo posto e vorrei proprio vedere la faccia che farà il caro Andrea quando arriverà e non mi troverà lì.
Di sicuro anche per lui sarà una liberazione, e comunque non deve importarmene nulla.

Cerco di ricompormi, torno alla mia scrivania ed accendo il computer, ansiosa di vedere chi entrerà da quella porta.
La mia curiosità viene accontentata dopo pochi minuti, un bel ragazzo sorridente mi saluta con entusiasmo, abbiamo già avuto modo di chiacchierare da quando sono in questa azienda scontrandoci diverse volte, in ascensore o alla macchinetta del caffè, ed è molto simpatico.
« Chloe, che ci fai qui?»
« Sono la tua nuova compagna di avventure quotidiane Eric.»
Lo saluto con lo stesso entusiasmo, mi è andata bene, temevo di dover passare le mie giornate con un musone antipatico che se ne stava sulle sue.

Ah no, quello è Andrea.

« Sono felice di condividere l'ufficio con te.»
Il suo sorriso mi sembra sincero.
Si avvicina poggiandosi sulla mia scrivania e iniziamo a chiacchierare, mi prende in giro per il mio accento e mi chiede lezioni di italiano, l'atmosfera è serena, almeno finché non sentiamo bussare alla porta, tra l'altro aperta.
Il sorriso che adornava le mie labbra muore nell'incontrare degli occhi che ci fissano seri.
Quegli occhi.

La reazione di Eric, ovviamente, è l'opposto della mia, saluta il collega gioiosamente invitandolo ad entrare, ma la maleducazione del damerino, che si sente il padrone del mondo, non ha eguali, accenna un semplice saluto col capo e null'altro.
«Chloe, possiamo parlare?»
La sua attenzione è tutta per me, peccato che io non abbia nulla da dirgli.
«No.»
Il mio tono è secco, talmente tanto che anche Eric si volta a guardarmi.

Andrea, con le mani in tasca e un'aria infastidita resta sulla soglia, i suoi occhi non abbandonano i miei, nonostante risponda cordialmente al mio nuovo collega, che in evidente disagio chiede se va tutto bene per poi iniziare a fissare prima me, poi lui, di nuovo me e ancora lui.
Tutto questo sta diventando assurdo.

Eric capisce l'antifona e con la scusa di una voglia improvvisa di caffè ci lascia soli, io provo a restare calma almeno per i sette secondi che impiega Andrea ad entrare, chiudersi la porta alle spalle e voltarsi verso la sottoscritta.
«Ti rendi conto che ti presenti qui e fai scappare le persone dal loro ufficio?»
Indico la porta, sto ancora cercando di respirare, ma sento proprio che sto per eruttare come un vulcano.
«Stai esagerando.»
La sua calma peggiora il mio stato d'animo, mi alzo dalla scrivania pronta per mandarlo via.
«Perché sei qui Chloe? Perché vengo in azienda e non ti trovo accanto a me?»
Ormai sono alla porta accanto a lui, afferro la maniglia e la apro.
« Perché non è quello il mio posto.»
Metto le cose in chiaro senza guardarlo, ma tutto cambia quando con un colpo la richiude e mi fissa dritto negli occhi.
«Invece è proprio quello il tuo posto.»

All'improvviso è troppo vicino, così vicino da poter sentire il suo profumo, e non capisco come mi sia ritrovata ad averlo così vicino da poter vedere quelle pozze miste di sabbia e acqua.
I suoi occhi si spostano sulle mie labbra e il tempo sembra rallentare, mentre il silenzio sembra ingoiato dal rumore di battiti impazziti.
Un campanello d'allarme inizia a risuonare nella mia testa, ciò mi permette di fare un passo indietro e riuscire ad inalare il giusto ossigeno che serve per tornare in me.
Ma lui afferra il mio braccio costringendomi a tornare dov'ero, anzi, forse ancora più vicino.
Il suo alito quasi solletica le mie labbra ed io, l'unica cosa che desidero, è accorciare questa breve distanza.

« Devo spiegarti alcune cose che ti ho detto l'altra sera, su ciò che hai visto ieri mattina nel parcheggio, vorrei parlare di me e Caroline, e anche di noi due.»

Queste sue parole mi aiutano a tornare lucida, mi aiutano a ricordare quale sia il mio posto e quale il suo.
« Ti ho detto che non devi toccarmi.»
Quasi urlo con rabbia mentre lo fisso truce, me ne accorgo da sola e vorrei non avere questo tipo di reazioni stupide, da ragazzina che ha creato una storia d'amore solo nella sua testa.

Mi allontano, mentre lui inizia a borbottare che vorrebbe solo che lo ascoltassi dieci minuti, ma lo ignoro ed esco da questa stanza.
Vado in sala relax ma Andrea mi segue continuando a dirmi che non mi lascerà in pace e purtroppo me ne rendo conto da sola, mi sposto verso altri uffici e inizio a chiacchierare con colleghi facendo finta sia invisibile, ma lui, nonostante l'aria nervosa, resta comunque appiccicato a me, allora perfida, mi intrufolo nel bagno delle donne facendogli 'ciao' con la mano.
«Ti seguo anche lì signorina.»
Sicura che non ne avrebbe il fegato entro tirando finalmente un respiro di sollievo per essermelo tolto dalle scatole, almeno finché non uscirò, invece, ha la faccia tosta di mettere in atto la sua minaccia.
« Credi di essere l'unica testarda fra i due?»
Lo guardo allibita con occhi sbarrati mentre sul suo volto trionfa un ghigno di soddisfazione, almeno fino a quando non esce da uno dei bagni una collega che trovandoselo davanti urla istintivamente per lo spavento.
Io scoppio a ridere, mentre lui fugge via chiedendo scusa.

« Vedi che razza di figure mi fai fare?»
Lo ritrovo davanti il mio ufficio.
Ridendo lo ignoro e vado a sedermi controllando le email, Eric non è alla sua scrivania e noi siamo di nuovo soli.
« Chloe, se tu fossi meno cocciuta e mi ascoltassi...»
Mi alzo sbattendo le mani sulla scrivania interrompendolo, sporgo il busto verso l'idiota che ho davanti perché mi ha stancata.
«Andrea, se tu invece fossi meno idiota e mi lasciassi in pace ...»

Il nostro teatrino viene interrotto dal capo che entra nel mio ufficio ridacchiando.
« L'ho detto che avreste fatto scintille.»
Scatto sull'attenti, se è qui ci sarà un motivo.
« Il cliente che avete seguito insieme ci ha commissionato una grossa campagna, ha chiesto espressamente di voi due, mettetevi all'opera.»
Mi cade quasi la mandibola per quanto la mia bocca si spalanca, non riuscirò mai a liberarmi di lui così.
«No.» «Si.»
Contemporaneamente ci fissiamo, ma John è già fuori dalla nostra visuale.
Andrea sfrega le mani fra loro entusiasta sfoggiando un sorrisetto che gli toglierei a suon di schiaffi, invece posso solo sfogarmi su questa povera matita che ho fra le mani chiedendomi perché non me ne vada mai bene una.

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