capitolo 29 - Chloe

Chloe

«Andrea.»

L'ho seguito, fuori controllo le mie gambe hanno deciso per me, mi sono alzata dalla scrivania senza badare a Mark e alle sue domande, so che non avrei dovuto farlo, ma alcuni istinti sono più forti della ragione.
Non potevo fingere che non fosse appena successo nulla, che Andrea non avesse mandato una frecciatina acida al nostro collega, che non fosse esploso e poi corso via geloso marcio.
Perché diciamocelo, lo era.

Quando sono arrivata in ufficio questa mattina mi sono ripromessa di fingere che lui non fosse importante, che non mi avesse fatto del male, che io stessi bene.
Ho provato tutto il tempo a recitare il ruolo di una collega qualunque, cercando di stare lontana da quella scrivania il più possibile, e quando non potevo farne a meno, tenendo gli occhi fissi sul computer.

Ma con estrema difficoltà.

È stato complicato per me ignorarlo, distogliere lo sguardo ogni volta che fosse abbastanza vicino da rischiare di essere vista, e non sempre è stato possibile.
Era troppo l'istinto di cercare nei suoi occhi, o in qualche gesto, qualcosa che mi desse la speranza di non aver immaginato emozioni che, a detta sua, non sono mai esistite quella sera.

Devo ammettere di aver sfruttato un tantino la nuova campagna che il capo ha affidato a me e Mark, lo so, avrei dovuto fare i salti di gioia perché è l'occasione perfetta per passare del tempo insieme con quest'ultimo; ed in fondo ho esultato, ma per un altro motivo.
Andrea continua a sostenere che non gli importi di me, di dimenticare tutto, allora perché fissa truce Mark appena si avvicina, appena mi sfiora, appena mi fa un complimento?

Non posso sempre immaginare tutto io, da quegli occhi misti sembrano partire frecce infuocate, e queste uscite di scena improvvise, scappando dalla stanza, non possono essere sempre una coincidenza. Quindi sì, ho calcato un po' la mano magari accettando un caffè di troppo, sorridendo un po' di più al mio...
Come dovrei definirlo?
Cosa sto combinando con Mark?
Non lo so più, soprattutto non so più che ruolo vorrei che abbia nella mia vita.

Non riesco a capirmi, solo ieri sera mi sono ripromessa di chiudere il capitolo Andrea, e pensare solo a me, a ciò che è giusto,a ciò che possa rendermi felice, quindi a Mark, che non fa altro che cercare le mie attenzioni, invece mi ritrovo ancora a stravolgere tutto per chi non lo merita.

Sciocca.

Mi ritrovo ancora a seguirlo, a non volermi arrendere pur sapendo di doverlo fare, ad avere mille domande dati i suoi comportamenti che contraddicono le sue stesse parole.

I nostri sguardi si incastrano e senza volerlo il mio cuore inizia a galoppare, eppure dovrei smetterla di perdermi nei suoi occhi, di sentirmi risucchiata da quello che mi fa provare, dovrei smetterla di dargli tutto questo potere, non lo merita.

« Perché hai reagito così?»
Decido di essere diretta, anche se non so, conoscendolo, se è la strategia migliore, inizio a pensare che si tiri indietro per paura delle stesse emozioni che hanno travolto me, potenti come una tempesta che non lascia scampo.

«Sei geloso?»
Continua a restare in silenzio mentre cerca di sfuggire al mio sguardo e alle mie accuse, inizia a ridacchiare e scuotere la testa, ma non mollo.
«Ammettilo.»
Lo sfido ostentando una finta sicurezza e questo potere è dato dal suo evidente nervosismo.

« Non farmi ridere Chloe.»
Si volta dandomi le spalle, afferra la caraffa di vetro piena di caffè, se così si può chiamare, e riempie un bicchierone di carta.
Le sue spalle, racchiuse in una camicia bianca, mi sembrano tese, oppure sono io che voglio vederle così.
« Quella frecciatina pungente cos'era? Non puoi dirmi che dobbiamo dimenticare l'altra sera e poi comportarti così.»
Cerco di mantenere la calma, ma in realtà ciò che vorrei fare è strozzarlo, perché mi sta mandando al manicomio.

Ad un tratto si volta con uno scatto e nel farlo la sua figura è a pochi centimetri da me.
« Cosa ti prende ora, è tutta la mattina che fai gli occhi dolci al tuo fidanzatino, ad un tratto ti preoccupa cosa ne pensi io?»
Il fastidio traspare dal tono della sua voce quasi sibilata con rabbia.
«Attieniti ai piani e pensa al tuo caro Mark, non a me.»
Mi sono stancata di ritrovarmi i suoi occhi furenti che mi fissano come una povera illusa, come se gli stessi dando fastidio o elemosinando un qualcosa che non esiste, che non può darmi.
Ha ragione, ha sempre avuto ragione, lui ed io non siamo nei piani, l'ultima cosa su cui devo focalizzare le mie energie, i miei pensieri, è lui.

Un rumore di tacchi sembra riportarmi alla realtà, mi volto verso la porta della sala relax e vedo arrivare Caroline in tutto il suo splendore, come sempre è bellissima, con un vestito rosa cipria e i lunghi capelli.
Sorride e ci saluta allegra, noto subito lo sguardo dell'uomo accanto a me accarezzare il suo corpo e per un attimo il sorriso che le regala mi provoca una morsa allo stomaco.

Come diavolo è potuto succedere tutto questo?
Ma sono sicura di essere ancora in tempo, Mark sarà la mia salvezza, devo solo fare dei passi indietro, tutto qui.

« Chloe, come stai? Dovremmo andare a pranzo insieme un giorno di questi, così mi potrai raccontare di Mark.»
Mi fa l'occhiolino ed io mi costringo ad abbozzare un sorriso, proprio mentre sto per sottolineare che non siamo una coppia, quell'idiota scatena la mia ira.
Avvolge la ragazza di fronte a me posandole il braccio sulle spalle e fissandomi con sfida.

Mai farlo, non lo ha ancora capito?

« Certo, Mark è perfetto, davvero un ragazzo d'oro, bello, intelligente, non fa marcia indietro mai, sono fortunata.»
Eccola la smorfia che aspettavo, arriva puntuale sul volto dell'uomo che ho di fronte, proprio sotto l'occhio sinistro, lo zigomo si alza, lo sguardo è rivolto al cielo, il labbro si contorce leggermente.
Poi parte all'attacco.
« Caroline è una donna così bella, di classe, coerente, sono davvero fortunato."
Lei è visibilmente in imbarazzo e abbassa lo sguardo portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ed io incasso un pugno in pieno volto.

Speravo finisse qui questa stupida battaglia di elogi al proprio partner, se così si possono definire, ma mi sbagliavo.
« Ragazzi, ho un'idea, dovremmo fare un'uscita a quattro tutti insieme.»
Gli occhi verdi chiarissimi della nostra collega fissano prima me, poi Andrea, entrambi visibilmente a disagio, non me lo aspettavo di certo e vorrei subito rifiutare, ma non sarò io a farlo per prima.
Tento di aggirare questo nuovo ostacolo, visto che l'idiota continua a stare zitto, anzi, si allontana per versarsi altro caffè.
« Vorrete stare soli, quindi...»
Ne approfitto per abbozzare con Caroline una scusa, ma mi interrompe avvicinandosi per sussurrarmi in confidenza le sue ragioni.
«Ma no, in realtà noi non siamo ancora usciti e questo ci aiuterebbe a rompere il ghiaccio.»
Nei suoi occhi leggo speranza, non so proprio cosa rispondere, cerco aiuto girandomi verso Andrea, ma non ho fortuna.

Saluto e vado via, mentre l'angoscia di vederli insieme in atteggiamenti romantici mi assale schiacciandomi, devo trovare un modo per disdire questo incontro.

Poi, nel vedere Andrea rientrare in ufficio subito dopo di me e vederlo sbuffare alla vista di Mark che mi sorride, mi si accende la lampadina, o spegne l'aureola e spuntano le mie solite corna rosse nascoste fra i capelli.

Perché disdire l'uscita quando posso sabotarla del tutto dall'interno?

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