capitolo 28- Andrea

Andrea

Sfrego le mani sul viso, piano scivolano sulla nuca stringendola, porto la testa indietro chiudendo gli occhi ed espiro rumorosamente.
Cerco di concentrarmi su questo dannato piano marketing della nuova campagna pubblicitaria, le dita schiacciano freneticamente questi tasti mentre il mio viso cerca di simulare una calma apparente che non ho affatto.
Sullo schermo davanti a me, ricerche, schemi, immagini a cui non do la minima attenzione perché ho l'orecchio teso ad ascoltare la sua voce che cinguetta con quell'idiota di Mark nel corridoio.

Quando sono arrivato questa mattina in ufficio di buon'ora mi sono dato istruzioni precise, lei è off-limits, siamo colleghi, ciò che è successo è già nel dimenticatoio per me, anzi, meglio se John la spostasse in un altro ufficio.
Li vedo rientrare dopo questa pausa caffè che lui ha proposto e che lei ha subito accettato, nonostante io fossi qui, ma è da questa mattina che sono invisibile per questa mora cocciuta che si ostina a sbavare dietro al bamboccio.
Non mi ha degnato di uno sguardo, non che io cerchi attenzioni da parte sua, sono stato io a mettere le cose in chiaro meno di dodici ore fa, e di sicuro vederla ridere alle battute cretine di quell'idiota non mi tocca minimamente.

Questo suo comportamento mi sta solo confermando che è tornata sui suoi passi, il piano per conquistare Mark è ancora in piedi dopo il mio rifiuto, ciò sta ad indicare due opzioni.
Lui è la sua seconda scelta, oppure non l'ha sconvolta più di tanto la nostra conversazione sulla spiaggia e uno vale l'altro.

Il mio collega, nonostante ora non abbia le attenzioni di Chloe, che è concentrata sul computer, continua a cercarle con battute assurde, con chiacchiere inutili, e lo vedo come mi guarda di tanto in tanto con occhi di sfida, con sguardo trionfante quando ottiene un suo sorriso.
Inizio a schiacciare fra le mani la pallina rossa di gomma antistress, immagino di avere fra le mani quel latin lover seduto di fronte a soli tre metri, e vorrei ficcargliela in bocca questa palla quando le propone di pranzare insieme.

La mascella si serra e cerco di trattenere i miei istinti, non ho il diritto di avere queste reazioni, devo calmarmi perché ho preso una decisione e non posso tornare indietro sui miei passi, lei è libera di fare ciò che vuole.
Ma la rabbia che mi sta divorando dall'interno, in attesa della sua risposta, mi suggerisce che forse non è stata la decisione più giusta.

Cerco di non alzare lo sguardo, di non guardarla, simulando disinteresse, ma perdo la battaglia, ho gli occhi fissi su di lei che a sua volta mi guarda.
Non posso non deglutire e desiderare che non accetti, mi ritrovo a tirare un piccolo sospiro di sollievo quando rifiuta per via di un altro impegno.

Osservo il suo profilo perfetto, il modo come arriccia il naso se qualcosa che scrive non va e deve correggerlo, seguo con lo sguardo il movimento delle sue mani che portano i lunghi capelli su di un lato, lasciandoli liberi di scoprire il collo.
Intrappola il labbro inferiore fra i denti, lo fa quando è molto concentrata e mi trovo a deglutire immaginando di poterlo fare io, e questo pensiero mi provoca uno spasmo fra le gambe.
Avrò questa sua immagine fissa in testa per tutto il giorno, già lo so.
Mi alzo di scatto ed esco di corsa da questa piccola stanza che sembra soffocarmi con lei ad un misero metro di distanza, non riesco a sopportare di averla così vicina.
Mi dirigo nell'area relax e apro direttamente la finestra e cerco di respirare, ho bisogno di ossigeno, di calmarmi, perché io non perdo mai il controllo così.

«Ti vedo agitato, tutto bene?»
La voce di John mi fa sobbalzare, mi giro verso la poltrona nell'angolo, non mi ero neanche reso conto ci fosse qualcuno qui, cerco di ricompormi e tornare in me.
«Certo.»
Dalla sua espressione capisco che non devo aver avuto un tono abbastanza convincente.
«Cazzate, ti disturba che Mark mi abbia chiesto di far partecipare Chloe al suo progetto per la campagna che gli ho affidato?»
Le sue parole mi risultano assolutamente nuove, non ne sapevo nulla e ora capisco perché lui aveva quell'aria vittoriosa questa mattina.

Ho notato come mi tiene d'occhio dopo averci sorpresi tanto vicini l'altra sera, e sinceramente lo trovo incomprensibile questo senso di possesso nei confronti di Chloe, sono usciti una sola sera e già ha pretese.
Però ammetto che sia furbo da parte sua chiedere di coinvolgerla nel suo progetto, così potrà passare più tempo con lei.

Maledetto.

«Ma figurati se può interessarmi una cosa simile.»
Simulo un'aria tranquilla, ed è così che dovrei essere, ma non ci riesco.
La risata del mio capo mi sorprende e resto di stucco a guardarlo mentre quasi si piega su sé stesso.
«Scusa, ma è la prima volta che ti vedo così ed è esilarante come tenti di negare.»
Cerco di trattenermi dal mandarlo a quel paese e vado via, torno nel mio ufficio che, ahimè, condivido con le ultime persone che vorrei vedere al momento.
Trovo Mark alle spalle di Chloe, chino sulla sua figura, mentre entrambi guardano il PC e discutono del progetto, lui non perde tempo e ogni scusa è buona per toccarla, ma lei non mi sembra infastidita, anzi è proprio a suo agio.

L'unico qui ad essere fuori posto sono io.
Sono stato uno sciocco a tormentarmi questa notte per lei.

La mano scura del ragazzone si posa per l'ennesima volta sulla spalla della ragazza seduta alla sua scrivania, lei non si scompone affatto, sembra già abituata a queste attenzioni, a questo contatto, ed io, gliela staccherei a morsi quella mano.
La devo finire di scrutare il viso di Chloe per cercare di capire cosa prova ad avere lui così vicino, per tentare di indovinare se prova minimamente qualcosa di simile a quello che ha provato l'altra sera, mentre fra noi...

Sono un idiota, perché non appena Mark le fa un complimento sul vestito che indossa, perdo la calma, una calma che già non ho, stringo i pugni e mi ripeto di respirare, mi ripeto di uscire da questa stanza, ma faccio ciò che non devo.
« Come mai noti Chloe solo ora che indossa gonne un po' più corte?»
Avrei dovuto mordermi la lingua, invece mi trovo a fissare quegli occhi scuri con astio, lui è visibilmente infastidito ma non controbatte al momento.
Si è rivelato un buffone.
Ma forse il vero buffone qui sono io, perché continuo ad avere questi sentimenti contrastanti quando la vedo con lui, quando penso alla cazzata che ho fatto, quando i nostri occhi si incontrano, come in questo momento.

Mi alzo facendo stridere la sedia e lascio l'ufficio, sbottono un bottone della camicia per avere più aria, mi dirigo alla macchinetta del caffè a pugni stretti maledicendomi perché non ho più il controllo di me.
Ad occhi chiusi porto una mano sul viso piegando il capo verso il basso, fino a quando una voce, quella voce, non mi fa voltare.
«Andrea.»

Quelle iridi nocciola mi scrutano come se volessero leggermi dentro, ed io per un attimo temo possano farlo, poi non sarei in grado di nascondere ciò che provo, ciò che non dovrei provare.
Devo smetterla di perdermi in quegli occhi, di sentirmi risucchiato da quello che mi fa provare, devo smetterla di darle tutto questo potere, eppure riesce a farmi sentire così fragile e forte allo stesso tempo.

Ed ora, cosa le dirò?

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